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Autore: Elisir86    20/07/2015    1 recensioni
"C'è una strada piccola, affannosa e ripida che mi porta fino a te io vorrei percorrerla e senza rischi inutili, arrivare fino a te fino all'amore"
FINO ALL'AMORE - BIAGIO ANTONACCI
[No incesto]
[Coppie: Francia x Canada – Molte altre]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Triangolo
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31 Dicembre

2

Prima di mezzanotte

 

20.30

Feliciano sospirò sistemandosi i polsini della camicia. Bianca, perché Domenica aveva insistito: di blu ce ne era fin troppo.
Le uniche cose di quel colore era la cravatta e i gemelli. Passò il polpastrello dell'indice destro su quella superficie liscia, suo padre glieli aveva regalati al suo quindicesimo compleanno. Erano di quel colore che ossessionava i suoi capodanni e lui aveva pensato – stupidamente- che fosse il suo colore preferito.
Sospirò.
Domenica lo guardava seduta sul letto, le gambe accavallate, la punta della scarpa sinistra picchiettava sul pavimento pregiato.
Lui le lanciò uno sguardo critico, se lui era fissato con il blu, lei lo era con il nero. Anche quella sera vestiva di scuro con pantaloni sformati e camicia maschile. I capelli per una volta erano legati in una unica treccia, dei ciuffi ribelli erano scappati dall'elastico e sembrava più uno spaventapasseri.
“Smettila di fissarmi e vedi di sistemarti quei capelli!” il piede smise di battere mentre lei s'allungava sul letto verso il comodino. Era pieno di matite mangiucchiate e un blocco di disegno.
Uno nuovo.
Quello vecchio probabilmente era nel cassetto della scrivania. Con delicatezza iniziò a sfogliare le pagine.
Uomini e donne si alternavano tra schizzi e disegni bene definiti su sedici fogli differenti. Uno rappresentava un professore delle superiori di lui.
Lo sapeva perché quando si era conosciuti lui gli aveva fatto vedere ben dieci album fotografici e altrettanti blocchi da disegno.
“Non è un po' troppo giovane?” aveva chiesto lei indicando quel ragazzo, ma Feliciano aveva riso facendola vergognare e quando aveva scoperto che lui di anni ne aveva ben 26 era diventata ancora più rossa.
“Hai per caso...” iniziò lanciandogli uno sguardo malizioso “...Una cotta per il tuo ex-professore?” Feliciano spalancò gli occhi, sbiancando, come se la ragazza di The Ring fosse uscita dal suo specchio.
“Veeeeh?” la voce più alta del dovuto “Stai scherzando, vero?” voltò il capo facendo scrocchiare il collo “Mi faceva paura!”
Domenica alzò un sopracciglio, la pagina aperta ancora su quell'uomo così infelice, Feliciano sapeva disegnare meglio di qualsiasi persona dell'università. Aveva provato subito un senso di smarrimento, un dolore che stringeva il cuore, difficile da contenere in un foglio di carta…
Sorrise dolcemente conciliante facendo ritornare il respiro al suo amico.
“Eppure lo disegni spesso.” lo vide illuminarsi, “Oh, è un soggetto interessante. Ha un bel viso.”
Lei abbassò lo sguardo, il volto dello sconosciuto era veramente bello.
Chiuse con un colpo secco il blocco “Non importa!” con un balzo s'alzò dal letto e si sistemò la camicia. Il petto abbondante si poteva notare anche così, ma non era per niente volgare.
“Ora dobbiamo andare, Feli, sono quasi le nove e non abbiamo ancora portato le bibite!” lui sorrise, sbatté con forza le mani facendo sembrare più maturo un bambino di dieci anni.

°°°°°°°°°°

Antonio rise divertito mentre le mani di Gilbert s'intrufolavano sotto la maglietta, le sue labbra incollate sul collo, salivano e scendevano in una striscia continua di baci e leccate fugaci.
“Sembra quasi, che non lo fai da un mese!” la voce cristallina s'infranse sul muro umidiccio del bagno, “Lo abbiamo già fatto due volte oggi...” l'albino lo morse con forza facendolo sobbalzare.
“Non sono in astinenza, figurati se una persona magnifica come me possa rimanere senza un compagno per anche solo dieci minuti!” con le mani scese alla cintura dello spagnolo mentre appoggiava con irruenza il bacino contro il sedere.
Jeans contro jeans.
Le dita pallide di Gilbert arrivarono ai bottoni dei pantaloni, il pollice sfiorò appena la zona dove dormiva il pene dell'amico. “Infatti, Antonio, tu non mi resisti...” sussurrò all'orecchio leccandolo. Lo spagnolo sospirò, non aveva ne la forza ne la voglia di allontanare quel maniaco di un tedesco.
Inclinò la testa e inarcò la schiena in modo d'avvicinare ancor di più il sedere alla semi erezione dell'altro.
“Potrei dire la stessa cosa...” le labbra tirate in un ghigno, le sue mani schiacciate sul muro scivolavano. Aveva terminato da pochi minuti la doccia e ancora si sentiva il vapore acqueo al profumo di pino.
Il trillo di un telefono riempì la stanza, Gilbert lo ignorò passando un palmo sul fianco abbronzato dell'altro e scendendo con l'altra mano all'interno dei jeans. Antonio sospirò nel momento in cui sentì una carezza più vigorosa sul membro.
Il cellulare smise di suonare. Il silenzio stordì leggermente i giovani, le labbra dell'albino si spostarono dal collo alla spalla, con i denti strattonò la stoffa bianca. Si senti un piccolo strappo.
Di nuovo lo squillo echeggiò nella stanza e i pantaloni di Antonio scivolarono verso il pavimento. “Spegnilo...” boccheggiò inarcandosi nel tentativo di sfregare con più forza il pene sulla mano dell'amico. Il tedesco rise.
Di nuovo il suono cessò. Gilbert allontanò le mani dall'iberico per slacciare i propri di jeans, questione di pochi secondi che già era attaccato alla schiena dell'altro. Strusciò l'erezione sul solco dei glutei...
Di nuovo la melodia del cellulare e questa volta il tedesco si fermò. Con un ringhio mollò la presa sul moro, si sistemò la maglia e i capelli -come se la persona potesse vederlo-.
Rispose.
“Pronto? Qui Gilbert il magnifico!” sorrise.
Falso!
Antonio lo pensò leccandosi le labbra, si voltò lentamente ad osservare l'amico.
Rabbrividì al contatto della schiena con il muro.
Si portò una mano sul petto, accarezzandosi come faceva con un amante, le dita dell'altra si muovevano piano tra l'elastico dei boxer e la pelle.
Gilbert lo guardò con eccitazione, si morse il labbro inferiore e con le dita andò a sfiorarsi appena l'inguine: una muta richiesta di continuare.
Solo quando vide lo spagnolo abbassarsi quel che bastava i boxer per far uscire il suo pene bello duro si accorse che dall'altra parte del cellulare nessuno aveva ancora parlato.
Alzò un sopracciglio guardando il movimento ipnotico della mano di Antonio, “Pronto..?” ripeté sempre con voce alta -perché lui era meraviglioso e tutti dovevano notarlo- ma meno squillante di prima.
L'iberico avvicinò il viso a quello del suo amico, baciandolo delicatamente sul mento e sulla gola, le labbra si mossero in un “Facciamolo ora”.
La mano sinistra dell'albino tirò i capelli scuri dell'amico, lo strattonò fino a guardarlo negli occhi. Lo baciò sulle labbra con prepotenza.
Un sospiro che s'infranse nel cellulare, il respiro di un uomo.
Gilbert s'irrigidì e il respiro gli si bloccò nella gola. Per un attimo nella sua mente rimbalzò un nome. Un nome molto lontano.
Si staccò da Antonio come se scottasse, la mano -di nuovo libera- andò sulla cerniera dei jeans tentando di chiuderla. Come se volesse cancellare quello che lui aveva iniziato.
Lo spagnolo lo guardò allibito bloccando perfino il movimento sulla propria erezione.
Infine lo sconosciuto decise di parlare, “Gilbert, sono io...” e il tedesco si fermò, la mano ancora sui pantaloni in cerca del bottone, la bocca secca e gli occhi sgranati.
Non era propriamente la persona che aveva creduto di sentire, ma era comunque una voce che non udiva da tanto, tanto tempo.
Deglutì prima di riuscire a muoversi di nuovo, voltò lo sguardo verso la porta del bagno. Con un paio di falcate era già lì, una mano sulla maniglia e la fronte corrugata.
“...Ludwig.” mormorò prima di uscire e sbattere la porta.

 

^^^^^^^^^

21.23

Matthew guardò con occhio critico la stanza completamente blu. Dal soffitto scendeva delicato il suo lampadario. Suo, perché per lui ogni oggetto che era passato dal suo negozio diventava una parte di se.
Era il primo. Vicino al tavolo Feliciano e una ragazza erano intenti a sistemare dei vassoi, “Veeeh!” l'esclamazione riecheggiò per tutta la stanza “Pensavo che non saresti venuto!”
Il canadese sorrise mesto come a scusarsi, era rimasto indeciso fino a quel pomeriggio, in un certo senso aveva sperato che Francis lasciasse a bocca asciutta i suoi amici e fosse rimasto con lui.
In tre anni che si frequentavano non avevano mai passato insieme una sola festività. Lui sapeva che per il francese probabilmente era solo un passatempo, ma sperava…
Non importa con il nuovo anno tutto cambierà.
“Domenica!” il pittore si volse verso la sua amica rischiando di sbattere con l'anca sul tavolo “Lui è Matthew, te ne ho parlato...” lei smise di sistemare e decise finalmente di guardare l'ospite.
Era alto, tendeva ad ingobbire le spalle e lo sguardo non stava mai fermo da nessuna parte. Feliciano le aveva raccontato di quel ragazzo che aveva aperto un negozio d'antiquariato. Lo aveva immaginato più vecchio.
“Piacere!” sorrise avvicinandosi, era alto più di lei e questo le fece allargare il sorriso. Lui le strinse la mano con forza.
Matthew non sapeva come comportarsi, era arrossito ed era sicuro che le sue mani stavano sudando. Non era abituato a presentarsi, non era abituato nemmeno ai sorrisi dolci e candidi come quelli di quella ragazza.
“Feliciano mi ha parlato di te e del tuo lavoro!” il suo cuore fece una capriola, era strano – stranissimo – che qualcuno si ricordasse di lui dopo che era uscito dal negozio.
“Matthew Williams.”

°°°°°°°°°°

Gilbert era già al suo quarto boccale di birra mentre guardava l'orologio da polso. Quel orologio che sua madre -santa donna- gli aveva regalato quando lui appena quindicenne aveva deciso di andare a studiare in Francia.
“Perché vai in Francia?”
Non aveva dato la risposta che voleva a suo fratello, si era arrampicato sugli specchi dicendo frasi fatte. Grande errore. Il suo fratellino aveva si tre anni in meno di lui, ma era un fottuto genio. Dire che capiva quando uno mentiva a distanza di un chilometro non era una enfatizzazione.
Non gli aveva rivolto la parola per anni. Per quella stupida, stupidissima bugia.
Per dieci fottutissimi anni, lui aveva mandato regali di ogni tipo, per qualsiasi occasione. Ai quali Ludwig aveva risposto con insignificanti email di ringraziamento. E ora lo chiamava!
“Possiamo vederci?”
Ah, ma ti sembrava il modo di rovinargli una bellissima serata! Ma Ludwig probabilmente non si era nemmeno ricordato che era il 31 dicembre, che era festa e che non gli parlava da così tanto tempo…
O forse, semplicemente sperava di cancellare tutto quel silenzio con una chiacchierata di un paio d'ore?
Ringhiò bevendo un altro lungo sorso.
Antonio sedeva accanto a lui, lo guardava allarmato ma incapace di spiaccicare parola. Appena era iniziata la conversazione Gilbert se ne era andato dal bagno sbattendo la porta. Era sbiancato, come se dall'altra parte dell'apparecchio ci fosse un fantasma.
Lo aveva sentito borbottare qualche incomprensibile parola in tedesco e quando lo aveva raggiunto l'albino lo aveva praticamente trascinato in quel bar.
Niente sveltina in bagno e sicuramente niente divertimento nemmeno per quella sera.
Lo spagnolo spostò lo sguardo sull'entrata nel momento in cui venne aperta per l'ennesima volta. Ma del francese nemmeno l'ombra.
Sbuffò sorseggiando la birra e in quel momento il suo sguardo cadde sul balcone. C'erano per di più persone anziane che rinvangavano il tempo passato. Ridevano forte e cantavano canzoni che dire antiche era un complimento.
Tra di loro pochi giovani, lì ad aspettare la mezzanotte o per un aperitivo prima di chissà quale festa.
“Ehi!” una voce alta e chiara “Dammi una fottuto drink che non sappia di piscio!” Antonio serpeggiò tra i volti che li circondavano ed ecco a due persone di distanza vi era la persona a cui apparteneva quella voce.
Dei capelli castani scuro, un naso dritto e una bocca corrucciata. Una bocca a dir vero molto bella. Non lo vedeva bene, stava di profilo e la frangia gli copriva gli occhi, ma il mento era delicato e il collo era sinuoso, latteo -meraviglioso- usciva da un colletto nero.
La camicia nascondeva il resto del corpo -a dire il vero anche il signore che sedeva sullo sgabello accanto lo copriva quasi del tutto-. Sul balcone la mano pallida picchiettava impaziente. “Mi hai sentito?” parlò di nuovo con voce ancora più alta, più astiosa e acida “Dammi qualcosa da bere che non faccia cagare!”
Il barista si voltò con lo sguardo accigliato, s'alzò gli occhiali sul naso, “Si, arrivo!” l'altro sbuffò ma non commentò oltre.
Gilbert urtò con il gomito il boccale di Antonio “Voglio un'altra birra!” tuonò sbattendo il boccale. Il rumore sordo fece girare molti cliente, tra cui il ragazzo poco educato.
Occhi verdi.
Di un verde chiaro che ricordavano le olive.
Lo spagnolo sorrise affabile socchiudendo appena lo sguardo, ma non abbastanza per evitare il dito medio alzato nella sua direzione contornato da un bastardo digrignato tra i denti.

^^^^^^^^^

22.49

Quasi le undici.
Lovino si era seduto in un angolo nascosto del locale per evitare quel pervertito che lo aveva osservato per un tempo superiore al necessario – che per lui equivaleva a tre secondi-, con un drink tra le mani, bevibile ma non buono abbastanza per essere di suo gradimento.
Guardava in continuazione l'orario sul cellulare. Era indeciso, cazzo, se andare o no a quel party di suo fratello.
Era arrivato a Venezia il giorno prima con il treno, aveva passato tutto il viaggio con mille pensieri e preoccupato.
Sua madre Concetta non aveva obbiettato quando lui gli aveva detto che avrebbe passato la fine dell'anno con amici.
“Starai fuori tutta la notte?” lei si preoccupava sempre. Lui aveva digrignato i denti e chiuso le mani in pugni, aveva ventidue anni dopotutto. Lei a quel punto aveva solo abbassato lo sguardo sulla tovaglietta e aveva continuato il ricamo di Cristo in croce.
Fedele.
Nonostante tutte le sofferenze che la vita gli aveva riservato…
“Starò via qualche giorno!” e con quelle parole era uscito di casa. “Fatti guidare sempre da Dio.” fu la vaga risposta che sentì dietro alla porta.
Sospirò, sorseggiando il drink e lanciando uno sguardo alla sala. C'era molto chiasso.
Lui era entrato in quel bar solo perché era sulla strada che lo avrebbe portato da Feliciano. Il dubbio di aver fatto una colossale cazzata lo aveva obbligato a fermarsi.
Per un mese intero si era detto che non avrebbe preso parte a quel party, che non sarebbe andato a Venezia e che se suo fratello non voleva vederlo non si sarebbe presentato da lui.
E invece eccolo lì, in un locale affollato, dove canzoni pop si mischiavano all'inno italiano con in mano una bevanda indegna di esistere, pieno di paura.
Voleva vedere Feliciano?
Si
Voleva parlargli?
Si
Voleva conoscerlo?
Si
La ragione sembrava fare tutto semplice. Era il cuore, che tremava alla sola idea che suo fratello si fosse perfino dimenticato di lui o peggio ancora che lo odiasse.
Lasciò la bevanda sul tavolino, gli occhi vacui e ben poca voglia di festeggiare.

 

Francis fece il suo ingresso spalancando la porta a vetri con ben poca grazia, il sorriso malizioso e i bei capelli lasciati sciolti sulle spalle in contrasto con il capotto rosso.
Il barista si sistemò gli occhiali guardando il nuovo arrivato con aria di rimprovero. Sperò con tutto se stesso che la porta non si fosse spaccata e si domandò dove era finito Berwald, il proprietario.
“Spero di non avervi fatto attendere molto!” la voce alta -perché Francis doveva essere notato- e squillante. Le mani si muovevano intorno a lui come farfalle. “Ho fatto il prima possibile...” si avvicinò ai suoi amici ignorando completamente gli sguardi scocciati dei avventori.
Gilbert alzò la testa di scatto, gli occhi rossi languidi per il troppo bere e una smorfia stampata sul viso. “Cos'è?” urlò allungando il collo verso il francese “Il tuo cane non ti lasciava uscire?” e rise, come se avesse fatto la battuta migliore del mondo.
Francis corrugò la fronte portando le mani sui fianchi in quel movimento da maestrina che tanto irritava il tedesco “Per tua informazione il mio cane...” e qui si sedette dando una leggera spinta del bacino a una borsa posata su uno sgabello “...è rimasto solo, soletto a casa. Come avevo previsto si è bevuto la storia del lavoro e non mi ha nemmeno chiesto di stare con lui stasera!” sorrise allegro.
Antonio rise a sua volta “E che ne sai se lui è a casa davvero da solo?” la voce un po' alticcia. Il biondo gesticolò con la mano davanti al volto come a schiacciare un insetto “Sciocchezze!” sentenziò “Non sarebbe in grado!”.
Si voltò raggiante verso il barista, gli stava di spalle, ma lo vedeva alto e magro, “Vorrei un drink...” esclamò con quel suo modo civettuolo “...cosa potresti consigliarmi?” il ragazzo si girò mostrando un volto carino, pallido e con un paio di occhiali rettangolari.
Ed era un ragazzino!
“Scusi?” chiese il giovane ignorando palesemente lo sguardo sconvolto del biondo e quello divertito dei suoi amici, “Non importa...dammi un drink qualsiasi.”  lo squadrò come se vedesse un pazzo “Se vuole le consiglio qualcosa di molto leggero...”.
Francis sbuffò mentre i suoi amici sghignazzavano come iene. “Non è divertente...” mormorò lisciandosi un ciuffo di capelli.

 

^^^^^^^^^

23.37

“Quello che hai organizzato Feliciano è meraviglioso. I bambini saranno felici di ricevere l'attrezzatura nuova.” Ada era una donna bassa e magra, dei capelli rossi raccolti in una crocchia e due occhi grigi che ricordavano il cielo prima del temporale.
Sorrideva allegra, mentre osservava le varie opere, molte avevano già il cartellino rosso che equivaleva che erano state vendute.
Era rimasta scioccata entrando nella stanza, il blu era ovunque e sembrava non terminare mai. Lei indossava un abito verde e per un attimo si era sentita fuori posto. Poi aveva notato i dipinti, tutti blu.
Meravigliosi!
Le figure -nonostante il colore- erano così reali, le loro espressioni così ben studiate che sembrava averle accanto. C'era uno in particolare che le piaceva: due bambini in una stanza, in un angolo stava una enorme poltrona. Uno, il più alto muoveva un finto aeroplano, le guance gonfie piene d'aria e le labbra aperte in una piccola o. Il più piccolo alzava le mani cercano di raggiungere il gioco e sorrideva divertito.
“Spero di poter guadagnare abbastanza da potere a quei bambini una speranza in più.” Ada portò lo sguardo sul ragazzo che le stava accanto.
Feliciano era la persona più maldestra e scansafatiche che aveva conosciuto in tutta la sua vita, ma aveva un animo davvero benevolo.
Era davvero felice di averlo incontrato qualche mese prima a casa dei suoi genitori. Quando lei aveva parlato -per sfogarsi- dei pochi fondi che avevano e che i bambini disabili avrebbero dovuto arrangiarsi con apparecchiature vecchie e malandate, Feliciano si era indignato e si aveva proposto un party di beneficenza.
Lei non ci aveva badato molto.
Eppure lui lo aveva fatto. Ed eccola lì a vedere 10 opere dipinte in quei tre mesi e sette di esse erano già vendute.
“Andrà bene.” disse docile posandogli una mano sulla schiena, perché Feliciano era altro ben venti centimetri in più di lei.
Volse lo sguardo alla stanza. Tra tutte quelle persone di varie età c'era uomini e donne d'affari, amici dei genitori di lui e alcuni ragazzini ricchi e viziati.
Ada si domandava come un ragazzo dolce e ingenuo come lui conoscesse certe persone.
Infine in quel gruppo di individui c'erano amici universitari e professori. Una parvenza di normalità.
“Lo spero.” Feliciano aveva lo sguardo sull'opera che aveva rapito lei, aveva uno sguardo distante e triste. “Stare in un orfanotrofio non è bello e starci senza nemmeno attrezzature adeguate per la loro disabilità, deve essere terribile.”
Ada spostò l'attenzione sul suo profilo, qualsiasi cosa fosse che lo struggeva così tanto era nascosta dietro a quel sorriso che regalava a tutti.
Ed ecco che di nuovo sul volto del giovane si dipinse un splendido sorriso, “Vuole bere qualcosa, signora Longhi?”

°°°°°°°°°°

Antonio aveva rivisto il ragazzo di prima seduto in un angolo. Non lo aveva visto per tutta la sera e proprio quando usciva dal bagno lo aveva intravisto con la coda dell'occhio.
Era seduto con le gambe accavallate, i jeans neri come la camicia aderivano perfettamente a quelle gambe snelle, di sicuro faceva palestra.
Sorrise leccandosi le labbra, era veramente un bello. Con quella pelle liscia e quel viso così attraente che sembrava opera di Michelangelo, chissà com'era bello quando godeva.
Con un passo sensuale, perché lui se doveva conquistare lo faceva in tutti i modi possibili, si avviò nella direzione opposta al bancone.
Lovino si alzò in piedi nell'esatto momento in cui il moro arrivò davanti a lui.
Si mise velocemente il capotto nero e la sciarpa bianca, ignorò completamente il nuovo arrivato, non riconoscendolo nell'idiota di prima e menefreghista del saluto appena accennato.
Andrò solo a vederlo. Non mi fermerò e non mi vedrà. Un'occhiata per vedere se davvero sta bene e che non siano solo cazzate!
L'aria fredda lo colpì in viso appena uscì dal locale. Si chiuse velocemente il capotto e con passo sicuro s'avviò verso il party.
Antonio lo guardò allontanarsi allibito prima e incazzato poi. Com'era possibile che quel ragazzino lo ignorasse?
Lui non poteva essere ignorato! Era impossibile!
Ringhiò con rabbia mentre marciava verso i suoi amici, sbatté i palmi sul banco con forza “Non la passerà liscia!”
Francis alzò un fino sopracciglio e Gilbert rise ormai completamente ubriaco “Oh, qualcuno qui ha ricevuto un due di picche!”
Lo spagnolo gli diede una gomitata che lo fece cadere con il viso sul balcone “Torna a deprimerti stronzo!”
Il tedesco scoppiò a ridere seguito dal francese.

 

^^^^^^^^^

23.59

“DIECI!” la voce di Feliciano si alzò improvvisamente da un angolo della stanza. In mano un bicchiere di spumante.
“NOVE!” Domenica sorrise unendosi alla voce dell'amico.
“OTTO!” Ora era un insieme di voci, femminili e maschili che contava ad alta voce.
“SETTE!” Matthew guardò il lampadario, pochi secondi al nuovo anno. "Si, andrà bene!" Se lo sentiva nel cuore.
“SEI!” Lovino si era fermato un attimo davanti all'ingresso. Era quasi mezzanotte e l'indecisione gli aveva fatto visita di nuovo. Ma quel sei gridato con forza lo spinse a mettere la mano sulla maniglia.
“CINQUE!” la porta della stanza si aprì e sbatté con forza, nessuno ci fece caso mentre alzavano i propri bicchieri.
“QUATTRO!” Lovino spalancò gli occhi. Incredulo da quanta gente ci fosse, sarebbe stata un'impresa trovare Feliciano. Poi notò le pareti...
“TRE!” “Il mondo è blu!”

 


Angolo dell'autrice:

Chiedo perdono per il ritardo. Ma da quando la mia “dolce metà” ha deciso di portarmi via il computer per tutta la giornata non ho quasi mai tempo per scrivere. Se non quelle due ore la sera che però si trasformano stranamente in una mezz'oretta.
Ma spero di non avervi deluso con questo secondo capitolo. Ci ho messo tanto anche perché volevo far vedere diverse situazioni, ma non tirarla per le lunghe perciò uno spezzone qui, una là…
...ed ecco il capitolo concluso!
Va beh!
Grazie di cuore a tutti coloro che mi seguono!
Un abbraccio!!!

  
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