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Autore: DanielasCorner    20/07/2015    0 recensioni
Se avessi la possibilità di ricominciare tutto daccapo, se avessi una seconda occasione per vivere, saresti la stessa persona di prima? Le tue scelte, le persone intorno a te, sarebbero le stesse?
Quando Charlotte perde la memoria in seguito ad un incidente d'auto, il suo mondo viene cancellato, e deve crearsene uno nuovo. Ma non si fida delle persone intorno a lei, le sembra tutto cosi' diverso... Anche lei e' diversa da prima.
Cosa sei disposto a lasciare andare quando hai già perso tutto?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Quando mi sveglio, mi sembra di aver dormito per cento anni. Le palpebre fanno fatica ad alzarsi, e tutti i suoni arrivano ovattati alle mie orecchie, come se fossi lontana anni luce dalla vita reale. Lentamente, percepisco dei suoni di macchinari, tanti bip diversi. Metto a fuoco ciò che mi sta intorno: sono in una stanza luminosa e asettica. Le pareti sono bianche, come le lenzuola che mi ricoprono. Sono in una stanza d'ospedale. Inspiro profondamente, e sento tutto il corpo addormentato. Faccio fatica a concentrarmi su qualcosa in particolare, sento la mente completamente svuotata. Cosa ci faccio qui?
Tento di mettermi a sedere, ma un tubicino trasparente appena sotto le mie narici mi blocca i movimenti. Alzo le mani e mi guardo le braccia: sotto ogni polso è infilato un ago, e il solo pensiero mi fa girare la testa, che sento stretta in una benda.
Improvvisamente, la porta della camera si apre, facendo entrare due persone: la prima è un uomo dall’aspetto diplomatico, sulla quarantina, con i capelli brizzolati e già qualche accenno di vecchiaia sul viso abbronzato. Sul naso importante poggia un paio di occhiali dal taglio minimalistico; la seconda è una donna, sulla trentina, con qualche chilo in più del dovuto e i capelli castani legati in una crocchia sulla nuca, che scopre il suo viso paffuto ma bello. Tiene in mano una cartellina, e parla vivacemente con l'uomo, ma non riesco a capire di cosa. Vorrei solo chiedere ‘Ehi, che cosa ci faccio qui?’ ma dalla mia bocca non esce alcun suono. L’infermiera mi lancia un’occhiata distratta, ma, forse accorgendosi che la stavo guardando, torna con lo sguardo su di me, questa volta molto più attenta di prima. Smette di parlare con quell’uomo e si fionda su di me, dicendo solo: ‘E’ sveglia’. Grazie mille, so di essere sveglia, penso, ma lei non si sta rivolgendo a me. Infatti, sentendo queste parole, anche l’uomo si avvicina a me, guardandomi attentamente. Il suo sguardo, inizialmente attento e sorpreso, diventa serio, ma non rigido.
- Ciao – dice semplicemente, e questa volta è rivolto a me.
- Salve – provo a dire di rimando, ma dalle mie labbra non esce che un suono strozzato, allora mi schiarisco la gola e provo a ripeterlo, ma la mia voce sembra quella di un’estranea. – Dove sono? – chiedo.
- Ti trovi al White Grace Hospital, Charlotte. Come ti senti? –
White Grace Hospital? Che sta succedendo? Perché non ricordo niente?
Sento l’ansia farsi strada dentro di me, e inizio a sudare freddo. Il macchinario che tiene traccia della mia frequenza cardiaca emette bip sempre più veloci. Probabilmente il medico lo nota, allora si poggia sul lato del mio letto e mi guarda negli occhi: - Charlotte, due settimane fa sei rimasta coinvolta in un incidente stradale, e sei rimasta incosciente da allora – Fa una pausa, forse aspettando che assimili la cosa, o attendendo una mia reazione, che però non arriva. Non ricordo niente. L’uomo sospira, poi aggiunge: - C’e’ una persona che vuole vederti – poi si alza ed esce dalla stanza insieme all’infermiera, che era rimasta tutto il tempo a guardarmi con un’espressione compassionevole sul volto. Faccio un respiro profondo e mi metto a sedere come meglio posso. Non vedo l’ora di togliermi tutti questi tubi dal corpo. Mentre sistemo il cuscino dietro la mia schiena, nella stanza entra una donna. La osservo a lungo: sembra che non dorma da giorni, profonde occhiaie viola le segnano il viso, mettendo in risalto i grandi occhi azzurri; ha i capelli biondo cenere, disordinati e raccolti in una coda fatta frettolosamente. La sua espressione e’ dolce, ma stanca e fragile, come se potesse scoppiare a piangere da un momento all’altro. Entra nella stanza, con lo sguardo incatenato al mio. – Ciao, Charlotte – mi dice con un filo di voce, come se avesse davvero appena smesso di piangere. – Salve – le rispondo, cercando di avere una voce più squillante e … viva di prima. Tuttavia, non appena la saluto, lei si porta una mano alla bocca e i suoi occhi si velano di lacrime. Cosa ho detto di sbagliato? Anche lei si siede sul lato del mio letto, caccia via le lacrime - senza riuscirci completamente – e si porta le mani in grembo, sospirando. Resta in silenzio a guardarmi per un lungo istante.
– Tu non sai chi sono, vero? – dice solamente, e in quel momento mi si stringe lo stomaco. So che dovrei conoscere questa donna; dopotutto, non credo che degli sconosciuti entrino piangendo nelle stanze d’ospedale della gente. Scruto il suo viso: la pelle candida, le rughe agli angoli degli occhi e vicino alla bocca, lo sguardo penetrante e amorevole… Dovrebbero dirmi qualcosa, dovrei collegare questa persona a qualcuno che conosco, ma la testa mi fa così male, la sento pulsare sempre più forte… - Mi dispiace, no – le rispondo infine, facendo una smorfia per far passare quel tremendo dolore alla testa. Quella benda e’ davvero troppo stretta. A quel punto mi aspetto di vederla scoppiare in un pianto isterico, per quanto i suoi occhi sono lucidi, ma lei sospira ancora una volta e, con la voce rotta, dice semplicemente: - Sono tua madre. –
Solo queste tre parole, e la stretta allo stomaco che sentivo prima si chiude ancora di più, facendomi mancare il respiro. Mormoro un “Che cosa?” ma non sono sicura che lo senta. Come posso non ricordarmi di mia madre? Della donna che mi ha messo al mondo e che mi ha cresciuto.. Almeno credo. Solo in quel momento mi accorgo che non ricordo niente. Cioè davvero niente. Non ricordo nessuna persona, nessun avvenimento, nessun compleanno, niente. E la donna che e’ seduta di fronte a me mi guarda non in maniera comprensiva, ma in maniera consapevole. Lei sa che non la ricordo, sa che non ricordo niente. E probabilmente sa anche cosa mi e’ successo.

***

- Era venerdì sera. Tu volevi andare a questa festa, ma io non ero d’accordo. C’erano persone più grandi, girava di tutto, e io lo sapevo. Abbiamo litigato tanto, e alla fine tu hai preso la mia macchina e sei andata lì da sola. Dovevi andarci, mi hai detto, perché lì c’era anche il tuo ragazzo. Sono passate ore, era notte fonda e tu non eri ancora tornata a casa. Hai fatto un incidente con un’auto sull’altra corsia. Lui ne e’ uscito relativamente bene, ma tu.. – Mia madre si ferma, forse perché aspetta che assimili tutto, o forse perché la sua voce è troppo spezzata. La vedo deglutire, poi continua: - Hai battuto molto forte la testa e sei entrata in coma praticamente all’istante. Non ti sei mai svegliata fino ad oggi. Il trauma ti ha provocato un’amnesia retrograda, il che vuol dire che non ricordi niente di ciò che e’ successo prima dell’incidente. Persone, avvenimenti, ricordi … niente – fa un sospiro e si guarda le mani, sul suo viso un’espressione sofferente.
- Credevo che non ce l’avresti fatta – dice poi, mettendosi le mani sul viso per nascondere le lacrime, ma il dolore traspariva dalla sua voce. – Credevo che la nostra ultima conversazione sarebbe stata un litigio – continua, e adesso il suo e’ davvero un pianto disperato. Prima che possa aggiungere altro, le metto una mano sulla spalla e la accarezzo lentamente, cercando di confortarla. – Ma ce l’ho fatta. Sono qui, mamma, sono viva – Mi dispiace davvero per questa donna, nonostante ormai non la conosca più. Faccio un respiro profondo e cerco di alleggerire la conversazione: - Il medico ha detto quando posso tornare a casa? – chiedo. Lei mi guarda, e dopo il pianto i suoi occhi sono ancora più azzurri. Tira su col naso e si asciuga le guance velocemente: - No, non gli ho ancora parlato. Ma spero presto – dice. Poi si alza e propone di portarmi qualcosa da mangiare, e io le rispondo di sì, nonostante il mio stomaco sia chiuso ermeticamente. Quando mia madre esce dalla stanza, mi butto sul letto e guardo il soffitto. E’ come se la mia vita fosse stata completamente cancellata. Forse qualcuno lassù mi ha voluto dare una seconda occasione di vita.
Ma perché?
Chi ero prima?


Angolo autrice:

Ciao a te che leggi! Mi chiamo Daniela e questo è l'inizio di una nuova storia. Al momento non dice molto, ma è solo l'inizio. Se leggi, per favore, per favore, PER FAVORE, lascia una recensione, ti farà perdere solo un minuto, ma sarà molto importante per me. Anche se non ti piace, dimmelo okay? Sto anche lavorando sul trailer di questa storia, quindi presto potrete sapere meglio la trama. E niente, ci vediamo al prossimo capitolo :) Byee xx

   
 
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