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Autore: Ghost Writer TNCS    20/07/2015    10 recensioni
Raémia è un mondo ricco di magia, dove i contadini vivono del lavoro nei campi, i soldati in armatura girano da un villaggio all’altro per garantire pace e sicurezza, e i saggi maghi offrono i propri servigi in cambio di cibo e rispetto.
I numerosi Reami, popolati da altrettante specie diverse, sono posti sotto il controllo di sei Re: persone illuminate che garantiscono pace e prosperità al mondo intero. O almeno così era un tempo. Oggigiorno i Re si preoccupano più che altro di godersi le proprie ricchezze, e i nobili cercano sempre nuovi espedienti per guadagnare maggiore potere.
In questa precaria situazione, Giako – un Gendarme solitario cresciuto da una strega – verrà a conoscenza di una grande macchinazione volta a ribaltare gli equilibri del mondo. Da solo non potrebbe fare nulla, ma questa volta non sarà solo: quante persone servono per salvare il mondo?
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '2° arco narrativo'
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Prologo

L’odore di bruciato gli impregnava le narici, terribile e asfissiante. Le grida di paura degli abitanti del suo villaggio raggiungevano le sue orecchie a punta, disperate, e con esse le voci furenti dei banditi.

Il piccolo mezzelfo, tremante di paura, se ne stava rannicchiato tra i cespugli spinosi, incapace di reagire. Ad ogni minimo movimento i rami aguzzi gli graffiavano la pelle, sentiva dolore ovunque, ma non riusciva a stare fermo. Era terrorizzato.

Una mano gli afferrò la spalla, strappandogli un grido di paura. Si voltò di scatto e il viso insanguinato di suo fratello maggiore lo fece trasalire.

«Scappa!»

Il bambino[1] non se lo fece ripetere e, gli occhi gonfi di lacrime, si mise a correre più forte che poteva. Sentiva le urla dietro di sé, ma più cercava di scappare, più la vegetazione si infittiva intorno a lui.  I rami si allungavano per afferrarlo, i rovi cercavano di fargli lo sgambetto e la terra sembrava una melma appiccicosa.

Cadde a terra, strisciò per un paio di metri, ma era inutile. Non poteva più fuggire.

I banditi gli erano addosso, sentiva le loro grida sguaiate, il cozzare delle loro armi.

Stavano per ucciderlo!

Si svegliò di soprassalto, la mano sinistra a cercare l’elsa della spada.

Aveva il respiro affannato e la fronte imperlata di sudore. Le orecchie a punta erano tese a captare ogni minimo suono, gli occhi a mandorla spalancati sulla foresta. Ma non c’era nessuno.

Superati gli istanti di panico, cominciò a fare respiri lenti e regolari, cercando di placare i battiti forsennati del suo cuore. Erano passati parecchi anni ormai, eppure quell’incubo non smetteva di tormentarlo. Sempre uguale, sempre spaventoso.

Ritrovata la calma, si guardò intorno. A giudicare dalla flebile luce che filtrava nella foresta, doveva essere primo mattino. Ma cosa ci faceva lì? E dov’era la sua spada?

Poi ricordò: lo scontro con il mostro era stato molto violento, era stato sbalzato contro il tronco alle sue spalle e alla fine aveva perso i sensi. Ormai la creatura doveva essere lontana.

Il suo ippolafo[2] gli si avvicinò sbuffando amichevolmente.

Il mezzelfo provò a tirarsi su, temendo di ricevere una scarica di dolore. Invece non sentì nulla: era come se il suo corpo fosse improvvisamente guarito. Certo, doveva essere merito della pozione di Alisha.

Accarezzò il collo dell’animale per rassicurarlo, o meglio per rassicurare se stesso. Non era molto bravo a lavorare in squadra e preferiva viaggiare da solo, quindi il suo unico e inseparabile compagno era proprio quel destriero simile a un robusto cervo senza corna.

Senza smettere di coccolare l’animale, ripensò allo scontro, e la sua mente non poté non andare ad Alisha. Era stata lei a chiedergli di uccidere il mostro e lui non ci aveva pensato due volte ad accettare l’incarico, pur sapendo che sarebbe stata un’impresa rischiosa. Ora però cominciava a temere che ci fosse qualcos’altro sotto, qualcosa che lei non aveva il coraggio di rivelare.

“Alisha, perché mi hai chiesto una cosa del genere?”

Un rumore improvviso destò le sue orecchie a punta. C’era qualcuno lì vicino, dietro il grande albero alle sue spalle. Forse il mostro era tornato a finire il lavoro?

Si mosse con cautela per non fare rumore e sbirciò oltre il robusto tronco. No, non era il mostro: era una ragazza bionda e tra le mani aveva una spada nera. La sua spada.

Non le avrebbe permesso di rubargliela.

Fece per muoversi, ma in quel momento lei sollevò lo sguardo e lo vide.

Ottimo, addio effetto sorpresa.

«Giako Duivelzoon?» gli domandò.

Lui rimase in posizione d’allerta. «Chi lo vuole sapere?»

«Jehanne Romée[3]» si presentò lei con un vivace sorriso. Girò la spada per offrirgli l’impugnatura. «Finalmente ti ho trovato!»



Note dell’autore

Ciao a tutti, e grazie per aver iniziato (o ri-iniziato) questa mia nuova storia! :D

Mi scuso per aver apportato modifiche già dopo un solo capitolo, ma una beta mi hanno fatto notare che la prima metà della storia prendeva meno rispetto al mio ultimo racconto (L'ascesa delle Bestie), e io sono uno che preferisce riscrivere dieci volte piuttosto che lasciare un lavoro imperfetto.

Nello specifico ho “riordinato” la trama per saltare subito alle parti più interessanti e ho introdotto fin dall’inizio Jehanne (che nella versione precedente sarebbe comparsa non prima dell’ottavo capitolo D:). Ma non preoccupatevi: tutte le parti antecedenti al risveglio di Giako e degne di nota torneranno sotto forma di flashback ;)

Bene, non perdo altro tempo e vi lascio ai prossimi capitoli, dove tra l’altro ho inserito dei disegni chibi fatti da me dei vari personaggi ;D


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[1] Dal momento che nelle mie storie molti personaggi appartengono a specie immaginarie, ho scelto di utilizzare termini come “uomo”, “donna” e “ragazzo/a” anche per i non umani, così da evitare ripetizioni e strani giri di parole.

[2] Specie originale di TNCS. Il nome deriva dalle parole greche ippos (cavallo) ed elafos (cervo).

[3] Giovanna D’Arco. Nel villaggio di Jehanne (il suo nome in francese antico) era abitudine dare il cognome della madre alle femmine, quindi nel suo caso Romée e non Darc.
Fonte: Alessandro Barbero, https://youtu.be/OBmX28Bug_w.

   
 
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