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Autore: wildbeauty    20/07/2015    1 recensioni
Il ragazzo camminava accanto alla sua Maga, talmente felice che l'unico motivo per cui non stava saltellando come un bambinello era il desiderio di sembrare serio e maturo: impresa difficile, visto che era diventato ufficialmente un Apprendista da solo un giorno.
     "Quindi voi avete conosciuto un membro di ogni tipo esistente?"
     La Maga annuì, divertita dalla palese curiosità che trapelava dalle domande del ragazzo.
     "E qual è quello più particolare?"
      La Maga lo guardò di sottecchi, ridacchiando: "Non saprei... I Negromanti di Gea sono di sicuro un popolo peculiare. Vivono nel deserto in capanne di bambù e resistono a temperature che tu nemmeno riesci a immaginare. Poi per scacciare gli spiriti maligni costruiscono sonagli con le ossa di pollo. I pennuti non hanno una bella vita da quelle parti. Ma non immaginarti il pollo che conosci, quello piccolo e raggrinzito delle terre del Nord. Il loro è grande e panciuto e presenta un'anatomia molto particolare. Quando studieremo i Negromanti te ne farò vedere un'illustrazione."
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Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il ragazzo camminava accanto alla sua Maga, talmente felice che l'unico motivo per cui non stava saltellando come un bambinello era il desiderio di sembrare serio e maturo: impresa difficile, visto che era diventato ufficialmente un Apprendista da solo un giorno.
     "Quindi voi avete conosciuto un membro di ogni tipo esistente?"
     La Maga annuì, divertita dalla palese curiosità che trapelava dalle domande del ragazzo.
     "E qual è quello più particolare?"
      La Maga lo guardò di sottecchi, ridacchiando: "Non saprei... I Negromanti di Gea sono di sicuro un popolo peculiare. Vivono nel deserto in capanne di bambù e resistono a temperature che tu nemmeno riesci a immaginare. Poi per scacciare gli spiriti maligni costruiscono sonagli con le ossa di pollo. I pennuti non hanno una bella vita da quelle parti. Ma non immaginarti il pollo che conosci, quello piccolo e raggrinzito delle terre del Nord. Il loro è grande e panciuto e presenta un'anatomia molto particolare. Quando studieremo i Negromanti te ne farò vedere un'illustrazione."
     Il giovane sorrise, felice. Poi però si morse il labbro, cercando di trattenersi dal fare un'altra domanda. Non riuscendoci, iniziò a fare domande a raffica, molte delle quali non aveva avuto il coraggio di porre il giprno prima: "E voi che tipo di Maga siete? Cos'è la cosa che avete fatto ieri sera? Dove stiamo andando? Cosa faremo? Che Mago posso diventare alla fine? Dovrò studiare tanto? Dopo quanto tempo potrò diventare un Mago? Dove andremo?"
     La donna lo squadrò da capo a piedi.
     "Per Dane. Mi hanno rifilato un ragazzetto curioso, eh?"
     Cain raddrizzò la schiena, offeso per quel 'ragazzetto'. Aveva quindici anni ed era rimasto nella città di Færi per quasi tutta la sua vita. Un po' di curiosità non era certo anormale!
     "Io sono una Maga Generica. Questa categoria di Maghi si occupa principalmente di formare gli Apprendisti. Non abbiamo grandi poteri, ma li usiamo discretamente, occupandoci di situazioni di gravità medio-bassa. Noi stiamo andando a Pol. È un piccolo villaggio nel mezzo della Grande Piana. Là ci occuperemo di due problemi che attanagliano il paesino. Questo è quello che continueremo a fare finché non avrai adeguatamente esercitato i tuoi poteri e non avrai capito che strada vorrai percorrere. Nell'Accademia ti hanno insegnato le basi, dandoti informazioni piuttosto scarne sui vari tipi di Maghi, questo viaggio serve per sviluppare la tua Magia e capire il tuo potenziale."
     "Che problemi ci sono a Pol?" chiese Cain, pensando con una sottile inquietudine che per tre anni aveva imparato, chino su libroni mastodontici, informazioni scarne.
     "Lasciami finire, prima. Il tempo del tuo Apprendisrato è estremamente variabile, perciò non ti posso fare una previsione precisa. Posso però dirti che mediamente ci si impiega sui tre anni. Studierai molto, questo sì, ma per tua fortuna la maggior parte delle cose s'impara sul campo. La cosa che ho fatto ieri sera si chiama Condivisione. Probabilmente ne avrai già sentito parlare, anzi, sarebbe piuttosto strano se così non fosse. È un momento unico, che solo i Maghi e degli Apprendisti già molto formati possono fare. Sostanzialmente entri in contatto con Dane."
     "La Dea Suprema?!"
     "Esatto. Ti senti parte del mondo, come se fossi tutto e niente. Provi una sensazione di pace immensa, e immediatamente sei in grado di distinguere fra il giusto e lo sbagliato."
     "E lo possono fare tutti?"
     Lo sguardo della Maga si rabbuiò.      "Sfortunatamente" rispose "solo i Maghi che presentano forti problematiche devono farlo. Certo, anche gli altri ne sono in grado, ma sono già in perfetta sintonia con Dane che non ne hanno bisogno."
     "Ed è una cosa frequente avere bisogno della Condivisione?" domandò Cain, terrorizzato.
     "Abbastanza, ma l'impiego di questo incontro diretto con Dane sta diminuendo. Certo, per i casi più gravi c'è sempre la Condivisione Forzata."
     Cain la guardò attonito e lei si affrettò a rassicurarlo: "Non ti preoccupare. Bisogna fare cose piuttosto gravi per meritarsela. Io l'ho fatta spontaneamente, non appena mi hanno spiegato che ero malata."
     "Malata?"
     "Sì. C'è una specie di germe che ti infetta le idee e non riesci più a pensare razionalmente. Il mio era un caso lieve, e me ne sono accorta subito. Mi sembrava ingiusto che i membri dell'Ordine avessero la precedenza su tutti gli altri, o che non dovessero pagare nella locanda. Ma poi con la Condivisione Dane mi ha spiegato che siamo suoi sacerdoti, poiché abbiamo la Magia in noi, che altri non è che una manifestazione della Dea Suprema. E che quindi è giusto avere dei piccoli privilegi."
     Cain annuì, convinto. Poi però le si rivolse metà dubbioso e metà spaventato: "Io però avrei avuto lo stesso dubbio e non ci sarei mai arrivato da solo. È un sintomo della malattia?"
     La Maga fece un cenno di diniego: "No. Io ero malata, perché nonostante il mio Mago mi avesse spiegato tutto ciò, io continuavo a pensarci. Ma se invece capisci, non hai niente di cui preoccuparti. Certo, ci sono concetti più difficili da digerire, ma è per questo che l'Apprendistato viene fatto affrontare gradualmente. Così quando avrai la maturità e l'educazione necessaria, sarai in grado di trattare di determinati argomenti con coscienza. Molto più semplice così, no?"
     Cain annuì.
     "Per questo ci hanno affidato Pol. C'è solo un focolaio di Febbre Rotia e nel villaggio corre voce di una bestia che attacca i viandanti e che circola nelle strade di notte. Andremo là per controllare e se la storia si rivelasse vera, la uccideremo."
     "Queste sarebbero situazioni di gravità medio-bassa?"
     La Maga ridacchiò di fronte al viso pallido di Cain: "Ricordati che sei un uomo, nonché un Apprendista. Il tuo intelletto è superiore a quello di una bestia qualunque. Tu possiedi capacità di ragionamento. Una cosa che spesso molti Maghi si dimenticano quando devono uccidere una fiera: lei non è come te; non prova emozioni né sentimenti. Tienilo bene a mente, perché se non lo farai sei morto. Me lo ha detto Dane in Condivisione, quando le ho parlato di Pol."
     Cain annuì, leggermente turbato da tutto quel sapere acquisito in così poco tempo e rimase in silenzio, riflettendo sulle informazioni sparse che aveva appreso.

*

Cain immerse la bacinella nella fonte: la sua Maga aveva costantemente bisogno di acqua fresca per la sua pozione guaritiva e spettava a lui il compito di portargliela. Aveva capito presto che avrebbe dovuto fare un bel po' di gavetta per preparare lui stesso il filtro. 
     Erano a Pol da circa una settimana, e avevano iniziato a curare i malati di Febbre Rotia, anche se con un metodo strano. Cain si era infatti immaginato che non appena fossero arrivati nel villaggio avrebbero iniziato a preparare quanta più pozione possibile e l'avrebbero distribuita alla popolazione.
     Invece c'era stato tutto uno strano cerimoniale. Prima erano andati nella casa del podestà e avevano cenato, poi avevano partecipato a una festa in loro onore e solo il giorno dopo la sua Maga si era messa a lavorare con gli alambicchi.
     Poi, pensò Cain, c'era stato l'ordine. Ogni tanto, infatti, lui indicava alla sua Maga una persona particolarmente sofferente che avrebbe necessitato di un aiuto immediato. Ma lei lo ignorava bellamente, dicendogli che c'era una gerarchia nelle cose. Perciò rima venivano gli strati più alti, ovvero dalla famiglia del podestà e i mercanti, per poi discendere rapidamente la scala sociale. E quando domandava perché, la Maga rispondeva che era un bene per l'Ordine farsi amici i ricchi e tenere lontani i poveri, e che quindi era un bene per Dane.
     E quando le chiedeva come lo sapesse, lei rispondeva con tono saputo: "La Condivisione, Cain. La Condivisione."
     Non che lo convincesse molto come spiegazione, ma non osava chiedere altro per paura della malattia. Sentiva il dubbio roderlo dentro, ma sperava di riuscire a controllarlo. Il pensiero di essere infetto lo spaventava a morte, ma al tempo stesso non poteva fare a meno di pensare come le sue perplessità sembrassero sensate e logiche, cosa che lo lasciava atterrito.
     Ancora più ridicolo e assurdo era che la malattia lo faceva dubitare persino di essere malato. Del resto, dove si fermava il confine fra dubbio legittimo e infermità? Ogni volta che si perdeva in queste elucubrazioni gli veniva un forte mal di testa, ed era più incerto di prima. Gli sembrava di vivere in un incubo.
     Come avrebbe voluto non aver chiesto nulla i primi giorni!
     Cain si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, e, vedendo che l'acqua nella bacinella stava fuoriuscendo dai bordi, decise che era tempo di tornare dalla sua Maga.
     La trovò intenta a parlare col podestà.
      "A quanto pare" gli disse, dopo essersi congedata dall'uomo "i rumori che abbiamo sentito ieri notte sono stati provocati dalla bestia. Sono stati uditi altre volte, due delle quali in concomitanza con un'aggressione di un viandante. Non c'è stato nessun morto, almeno per ora. Stasera ci apposteremo nel bosco e la troveremo. Vedrai, sarà facile."
     Cain deglutì a vuoto, ma cercò di rivolgerle uno sguardo coraggioso.

*

"Cain!"
     La voce della sua Maga lo risvegliò dal limbo silenzioso in cui era caduto. Rimanere accovacciati dietro a un cespuglio, di notte, al freddo, senza che nulla accadesse per ore e ore lo aveva portato a fissare vacuamente un punto sul terreno.
     Perciò il sentire la Maga urlare lo lasciò un attimo spaesato, ma si riprese in fretta. Corse in direzione della voce, maledicendo puntualmente le varie sterpaglie e i rovi che gli strappavano i vestiti, e finalmente trovò la Maga. Era in una radura, che fronteggiava la belva.
     Questa era uno strano e meraviglioso essere, dei più bizzarri che Cain avesse mai visto. Aveva  il corpo di un leone nero, la faccia un ammasso di peli e fattezze spigolose. Poi c'erano altre cose nel corpo, quelle che sembravano ali di piume e altre cose che Cain vedeva e per le quali si stupiva, ma che non sarebbe riuscito a descrivere nemmeno se avesse voluto.
     La creatura era circondata da corvi, che si mettevano uno dopo l'altro fra lei e le rune che la Maga le scagliava contro, cercando di distrarre quest'ultima beccandola e tirandole i capelli. Ma Cain non guardava la Maga. Era immobile, paralizzato nel guardare quella belva, la bestia che aveva tormentato il villaggio di Pol, che non si muoveva. Non attaccava, anzi, sembrava accovacciarsi e osservare la Maga con un'espressione docile, come se chiedesse pietà.
     Ricordandosi cosa gli era stato insegnato, Cain si mise subito a fianco della Maga, fronteggiando quello che era un vero e proprio stormo di corvi.
     All'improvviso però la bestia, evidentemente conscia che non avrebbero smesso emise uno stridio acuto che allontanò gli uccelli, e iniziò a schivare le rune che Cain e la Maga le lanciavano contro.
     "Perché non attacca?" urlò Cain, irritato e spaventato dalla passività della fiera.
      Attaccare una cosa che vuole ucciderti è una cosa, ma attaccare senza essere provocati...
     "Vorrà farci abbassare la guardia" sentenziò la Maga.
     "E se non volesse farci del male?"
     "Non essere sciocco" disse lei, iniziando una nuova raffica di rune, per poi lanciarne una luminosa in aria, che esplose "Così l'Ordine saprà che deve inviare rinforzi."
     All'improvviso la creatura balzò addosso a Cain, lasciandogli un taglio profondo sul fianco. La Maga allora innalzò una barriera protettiva, con la quale la belva si scontrò, infrangendola. La bestia cadde a terra, mentre Cain si rialzava e la Maga preparava una nuova runa. Ma un corvo arrivò in quel momento e le becchettò il naso con violenza, facendole uscire del sangue. Approfittando di questo momento di distrazione, la fiera attaccò e lei cadde a terra, esanime. La bestia allora lanciò una rapida occhiata a Cain e ritornò velocemente nella foresta, zoppiccando un poco.
     Il ragazzo però, non appena si fu accertato che la Maga fosse viva, entrò nella selva, ignorando la ferita che pulsava in una sorta di curiosità orgogliosa tipica dei giovani, cercando la fiera, o almeno qualche orma, con l'euforia della lotta ancora in corpo, che gli fece dimenticare la prudenza.
     Dopo una ventina di minuti trovò dei rami spezzati e delle impronte nel terriccio. Seguendo queste tracce irregolari, giunse presso un laghetto e quello che vide lo lasciò stupefatto.
     Una ragazza si trovava davanti alla lui.
     Cain aprì la bocca scioccato.
     Era bella, la pelle pallida e traslucida, lunghi capelli neri che le scivolavano sulle spalle e grandi occhi grigi, stanchi e arrossati, ma con una punta di deciso orgoglio.
     Tre corvi le portarono un drappo rosso, che Cain riconobbe come una delle tende dell'osteria dove alloggiava, con la quale si ricoprì il corpo nudo. Poi gli uccelli iniziarono a tirarle i capelli e a gracchiare, come per avvertirla di un pericolo.     Ci volle un po' a Cain per realizzare che il pericolo era lui. Era lui il cacciatore, dopotutto. Ma la sua preda non si muoveva, anzi, rimaneva ferma, con un'aria di spaventata rassegnazione, come se fosse stanca.
     Come se volesse arrendersi.
     Ma Cain si trovava in uno stato di profonda confusione. Da una parte c'era il suo dovere verso l'Ordine, che lo portava a muovere le dita e a conficcare una runa mortale nel petto della ragazza-bestia. Dall'altra c'era la sua testa che gli urlava l'impensabile che era ovvio davanti ai suoi occhi. Quello che la sua Maga aveva categoricamente negato.
     E disse, con voce tremante, dando voce ai suoi pensieri: "Sei umana."

*

Cain si risvegliò in una grotta, preda di un torpore doloroso. Aprendo gli occhi si ritrovò faccia a faccia con la ragazza. Balzò indietro, terrorizzato.
     "Stai calmo" disse lei.
     Era avvolta in una specie di tela sbrindellata, e sembrava perfettamente tranquilla.
     "Sei svenuto" spiegò lei "Ti ho portato qui. Questa è casa mia. Io sono Maëkla."
     Parlava velocemente e con un tono nervoso, come se si stesse pentendo della sua scelta di salvarlo.
      "Mi dispiace di averti ferito. Ho cercato di curarti, ma non ho la più pallida idea di come si faccia. Non voglio ferire nessuno, io. Anche i viandanti... Sono stati incidenti."
     "Sei umana" esclamò Cain, stupefatto "Ma sei una bestia"
     Ci fu un attimo di silenzio, poi Maëkla parlò: "So che ti potrà sembrare strano. E assurdo. E anche pazzesco. Ma non sono sempre stata così. Spero che tu mi creda. E poi, spero che tu possa aiutarmi."
     E iniziò a raccontare. Parlò di un uomo di nome Bilius, del quale era schiava, di come fosse un sacerdote dell'Ordine, e di come avesse condotto esperimenti su di lei, con le sue pozioni. Di come a volte, la notte, si trasformasse in una bestia e avesse bisogno di carne fresca. Di come uomini dell'Ordine l'avevano vista e avevano approvato il lavoro di Bilius. Di come una volta un Mago avesse espresso perplessità e fosse stato mandato immediatamente a praticare la Condivisione.
     Cain ascoltò inorridito, parola per parola. E quando le sussurrò un "Tu menti" spaventato, lei gli mostrò la sua schiena, dove era marchiato a fuoco il simbolo dell'Ordine, un triangolo all'interno di un quadrato all'interno di un cerchio. E sotto, 'No. 23356'.
    Cain chiuse gli occhi. Non stava raccontando fandonie, lo sapeva e lo vedeva con la runa della verità. Ma l'Ordine non era nemmeno così, sapeva anche questo. Aveva solo incontrato dei Maghi sbagliati. E poi quella storia della Condivisione come una specie di lavaggio del cervello...
     Non poteva crederci. Semplicemente, non poteva. Yni, la runa della verità, mostrava un modo troppo spaventoso per poterlo accettare così, su due piedi.
     C'era una supplica sincera nei suoi occhi.
     "Mi devi aiutare. Mi devi guarire."
     "Non sono in grado. Ma se ti portassi da dei sacerdoti" disse, ma lei strabuzzò gli occhi e negò con la testa, terrorizzata "Potresti denunciare Bilius e gli altri. Li prenderebbero. Potrebbero cercare una cura."
     "No. Non capisci che mi ucciderebbero? Bilius è troppo prezioso per loro. Nessuno deve sapere che esisto o quello che ha fatto."
     Cain voleva ribattere, quando delle voci rimbombarono nella grotta. Maëkla entrò in panico e Cain fece per rassicurarla, ma venne colpito da una runa in pieno petto e scaraventato da un'altra parte.
     L'ultima cosa che sentì fu: "Li abbiamo trovati."

*

Cain si svegliò con un tremendo mal di testa. Si alzò rapidamente dal letto di paglia dove era stato adagiato, e una fitta gli perforò la testa. Contstatò, guardandosi intorno, di trovarsi in una cella. Era piuttosto buio, ma la forma delle sbarre era facilmente riconoscibile. Cercò di fare mente locale. I soldati dell'Ordine l'avevano stordito. Probabilmente avevano preso anche Maëkla. E se quello che gli aveva detto fosse stato vero, lei...     Scosse la testa. Non poteva essere vero. Aveva solo avuto a che fare con Maghi corrotti ed empi. L'Ordine non avrebbe mai permesso che certe cose avvenissero, non in piena coscienza. Tantomeno Dane.
     Gli restava da capire perché fosse rinchiuso in una prigione.
     "Ben svegliato" disse una voce pacata davanti a lui.
     Cain sobbalzò per la paura. Lo sconosciuto davanti a lui schioccò le dita, e quello che sembrava un piccolo Sole illuminò la cella.
     "Così va meglio, non trovi?" disse l'uomo, che indossava una lunga tunica nera e una specie di strano berretto rosso, ovvero la divisa dei Magister, i Sommi Giudici.
     "Probabilmente" riprese "ti starai chiedendo che cosa ci fai qui. E probabilmente anche cos'è successo dopo l'incursione dell'Ordine."
     Cain annuì, senza distogliere gli occhi dall'uomo.
     "La belva..."
     "Maëkla" lo corresse Cain.
     "Maëkla" concesse il Magister "ha attaccato la tua Maga che è svenuta. Sarebbe potuta morire, ma l'abbiamo trovata in tempo."
     "Dov'è Maëkla? Perché sono qui?"
     "Maëkla è morta  tre giorni fa. Devi capire, Cain, che era un pericolo per la comunità. Una ragazza-belva! Non potevamo lasciarla in vita" disse il Magister, sorridendo rassicurante.
      "Ma magari avremmo potuto curarla. Avremmo dovuto curarla" s'infervorò Cain "Magister, è stato un Mago empio di nome Bilius a trasformarla in questo modo. È della città di Baal, me l'ha detto lei. Era un uomo dell'Ordine! Bisognava aiutarla! Decapitare questo Bilius, non lei."
     "Sappiamo di Bilius" rispose placidamente il Magister, e fece un sorrisetto davanti alla faccia confusa di Cain "Ti posso assicurare che i suoi esperimenti sono molto utili alla comunità. Certo, a volte degenerano un po', ma sono i rischi del mestiere. E poi la famiglia della ragazza l'aveva venduta a lui senza porre nessuna condizione. Mi pare che vada tutto bene."
     "Bene?!" sbottò Cain, sull'orlo della disperazione "Esperimenti su esseri umani! Non può essere legale."
     "Mio caro ragazzo, sei giovane e capisco il tuo sconcerto," rispose l'altro "ma era una Seymat, una ragazzina della più infima classe sociale. Se non l'avessimo presa noi sarebbe andata a prostituirsi nei vicoli. Molto meglio sacrificare la sua vita per il bene di tutti. E mi dispiace dirtelo, Cain, ma l'Ordine è la Legge. E se all'Ordine quello che Bilius fa va bene, allora è lecito."
     Il tono del Magister aveva assunto una sfumatura di durezza e severità che si rifletteva anche nei suoi occhi, facendo perdere all'uomo quella vaga bonomia che aveva avuto fino a prima. 
    Cain si ritrovò a pensare freneticamente a quello che sarebbe venuto dopo, e l'ovvia risposta non gli piaceva affatto. Come a confermare le sue idee, il Magister riprese a parlare: "Hai vissuto un'esperienza che turberebbe chiunque, figurarsi un giovane Apprendista."
     Non poteva essere. Quello non era l'Ordine. Quelle persone non potevano essere fedeli a Dane.
     "E che ne pensa Dane degli esperimenti di Bilius?" domandò sferzante.
     Il Magister lo fissò freddo e sibilò: "Lo saprai presto."
     La temperatura nella cella si abbassò bruscamente. Il Magister riprese a parlare: "Sei malato Cain. E sei giovane, hai tutta la vita davanti. La Condivisione forzata ci è sembrata la scelta migliore. Non ti ricorderai più nulla di tutto questo spiacevole inconveniente. Dane chiarirà tutto. Io sono qui per condurti da lei."
     Il Magister gli porse il braccio, e la porta della cella si aprì. Cain considerò per un momento l'idea di scappare, ma sapeva che era inutile, con un Mago tanto esperto.      Questi lo scortò per vari corridoi della struttura per dieci minuti buoni, finché non arrivarono davanti a una porticina laccata di rosso.
     "Non fare quella faccia, Cain" sorrise il Magister "Stai per incontrare Dane dopotutto."
   
 
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