Ciao gentile pubblico :D!
oggi aggiornamento a sorpresa *musichetta di scena* con il capitolo speciale
della vincitrice del contest!!
(come quale contest?!? "Indovina il nome delle tre sclerotiche!")
Ci spiace, forse vi aspettavate qualche cosa
di serio!
Il premio va a
Sonrisa, che ha richiesto come prompt "Sorriso" Promettiamo di esserci impegnate!
Bando agli indugi, anche perché qui la cosa è lunga dato che
abbiamo messo mano tutte e tre! Vi lasciamo alla lettura :) sempre vostre Le
Moschettiere, YATHA!
“Manami, dai, fai un sorriso alla
mamma! Uno piccolo piccolo!”
Retasu strofinò le manine fresche della sua primogenita,
comodamente spaparanzata nell’ovetto, cercando di convincerla a farle quel
regalo; ma niente, la bimba continuava a guardarla con espressione corrucciata,
decisamente simile a quella del papà.
La donna sospirò, ormai sconfitta. Manami
aveva quasi tre mesi, e non c’era verso di farla sorridere, non importava
quante volte ci avesse provato. Forse doveva arrendersi al fatto di avere una
figlia musona, che i suoi geni avessero fallito miseramente per far prevalere
solo quelli di Pai.
“Nemmeno un accenno?” ritentò, sorridendole a sua volta.
Manami
sventolò le gambine tozze, lanciandosi in un allegro gorgoglìo che però non
risultò in nessun mutamento di espressione.
“E’ tutta tua figlia!” brontolò verso il marito quando questo
comparve sulla porta con una tazza di caffè in mano.
Pai, una smorfia decisamente simile in volto, si strinse nelle
spalle. “Dalle tempo, Retasu, non è la fine del mondo.”
“Una famiglia di musoni,” ripeté sottovoce, giocherellando
ancora con le dita della bambina “Sono circondata da scontrosi.”
Udì suonare il campanello e, dopo pochi istanti, Kisshu comparve
in salotto con la solita carica di energia. “Buongiorno, cognatina! Sono venuto
a trovare la nipotina più bella del mondo! Come sta il pasticcino dello zio?”
“Kisshu!”
si levò perentoria dallo studio la voce del maggiore degli Ikisatashi.
Ma Retasu fu troppo occupata per sgridarlo nell’osservare come
la figlia si fosse sciolta nel più grande sorriso mai visto non appena Kisshu
era comparso nel suo campo visivo.
Ovviamente.
§§§§
Non che non volesse chiedere a suo padre o a sua madre… proprio non
desiderava affrontare il discorso direttamente col loro.
Tadashi, nei suoi quindici anni di vita, non aveva mai fatto molte domande
riguardanti l’altro sesso, ma vedendo le sue cugine trasformarsi in brutti
anatroccoli a ragazze belle e popolari e notare come i seni delle sue compagne
levitassero e i fianchi si addolcissero… due domande se l’era fatte.
Specie poi quando un suo compagno aveva parlato di “pomiciarsele
tutte” e altre cose che aveva preferito accantonare.
A disagio era entrato in camera del padre, intendo a lavorare nel
suo computer-sfera, e aveva dato un colpo di tosse per annunciarsi.
Pai aveva alzato lo sguardo verso di lui –Tadashi.
Dimmi.
Sotto lo sguardo scuro del padre si sentiva sempre sotto analisi,
come schermato da parte a parte. Rimase lì, imbambolato come una statua e rosso
fino alla punta dei capelli.
Sulla fronte di Pai si formò una ruga –Tutto bene?
- Pa’…- Tadashi si grattò a disagio la
nuca –Volevo chiederti… con…- prese un respiro profondo –Con le ragazze.
-Con le ragazze che?- Pai cercò di mantenere un tono di
voce neutro e pregò di non mostrarsi agitato alla fatidica domanda.
Tadashi stava per andare in
iperventilazione –Come si… fa. Ecco.
Pai smise di
ticchettare sulla sfera e lo fissò a lungo –E’ una domanda un po’ generica.
Tadashi sentì le orecchie
andare in fiamme e Pai continuò –Le femmine sono tutte… particolari, ecco.
-Tu con la mamma…-
Pai impallidì alla domanda di Tadashi -…come ti ci
sei messo insieme?
Pai aprì la bocca
per parlare ma Tadashi sembrò voler cambiare tipo di
domanda –Perché loro ecco…cambiano così tanto?
Pai sorrise un po’
intenerito dalla domanda ma non meno imbarazzato –Natura.
-Anche per la mamma
è stato così?
Pai annuì –Tutte
cambiano. Chi più chi meno, ma anche tu cambierai col tempo.
Tadashi sembrò ancora poco
soddisfatto –Senti, Pa’….
Il loro discorso fu
interrotto dalle urla di Ariel –Papaaaaaa’!- la
ragazzina entrò nella stanza, sbattendo prima contro Tadashi
poi contro un mobile. Massaggiandosi il ginocchio dolorante si avvicinò al
padre –Pa’!- gli mise sotto il naso un libro –Aiutami! Domani ho una verifica
e…
Pai alzò lo sguardo
cercando Tadashi che era sparito e sospirò: meglio
così, non era ancora pronto.
Tadashi fissò Luke divorare
un’altra fetta di torta e lo guardò con supponenza –Tuo padre ha ragione, mangi
troppe porcherie- lo rimproverò.
Luke sorrise sghembo
–Kei-chan fa roba troppo buona- disse.
Il Caffè Mew Mew era pieno come al solito e le nuove cameriere,
decisamente più scorbutiche delle vecchie, riservavano un trattamento di
riguardo verso il figlio del co-proprietario e i suoi amici, tanto che il loro
tavolino non era mai vuoto di leccornie.
-Allora, hai
domandato? - domandò Tadashi.
Luke si rabbuiò e il
suo viso divenne rosso come i capelli –No. Mia madre ha blaterato qualche cosa
e papà è stato molto tecnico…tu?
Tadashi scosse la testa
–No. Niente.
Sbuffarono.
-…potremmo chiedere
a zio Kisshu- propose dopo un po’ Tadashi.
I due si guardarono
e qualche cosa dentro di loro, probabilmente i geni dei padri, si contorsero in
un sonoro “NO!” che rimbombò nelle loro teste.
D’un tratto videro
passare accanto a loro Keiichiro, sempre sorridente e cordiale.
Si guardarono un
attimo –Potremmo…
-Sì.
Zio Keiichiro era
sempre disponibile per tutti e sorrideva sempre.
Non era un sorriso
falso o tirato, ma sempre gentile, cordiale e le loro mamme o i loro padri non
avevano da lamentarsi se passavano un po’ di tempo con lui, lamentele che
riservavano solo per la presenza di zio Kisshu.
Avevano aspettato il
momento giusto, quando il locale era vuoto e lo trovarono a farcire una torta.
-Kei-chan?- Luke
entrò in cucina, sorridendo mentre Tadashi rimase con
le mani in tasca dietro di lui e con la faccia torva.
-Ragazzi- sorrise
loro –Avete bisogno di qualche cosa?
I due si guardarono
e si sedettero su due sgabelli.
Keiichiro fissò
Luke, la copia vivente di Ryou e provò un moto di nostalgia verso il suo
figlioccio quindicenne e curioso.
-Sai, Kei-chan…-
Luke sembrò perdere baldanza e cercava il sostegno nello sguardo dell’amico,
che non trovò poiché teneva lo sguardo nascosto dietro la frangetta verde
foglia –Come funziona con le ragazze? - domandò d’un fiato, arrossendo.
Keiichiro rimase un
attimo sorpreso e mise da parte il suo lavoro.
Prese tre bicchieri
e li riempì con del succo di frutta posandoli poi davanti a loro.
Sorrise, un sorriso
sincero e non imbarazzato come quello dei loro genitori, tirato e incerto.
-Chiedete pure.
Siamo tra uomini- disse ammiccando.
Luke e Tadashi si fissarono, annuendo.
Sì, avevano fatto la
scelta giusta.
Pai intercettò Tadashi nel corridoio: aveva parlato con Retasu delle
domande del figlio e la verde gli aveva suggerito di riprovare il discorso –Tadashi- lo chiamò e il ragazzino, un biscotto in bocca e
il libro di algebra sotto il braccio si voltò a fissarlo con i grandi occhi
della madre ma con il suo color tempesta –Sì?
-Riguardo l’altro
giorno…
Tadashi scosse il capo –Ah
no, niente. Risolto- disse, tornando a camminare verso camera sua.
Pai rimase fermo nel
corridoio, la fronte corrucciata e la bocca semi aperta.
-Meglio così-
sospirò. Poi avvertì un brivido lungo la schiena –Ehy,
non è che hai parlato con zio Kisshu…!
§§§§
Non ricordava nemmeno
di averne mai fatti.
Neppure uno.
Di sicuro, non erano
quelli che venivano smerciati sulle pagine delle riviste di moda, né di fronte
agli schermi tv, o agli spettacoli teatrali.
Zakuro ogni tanto
pensava di non essere semplicemente capace di sorridere.
Aprì la porta del
locale con aria compassata, persa nella sua vaga riflessione, e scostò
all'ultimo secondo la testa prima che Purin gliela centrasse con la propria, in
un salto con avvinghio al suo braccio destro.
« Nee-chan! Nee-chan!
– rideva a tutto spiano – Vieni! »
La biondina la
trascinò di peso in cucina. Retasu, sulla soglia, attonita e divertita e le
rivolse un cenno stentato di saluto, cercando di non scoppiare a ridere.
« Dai, Minto, non è
male come primo tentativo! »
Fece Ichigo offesa
dalle infettive che la morettina continuava a lanciarle:
« Se speri che io
lasci Zakuro anche solo toccare quella cosa…! »
Si interruppero
entrambe arrossendo, colte in fallo. Zakuro osservò la scena tra lo scettico e
il sorpreso: sul tavolo della cucina svettava il – estremamente mal riuscito –
tentativo di torta su cui lei, se strizzava a sufficienza gli occhi, leggeva
Buon Compleanno Zakuro scritto con la glassa reale, sciolta per metà e per
l'altra spiaccicata dalla torta che implodeva su se stessa.
« Se mi avessi aiutata
con l'impasto invece di stare a soffocarti di the come al solito…! »
« Ma sentitela! »
Le altre ragazze
risero del loro battibecco. Zakuro non smise di guardarle, un ormai noto calore
che le si diffondeva nel petto.
« Oh, che novità. »
La voce di Ryou le
fece a stento voltare la testa.
« Allora sai anche
sorridere. »
« Era una battuta,
Shirogane? »
« Un complimento. Ti
dona, dovresti farlo più spesso. »
Gli rispose sollevando
un sopracciglio allusiva, ma lui si limitò a far spallucce e la mora si lasciò
trascinare completamente in cucina da Purin, dove Ichigo stava già riducendo la
torta a proiettili da lancio.