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Autore: LysL    21/07/2015    4 recensioni
Per Koala, il quattro luglio è sempre stato un giorno speciale. E', si potrebbe dire, il giorno dell'anno in cui si sente più libera, e anche se è ormai tra le fila dell'Armata Rivoluzionaria, Koala non vuole rinunciarvi. Finirà però per aggiungere un nuovo ricordo a questa giornata, un ricordo tra i più preziosi di tutti.
Dal testo:
L’Armata era davvero un labirinto di corridoi pressoché uguali, e sapeva che ci avrebbe messo molto prima di abituarsi e capire dove andare. In quel momento, per esempio, non riusciva a capacitarsi di dove si trovasse l’uscita. A nord, le era stato detto, ma come diamine avrebbe fatto a capire dov’era il Nord dall’interno?
Stava già per perdere le speranze e tornarsene nella sua camera – sempre se fosse riuscita a trovarla – che qualcuno, un ragazzo, sembrava dalla voce, le si affiancò.
[...]
«Hai bisogno di aiuto?» le chiese lui.
Lei si strinse nelle spalle. «Non riesco a trovare l’uscita.» gli rivelò.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Koala
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fourth of July


 
Koala se ne stava rannicchiata sul suo letto, dondolandosi un po’, disorientata. Erano passati già alcuni giorni da quando si era unita ai Rivoluzionari, all’età di quattordici anni, tuttavia non era riuscita ancora ad ambientarsi. Si recava in mensa per i pasti, e il pomeriggio si allenava per imparare il karate degli Uomini-pesce con Hack-san, il suo mentore. Il tempo libero lo passava o in sala comune, osservando gli altri, o in camera sua, a leggere o a buttare giù le sue considerazioni sulla vita nell’Armata.
Quel giorno però era un giorno speciale, lo era fin da quando era piccola, prima di essere presa come schiava da Draghi Celesti, ed era ritornato ad esserlo quando era stata liberata.
Lo aveva cerchiato nel piccolo calendario appeso alla parete: il quattro luglio.
Era tradizione, nel suo piccolo villaggio, che la sera del quattro luglio ci si riunisse tutti nella piazza principale, che si accendesse un falò, che si festeggiasse. Poi, con il fuoco del falò venivano illuminate delle lanterne e venivano lanciate nel cielo.
A Koala piaceva, quella cosa. Da quando era tornata al villaggio, poi, aveva preso l’abitudine di inserire nella lanterna un foglietto con un frase di augurio per chiunque avesse bisogno di aiuto in quel momento. Avrebbe voluto poter fare di più, ma la sua condizione a quel tempo non le permetteva di farlo.
Si strinse nelle spalle, al pensiero che quella cosa sarebbe finalmente cambiata e che in futuro sarebbe stata capace di fare qualcosa di concreto per aiutare le persone come lei, vittime di qualcosa di più grande e potente di loro.
Fissò lo sguardo sulla piccola lanternina di carta da giornale e forcine per capelli, costruita apposta per l’occasione, ma che probabilmente non avrebbe potuto usare, perché non era il caso di svelare la posizione della base segreta dell’Armata Rivoluzionaria solo per un capriccio. Però sarebbe voluta uscire, almeno, e guardare le stelle e le lucciole, che aveva visto abbondare in quella zona.
Aveva chiesto ad Hack se quella cosa era possibile, a lui le aveva risposto che nessuno le avrebbe impedito di farlo, fintanto che non avesse dato fastidio. Così, prese un bel respiro e si alzò dal letto.
Indossò il vestito arancione chiaro senza maniche e con il colletto bianco, liberandosi della tuta da allenamento e del top e ripromettendosi che li avrebbe lavati al più presto. Si sciolse i capelli, adesso liberi di incorniciarle il viso e poggiarsi appena sulla schiena… avrebbe dovuto tagliarli, ma era una cosa che aveva sempre odiato fare, quindi l’avrebbe chiesto a qualcuno; se aveva capito qualcosa di come funzionava quel posto, avrebbe sicuramente trovato qualcuno disposto ad aiutarla.
Prese la lanternina, anche se non aveva intenzione di accenderla, la faceva sentire vicina a casa il solo averla con sé, e uscì dalla sua stanza.
L’Armata era davvero un labirinto di corridoi pressoché uguali, e sapeva che ci avrebbe messo molto prima di abituarsi e capire dove andare. In quel momento, per esempio, non riusciva a capacitarsi di dove si trovasse l’uscita. A nord, le era stato detto, ma come diamine avrebbe fatto a capire dov’era il Nord dall’interno?
Stava già per perdere le speranze e tornarsene nella sua camera – sempre se fosse riuscita a trovarla – che qualcuno, un ragazzo, sembrava dalla voce, le si affiancò. Lo conosceva; o meglio, l’aveva visto qualche volta in sala mensa e agli allenamenti. Sapeva che con lui, Dragon aveva un rapporto più stretto, e che aveva un anno in meno di lei. Ricordava anche di essersi chiesta il perché di quella brutta cicatrice che gli deturpava il volto in corrispondenza dell’occhio destro. Non ricordava il suo nome.
«Hai bisogno di aiuto?» le chiese lui. Aveva ancora il timbro di voce un po’ stridulo a metà tra bambino ed adulto e qualche brufolo sul mento, i capelli ricciolini tutti intorno al viso gli conferivano un aria piuttosto ribelle.
Era più alta di lui di almeno tutta la testa, ma la cosa non sembrava toccarlo neanche minimamente. La guardava dal basso con un sorriso gentile e furbo.
Lei si strinse nelle spalle. «Non riesco a trovare l’uscita.» gli rivelò, ricambiando timida il sorriso.
Il ragazzo annuì e le fece cenno di seguirlo, cosa che lei fece senza obiettare. Tuttavia sembrava che non gli piacesse il silenzio, e riprese a parlare subito dopo pochi secondi. «Quindi, come ti trovi qui, Karola?» le chiese.
Koala credette di non aver sentito bene, e solo successivamente si rese conto che lui aveva sbagliato il suo nome. Non se la prese più di tanto, neanche lei si ricordava quello di lui, ma aveva avuto il buonsenso di non azzardare e fare una pessima figura.
«Bene, penso. E mi chiamo Koala.» rispose, ridacchiando.
Lui la guardò. «Oh, beh, scusami, a volte faccio confusione con i nomi.» le rivelò con una scrollata di spalle, mentre girava verso destra in un ennesimo corridoio identico agli altri.
Avendo le gambe più lunghe, Koala riusciva a tenere bene il suo passo, seppur lui camminasse velocemente.
«E tu come ti chiami?» gli chiese, allora, sinceramente curiosa e infastidita dal fatto di non saperlo.
«Sabo.» fece lui. «Che te ne pare del quartier generale?» domandò di nuovo, non soddisfatto della risposta che lei gli aveva dato.
«È strano. Le persone sono gentili, ma sembrano davvero tanto fredde. E poi non riesco ad orientarmi, ci sono un sacco di corridoi identici!» si lamentò, in tono esasperato.
Sabo piegò la testa. «Non direi fredde, sono solo prese dai loro compiti, e sempre impegnate. Quando saremo più grandi anche noi finiremo in quel modo. – socchiuse gli occhi e sospirò – Ma per ora possiamo goderci ancora un po’ di tranquillità.» sorrise.
Koala rimase in silenzio, incerta su cosa dire. Avrebbe dovuto chiedergli qualcosa anche lei?
Poi però Sabo riprese a parlare. «Per quanto riguarda l’orientamento, ci vuole un po’ prima di ricordarsi bene i percorsi.» il ragazzo ridacchiò e si portò entrambe le mani dietro la nuca, voltandosi a guardarla.
Quell’affermazione le diede il pretesto per fare anche lei una domanda, invece di rimanere zitta ad aspettare che fosse lui a mandare avanti la conversazione. Il fatto di non aver mai avuto un coetaneo con cui parlare la faceva sentire un po’ a disagio, ma Sabo non sembrava aver interesse a farla sentire inadeguata, così si fece coraggio. «Tu da quanti anni fai parte dell’Armata?»
«Tre.» Disse, e Koala sgranò gli occhi; aveva solo dieci anni, quando era stato arruolato! Faticava a crederci, viso che le stessa aveva avuto problemi ad essere reclutata.
«Come mai sei entrato così presto?» chiese ancora, curiosa, sporgendosi verso di lui, che si era allontanato di qualche passo.
Sabo si girò verso di lei, le mani ancora intrecciate sulla nuca, e si rabbuiò, quasi credeva che le avrebbe urlato contro per aver ficcanasato troppo, invece si limitò a sospirare. «Mi hanno salvato la vita. Ho avuto un incidente in mare e loro mi hanno salvato. Da allora sono rimasto qui, anche perché condivido gli ideali di questa gente.»
«Sei stato fortunato.» borbottò Koala, avrebbe voluto chiedergli se era in quell’incidente che si era procurato quella cicatrice su volto, ma credeva di aver osato più del dovuto, e stava cercando di rimediare rimanendo zitta, tuttavia Sabo la sorprese di nuovo. «Sai, sono felice di avere qualcuno della mia età con cui parlare, anche se sei una femmina.» disse ridendo e mostrando due file di denti bianchi e regolari.
Quella volta Koala, un po’ per sollievo nel vedere di non aver rovinato la conversazione, un po’ perché quella risata era davvero contagiosa, rise con lui.
Ancora sghignazzanti, arrivarono in una stanza piuttosto ampia e più popolata dei corridoi; qualcuno le rivolse un cenno, ma Koala notò che la maggior parte dei rivoluzionari salutava affettuosamente solo Sabo, anche la burbera capo-infermiera Shaula-san, dagli occhi affilati e la voce quasi maschile. Si avvicinò di più a lui, la lanternina stretta tra le mani. Lui ricambiava i saluti con sorrisi e non si era accorto del disagio di Koala, lanciandole solo un’occhiata stranita quando sentì che lei gli sfiorava il braccio, tanto s’era fatta vicina.
Sabo si fermò di fronte ad una porta. «Questa è l’uscita.»
Koala fece per ringraziarlo, ma lui la precedette, l’indice puntato verso la lanterna. «Cosa devi farci?» le chiese. Non aveva un tono inquisitorio, sembrava semplicemente curioso.
«Questa? Avevo intenzione di accenderla stasera, per una tradizione del mio villaggio, ma non è il caso. Voglio tenerla lo stesso con me, comunque.» disse.
Sabo la scrutò un attimo, come se stesse riflettendo, poi si illuminò. «Posso venire anch’io?» le chiese.
Lei rimase in silenzio, sorpresa da quella richiesta. Sabo le sorrideva, con le mani nuovamente incrociate sulla nuca e gli occhi socchiusi. In quel modo sembrava davvero il ragazzino che era, nonostante la cicatrice, e le strappò un sorriso, tanto che si ritrovò a sospirare un “sì” permettendogli di accompagnarla.
 
All’esterno non c’era particolarmente freddo, e Koala era felice di aver messo il vestito senza maniche, cosa che le permetteva di avvertire la lieve brezza di terra che le soffiava sulla pelle. Respirò a pieni polmoni, prima di girarsi verso Sabo, che la guardava divertito, come se la trovasse buffa. Lui però scosse la testa, facendo rimbalzare i riccioli, all’occhiata interrogativa che lei gli rivolse.
Koala fissava il cielo, e prestava ben poca attenzione a dove metteva i piedi, finendo per inciampare in qualche buca e facendo ridacchiare il ragazzo dietro di lei. La volta celeste era di un blu intenso e scurissimo, quasi nero, lì dove l’inquinamento luminoso era praticamente inesistente, e tutte le stelle facevano bella mostra di sé, spiccando contro tutta quell’oscurità.
«Mi piacerebbe sapere cosa sono le stelle.» disse, una volta fermatasi sul piccolo promontorio che celava il Quartier Generale. Si distese a braccia spalancate, la lanternina di lato alla testa. Sabo si sedette con le gambe piegate e gli avambracci posati sopra le ginocchia poco di lato a lei. Le rivolse uno sguardo stranito. «Sono soli.» le rivelò, come se fosse la cosa più normale del mondo.
«Soli?» fece lei, scettica.
Sabo piegò la testa. «Sì, soli. Molto, molto più lontani del nostro Sole. Ma qualitativamente parlando sono la stessa cosa.»
Koala si alzò sugli avambracci, interessata; non avrebbe mai creduto che qualcuno potesse realmente sapere cosa fossero le stelle, e anche se la risposta non era poetica come aveva immaginato, le sembrava plausibile. Il fatto che Sabo le avesse dato quella risposta senza alcun problema, però, la faceva sentire in difetto.
«E sai anche come ci si orienta con le stelle?» gli chiese, allora, desiderosa di imparare quell’arte. Sabo annuì convinto, prima di stendersi accanto a lei, le mani posate sulla pancia. Alzò un dito ad indicare il cielo, puntandolo verso una delle stelle più luminose di tutte. «Quella per esempio è la Stella del Nord. È sempre fissa nel cielo, e indica sempre il suo punto cardinale.» spiegò, osservando lo sguardo di Koala scivolare lungo il suo braccio per seguire la traiettoria dell’indice.
«E quella è la costellazione della Nave Maggiore. È utile quando vuoi sapere pressappoco che ora della notte è. Quando si trova in questa posizione, in questo periodo, sono circa le undici e mezza.» disse ancora, tracciando un disegno nell’aria. «Vedi? Là: lo scafo, la prua e i due alberi.» Fece due stanghette. Koala osservava stupita ed affascinata il cielo, ascoltando la voce di Sabo e cercando di bere ogni parola detta da lui per imprimersela nella testa.
Sabo le mostrò anche la Nave Minore, il Dragone e il Trono.
«Come fai a sapere tutte queste cose?» gli chiese ad un certo punto, interrompendolo.
Lui la guardò, come se stesse soppesando quelle parole, poi tornò con gli occhi verso il cielo «Ho solo studiato qualcosa da quando sono qui, non c’è molto altro da fare, se escludi gli allenamenti.» si strinse nelle spalle e si lasciò cadere le braccia sull’addome.
Koala si tirò a sedere, con le gambe penzoloni su ciglio di quel costone sul quale si erano messi. «Però sono cose che ti interessano.» rimarcò; non le era di certo sfuggito come lo sguardo di lui si fosse illuminato quando aveva iniziato a parlare di quelle cose. Era felice e fiero di saperle.
Di nuovo, Sabo scrollò le spalle, mettendosi anche lui seduto. «Mi interessa la libertà: studiare delle cose e poter usare quelle conoscenze a mio vantaggio è una forma di libertà.» spiegò.
Rimase colpita da quelle parole, senza dubbio molto mature per un ragazzino di quell’età e frutto di una riflessione davvero intelligente ed aperta. Lei stessa non ci aveva mai pensato, forse perché la possibilità di studiare non le si era mai presentata e tendeva a non considerare quel tipo di attività. Le piaceva leggere, e scrivere ciò che le passava per la mente, ma non aveva mai valutato l’opzione di andare alla biblioteca dell’Armata per prendere dei libri di studio (e non è detto che avrebbe saputo come arrivarci).
Però se avesse iniziato a studiare con Sabo, forse lui sarebbe riuscito ad incoraggiarla con quell’entusiasmo.
«Ti andrebbe di insegnarmi qualcosa, allora?» propose. Se voleva diventare una brava rivoluzionaria, era il caso che sapesse qualcosa del mondo, e non solo ciò che conosceva del suo piccolo villaggio e quel poco di Marijoa.
Sabo sembrò pensarci su, ma dopo pochi secondi il suo volto si aprì in un ghigno. «Non è una cattiva idea. Così tu imparerai e io potrò parlare con qualcuno.» sembrava elettrizzato a quella prospettiva, e ridacchiò. «E poi, se dovremmo fare squadra, meglio inziare da subito.» aggiunse.
Koala sgranò gli occhi, e si voltò di scatto. «Squadra?» Era confusa. Nessuno aveva accennato ad una possibilità del genere, nemmeno Hack, che pure si era dimostrato più aperto degli altri per quanto riguardava i progetti che Dragon aveva su di lei.
Sabo annuì. «Sì, me l’ha detto Dragon-san. Ha detto che sai usare il karate degli Uomini-pesce, e io sono già molto forte, quindi è probabile che faremo coppia nelle missioni. Abbiamo anche la stessa età… più o meno.»
Lei strinse le labbra. «Ah.» fu la monosillabica replica che riuscì a produrre, sorpresa com’era da quella notizia. Mentre ritornava a guardare le stelle, non le sfuggì l’espressione delusa che si dipinse sul volto del ragazzo. Una sensazione di disagio le strinse lo stomaco: non voleva dare l’idea di non apprezzare la sua compagnia, ma si poteva dire che lo conoscesse da poco più di mezz’ora e non sapeva se avrebbero lavorato bene insieme. E poi l’idea di doversi fidare di qualcuno tanto da affidargli la propria vita, perché di questo si trattava, la spaventava.
«Posso dire che non vuoi.» propose Sabo, senza guardarla. Koala si sentì un mostro, era sicura di aver appena stroncato sul nascere qualunque cosa stesse nascendo.
Sospirò, voltandosi verso di lui. «Non è che non voglio. Sono sorpresa, ecco tutto. Nessuno mi aveva detto niente.» gli spiegò, con un sorriso timido sulle labbra, quando Sabo, finalmente, riportò gli occhi su di lei.
«Non sembravi sorpresa. Sembravi delusa.» le fece notare, incrociando le braccia al petto.
«Non sono abituata a lavorare in squadra. Non sono sicura di essere adatta, perché semplicemente non affiderei mai la mia vita a qualcun altro.» Aveva passato tutta la vita a farlo, prima i Draghi Celesti, dai quali capricci dipendeva ogni secondo della sua esistenza, poi la mentalità coercitiva di sua madre, che continuava a dirle cosa doveva o non doveva fare. L’unica persona a cui era valsa la pena affidarla era Fisher Tiger, ma adesso lui non c’era più.
Sabo era serio, e sembrava star valutando quella sua ultima affermazione. «Lo capisco. Potrebbe non sembrare, ma anch’io all’inizio ero restio all’idea.» rivelò. Koala si strinse nelle spalle e sospirò. «E adesso l’hai accettato?» gli chiese ancora.
Lui inclinò la testa da un lato e poi dall’altro, mugugnando. «So che come io proteggerei il mio compagno a costo della mia stessa vita, anche lui farebbe lo stesso, qui all’Armata va così.»
«Ne sei davvero sicuro?» chiese.
Sabo le sorrise. «Io lo farei per te.» affermò.
Koala sentì uno strano fiotto di calore riempirle il petto. L’aveva già vista una volta, la luce convinta che illuminava gli occhi di Sabo. L’aveva vista negli occhi di tutti i pirati della ciurma di Tiger, e quello le bastò: si fidò di quelle parole, si fidò del sorriso sincero sul volto del giovane, e si fidò degli ideali di quel posto. Gli allungò una gomitata, un po’ in imbarazzo, e ridacchiò. «Allora anch’io per te.» decretò infine.
Lui si lasciò cadere di nuovo schiena, trascinandola con sé per un braccio. «Guarda!» esclamò, il dito puntato verso il cielo.
Mentre atterrava con la testa tra l’erba, Koala alzò lo sguardo di scatto, chiedendosi cosa ancora avesse da mostrarle, considerato che le aveva già fatto vedere ogni palmo della volta celeste riconoscibile. Ma Sabo stavolta non puntava ad una stella.
Koala si aprì in un sorriso estasiato ed incantato, mentre uno sciame di luccicanti puntini gialli e verdastri si spandeva contro il blu-nero del cielo stellato, confondendosi con quegli stessi astri.
«Sono bellissime!» sussurrò, entrambe le mani incrociate sul petto e gli occhi brillanti. Le lucciole si separarono, scesero quasi a pelo dell’erba e alcune si posarono sui fili più alti, prima di riprendere il volo, come in una danza.
«Sei proprio una femminuccia!» rise Sabo, guadagnandosi una seconda gomitata.
«Ma smettila, che tanto piacciono anche a te.» ribatté, senza però riuscire a trattenersi e scoppiando a ridere a sua volta. Si sentiva leggera e serena, come da troppo non succedeva, e si girò a guardare per un attimo la lanternina, che giaceva dimenticata in mezzo all’erba e le lucciole. Credeva che le sarebbe dispiaciuto di più rinunciare a quella tradizione, ma non si sentiva come se avesse perso qualcosa, piuttosto sentiva di aver guadagnato. Cosa di preciso, ancora non lo sapeva: un amico, un compagno, una nuova tradizione, forse solo fiducia, eppure in quel momento non le importava. In quel momento, la sua prospettiva era andare avanti e scoprirlo.
 
 
It was the Fourth of July
You and I were, you and I were fire-fire-fireworks
 
 
Note della pazza autrice:
Buongiorno o buonasera a tutti, gente! Per prima cosa, come da routine, ringrazio chiunque abbia letto questa pseudo storia e mi auguro che vi sia piaciuta, e nel caso, mi fareste immensamente felice se decideste di lasciare una recensione, anche critica se lo riteneste necessario.
Preciso che l’ho scritta prima che uscisse il capitolo 794 quindi diciamo che nella mia testa Sabo aveva una storyline diversa, però mi sono resa conto che anche alla luce delle nuove scoperte, la storia continuava a filare con una certa coerenza. Se nella versione originale s’intuiva che Sabo avesse difficoltà a fidarsi delle persone per ciò che aveva vissuto con i suoi genitori, adesso è perché non ricorda nulla e non sa effettivamente di chi può fidarsi.
L’idea in sé è nata perché la notte del quattro luglio non avevo niente da fare, e stavo girovagando su Tumblr, trovando infine due bellissime fanart di questi due che guardavano le stelle. Aggiungiamoci pure il mio immenso amore per i Fall Out Boy e la loro canzone “Fourth of July” (che se non conoscete, dovete correre a cercare, seduta stante), dalla quale sono tratti i due versi finali, e le mie dita si sono mosse da sole, creando… questo. Ovviamente, non c’è nulla di lontanamente romantico tra i due, visto che si sono appena conosciuti, e starà a voi prenderla come volete, se come preludio ad un’amicizia o a qualcosa di più (io, personalmente, propendo per la seconda).
Ci tengo sempre a chiedere se i personaggi vi sembrino OOC, e di farmelo sapere in caso, perché io proprio non so essere obiettiva.
Detto ciò, vi saluto, e ringrazio nuovamente ognuno di voi anche solo per aver letto :)
LysL
  
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