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Autore: Lombres    22/07/2015    2 recensioni
Una donna sospetta chiede a Kogoro di cercare Shinichi Kudo. Ai, segretamente innamorata di lui, sospetta che ci sia lo zampino dell'organizzazione, ma è costretta a vedere come anche Ran vuole cercarlo per dichiararsi, dopo che lui l'ha fatto a Londra.
Storia originariamente scritta nel 2014 per il contest "Natale in love" del Detective Conan Forum (http://detectiveconan.forumcommunity.net)
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Kogoro Mori, Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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– Domoki.

– Presente!

– Edogawa.

– Presente! – la voce partì dal bambino vicino a me, felice come una Pasqua, come se fosse la cosa più normale del mondo essere lì in quel momento.

– Fujimoto.

– Presente!

– Haibara.

– Presente. – tirai fuori una voce svogliata, che ormai era quella che tutti consideravano il mio modo di parlare. Ma in fondo era meglio così.

– Higashio.

– Presente. – quella bambina era interessante. Era riuscita ad ambientarsi, cosa sempre difficile in mezzo ai bambini, pronti ad escludere il “nuovo”. Ma in fondo lei non era straniera, quindi era più facile di quanto lo era stato per me alla sua età... o forse sì, col nome “Maria” che si ritrovava? Già, Maria: sarebbe stato Natale, dopo pochi giorni. Mi dava fastidio vedere come quella festa fosse celebrata anche lì in Giappone, in un giorno lavorativo, senza ricordare il suo significato... non avevo mai stabilito se credessi o no in Dio, ma di sicuro per me la religione era il cristianesimo, non di certo il buddismo o lo shintoismo. Mi piaceva la rappresentazione cristiana del male: quei demoni giapponesi erano troppi. Il male per me era uno solo, sempre in agguato. Mi piaceva anche tirare fuori il diavolo e il lato macabro del cristianesimo in situazioni in cui nessuno se l'aspetta, mettendo soggezione: quell'impressione di forza e sicurezza di sé che davo agli altri, era divertente.

Piano piano arrivammo alla fine dell'appello: “Tsuburaya” e “Yoshida”, che si affrettarono a nascondere la rivista Coro Coro Comic che leggevano sotto il banco per prendere un quaderno. Loro mi stavano simpatici, e anch'io a loro. Quella sensazione l'avevo provata ben poche volte, e di sicuro era diversa da quella che provavo per lui, che non definivo di certo un amico: a lui non piaceva il mio modo di fare, quello che portava tutti gli altri ad ammirarmi.

– Bene, ragazzi: oggi parliamo del Natale – quella donna era sempre allegra, lì fra i bambini stava meglio di quanto ci stessi io. L'aveva persino scelto come mestiere, del resto.

– Che c'è, non ti piace il Natale? - mi sussurrò il bambino affianco a me.

– Saresti tu, quello a cui non dovrebbe piacere. Non c'è niente di razionale in tutto questo.

– Ehi, ehi... A me è sempre piaciuto festeggiarlo con Ran, tutto qui.

Eccola, sempre Ran. Perché lo Sherlock Holmes senza un cuore diventava un'altra persona di fronte a quella ragazza? Forse perché lei lo adorava in tutto e per tutto... ah, quant'era divertente criticarlo, non ci era abituato!

– Conan e Ai! Silenzio!

– Scusi, signorina Kobayashi! – rispose subito lui, con una voce perfetta per la situazione.

Già, facevamo la parte degli studenti in quel posto. Ogni tanto me lo dimenticavo.

 

Le cose si svolsero più o meno così, da quello che sento dalle registrazioni:

– Insomma, hai capito? Sì, tu sei un bambino molto intelligente, lo capisci per forza! A Londra Shinichi mi ha detto che gli piaccio! E io cosa devo fare? Avevo pensato al Natale come momento perfetto per dirgli la verità, ma non posso per telefono. Lo devo trovare, in qualunque parte del mondo sia!

Di sicuro qui Conan non riuscì a nascondere una faccia allarmata, come sempre in queste situazioni:

– Ehi, aspetta, Ran! Shinichi sta indagando su un caso importante, potrebbe essere pericoloso cercarlo, se non dice niente a nessuno è per proteggerci...

Ran si sedette sul letto, un po' spostato rispetto al solito: - Perché a me non può dirlo, se ci tiene così tanto a me? Un momento, ma tu lo sai? Quale caso pericoloso?

– Ehm, no, io non so niente, ne so quanto te!

– Io non posso aspettare. Devo trovare Shinichi Kudo. Prima del 25 dicembre.

 

– Deve trovare Shinichi Kudo. Prima di Natale, ha capito?

Quella donna alta e magra, forse mezza straniera, dai capelli castani lunghi in parte nascosti da un cappello, si trovava in piedi davanti alla scrivania di Kogoro Mori, e doveva risultare di certo attraente per il detective, che questa volta però non cadde ai suoi piedi a causa dell'argomento. Sembrava che Ran volesse approfittare della situazione: - Accetta la richiesta, papà! È la volta buona che lo troviamo anche noi!

– Shinichi Kudo lo conosco bene ed è vivo e vegeto, se se n'è andato sono affari suoi. Ha telefonato più volte. Non so altro, e nel mio lavoro non devo immischiarci cose personali. Quando vorrà tornare tornerà, e le assicuro che mia figlia sarà molto contenta. Non accetto il lavoro, arrivederci.

La donna si allontanò a malincuore dall'agenzia investigativa, seguita da me e Conan: ero andata lì solo per dirgli di venire a cena dal dottor Agasa, ma ora c'era una faccenda molto importante di cui discutere. Avevo visto la cliente nell'agenzia investigativa: aveva tirato fuori una foto di Kudo mentre aspettava Mori, poi era andata in bagno, poi era tornata, poi era arrivato lui, e infine Ran e Conan. Sempre misteriosa, si era rifiutata di dire perché stesse cercando Shinichi Kudo.

– Kudo, ho paura che siano loro. Nessun altro avrebbe motivo di cercarti.

– Tsk, stai tranquilla. Non sono loro.

– E tu come fai a dirlo?

– Non c'entrano niente, ti ho detto.

Lo odiavo quando faceva così, come con Subaru Okiya. Sapeva già tutto, e non me lo diceva. Quando c'erano di mezzo loro, era ancora peggio. Voleva tenermi fuori, ma con me non funzionava. Ero l'unica che gli impediva di fare di testa sua, facendo sempre dei danni. Ora ero disposta anch'io a fare qualcosa contro di loro, ma appunto, dovevo prenderne parte.

 

Dopo il sushi di Agasa se ne andarono sia lui che i bambini, e da poco dopo quel momento viene la seconda registrazione. Sempre in camera di Ran, la ragazza urlò: – Ci vado in fondo, basta! Se mio padre non lo cerca, vado da un altro investigatore privato!

– Bah, fai come vuoi – rispose inaspettatamente Conan. La registrazione si interrompe dopo qualche ora, mentre Ran dormiva.

 

– Ciao, Haibara!

Se mi telefonava nel weekend, era sicuramente per una cosa importante. Mi cercava solo per quello, e poi si dimenticava del tutto di me, o meglio, non mi sopportava nelle altre situazioni.

– Ti devo parlare subito. Vieni qua.

Esatto, era una cosa importante. Mi aggiustai i capelli alla bell'e meglio e mi avviai verso l'agenzia investigativa. Forse voleva mettermi al corrente di quello che sapeva? In ogni caso, era meglio se mi cercava, anziché fare da solo. Anche se comunque i miei consigli non li seguiva mai. Mi bloccò nell'ingresso e parlò sottovoce: - Ran vuole trovarmi, cioè, vuole trovare Shinichi Kudo. Oggi va da un detective privato a Ikebukuro, che tiene aperto anche il sabato. Ha trovato una pubblicità fra gli e-mail, come se l'avessero fatto apposta...

L'hanno fatto apposta! Secondo te non c'entra quella donna di ieri?

– Ancora con questa storia? Non c'entra l'organizzazione! Io sono riuscito a convincere Ran a portarmi con lei da questo detective, e non credo che sia un problema se vieni anche tu. Il problema è quello che succederebbe se questo tizio si mettesse davvero a cercare Shinichi Kudo.

– Sì, dobbiamo insabbiare tutto...

– Non c'è modo per insabbiare tutto. L'unica cosa da fare è presentarmi davanti a Ran a Natale...

– Vuoi l'antidoto? Mi hai chiamato solo per questo? Scordatelo!

Me ne andai. Cosa voleva fare, dare il contentino a Ran, come al solito? Era questo per lui il modo di gestirla, non si metteva nei panni di lei? Farsi vedere o sentire per pochi minuti raccontandole qualche balla che regge fino alla volta successiva? E quanto avrebbe potuto reggere, dopo che entrambi si erano dichiarati? Mi cercava solo per l'antidoto, come se io l'avessi inventato per risolvere la sua vita amorosa, per fargliela spassare con la ragazza dell'agenzia investigativa mentre io rimanevo la farmacia della situazione: io gli dicevo la verità, e lui diceva che avevo un caratteraccio! Non si era mai accorto di me, anche se eravamo nella stessa condizione e lui inconsapevolmente era stato molto importante per me, quando avevo iniziato quella vita, perché non avevo nessun altro. Ritornare bambini non è una cosa che capita tutti i giorni, ci sarebbe dovuta essere maggiore intesa tra le uniche due persone al mondo a cui era successo. Agli occhi degli altri sembrava che ci fosse, ma la realtà era ben diversa. Lui aveva bisogno di me più o meno quanto io di lui: il problema era farglielo capire.

Passò giusto il tempo di mettersi le scarpe, prima che iniziasse ad inseguirmi dalla porta dell'agenzia investigativa. – Aspetta, Haibara!

No, “Aspetta, Haibara!” non poteva essere una cosa del tipo “scusa, lo so che l'antidoto è molto pericoloso e non va usato per queste cavolate, ho bisogno di un tuo consiglio su come fare”... No, quell'“Aspetta, Haibara” significava sicuramente che voleva chiedermi qualcos'altro.

– Hai presente quelle microspie? - mi chiese tranquillo quando mi raggiunse.

– Le microspie? Quelle chiedile al professore, ne ha duemila!

– Quando io ho messo la microspia nella macchina di Gin, lui ti ha riconosciuta subito. Quando quell'altra microspia è finita sotto la scarpa di Rena Mizunashi, Gin, credendo che l'avesse messa Kogoro, ha parlato apposta attraverso la microspia chiedendo “Che rapporto hai con Sherry?”. Quelle le hai fatte TU, non Agasa, vero? Sono dell'organizzazione?

– Ho solo insegnato al professore a fare delle microspie che si attaccano facilmente ai chewing-gum. Sono simili a quelle che usavo per lo spionaggio industriale per le mie ricerche, sì, io ero quella che le usava di più, ma le potevano usare tutti, nei reparti interni dell'organizzazione...

E comunque scommetto che Gin mi aveva riconosciuto per ben altro, ma questo non glielo dissi.

– Reparti interni?

– Sì, intendo, non gli assassini e quelli che fanno solo il lavoro sporco, ma chiunque stia dietro le quinte, dal semplice segretario che fa i rapporti sul lavoro degli altri fino a me. Mia sorella non ne aveva perché non era nella sezione intern...

I suoi occhi si illuminarono e mi mise le mani sulle spalle: – Grazie, Haibara, sei fantastica!

Poi si allontanò subito velocemente, come quando scopriva qualcosa. Prima che avessi il tempo di pensare a come per lui “sei fantastica” significasse solo che avevo informazioni, si girò urlando – Comunque, se vuoi venire da quel detective, treno delle 14:20 da Beika!

Assomigliava ad un appuntamento, ma un appuntamento sarebbe stato da soli: vivevamo in una città in cui due bambini possono andare in giro da soli senza destare sospetti, non sarebbe stato un problema. Invece non era mai successo. Ma cosa mi stava nascondendo? Lo seguii a distanza per scoprire che stava telefonando all'agente Takagi:

– Shigeru Onihara, fa l'investigatore privato a Ikebukuro... sì, mi mandi una foto... no, non a Kogoro, a me. È sposato, fidanzato o ha qualche parente stretta donna? E parenti stranieri?

Bingo! Lo sapevo che stava indagando su quel detective e su quella donna.

– Divorziato, niente figlie né sorelle e madre morta? Ed è giapponese puro? Ok, grazie mille, agente Takagi.

 

– Hai 150 yen? - gli chiesi nel bar della stazione: era uno dei posti più desolati di Beika, odorava di pendolari che fumavano ed era sempre buio.

– No... Non ti facevo una che va in giro senza soldi!

– Credevo che volessi offrirmi un caffè... come un regalo, è Natale!

– Che cos... Bah!

Perché mi uscivano sempre questi sfottò, perché dovevo sembrare sempre altezzosa? Beh, ormai tutti mi conoscevano così: avevo una maschera, e ogni tanto avevo provato a farla cadere e rivelare la vera me, ma questo mi rendeva ancora più incomprensibile per lui. Ma con chi altro potevo confidarmi? Non osavo immaginare cosa sarebbe successo, se gli avessi detto quello che provavo per lui.

Ci avviammo al binario riavvicinandoci a Ran, e il viaggio passò con poche parole. La ragazza ci guidò fino al cinquantaduesimo piano di un gigantesco grattacielo, fino ad una porta come tutte le altre, che era aperta. Entrammo in una sala d'attesa, dove Ran iniziò a fremere e a parlare come da sola – Riuscirà a trovarlo? Ho fatto una cavolata? E se spendessi soldi per niente? Oh, guarda cosa mi tocca fare per colpa di Shinichi!

Arrivò dall'altra stanza un uomo basso e magro sulla quarantina con un paio di occhiali e un completo grigio. Conan lo guardò e si girò come se avesse dedotto qualcosa. Ci fece entrare nello studio e subito Conan chiese di andare in bagno. Sì, aveva decisamente risolto il caso, ma di solito me lo diceva, prima di iniziare! Cosa avrebbe fatto? Non c'erano né Kogoro né Sonoko, e se davvero c'entrava l'organizzazione, avrebbe rivelato la sua esistenza davanti a Ran? Era impazzito?

E invece il detective ricevette una telefonata, che io riascoltai più tardi grazie allo strumento di registrazione di quell'agenzia investigativa:

– Parlo con il signor Shigeru Onihara?

– Sì, sono io.

– Sono Shinichi Kudo.

– Cos... Shinichi Kudo? Dove sei? Perché mi hai chiamato?

A quel nome gli occhi di Ran brillarono. Io invece mi avviai sulla soglia del bagno, da dove potevo vedere sia lui con lo strumento per cambiare voce, sia Ran e il detective.

– Finiamo questa messinscena. Lei non si chiama Shigeru Onihara, e conosco il motivo per cui vuole trovarmi. Lei appartiene all'organizzazione degli uomini in nero. - il finto detective sussultò - Quella donna che ha chiesto a Kogoro Mori di trovarmi era sua complice. Sapendo che la figlia poteva avere ancora contatti con me la sua complice, facendo finta di andare in bagno, ha nascosto una microspia nella camera di Ran Mori, vicino al letto, lasciandolo di poco spostato perché si stavano avvicinando la ragazza e Conan, il bambino che ora è andato in bagno. Lei e la sua complice avete sentito la loro conversazione avvenuta prima che arrivassero nello studio di Mori, quasi sicuramente quella donna l'ha ascoltata in diretta, perché ha parlato di trovarmi prima di Natale solo dopo che l'aveva detto la ragazza. Dopo il rifiuto da parte del detective, sapendo che la figlia voleva trovarmi, ha pensato di approfittarsene. Quindi ha preso il posto del vero Shigeru Onihara e ha mandato a Ran Mori un e-mail pubblicitario. Qui io ho avvisato Conan, chiedendogli di agevolare la ragazza se voleva venire da lei e di non dirle niente, in modo che arrivasse qui senza destare sospetti. Dopodiché il bambino ha distrutto la microspia, facendolo passare per un incidente.

– Non capisco come fai a sapere quello che sai, ragazzino, e chi ti ha informato della mia esistenza, visto che non si sa dove sei... ma una cosa è certa, non hai uno straccio di prova.

– Si sbaglia. Il bambino ha trovato la microspia, gliel'ho detto, e quello era il tipo di microspia che usano solo i reparti interni della sua organizzazione. I membri dell'organizzazione sarebbero gli unici che avrebbero motivo di cercare Shinichi Kudo. Ho la foto di Shigeru Onihara, e non è lei. Quando la polizia avrà trovato il suo cellulare e i suoi effetti personali, non sarà difficile trovare il vero Onihara e la sua complice, che sicuramente è la sua partner nell'organizzazione. Ma le dirò di più: è evidente che la sua sia un'azione solitaria: lei è un pesce piccolo, forse un semplice segretario che è incappato nella mia presunta morte analizzando le azioni degli altri membri. Quindi ha voluto cercare Shinichi Kudo insieme alla sua partner, magari per consegnarlo al capo nella speranza di una promozione personale. Ne è la prova il modo poco professionale in cui lavora: avete fatto troppi errori per un'azione meditata dell'organizzazione. Vi siete rivolti ad un semplice investigatore privato, avete lasciato il letto spostato, non avete indagato dopo la rottura della microspia, non avevate complici nella polizia che potessero cambiare l'identità di Onihara. È per questo che ha sicuramente nascosto quell'uomo in un luogo facile da trovare, e non potrà cancellare dal suo cellulare le informazioni sul luogo dove si trova.

– Bravo, ragazzino. Sei davvero il grande detective che dicono, hanno fatto bene a tentare di ammazzarti. Ma non sai contro chi ti sei messo. Ci penseranno loro, a cancellare le informazioni. Distruggeranno tutte le prove, non si faranno scoprire dalla polizia soltanto perché hanno beccato me.

Esatto, proprio quello che volevo dirgli io! Cosa si era messo in testa? Gliel'avevo sempre ripetuto, che loro fanno piazza pulita. Lui, me e Ran eravamo in pericolo, se ne rendeva conto?

– È qui che si sbaglia – continuò invece attraverso il papillon cambia-voce – la polizia è qua sotto. Lei non può scappare e non può cancellare nulla, e loro non possono rischiare che lei parli. Distruggeranno le prove, ma uccideranno anche lei, mentre non sapranno mai che io sono ancora vivo, perché questa registrazione finirà in mano alla polizia, a cui dirò di tenere tutto nascosto. È vero però che io non posso sperare di incastrare tutta l'organizzazione partendo da lei. Se vuole salvarsi la vita, deve tenere fuori l'organizzazione da tutto questo: riagganci e dia il telefono che registra alla bambina dai capelli ramati che era lì prima. Le dia anche qualsiasi cosa che la colleghi all'organizzazione. Con la polizia si inventi una storia di vecchi rancori verso di me, o verso i detective in generale. Se la storia non regge, sospetteranno che era legato ad un'organizzazione, ma non scopriranno nulla.

Il finto detective iniziò ad abbassare il telefono, mentre lui allontanava il cambia-voce con un'espressione soddisfatta. Aveva tutto sotto controllo, nella risoluzione del caso non aveva esitato una volta. Non avevo mai trovato nulla di piacevole nel fare il detective, ma in quel momento in lui c'era una determinazione che mi aveva affascinato dalla prima volta che aveva risolto un caso davanti a me, quella sicurezza di cui io avevo bisogno e che non avevo mai avuto sotto la maschera; avrei voluto che me la trasmettesse, ma rimanevamo sempre più distanti di quanto sembrasse.

Quando il criminale guardava dalla finestra se ci fosse davvero la polizia, Ran gli aveva strappato le mani il telefono urlando “Shinichi!”, ma era troppo tardi. Ran abbassò rassegnata la cornetta e lasciò che la prendessi dalle sue mani, con quel suo modo di farsi intendere da me senza parlare. Staccai poi tutto il telefono con registratore digitale per portarlo via. Il falso Onihara mi allungò una foto che ritraeva lui e la sua complice in un ufficio vestiti di nero e si rivolse a me:

– Non ho mai visto una persona con i capelli del tuo colore naturali, qui in Giappone. Tu sei la sorella minore di Sherry o qualcosa di simile, e conosci quel Kudo, ecco perché sapeva tutto. Mi sarebbe piaciuto arrivare in fondo a questa storia, e consegnarvi tutti e due...

Ci era andato vicino. Ran era rimasta come bloccata.

– Vieni, Ran-neechan. È meglio che ce ne andiamo.

 

Fino al 24 dicembre il tempo passò in modo tranquillo. Ran si era convinta che Kudo fosse implicato in qualcosa di grosso e aveva rinunciato a cercarlo. Il vero Onihara e la donna dell'organizzazione erano stati trovati in uno scantinato a Ikebukuro. Non avevamo ottenuto nessun indizio sull'organizzazione, ci avevano dato solo la foto e il telefono.

La vigilia di Natale cinque persone senza famiglia si ritrovarono nella casa occupata da Subaru Okiya: io, Conan, Kogoro, Agasa e lo stesso Okiya, di cui sembrava potessi fidarmi. Ran era andata da sua madre, ma inaspettatamente comparve intorno alle dieci tutta trafelata, lasciando cadere la sua bicicletta davanti alla porta: - Mi ha telefonato la madre di Shinichi, ha detto che è stata qui e ha lasciato un pacco per me nella sua stanza.

– Sì – rispose Okiya – mi aveva detto di non dirti niente.

Ran si avviò verso quella stanza.

– Ce l'hai lasciato tu, vero? - chiesi a Conan, che sorrise.

Quella ragazza avrebbe ricevuto un'altra illusione. Per quanto ancora avrebbe continuato così? Non so chi fosse in una situazione peggiore, tra me e lei. Trovò il pacco e lo aprì. Lesse un biglietto e si portò le mani agli occhi, iniziando a piangere. Fra i singhiozzi ripeteva solo “Shinichi!”.

Perché stava succedendo tutto questo? Non potevo essere cristiana, anche il Natale era un'illusione, la salvezza non era mai arrivata sulla Terra. Ma il Diavolo, quello esisteva. C'era il Diavolo dietro a tutto?

Ran prese il suo telefono: esitò un attimo con le mani su di esso, poi iniziò a premere dei tasti e se lo portò all'orecchio. Conan scappò in bagno preparando il cambia-voce.

Non potevo vedere questa scena. Ma dovevo. Ero finita in un Paese in cui il Natale era un secondo San Valentino. Che cosa potevo fare? Non potevo mica dichiararmi. Ci stava già pensando lei a farlo.

   
 
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