Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |      
Autore: Xebfwalrk    22/07/2015    1 recensioni
La cittadina in riva al mare di Melixa ha sempre vissuto tranquilla, fin dalla sua fondazione. Sotto la guida della Sacerdotessa reggente, il culto di Gaia ha permesso alla popolazione di prosperare.
Ma una minaccia nota si fa presente ancora una volta alle porte, dando fuoco all'esistenza dei cittadini.
Presto verranno svelati i segreti dell'antico culto di Gaia e di come è sopravvissuto per così tanto tempo dalla distruzione dell'ultimo tempio a lei dedicato.
"Che la Grande madre sostenga gli audaci, e così fu e i suoi sudditi devoti ottennero in dono la forza di difendersi"
Ottavo passo del libro di Gaia.
Genere: Angst, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

                                                   Il regno della terra

 
 
 


La colonna di fumo nero si alzava da nord.
Arol era sulla strada di Forkilis che portava al lago Sillaba e camminava con un cesto fra le mani. Era diretto alla casa della zia per farle visita in quel periodo buio. Era appena iniziato l’invero e l’estate appena trascorsa non aveva dato abbastanza cibo per sfamare tutta la città di Melixa.
Arol non si sarebbe mai immaginato che le truppe di Exera sarebbero arrivate a quella città di confine, in prossimità del mare. Senza ragionare lasciò cadere il cesto con le provviste per la zia e si mise a correre verso la cittadina. L’alba iniziava adesso a lasciar passare qualche raggio di sole più caldo ma l’urgenza della situazione impediva al giovane di fermarsi ad osservare il bellissimo cielo. I raggi del sole che squarciavano le nuvole in maestosi fasci.
Giunto alla Pietra Miliare del Sedici si fermò per recuperare quel poco di fiato necessario per arrivare alle porte della città. Mancavano ancora dieci minuti buoni di corsa per arrivare e già non ce la faceva più.
Il canto degli uccelli era attutito e boati si sentivano in lontananza, provenienti dalla meta.
Stanno dando fuoco alle case. Pensò.
In vista delle porte rimase attonito. Melixa stava bruciando.
Le grandi arcate che accoglievano i viandanti erano quasi completamente scomparse; le persone, i suoi amici, i suoi concittadini correvano senza controllo a cercare aiuto, il panico dilagava letale tra le strade.
Alcuni uomini stavano combattendo contro i soldati di Exera. Stavano usando bastoni contro spade molto affilate. Le divise dei soldati permettevano di capire a quale reggimento appartenevano. Erano dei predoni e stavano saccheggiando Melixa. Arol non sapeva dove mettere le mani.
Agì d’istinto.
Raccolse una spada conficcata in un tronco, sollevando tutto e lo schiantò nella schiena di un soldato. Il legno si sfilò dalla lama della spada e finì in un rogo di un’abitazione. La casacca del soldato si tinse di scarlatto al fianco sinistro. L’urlo che fece richiamò l’attenzione dei compagni che lo accerchiarono, ridendo del compagno ferito alla schiena, costretto in una posizione a novanta gradi, ma soprattutto ridendo del giovane, che teneva con mano malferma l’arma insanguinata.
«Bel bambino, che ne dici di darmi quella spada? Non vorrai farti male» disse uno di quei soldati.
Non rispose. Non sapeva che fare, era paralizzato dal terrore. I predoni erano tutti in cerchio che lo guardavano  incuriositi.
Ma non tutti i predoni erano a ridere di Arol, un gruppetto di sei o sette si stava avvicinando alla casa al centro della città. Quella era la casa della nonna. Lei era la grande sacerdotessa del culto di Gaia. Arol si distrasse per osservare e l’uomo con il guanto nero lo colpì al volto facendolo precipitare al suolo.
Le risate si fecero fragorose. Il soldato dal guanto nero si avvicinò ancora e tirò un calcio al ventre del ragazzo disteso. Un rantolio umido uscì dalla gola del giovane. Poi tutto tacque per qualche istante. La nonna uscì dalla sua casa e tutti i soldati si voltarono per guardare cosa facesse.
Di fianco a lei, il corpo morto di un Melixano, il petto straziato da un colpo di spada. La vecchia prese qualcosa dalla tasca e pronunciò il nome del ragazzo. Poi lanciò un sassolino nella ferita, chiuse gli occhi  e attese.
I soldati guardavano la scena imbambolati, Arol compreso. Dopo qualche istante, dalla ferita del ragazzo iniziarono a formarsi dei tralci di una pianta esotica che richiuse lo squarcio, poi lentamente si rialzò in piedi e si inginocchiò ai piedi della nonna.
«Difendi il tuo villaggio ancora una volta Zemya»
Il ragazzo si rialzò. Quando si voltò verso Arol, tutti poterono vedere come era il giovane. Sarebbe sembrato uno qualunque se non fosse stato per la crosta verde che gli copriva lo squarcio sul petto.
Si chinò e raccolse una spada e andò all’attacco. Si muoveva molto velocemente, ma non sembrava affatto un soldato esperto. Agitava la sua arma davanti ai soldati, battendola con forti clangori contro le spade tese dei nemici. Erano tutti distratti e Arol ne approfittò per spostarsi dal centro del gruppo. Mentre gattonava all’indietro, sbatté contro le gambe di un soldato inebetito a osservare il ragazzo morto che combatteva. Appena abbassò gli occhi, Arol fu preso da un moto di panico e agì d’impulso.
Che si trattasse di fortuna o di un soldato particolarmente virile, non si sa, ma Arol si alzò in piedi e il soldato rosso era a terra con le mani fra le gambe.
Arol rubò la spada al soldato e partì nuovamente all’attacco. Questa volta pensò bene di non colpire di punta. Un fendente traverso tagliò la casacca di cuoio di un soldato preso alla sprovvista. Quando quello cadde, Arol vide che il ragazzo morto aveva steso almeno quattro soldati.
Il drappello che aveva assaltato la città stava diminuendo drasticamente.
«Nonna» gridò Arol mentre si affiancava alla vecchia donna.
«Melixano, figlio, aiuta questo soldato a difendere la città. Prima che l’inevitabile si compia e tutto cada in rovina.» disse con voce greve.
Arol si limitò ad annuire e partì alla carica di fianco al ragazzo morto.
I soldati li guardavano strani come se fossero due mostri. Il ragazzo morto fendette l’aria con la spada rubata e disse con voce arrabbiata e furente «Andatevene da Melixa!»
Arol rimase stupito del tono così alto e diretto del ragazzo morto, e come lui anche i soldati che si girarono su loro stessi raccattarono alcune armi e un paio di feriti, e si dileguarono nella foresta.
«Nonna…» Disse il ragazzo morto inchinandosi sul ginocchio davanti a lei.
«Zemya, figlio di Melixa, cerca i feriti e radunali nella mia casa.» disse al ragazzo morto. «Arol, va a cercare dell’acqua per spengere i fuochi»
Arol non ebbe il tempo di pensare ad altro e si mise a correre verso il lago artificiale a sud del villaggio. Correva come un forsennato. Vide un secchio lì da una parte, al lato della strada sterrata, buttato in malo modo. Lo raccolse al volo e lo portò con sé al lago artificiale.
Essendo Melixa una città nuova, con meno di quarant’anni sulle spalle, era relativamente piccola anche se attraversarla di corsa non è mai stata una cosa semplice; infatti era costruita su una collinetta dolce, nella foresta delle Gargolle, non aveva mura di pietra ma una palizzata solida circondava il centro del villaggio. I soldati di Exera avevano bruciato tutta la periferia. Gli alberi secolari della foresta stavano sfrigolando. Arol era in vista del lago artificiale, ma quando vi arrivò, notò con sgomento che i sodati di Exera avevano rotto l’argine a sud facendo uscire l’acqua dal bacino e prosciugandolo.
Arol si fermò giusto qualche istante per riprendere fiato e si rimise in marcia per la casa della nonna. Durante la corsa vide due soldati che stavano entrando in città dalla foresta.
Il secchio gli volò di mano.
Accidentalmente?
E colpì un soldato facendolo crollare a terra. Il compagno, che non si aspettava nulla, fu colto alla sprovvista quando Arol gli piombò addosso ferendolo al fianco.
«Piccolo bastardo!» esclamò, ma prima che potesse fare altro, Arol ebbe l’intuito di mostrargli il coltello affilato che aveva in mano e di puntarglielo alla gola.
«Vattene da qui Exeriano, o ti ucciderò!» Arol non sapeva da dove ricavava tale ardore ma ne fu contento.
Il soldato prese sotto braccio il compagno e si inoltrò nella foresta.
Arol riprese la sua corsa a perdi fiato e si fermò solo quando fu davanti alla casa della nonna.
«Hanno prosciugato il bacino» urlò.
La vecchia non parve sorpresa. «Zemya, hai trovato i tuoi fratelli?» fece al ragazzo morto.
«Nonna, mi dispiace, i soldati di Melixa non sono in città, sono rimasto solo io» rispose portandosi sulla spalla tre persone «Questi sono feriti» aggiunse alludendo ai passeggeri.
«Erano morti?» domandò con foga la donna.
«Solo Ferdinat.»
«Portalo da me, diventerà un soldato della patria come te.»
Zemya depose i tre ragazzi ai piedi della nonna, Arol li conosceva di vista: erano i due figli del carpentiere Stroba e la figlia della filatrice di lana, Mary si chiamava.
«Arol porta i feriti in casa» la nonna impartì i suoi ordini al ragazzo.
Arol eseguì gli ordini senza obiettare; raccolse per prima la ragazza, credendo che fosse la più leggera. La prese in braccio e la portò nella casa della nonna. Dentro vide solo un letto e reputò che fosse meglio metterci la ragazza invece che i due giovani carpentieri. Dopo di che uscì e strascicò i due ragazzoni in casa poggiandoli alle colonne.
Quando Arol fu di nuovo fuori, Zemya tornava con Ferdinat e altre due persone sulle spalle. Le adagiò ai piedi della nonna.
«Zemya, chi sono queste due?»
«Nonna, loro sono le figlie dei soldati più bravi della città, nei loro corpi ormai morti è presente l’abilità e la forza dei padri e dei nonni.»
«Zemya hai fatto un buon lavoro, adesso fatti da parte» ordinò al ragazzo morto, poi rivolto ad Arol «Guarda il potere della tua famiglia nipote, dovrai condurre te i guerrieri di Gaia alla vittoria contro Exera»
Arol rimase sbigottito e osservò la nonna.
La nonna impose le mani sopra i tre corpi e disse con tono secco «Con il potere dei sacerdoti di Gaia vi dono la vita della Madre» fece una pausa, mise una mano in tasca e ne estrasse tre sassolini, li gettò nelle bocche aperte dei giovani e chiuse gli occhi ripetendo una cantilena
“Gaia madre, Gaia vita, Gaia salvaci, Gaia aiutali”
Arol non credeva ai suoi occhi, la nonna si fermò solo quando i tre giovani espirarono aria dai loro polmoni. La nonna perse i sensi e Zemya fu rapido a recuperarla prima che cadesse.
«Arol, la nonna ha bisogno di riposo, il potere di Gaia l’ha prosciugata della sua forza vitale. La città la proteggeremo noi, ma devi prima concedermi il comando, come secondo sacerdote di Gaia, nonché nipote della grande sacerdotessa del villaggio di Melixa, puoi concedermi il comando.»
«No!» espirò quelle parole a forza la sacerdotessa.
Arol non comprese il perché «No, Zemya no. Adesso vado da mia zia: lei saprà cosa fare. Tu proteggi la nonna a costo della vita.» disse, e iniziò a correre dalla zia. Il villaggio era ormai in macerie, la foresta delle Gargolle piangeva, moriva sotto l’assalto crudele del fuoco. Arol ripercorse la strada fino ad arrivare alla Pietra Miliare del Sedici, si fermò qualche attimo a riprendere fiato, guardò in direzione della casa della zia: anche da lì si alzava una colonna di fuoco. Arol fu preso da un moto di sgomento e cominciò a correre, senza curarsi di fare silenzio o guardarsi d’intorno.
Quando arrivò all’imbocco della via che portava a Palea vide un carro, che correva all’impazzata sul pietrisco disconnesso. Il cavallo era nero con la testa bianca. Le briglie in mano alla figlia della zia, Hedfan.
Arol si mise a sbracciare in mezzo alla strada.
Hedfan gridò ai cavalli di fermarsi, lasciando un gran polverone alle sue spalle, che presto avrebbe investito i giovani. «Arol, presto, sali su, i soldati di Exera sono arrivati pure a casa mia.»
Arol montò di fianco alla ragazza, una biondina dai capelli lunghissimi alta quanto una quercia. Hedfan fece schioccare le redini e i cavalli iniziarono la loro corsa verso la casa della zia.
«Arol, come è messa la città?» Domandò la ragazza.
«Hedfan, non puoi immaginare! I soldati di Exera hanno dato alle fiamme Melixa, sono quasi tutti morti. I soldati, i nostri combattenti sono spariti tutti.»
«Kotras? Anche Kotras è scomparso?» indagò.
«La Nonna ha fatto una strana magia su dei ragazzi morti e sono tornati in vita. Hedfan, cosa sta succedendo?»
«Arol, la Nonna ha portato in vita Krotas?»
«No, non l’ho visto, ha dato i sassolini a Zemya, il figlio del fabbro, e alle figlie delle sentinelle della porta sud.»
«Non va bene Arol, dobbiamo prendere mia madre e correre dalla Nonna.» Hedfan schioccò ancora le redini e i cavalli nitrirono per protesta ma corsero ancora più veloci.
Arrivarono dopo poco alla casa della zia di Arol. Questa era in fiamme; due soldati stavano uscendo dalla porta con le spade sguainate, si trascinavano la zia dietro per i capelli. Perdeva sangue da una gamba. Aveva le mani legate dietro la schiena e un bavaglio alla bocca.
«Fermi!» Gridò coraggiosa Hedfan.
Arol saltò giù dal carro e si buttò in carica contro il soldato che reggeva sua zia, lo prese con una poderosa spallata. Lui mollò la presa ma non senza portarsi via qualche ciocca di capelli biondi. Preso dalla foga e dall’ira, Arol iniziò a pestare il sodato di pungi. Si interruppe solo quando l’altro soldato sguainò la spada e lo ferì al braccio teso per l’ennesimo pugno. Il suo sguardo d’ira incendiò l’uomo. Un urlo a squarciagola ferì le orecchie di tutti e Arol saltò addosso al nuovo assalitore buttandolo a terra, togliendogli la spada e lanciandola lontano, pericolosamente vicino alla cugina. Ormai era fuori controllo come una furia, sembrava stesse per esplodere dalle grandi urla che faceva e la furia che usciva dalle sue mani.
«Hedfan, prendi questo e mettilo ai lati della testa o ucciderà anche noi» disse la zia.
Hedfan ricevette due cuscinetti morbidi: avevano un odore molto delicato ma penetrante «Non gingillarti, sbrigati, ma fai attenzione: solo tu puoi aiutarlo» proseguì.
Hedfan si decise e corse dietro ad Arol, con una mossa decisa mise le due spugnette sulle tempie di Arol.
Inizialmente Arol continuò a pestare il soldato morto, d’un tratto si fermò, le pupille dilatate all’inverosimile, un’espressione serafica si fece largo sul suo volto ricoperto di schizzi di sangue. Cadde sopra il corpo del soldato.
«Hedfan, aiutami ad alzarmi» La madre arrancava ad alzarsi, la figlia l’aveva slegata quando Arol aveva distratto i soldati, ma la ferita alla gamba le impediva di alzarsi. «Va a liberare tuo padre.»
«Ma la furia?» Domandò.
«Ormai non risiede più in lui, è passata ad Arol: lui è finalmente libero» rispose con un tono amaro.
Hedfan si alzò di scatto e andò ad aprire la botola sul fianco della casa che portava alla legnaia. Appena rimosse i sigilli che mantenevano la porta chiusa, quella si spalancò facendo cadere la ragazza di lato. L’uomo si guardò attorno, aveva gli occhi cerchiati da notti insonni, i polsi rossi di sangue dovuti allo sfregamento con i cerchi che dovevano tenerlo fermo al muro.
La Zia si voltò e guardò il marito, quello andò da lei con furia, poco prima che potesse arrivare Zemya si parò fra i due. L’uomo ruggì ma si fermò.
Hedfan si mise di fianco alla madre «Perché è sempre sotto l’influsso della furia?»
«Non lo so, figlia mia, dobbiamo andare dalla Nonna, presto.» disse rivolta alla figlia «Zemya, prendi Arol.»
Il ragazzo guardò la donna con disprezzo «Non sei tu che puoi dirmi cosa fare, sono qui solo per portare la furia dalla Sacerdotessa di Gaia.» Zemya si diresse verso l’uomo e ne toccò la fronte «Furia, la tua padrona vuole che tu la protegga, corri!» Samuro corse verso la città come un forsennato urlando sguaiatamente.
«Zemya, ti prego» continuò.
«Marreil, prendi il carro e porta la domatrice dalla sacerdotessa, a lui ci penserò io» Zemya si avvicinò ad Arol e se lo caricò in spalla portandolo sopra il carro, salì; Hedfan fece partite i cavalli per la città di Melixa.
Sul fondo del carro Merreil e Zemya si stavano occupando di Arol, sembrava che dormisse profondamente, da davanti Hedfan domandò: «Si riprenderà Arol?»
«Era la prima volta che veniva domato, dormirà per un bel po’» rispose la madre. «Zemya, posso sapere perché la Nonna vuole che la furia torni in città?»
«Siamo in pericolo, forse Exera non ha capito che cosa ha incontrato ma ha dovuto ricorrere al potere di Gaia davanti a tutti, per risvegliare me.»
Viaggiarono velocemente fino ad arrivare al portale carbonizzato, entrarono con calma. Fumi neri si alzavano dalle macerie qua e la, ma gli incendi erano ormai stati domati. Zemya scese dal carro con Arol in spalla ed entrò direttamente dentro la tenda della Nonna, senza dare spiegazioni o aspettare il resto del gruppo. Appena entrato uscirono due ragazzi molto alti con croste verdi sulla gola e in molte parti del corpo.
Hedfan si avvicinò alla casa della Nonna e i due guardiani non batterono ciglio, quindi entrò, lo stesso non fu per la madre che appena arrivata davanti ai due le fu sbarrata la strada con due bastoni. Nessuna spiegazione.
Dentro la casa tutto era in subbuglio, lungo la parete erano disposti giacigli di paglia con sopra persone ferite che si lamentavano sommessamente. La Nonna era nel suo letto seduta, una giovane ragazza le stava massaggiando le gambe e i piedi, Arol era stato appoggiato ad una colonna vicino ad un altro ragazzo. Zemya si stava inginocchiando davanti alla Nonna con rispetto. Hedfan si avvicinò e notò che la ragazza che massaggiava la Nonna aveva la testa ricoperta di una crosta verde. Appena la vide in volto la riconobbe, era una sua amica d’infanzia. Non le disse nulla e quella riabbassò lo sguardo sul suo lavoro.
«Zemya, cosa è successo ad Arol» La nonna era molto preoccupata.
«È stato contagiato dalla furia, la giovane domatrice a provveduto a sedarlo.»
«Hedfan, tuo padre è venuto qua poco fa, come è possibile che la furia sia anche in Arol?» la Nonna si rivolse con violenza alla giovane.
«Ma come posso saperlo io!» sbottò la ragazza ormai in preda allo sconforto.
Alle sue grida Zemya e tutti gli altri risvegliati si voltarono a vedere cosa succedeva, pronti a saltarle addosso. persino al ragazza che massaggiava la Nonna si era interrotta per guardarla minacciosamente.
«Scusami, ma non lo so, tu sei la sacerdotessa del culto di Gaia, io solo una dominatrice della furia, quindi sei tu che dovresti darmi una risposta.» proseguì con più calma la ragazza.
«Hedfan, tuo cugino Arol discende da una stirpe di sacerdoti e come tale verrà iniziato al culto di Gaia, tu discendi sia dai dominatori della furia che dai possessori della furia, già quando tua madre mi disse che ti aspettava rimasi sconvolta, sei l’unione di due cose opposte, e mi meraviglio solo che tu abbia ereditato il dono del dominio e non della furia stessa. Ti verrà assegnato un risvegliato per tenerti sotto controllo» si fermò e guardò nella stanza, alzò un braccio e fece cenno ad un ragazzo basso e robusto di avvicinarsi, quando fu abbastanza vicino si vedevano le croste verdi, era stato massacrato letteralmente, aveva croste ovunque. «Jogo, tu dovrai seguire questa ragazza e nel caso in cui venga posseduta dalla furia la porterai da me.» Il ragazzo si mise da una parte in attesa. «Adesso Hedfan, dovrai aiutare Zemya a riorganizzare le difese di Melixa, ad Arol penserò io. Andate.»
Hedfan si diresse alla porta, impettita per l’ordine impartito, Jogo le andò dietro privo di espressione, Zemya si accodò per ultimo. Quando furono a pochi passi dalla porta «Zemya fa entrare Marreil» Zemya annuì.
Hedfan  si mise di fianco alla madre «Marreil, la Nonna vuole parlarti» comunicò Zemya.
La donna entrò.
«Oper, come è messa la situazione della città?» chiese Zemya ad una delle due guardie.
«Non è messa a fatto bene, è tutto crollato o bruciato, siamo senza acqua, la foresta è stata colpita in maniera ingente.» rispose guardando Zemya negli occhi, era molto più alto di lui.
«Zemya, cosa dobbiamo fare?» Hedfan, anche lei dritta sulla schiena guardò Zemya dall’alto.
«Querro, cerca tutti i morti che possono essere utili o rianimabili, e portali nella tenda della Sacerdotessa. Oper, non far passare nessuno se non ti viene ordinato dalla Sacerdotessa. Hedfan, noi andremo a fare un giro di perlustrazione della città per vedere come possiamo  sistemare il tutto.»
Zemya si mise in cammino per la zona ovest della città, Hedfan lo seguì domandandosi come fosse un tempo questo ragazzo, ormai trasformato in un guerriero di Gaia.
«Zemya, chi eri nel villaggio prima di diventare un membro del plotone di Gaia, non mi ricordo di te.»
«Non è una cosa che ti riguarda, il mio passato ormai non esiste più, rimane solo il mio futuro» Zemya concluse il discorso e allungò il passo.
I due si misero a osservare e valutare i danni procurati dall’assalto di Exera, la maggior parte delle abitazioni era bruciata, le poche costruzioni in pietra crollate sempre a causa del fuoco.
«Non resta che andare a riferire che la città va ricostruita completamente» Zemya girò sui tacchi e si diresse al centro della città dove la Sacerdotessa di Gaia aveva il suo rifugio.


 
Le immagini sono state prese da Deviantart da vari artisti.


  Questa è un’opera di fantasia.
Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio.
Qualunque somiglianza con luoghi, fatti o persone reali, viventi o defunte, è del tutto casuale.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Xebfwalrk