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Autore: Emotional Fever    22/07/2015    5 recensioni
Andrew viene svegliata da Clive (suo Figlio) nel cuore della notte per colpa di un incubo...
Riuscirà a farlo riaddormentare, nonostante lui voglia rimanere sveglio?
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Mamma......Mamma?»
Andrew tirò su il busto di scatto, girando il collo verso sinistra. Una fitta di dolore le fece spalancare gli occhi che, annebbiati dal sonno, non le fecero distinguere bene l'immagine di chi l'aveva appena chiamata.
«C-cosa c'è?» Domandò lei, ancora prima che il suo cervello associasse quella voce all'identità della persona che la possedeva.
«Mamma, dormi?»
«...Ora non più di sicuro»
Dopo quelle parole, la ragazza ebbe solo la forza di fare un largo sbadiglio, sentendosi la gola indolenzita. Solo dopo essersi girata completamente verso il suo interlocutore, cominciò a squadrarlo; controllando che fosse tutto a posto. Come al solito suo figlio Clive, un bambino sui 7 anni, alto 1 metro e 26, dai corti capelli castani; si era nuovamente svegliato al solito orario tardivo. Se ne stava lì, in piedi, di fronte al comodino con espressione apparentemente triste. Andrew notò subito che portava la camicetta del pigiamino sbottonata, segno che si fosse alzato dopo una lunga mezz'ora d'insonnia.
«Clive, sono le 3 di notte...Cosa ci fai ancora sveglio?» Mormorò lei, stropicciandosi gli occhi per accertarsi di aver visto bene l'ora sul cellulare.
«Ho fatto un brutto sogno»
«Immaginavo. E che cos'hai sognato?»
«...Che gli Assistenti Sociali mi portavano via da te»
Il bambino strinse le spalle, guardando in basso, mentre le sue labbra cominciavano a tremare dal dispiacere.
«Continuavano a dirti: Adesso lo portiamo in una casa famiglia per bambini...E non lo rivedrai più! E tu piangevi, poi ho pianto io...E loro ridevano»
La ragazza chiuse gli occhi, sospirando a fatica. Comprendeva perfettamente la "gravità" della situazione. Dopotutto, crescere un figlio senza un padre l'aveva portata ad imbattersi più volte in quel rischio. Ma nonostante tutto era sempre riuscita a sfuggire a quella tragica situazione, per più di una volta. In un certo senso, si poteva dire che Clive l'aveva resa più forte (soprattutto psicologicamente). E ora che era una madre a tutti gli effetti, sapeva di non poter arrendersi di fronte alle paura che, inconsciamente, lui aveva. Cercò quindi di far correre la cosa, sdrammatizzando come suo solito.
«Era solo un sogno. Rimettiti a dormire» Sentenziò, ributtando la faccia contro il cuscino, esausta.
«M-ma io sono venuto qui per dormire con te!»
«Cosa dice la regola?»
«Ognuno dorme nel proprio letto. Lo so, ma non potresti fare un'eccezione?? Solo per questa volta»
Andrew si sentì il respiro pesante, mentre tirava fuori il braccio da sotto la coperta, preparandosi a sfilarla.
«Devo rimanere sveglia?»
Non si udì alcuna risposta, poiché Clive aveva scosso la testa restando ammutolito. Tuttavia, conoscendo il suo unico figlio, riuscì ad intuire ciò che egli le aveva appena comunicato (pur essendo voltata nella direzione opposta alla sua). Per questo si scoprì il lenzuolo di dosso, lasciando al bambino lo spazio necessario per potersi sdraiare.
«Allora sbrigati, prima che i mostri sotto il mio letto decidano di mangiarti le gambe» Terminò lei, con tono dannatamente convincente.
Clive deglutì, saltando sul letto e tirando un'accidentale pedata contro la schiena della propria madre; che trattenne a stento un verso contrito, serrando gli occhi. Subito dopo essersi coperto per bene, si accoccolò contro la schiena di Andrew; appoggiando la tempia contro uno dei 2 guanciali del letto matrimoniale. Cosa c'era di meglio che stare vicino alla propria genitore, dopo aver fatto un incubo? Niente, per l'appunto. Forse era proprio per questo che Clive, ora come ora, non se la sentiva di dormire (nonostante il sonno e l'agitazione ancora pulsante nel suo petto).
«...Andy?»
La ragazza aprì gli occhi, fissando la finestra illuminata dalla luce del lampione. Come al solito suo figlio non aveva ancora perso il vizio di chiamarla per nome. Beh, come biasimarlo...Fin da quando era piccolo, era sempre stato abituato a sentire gli amici di lei chiamarla così. Quindi perché non usare anche lui quel nomignolo? Tanto ad Andrew non dava fastidio sentirsi chiamare così. Peccato solo che, in quel momento, sua madre non aveva alcuna voglia di fare conversazione; dato l'incessante bisogno di volersi riaddormentare in fretta. Si sfogò, quindi, con un mugolio lamentoso.
«Ti giri, per favore? Non sto comodo se mi dai la schiena»
«...Perché, invece, non vieni tu dall'altra parte? Non ho voglia di girarmi»
Dopo neanche 10 secondi d'imbarazzante silenzio, però, la ragazza cambiò immediatamente idea; arrendendosi all'evidenza di non voler scomodare il figlioletto.
«Ugh...E va bene» Disse, girandosi frettolosamente verso di lui.
«Ma se mi muovo mentre sogno non ti lamentare»
«Non mi lamenterò, Mammina» Ridacchiò lui, malizioso.
«Buonanotte, allora»
«...Mamma?»
«Uhm...»
«Ma quando io non ero ancora nato, dormivi a pancia in giù come stavi facendo prima?»
«...Anche volendo non avrei potuto»
«Perché?»
«Avevo la pancia talmente grande che era già tanto se riuscivo ad alzarmi in piedi» Rispose lei, sforzandosi di tenere gli occhi chiusi per addormentarsi.
«E dopo che sono nato?»
«...Subito dopo?»
«Sì»
«Beh, in ospedale no di certo...E nemmeno dopo che ti ho portato a casa. Senza contare che ti svegliavi continuamente e dovevo alzarmi per accudirti»
«Davvero?? Io non mi ricordo niente»
«Eh certo! Me lo ricordo io, però»
Una risatina divertita scappò fuori dalla bocca del bambino, che si mise seduto accanto a lei.
«Vorrei sapere ancora qualcosa di me»
«Oh Cristo Santo...» Mormorò lei, passandosi una mano sul viso rigato dalle occhiaie.
«Dai Mamma! Voglio sapere altre cose»
«...Ma non puoi chiedermele domani?»
«No, adesso! Ehm, per favore»
«...Ugh...»
«Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego...»
Prima ancora che la sua pazienza arrivasse a compiere uno dei suoi soliti gesti inadeguati, Andrew si tirò su di scatto, per fissare il figlio nei suoi luccicanti occhi azzurri.
«Oh certo! Se me lo chiedi con questo tono così cortese» Esclamò, sforzandosi di fare un'espressione seria; che proprio non riusciva a palesarsi sul suo volto.
«Per favore, Andy...Raccontami qualcosa»
La ragazza rimase zitta per qualche istante, fino a quando non le balenò in mente un'idea.
«E se...» Azzardò maliziosamente lei.
«Cosa??»
«...E se invece facessimo la pizza? Mi pare che siano anni che non la facciamo»
Gli occhi azzurri di Clive si aprirono completamente, mentre un respiro d'eccitazione gli gonfiava i polmoni.
«SIIIIIII»
«Shhh! Clive, i vicini dormono» Bisbigliò lei, mettendosi un dito davanti le labbra.
«Giochiamo a fare la pizza! A fare la pizza
Andrew scosse la testa, faticando a trattenersi dal ridere. Per quanto tentava di essere una madre autoritaria, proprio non riusciva ad evitare di assecondare il figlio.
«Molto bene...» Disse lei scendendo dal letto.
«...Dai sdraiati»
Il bambino si mise al centro del materasso, sdraiandosi supino con le braccia aperte; terribilmente emozionato.
«No...Le braccia devono stare giù» Ridacchiò sua madre, prendendogli i polsi ed accompagnandoli delicatamente lungo i fianchi.
Nel mentre di ciò, Clive cominciò a ridere come un matto, sentendo le dita della madre solleticargli la pelle.
«Ricordi ancora come si prepara la pizza?»
Prima ancora che suo figlio potesse rispondere, la ragazza lo prese alla sprovvista, piegandosi sopra di lui per toccarlo. Ciò lo fece ridere più di prima.
«Prima si allarga la pasta...» Cominciò ad esporre lei, premendogli delicatamente la pelle sotto il pigiamino a righe.
«AhAhAhAhAh!!»
«...Poi la si accartoccia come una pagnotta...» Proseguì a spiegare, accompagnando il figlio a chiudersi a riccio.
Nonostante la voglia matta di dimenarsi come un matto, Clive riuscì a resistere alla tentazione, ridacchiando a denti stretti.
«...E infine, la si stende col mattarello»
Andrew portò le sue mani sul fianco superiore del bambino, cominciando a dondolarlo avanti e indietro, imitando la tiratura della pasta. Clive non fece di meno, stiracchiandosi completamente senza smettere di divertirsi.
«Ma dopo mi taglierai a fettine?»
«Tagliare?? Ma se ti taglio non sarai più una pizza, ma una serie di tranci buttati a casaccio» Rise lei, grattandosi la testa, fintamente confusa.
«Uhm...Giusto. E adesso?»
«Devo decidere cosa mettere sulla mia pizza, prima di cuocerla. Hai qualche consiglio?»
«Mozzarella»
La ragazza fece finta di spargere delle piccole scaglie di mozzarella addosso al bambino.
«Mooozzareeella...Poi?»
«Uhm...Prosciutto, patatine fritte, carote...»
«Carote sulla pizza?»
«A me piacciono le carote, Mami»
«Beh, se esiste la pizza con l'ananas...Esisterà anche quella con le carote, presumo»
«Sì, però l'ananas non lo voglio. Mi fa pizzicare la lingua»
«Allora mettiamo solo le carote, tagliate a rondella. Cos'altro manca?»
«Niente» Bisbigliò lui con un ghigno.
«Perciò...Non ti dispiace se ora ti metto nel forno, vero?»
«NO-AHAHAHAHAH!!»
Andrew cinse il corpo di Clive con uno scatto, tirandolo su dal letto. Fece parecchia fatica a reggerlo in braccio, dato che era alto quasi quanto lei.
«Accidenti, quanto pesa questa pizza. Sarà sicuramente ipercalorica»
«Ben detto, Mamma. Vedrai che fine farà la tua linea invidiabile, dopo che mi avrai mangiato» Scherzò lui, aggrappandosi al suo collo per abbracciarla forte.
«Una pizza che si prende gioco di me?...Ora le ho viste tutte»
Clive riprese a ridere così tanto da non riuscire più a trattenere le lacrime. Perfino i muscoli del suo viso cominciò ad indolenzirsi, per l'eccessivo divertimento. Intanto Andrew fece il giro del letto, arrivando al lato opposto del materasso. Quindi scostò completamente le coperte, della parte ancora perfettamente rifatta, e ce lo adagiò sopra.
«Bene, ora resterai chiuso nel forno per 15 minuti esatti» Concluse lei, ricoprendolo fino alla testa col lenzuolo, sentendolo ancora sghignazzare.
«E mentre cuoci io me ne torno a dormire; che sono stanca morta»
«Ehi, no!» Esclamò Clive, sbucando fuori dalla coperta.
«Che significa?»
«Significa che sono quasi le 4 del mattino e che io debba alzarmi tra 2 ore esatte. Quindi adesso...Appoggia la tua testolina e dormi»
Clive seguì la madre con lo sguardo, vedendola rifare il giro del letto all'inverso e sdraiarsi accanto a lui.
«Buonanotte, Clive» Gli disse, dandogli un bacio sulla fronte tiepida.
«Ma io non ho sonno»
«...Preferisci che ti dia da bere la camomilla?»
«Bleah! Quello schifo d'intruglio che mi fa solo vomitare? No grazie. Preferisco addormentarmi da solo»
Subito dopo quell'affermazione, Clive si rannicchiò sul fianco sinistro, vicino alla ragazza.
«Di nuovo Buonanotte, Clive»
«No aspetta!»
«...Cosa c'è?»
«Non hai mangiato la pizza»
Andrew si tirò su col busto, restando ammutolita, mentre suo figlio la guardava perplesso.
«Tutta la fatica che hai fatto per prepararmi e dopo non mi mangi neanche? Che razza di spreco»
«Uhm...Hai ragione. In effetti ho un certo appetito» Mormorò lei, cominciando a solleticare il collo del bambino ricoprendolo di baci.
«Nooo-AHAHAH!! Basta, Andy! AHAHAH! Il solletico non vale»
«Ma certo che vale. Altrimenti come farei a farti morire dal ridere?»
«Ugh! Sei una madre perfid-AhAhAh!!»
«Cooosa? Sarei perfida??»
«No, scherzavo. Sei la Mamma migliore del mondo!» Ammise lui, alzandosi di scatto dal cuscino per abbracciarla forte.
«Piano, Tesoro! O mi farai cadere dal letto. E poi va a finire che mi spezzo di nuovo il braccio»
«Non pensare a queste brutte cose. Preoccupati di me, piuttosto»
«Poche chiacchiere. Dormi, adesso» Mormorò lei, rimettendosi sdraiata, col bambino ancora avvinghiato al suo collo.
Dopo quache minuto di meritato silenzio, Clive prese delicatamente la mano di Andrew, imboscata sotto il cuscino.
«Mamma? Posso dirti un segreto?» Bisbigliò, temendo che si fosse già addormentata.
«...Hai bevuto di nuovo la birra a mia insaputa?» Chiese lei, con gli occhi ancora chiusi.
«No!»
«AhAh...Scherzavo. Dimmi»
Il bambino sorrise dolcemente, avvicinando le labbra all'orecchio della ragazza.
«Lo sai che sei tanto bella e tanto brava con me?»
Andrew aprì lentamente gli occhi, stupefatta, posando lo sguardo su quello del figlio.
«E poi sai cosa, Mamma?»
«C-cosa?» Gli domandò, con voce tremante dall'emozione.
«...Ti voglio bene»
Andrew schiuse le labbra, sforzandosi di trattenere le lacrime. Lei, che aveva sempre pensato di essere un fallimento (non solo come figlia ma anche come genitore) continuava a ripetersi nella testa quelle parole, così semplici, ma anche così meravigliose da sentire. Clive era forse la cosa, o meglio la persona, più preziosa che le fosse capitata nella vita; quella fatidica mattina del 3 Ottobre 2007. Ancora oggi non riusciva a credere quante cose erano successe, quanti sacrifici era riuscira ad affrontare e superare; non solo da sola ma anche con l'aiuto del figlio...Un figlio che, purtroppo, non aveva scelto di avere; ma che le aveva completamente cambiato la vita (in meglio). Forse perché era tale e quale a lei, non solo caratterialmente ma anche fisicamente. Oppure, perché avendo qualcosa di diverso da lei [ereditato sicuramente dal padre] riusciva ad andarle incontro, in qualsiasi modo. Qualunque fosse la motivazione, stava di fatto che Andrew amava suo figlio. E dopo quella frase, così sincera e spontanea, ne aveva avuto nuovamente la conferma.
Col cuore che batteva a mille, la ragazza carezzò lentamente la testa del bambino. Per quanto fosse abituata a non piangere da molti anni, non le fu affatto facile sorridere in risposta a quella dichiarazione d'affetto. Ma per evitare di far confondere la sua felicità col suo dispiacere, si sforzò di provarci come meglio poteva.
«G-grazie, mio piccolo Enigma...Ma bada bene di non farmi lusinghe per ottenere ciò che vuoi»
«Ah beh, tanto mi vizi già abbastanza. Non mi manca niente»
«Clive, dico sul serio...»
«Io pure. A che mi servono le cose che vogliono gli altri bambini, quando nella mia vita ci sei tu? La mia Mamma, unica ed insostituibile, che mi rende felice ogni giorno»
«...Clive...Io...»
Andrew si bloccò all'improvviso, come impaurita nel dire qualcosa a sproposito. Poi ci ripensò, sospirando ancora.
«No, niente. Sono solo molto contenta di ciò che mi hai detto. Però, sei sicuro che vada tutto bene?»
«Sì»
«...Non ti senti solo, con me?»
«No»
«...Hai ancora paura che gli Assistenti Sociali ti portino via?»
Il bambino scosse la testa, mentre gli occhi gli si chiudevano dal sonno.
«Sicuro?»
«Sicuro»
La ragazza abbracciò forte il bambino, strofinandogli la mano sulla schiena per consolarlo.
«D'accordo, allora. Grazie di starmi vicino, Amore»
«...Andy?»
«...Uhm?»
«N'è valsa la pena avermi avuto?»
«Sì»
«Perché?»
«...Perché se io tornassi indietro nel tempo ti terrei ancora, e ancora, con me. Senza buttarti via»
«E perché?»
«...Quando diventerai mamma anche tu lo capirai» Ironizzò lei.
«Quindi...Nessun rimpianto?»
Clive si sentì immediatamente mancare il respiro, non appena la ragazza lo strinse forte a se; premendogli il viso sulla canottiera morbida e calda. Quello era forse l'abbraccio più forte che sua madre gli aveva regalato, fino a quel momento. Allora Clive comprese che la risposta di sua madre era solo una...E per convincersi di ciò, lui stesso la sussurrò al suo posto.
«No...Nessun rimpianto»
  
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