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Autore: Suisen    22/07/2015    0 recensioni
Un tempo uomini e divinità vivevano fianco a fianco sulla terra e il mondo prosperava.
Poi gli dei decisero di lasciare la terra agli uomini, ed ascesero al cielo per vivere e vegliarli dall'alto del Mondo Celeste.
Prima di raggiungere il cielo, Inari, la dea volpe del riso, decise di lasciare una guida per gli umani, affinchè non si perdessero nell'odio.
Così fece cadere una singola goccia del suo sangue nel suo terreno sacro, le risaie, e da esso apparve una meravigliosa ragazza.
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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La Figlia di Inari

 

Un tempo uomini e divinità vivevano fianco a fianco sulla terra e il mondo prosperava.

Poi gli dei decisero di lasciare la terra agli uomini, ed ascesero al cielo per vivere e vegliarli dall'alto del Mondo Celeste.

Prima di raggiungere il cielo, Inari, la dea volpe del riso, decise di lasciare una guida per gli umani, affinchè non si perdessero nell'odio.

Così fece cadere una singola goccia del suo sangue nel suo terreno sacro, le risaie, e da esso apparve una meravigliosa ragazza.

Aveva un occhio verde come i rigogliosi campi, l'altro azzurro come il cielo e i capelli rossi come gli aceri in autunno.

Sotto le vesti le si poteva scorgere una coda da volpe, così come le piccole orecchie sul capo.

" Figlia mia," iniziò Inari "do a te l'importante compito di vegliari sugli uomini affinchè non cadano nell'odio. Solo quando sarai certa che in questo mondo l'odio non potrà mai prevalere sull'amore, potrai tornare al mio fianco nella Corte Celeste. E come buon auspicio ti dono il nome Ai."

E così Ai iniziò a girare, a volte in veste di ragazza-volpe, a volte in forma di volpe, osservando gli umani e riflettendo sui loro comportamenti.

Aveva visto un uomo la cui mano era stata tagliata perchè aveva rubato un pezzo di pane per i suoi figli e una donna lapidata per aver tradito il marito.

"Quindi è questo il mio destino, madre? Dovrò per sempre stare a vedere tutto l'odio che c'è al mondo e non capire cosa fare per cambiarlo?"

Gli anni passarono, anche se Ai rimase immutata, e sentì che gli umani parlavano dell'arrivo della guerra.

Ai non sapeva di cosa si trattasse, così, in veste di ragazza-volpe lo chiese in giro.

-<< La guerra è quando i soldati partono per difendere il paese dagli aggressori. >>- le disse una donna.

- << Per difendere, quindi i soldati vi proteggono da qualcosa di brutto. >> -

- << Certo, ma rischiano la vita e interi villaggi vengono distrutti. >> -

- << E cosa fanno per salvarvi dagli aggressori? >> -

- << Uccidono il nemico.>> -

 

A quella risposta Ai rimase muta.

" Quindi sono i soldati l'odio di questo mondo..." pensava.

" Devo andare a vedere quello che succede, così da poter capire come fermare tutto ciò."

Sperava che essendo una semidivinità le avrebbero prestato ascolto.

 

Arrivò in un campo di battaglia, là dove un villaggio era stato interamente raso al suolo, e decine e decine di corpi erano insepolti, sdraiati sul terreno bruciato.

Gli occhi le si riempirono di lacrime.

"Madre, il compito che mi hai affidato è impossibile. Qui l'uomo conosce solo l'odio, tanto che fratello non esita ad uccidere fratello. Per cosa poi? Non potrò mai più aver fiducia nell'umanità..."

 

Camminava tra la morte e la distruzione, mentre le sue zampe lasciavano lievi impronte sulla cenere.

D'un tratto sentì un rumore e si nascose dietro un carro mezzo bruciato.

- << E' vivo! Respira ancora! >> -

Ai si sporse e vide un uomo chino su un corpo, con altri tre soldati dietro di lui.
<< No, lascialo morire. Non vedi che è un nemico? >> -
<< Ma non possiamo lasciarlo qui, è solo un bambino! >> -

Ai fissò con i suoi occhi da volpe quell'uomo dagli occhi scuri che si caricava il bambino in spalla, dirigendosi verso il proprio accampamento.

" Forse avevi ragione, Madre. Esiste ancora la scintilla della speranza."

La divinità seguì gli uomini in veste di volpe e li osservò a lungo, mentre l'uomo dagli occhi scuri curava il bambino.

Era rapita dai suoi movimenti, dalle sue mani e dal suo viso, tanto che prese ad avvicinarsi sempre di più, a volte assumendo anche la forma di ragazza-volpe.

Una sera i loro occhi si incontrarono e lei fuggì, sentendosi percorrere da uno strano brivido.

Non si fece più viva per settimane, per paura che l'uomo le avesse lanciato un maleficio.

Il soldato invece era rimasto affascinato dalla bellissima ragazza che aveva visto dietro l'albero e sapeva che si trattava dello spirito volpe di cui parlavano.

Ma che possibilità c'erano che un umano potesse amare una dea?

 

Un giorno Ai si svegliò attanagliata da uno strano presentimento, che la fece correre all'accampamento.

Lì ciò che vide la stravolse.

Tutto era in fiamme.

Benchè lo temesse di natura, si gettò nel fuoco, alla spasmodica ricerca del soldato dagli occhi scuri.

Lo trovò riverso al lato della tenda con un coltello piantato sulla schiena, mentre cercava ancora di far scudo col propio corpo al bambino.

Ai avvicinò il proprio volto a quello del soldato, gli occhi accesi da un lampo di speranza.

Per il bambino non c'era più nulla da fare, ma il soldato respirava ancora.

 

La prima cosa che vide l'uomo non appena riprese conoscenza fu il soffitto di roccia di una caverna e poi, spostando lo sguardo, un occhio verde come i campi e uno azzurro come il cielo che lo fissavano preoccupati.

La ragazza volpe l'aveva raccolto e portato nel suo rifugio, dove lo stava curando.

- << Chi sei? >> - le domandò l'uomo.

- << Sono Ai, la figlia di Inari. Qual è il tuo nome? >> -

- << Kibo. Ma perchè la figlia di una divinità ha salvato un uomo come me, un soldato per giunta? >> -

Ai gli prese le mani e rispose:

- << Ti ho visto salvare quel bambino. Tu sei una scintilla di speranza in questo odio. >> -

L'uomo chinò il capo.

- << No, mi dispiace. Il bambino l'ho lasciato morire mentre cercavo di farlo scappare, e nel campo di battaglia ho ucciso molti uomini. Non so tu dove vedi la speranza. >> -

- << Kibo, perchè gli uomini odiano? >> - gli chiese Ai.

L'uomo sopsirò.

- << Non siamo perfetti. È parte della nostra natura umana. Ma penso che gli uomini odiano perchè sanno amare. >> -

Ai rimase interdetta.

- << Sembra quasi un controsenso. >> -

- << Lo so. Ma quando ci viene strappato qualcosa che amiamo il cuore si riempie d'odio nei confronti di chi ce l'ha negato. Ecco perchè ti dico che odiamo perchè sappiamo amare. >>-

- << Quindi per cancellare l'odio dobbiamo prima cancellare l'amore? >> -

Kibo la guardò con i suoi intensi occhi scuri.

- << Assolutamente no. Se togli l'amore e i sentimenti a noi uomini non potremmo più essere umani. Siamo imperfetti, è la nostra caratteristica, ma cerchiamo sempre il modo per riscattarci dai nostri errori. >> -

 

Passarono i mesi e Ai e Kibo ragionavano assieme sull'amore e sull'odio.

Poi venne il tempo di dirsi addio.

L'uomo doveva tornare dalla sua famiglia, che di sicuro l'aveva già dato per morto, visto che la guerra era finita da tempo.

Il sole splendeva in cielo, ma sottili gocce di pioggia cadevano su Kibo e Ai, attaccandosi ai loro capelli come perle.

- << Grazie mille di tutto, Ai. Non ti dimenticherò. >> -

Lei chinò semplicemente il capo.

"No, grazie a te che mi hai fatto capire tutto. Ora so ch l'odio non potrà mai essere sradicato dal cuore umano, ma dobbiamo aver fiducia negli uomini perchè, in un modo o nell'altro cercano sempre di raggiungere il bene, fino a che nei loro cuori ci sarà l'amore. Amore e odio sono due sentimenti che costituiscono l'uomo e lo rendono unico, nè animale nè dio."

Kibo si avvicinò, appoggiandole una mano sulla guancia e baciandola.

 - << Non so neppure se è permesso a un comune umano come me baciare una dea, ma io ti amo. Anche se non possiamo stare assieme non ti dimenticherò mai. >> -

 

Ai guardò le sue spalle allontanarsi, finchè non scomparve coperto dagli alberi.

"Figlia mia," la voce di Inari riecheggiava nella radura. "ora hai fatto capire a noi divinità che dobbiamo soltanto avere fiducia negli umani. Hai assolto il tuo compito."

Ai scosse la testa.

- << Mi dispiace, Madre, ma ora il mio cuore è di quell'uomo. >> -

"Questo non ti porterà altro che dolore, figlia mia. Tu stessa sai quanto sono fragili le vite umane."

- << Non importa perchè lo amo. >> -

Così, prese le sembianze di volpe e segueno l'odore ormai familiare di Kibo, arrivò alla casa in cui viveva con la madre e i fratelli.

La casa era grande e con un ampio giardino, per cui la divinità trovò rifugio tra i cespugli ornamentali.

Lo osservava da settimane ormai senza farsi vedere, ma capiva che qualcosa non andava.

Capì quello che gli stava succedendo quando lo vide tossire sangue.

Uscì subito dal cespuglio e, assumendo la forma di ragazza-volpe, andò a sorreggerlo.

- << Ai, che ci fai qui? >> - le chiese mentre tossiva.

- << Non posso stare lontana da te, Kibo. La mia vita è diventata vuota senza la tua presenza. Ti prego, lascia che ti curi. >> -

L'uomo sorrise rassegnato.

- << Mi dispiace, ormai è troppo tardi... >> -

- << No! Sono una divinità. Nulla per me è impossibile. >> -

Lui le appoggiò una mano sulla guancia.

- << é la giusta punizione per le vita che ho spezzato. >> -

- << No, Kibo. Tu sei tanto buono. Hai salvato quel bambino! >> -

- << No, non l'ho salvato. Devo pagare anche per lui. >> -

Calde lacrime rigavano il volto di Ai, cadendo sul quello di Kibo.

- << Allora rimarrò qui a vegliarti. >> -

 

Kibo era sdraiato a letto in condizioni pessime.

Entrò una sorella con una brocca.

- << C'è qualcosa che posso fare per te, fratello? >> -

- << Si, per favore, aprimi la finestra... >> -

La ragazza obbedì, sprendo la portafinestra che dava sul giardino.

Lì, tra un ginkgo e un acero stava la statua di una volpe con lo sguardo fisso verso la casa.

Con un enorme sforzo l'uomo si mise a sedere.

- << No! Ti affaticherai! >> -

- << Non ti preoccupare, va tutto bene... >> -

Allungò la mano tremante in direzione della statua.

- << Ai, grazie di essere stata con me fino alla fine... >> -

La sua mano cadde, così come il suo busto.

Così il corpo di Kibo stette immobileabbracciato dalla morte, mentre la statua si sciolse nella pioggia come fosse di sabbia.

 

Un po' di tempo dopo un contadino raccontò di un fatto accaduto nella sua risaia.

C'erano un uomo dagli occhi scuri e una donna dalle orecchie e dalla coda di volpe che camminavano a pelo d'acqua tenendosi per mano, incuranti della pioggia che scendeva sottile su di loro nonostante il sole brillasse.

Poi, sempre assieme, iniziarono a risalire lungo l'arcobaleno, fino ad arrivare al cielo.

Ai stava conducendo Kibo, il suo legittimo sposo, dinnanzi a sua madre Inari, dove avrebbero vissuto per sempre alla Corte Celeste.

***********

Grazie a tutti per la lettura^^ Non è nulla di che ma spero vi sia piaciuta...
La dedico alla mia amata Moyashi.... <3

  
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