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Autore: Laix    22/07/2015    7 recensioni
Lo scopo di questa raccolta di one-shot è di sperimentare varie coppie (non solo love couples) sia tra le più conosciute che tra le più impensabili. Alcune delle presenti sono già state suggerite da voi: con diversi personaggi e couple sperimentate, si vede cosa ne esce e si cerca di accontentare tutti! Non siete vincolati alla lettura dell'ultima shot pubblicata... Ogni shot è una storia a sé, quindi liberi di aprire la tendina dei capitoli e scegliere i duetti favoriti! ;) I contesti possono essere dei più svariati, anche passando per l'assurdo :D
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35. Mary Sera e Shuichi Akai ~ [Sei dura, donna. Dura come la pietra, il ghiaccio, sei cemento. Io con te divento calce ma tu non ti rompi mai, una corrente salata che viaggia al contrario e apre le onde. Eppure guarda cosa hai nascosto lì sotto. Dietro le botte, gli insulti, lo sguardo, l'odio, ti stai solo preoccupando per me e per il destino avverso che inseguo. Hai già visto tutto coi tuoi occhi e su un altro uomo.]
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Heiji Hattori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Vermouth | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13. Conan, Ai, Gin ~

[Rating: Giallo]

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Porsche 356/A nera



- TOGLIETEVI! LEVATEVI DI MEZZO! -
Le parole che il detective urlava mentre si faceva strada sgomitando tra la folla, la folla che si era formata e riunita attorno al luogo dell'incidente, parevano venire assorbite dall'aria e dal tumulto delle altre voci. Non importava a quale volume le avesse urlate, sarebbero state comunque annullate dall'atmosfera.
- Vi prego... lasciatemi passare! -
Erano tutti adulti alti e ingombranti e lui, con quel corpo piccolo e debole, faceva una fatica sovrumana ad avvicinarsi al luogo del fatto. Sapeva benissimo cos'era successo, l'aveva visto da lontano, dall'altra parte della strada, come se avesse avuto la scena proprio di fronte alla faccia.
Aveva visto perfettamente la Porsche 356/A nera sfrecciare sulla carreggiata, diretta verso una ragazzina castano-ramata che, ignara, era intenta ad attraversare la strada. Aveva sentito l'intensità del motore aumentare, il rombo farsi più assordante man mano che l'automobile, come fosse dotata di vita propria, individuava il suo bersaglio in avvicinamento.
Conan aveva capito al volo l'andamento di quella situazione e aveva urlato il suo nome, il nome di Ai, pregandola di fermarsi e di indietreggiare immediatamente.
D'istinto si era anche messo a correre sperando di poterla spingere via da lì. “Piuttosto rischio la mia vita, ma non la tua!” era la frase mentale che, con rigore e ritmo frenetici, gli era echeggiata nella testa durante quella breve e vana corsa. Ma aveva saputo fin dall'inizio che non l'avrebbe mai raggiunta in tempo, e che quel pensiero non si sarebbe concretizzato. Un po' come una bolla d'aria che, nel tentativo di gonfiarsi e trovare la sua forma completa e perfetta, esplode all'improvviso, divenendo nulla.
E dall'ottica di quella bolla immateriale, aveva visto Ai proseguire lentamente nella sua camminata, forse sovrappensiero, e voltarsi verso di lui meditabonda, attirata dalle sue grida. Come se non si fosse accorta di nulla. E poi era stato tutto velocissimo e irrecuperabile.
Il momento seguente, anche Ai aveva compreso. O meglio, in quei decimi di secondo aveva fulmineamente dato conferma ai suoi più oscuri dubbi, secondo cui ormai era stata scoperta e riconosciuta dai suoi nemici da tempo. Nel momento in cui si era voltata dalla parte opposta, verso la carreggiata, vedendo il parafanghi d'acciaio di un'auto nera d'epoca ben conosciuta a pochissimi metri da lei, rombante e veloce, aveva compreso tutto. Già, non poteva essere altrimenti: l'auto non avrebbe virato verso la sua direzione, se non fosse stato così. Trovata per caso? O intercettata consapevolmente? Ormai importava poco. Aveva fatto giusto in tempo a sgranare gli occhi e poi a richiuderli di scatto, prima di collidere con quella mostruosa e omicida vettura. Guidata da un elemento non tanto differente da essa: Gin.
Quale onore, Sherry. Ti mostri così, alla luce del sole, senza nemmeno darmi la fatica di scendere dalla macchina per infliggerti la punizione che meriti. Nasconderti dentro un corpo ristretto, mescolarti alla massa e provare a comportarti da persona normale sono azioni che non ti hanno aiutato. E non l'avrebbero mai fatto. Forse all'inizio sì, forse hai anche agognato la salvezza, ma dovresti sapere che queste cose non possono durare a lungo, dovresti ricordarti che ho un occhio piuttosto vigile e allenato ad impedirtelo. Lo ammetto, avrei voluto assaporare molto di più questo momento, parlarti e guardarti prima di eseguire l'atto estremo... ma come lasciarsi scappare un'occasione così? Vederti in mezzo alla strada proprio mentre io sto passando con l'auto, avrei forse dovuto svoltare da un'altra parte? Mai. Sarebbe stata una pazzia, una perdita di tempo. Il mio piede è calato sull'acceleratore con forza inconsulta e incontrollabile, la mia auto pronta a diventare la mia micidiale arma del delitto. Grazie, Sherry, per questo momento. Non lo scorderò mai.
Questo fu il pensiero di Gin, accompagnato da un immancabile sorriso sadico e impuro, appena dopo lo scontro. Appena dopo aver udito, con una sensazione di malsana goduria, il rumore del corpo della traditrice contro la carrozzeria.
- Ehi, chiamate un'ambulanza! La ragazzina è ancora viva! -
- Il pirata della strada è scappato dopo averla investita! -
- Qualcuno ha segnato la targa?! -
- Delinquenti, assassini! -
Tante voci anonime che si mescolavano, in allarme e in crisi. Tutte appartenenti a tante persone riunite attorno a lei, in cerchio e in massa, oscurando a lui la visibilità e ostacolandogli il passaggio. Andatevene via, non c'entrate niente con lei, non sa chi siete, non vi conosce!
Ma finalmente riuscì a costruirsi un sentiero, a passare oltre quella barriera umana, ritrovandosi improvvisamente davanti al centro dell'incidente avvenuto. Davanti ad Haibara. Che giaceva distesa a terra in una pozza di sangue che lentamente si allargava, con occhi sbarrati e fissi in un punto casuale ma ben preciso, verso il cielo. Le mani tremanti e il volto attonito e confuso, cercava di ritrovare il ritmo regolare del respiro, incespicando e allora ritentando, in agonia. Numerosi rivoli di sangue le imbrattavano il viso e i vestiti, come se ormai facessero parte di un decoro stabilito.
- Oh, no, merda... Haibara!! -
Quella visione sconvolgente lo portò a fiondarsi ed inginocchiarsi di fianco a lei, partendo subito ad esaminare ogni minimo particolare di quella situazione, accantonando prontamente ogni accenno di emozione tumultuosa e negativa che mirava a destabilizzarlo e portarlo sulla strada sbagliata. In quel momento non poteva permetterselo, la massima concentrazione era l'unica arma di cui doveva disporre. Anche se, in realtà, una disturbante confusione aveva già iniziato a farsi strada, come se avesse centinaia di campanellini incastrati in testa che suonavano e risuonavano, tutti insieme.
Le parole di Ai, pronunciate da lei soltanto qualche giorno prima, gli riecheggiavano nella testa. Perché mai? Perché ora? Semplice. Perché erano sincronizzate perfettamente a ciò che lui provava in quel momento. “Sai, si tratta di un processo che non si può impedire né arrestare. Una volta che applichi questa sostanza alla molecola, per lei va a finire così: disgregazione completa. Poverina. In laboratorio capita molto spesso. Lo vedi? Ti piace? Ehi, Kudo, invece di guardare per aria come un camaleonte arrostito, ti decidi ad ascoltarmi per istruirti un po' come si deve?”
Si sentiva proprio così, come quella molecola. In un processo che non poteva impedire né arrestare iniziò a sentirsi interiormente disarmato, ogni cellula del suo essere si stava disgregando con incredibile rapidità, ma doveva resistere. Doveva rimanere lucido e attento ancora per qualche minuto, almeno per qualche minuto, cercando di affrontare quella tragedia nel modo più razionale possibile, allo scopo di risolverla per il meglio. Allo scopo di salvare Ai.
- Ehi, Haibara, mi vedi? Sono qui! Vedi che sono qui? -
Lei spostò lentamente lo sguardo verso di lui, a scatti, con quegli occhi sbarrati e increduli. Il suo respiro era completamente mozzato e interrotto, riusciva ad emettere per lo più deboli gemiti e il sangue scorreva fuori da ogni ferita aperta come fosse un fiume rosso alla ricerca frenetica del suo mare.
No... no, è terribile...
Tu dovevi proteggerla...
Avevi promesso di proteggerla. Le hai mentito.
E guarda adesso com'è.
Devo agire, ma non voglio guardare. Non ci riesco.

Alla sua destra udì chiaramente i singhiozzi di Ran, che tuttavia si stava attrezzando nelle chiamate d'emergenza senza perdere un solo secondo. Già, c'era anche lei quel giorno, avevano deciso di fare un giro tutti insieme. C'era anche Agasa, dal quale però non stava udendo una sola parola o un solo lamento: e ciò era preoccupante. Se fosse successo qualcosa ad Ai, il professore sarebbe probabilmente entrato in un brusco stato di shock, che forse era già iniziato a causa di quella sola visione. Non ebbe il coraggio di voltarsi per verificarlo, e comunque non ne aveva il tempo: doveva ragionare e capire quale soccorso prestare ad Haibara. Ma più la guardava, più capiva che le soluzioni erano limitate.
L'accenno mentale ad Agasa, così come quello alle limitazioni, portò di nuovo ad alcuni proverbiali ricordi riguardanti la ragazzina. Maledizione, stupide immagini e frasi confusionarie che non ti lasciano in pace nemmeno nei momenti meno opportuni! “Lo devo tenere d'occhio. Se il professore continua a mangiare e bere in questo modo – hai capito bene, bere, e intendo vino – diventerà un ammasso di colesterolo vagante per le strade di Beika. Come, scusa? Certo che glielo dico, quotidianamente, ogni quattro o cinque ore! Ah... dici... dici che forse è un po' troppo...? Beh, ma deve pur capirlo... a costo di essere dura... perché ci tengo tanto, a lui. E vorrei proprio che i suoi valori sanguigni, al prossimo esame, si avvicinino almeno alla stabilità.”
Il ragazzino, ansimando, cominciò a tamponare forte con le mani una ferita aperta sul suo petto, quella che sembrava essere la più grave, per limitare la fuoriuscita di sangue. L'angoscia lo stava assalendo con forza e senza dargli tregua, la testa girava.
- Haibara, senti la mia voce? Cerca di respirare lentamente, in modo profondo. Va tutto bene. Cerca il tuo ritmo, okay? So che puoi farlo. Non ti preoccupare di nulla! -
Lei parve volere seguire il suo consiglio, ma ciò che ne ricavò fu soltanto una maggiore agonia. Il suo corpo non intendeva seguire le direttive. Lei iniziò a socchiudere le palpebre più volte, perdendo lo sguardo su di lui. E lui vide chiaramente la luce nei suoi occhi avviarsi verso il buio, verso un'altra dimensione. “Io credo fermamente nella teoria dei mondi paralleli. O dimensioni, chiamali come diamine ti pare, ma ritengo estremamente improbabile che l'unica realtà esistente sia la nostra. Chi ci crediamo di essere, noi esistenze uniche e indissolubili, senza possibilità di un nostro pari al di là dello spazio e del tempo? Ah, che illusi. E' chiaro che non è così. Kudo, ma se invece di guardare cartoni animati aventi un target che non va oltre i 4 anni, facessi discussioni più approfondite con me? Hai paura di consumarti il cervello?”
Ogni minuscola considerazione, in quel momento, diveniva facile esca per quei brevi estratti di ricordi, che abboccavano senza riserve. E che si affacciavano alla sua mente spavaldi, desiderosi di essere ascoltati di nuovo, di mostrare i lati migliori della ragazza che ora giaceva riversa di fronte a lui.
“Poi mi dici che ne pensi, okay? Non sprecarne nemmeno una goccia, è stata dura cuocerlo. Anche perché in caso contrario verrò a saperlo! Ci ho messo un po' di curry... so che ne vai matto. Spero ti piaccia.”
Deglutì disperato, cercando però di mantenere la situazione in stallo e di risollevarla, parlandole con quanta più chiarezza possibile.
- No, no, Haibara... resisti... e resta qua... va tutto bene...! -
Lei trovò la forza, non si seppe bene da dove, di alzare la mano tremante per afferrare quella di lui, che si trovava ancora compressa sul suo petto e tinta di rosso. Sembrava quasi volesse dirgli di smettere, di rilassarsi, e semplicemente di afferrare la sua mano. Perché sarebbe contato solo quel gesto, in quel momento.
Lui sgranò gli occhi, senza parole, ma percependo in pieno il messaggio. Le afferrò la mano senza esitare, mantenendo però la mano libera nella stessa posizione di prima, per poter dare sia a lei che a se stesso una parvenza di salvaguardia.
- Non mollare, Haibara... tieni lo sguardo su di me! Te la caverai! -
Non ce la farà. Non è possibile.
Il detective sapeva già come si sarebbe conclusa quella vicenda. Tuttavia cercò di non demordere fino all'ultimo, di accompagnarla nel modo più morbido possibile verso il suo destino. Si avvicinò ulteriormente al suo viso e continuò a sussurrarle parole rassicuranti e di pura bontà, la ringraziò per quello che aveva fatto per lui, non le lasciò la mano nemmeno per un istante. Esattamente come lei voleva.
Ai non voleva scuse, rimorsi e lacrime. Ma l'opposto.
“Non fare quella faccia. Farò tutto il possibile per aiutarti.”
Quando giunsero i soccorsi sul posto, la vita l'aveva già abbandonata. Il suo corpo inerme, privato del respiro e della sofferenza, giaceva ora tra le braccia del detective. Il quale la stringeva forte, incurante della presenza altrui, continuando a mormorarle nell'orecchio altre parole e appoggiando la propria fronte su quella di lei, imbrattata di sangue. L'odore del sangue era molto forte, si costrinse a sopportarlo. Faticava ancora a crederci, si rese conto che era un avvenimento troppo gravoso da smaltire, forse era per quel motivo che non intendeva muoversi da quella posizione ancora per un po'.
Sentiva i raggi del sole colpirli, caldi e pieni, come se volessero far sapere che anch'essi partecipavano a quel dolore. Ai l'avrebbe di certo interpretata così, in un armonico misto di umanità e natura. Lui sapeva che per tutti era in arrivo un oscuro periodo, fatto di pianti degli altri ragazzini che ancora non sapevano nulla, fatto di un Agasa improvvisamente solo e di un Mitsuhiko devastato dal suo sentimento. Fatto di un se stesso in preda al disorientamento e privato di una fidata alleata che aveva condiviso la sua condizione e le sue sensazioni.
Tanto valeva rimandarlo il più possibile, questo periodo, ritardando la sua separazione da Haibara.
Ma alle proprie spalle sentì una voce che si offriva di farlo rinsavire dall'abisso creato da quelle prospettive. Percepì Ran che, delicatamente, si chinava su di lui dicendogli di smetterla. Glielo stava chiedendo dolcemente, con la voce ancora rotta dal pianto e dall'angoscia, e lo faceva per il suo bene. “Basta, fermati, staccati. Per favore”. Udiva a ripetizione quelle parole, come una nastro che non può essere interrotto da nessun tasto, ma non per questo avrebbe eseguito.
Poi un terribile lampo intriso di dubbio atroce.
La quasi totale assenza di sorpresa sul volto distorto di Ai, in quei suoi ultimi attimi. Il gesto pronto e consapevole che gli aveva riservato tramite la sua mano. La stretta. I suoi movimenti lenti e apparentemente ignari sulla strada, proprio la strada da cui era arrivata l'auto nera che l'aveva assassinata.
L'hai fatto apposta, Ai?
Quel dubbio proprio non ci voleva. Si sentì mancare il respiro.
Hai seguito la logica che ti aveva portato a rimanere seduta da sola sull'autobus dirottato, tanto tempo fa, prima dell'esplosione? Da cui ero riuscito a salvarti? La stessa logica che ti faceva credere che, sacrificandoti in un modo o nell'altro, noi tutti saremmo stati più al sicuro?
Ai, no... dimmi che non è così...
Il problema è che non puoi dirmelo. Non lo saprò mai.

Già, non avrebbe mai saputo se era stato solo un incidente, frutto di fatali coincidenze, o se lei aveva fatto in modo che accadesse, buttandosi in mezzo alla strada dopo aver intercettato quell'auto all'orizzonte. Non l'avrebbe mai saputo, poiché sapeva solo le conseguenze.
Sai, Ai... sono abbastanza sicuro che non sia così. Forse tanto tempo fa l'avresti fatto, senza esitazione... ma ormai sei cambiata. Il tuo obiettivo non era più la fuga, bensì la ripresa. Lo vedevo coi miei occhi. Magari non ne avevi l'impressione, ma io avevo imparato a conoscerti. Anche adesso sto sbagliando quasi di certo, vero? Perché la tua imprevedibilità non smette mai di giocare. Mi ci vuole sempre del tempo, perdonami, ma poi ci arrivo. Arrivo a capire alcuni tratti distintivi che ti rendono ciò che sei. Non tutti tutti, però... questo concedimelo.
In mezzo ai tanti, tantissimi rumori e alle sirene della polizia intorno a loro, riusciva a distinguerle. A distinguere le parole che Ran, consapevole, non smetteva di sussurrargli. “Lasciala andare”.
L'aveva già lasciata andare, poco prima, su quella strada.
Forse dovrei smetterla di fare promesse. Ma vorrei concedermene un'ultima, la più definitiva. E mi rivolgo a voi. Voi, che credete che ormai sia fatta, che pensate di aver eliminato il tassello più scomodo. Per quanto mi riguarda la lotta finale è appena iniziata, proprio in questo istante. Una lotta che vi vedrà distrutti, dilaniati dai vostri stessi mille pezzi. E voi ancora non lo sapete.
Questa volta la promessa verrà mantenuta.








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Tranquilli, non perdete tempo a tentare di uccidermi. Ci penso io da sola, visto che ho fatto fuori il mio personaggio preferito, e mi sa il preferito di tanti. D:
Questa era la shot numero 13 e si adattava a qualcosa di caratteristicamente “nero”. L'ipotetica morte della scienziata è stata affrontata spesso sotto una chiave di lotta finale contro l'organizzazione, di scontro coi suoi membri più importanti, o di atti di salvezza nei confronti di altri che la portano quindi a sacrificarsi per loro. In questo caso, se vogliamo, possiamo dire che non si realizza nulla di tutto ciò, in quanto non avviene nemmeno una sfida o un reale confronto, si tratta invece di un incidente, per quanto comunque provocato dai veri antagonisti della storia e con tutta l'intenzione del caso; tuttavia il punto che mi interessava era approfondire ciò che il protagonista potrebbe trovarsi a meditare in un'eventualità simile, piuttosto che la modalità.
Non so che altro aggiungere, se non di stare sereni perché le shot comunque non sono legate tra loro e nelle prossime Ai sarà più viva che mai ^__- Come sempre grazie a voi recensori, che usate sempre un po' del vostro tempo qui, e a tutti voi che leggete e a cui chiedo di lasciarmi nuove opinioni, se vi va :) Ed ora pista, alla prossima! 

  
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