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Autore: bisy    23/07/2015    2 recensioni
Eccomi di nuovo con una one-shot che mi ha particolarmente presa mentre la scrivevo. Spero che possiate trovarla interessante o quantomeno piacevole e vi invito come sempre a recensirla. Sapete che rispondo con immenso piacere.
Il professor Devis insegna una materia meravigliosa. La materia della vita.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il professor Devis era una di quelle persone che ti porti dentro per tutta la vita.
Nessuno conosceva il suo nome, a quei tempi.
Lo leggemmo su un avviso affisso in segreteria molti anni dopo: Ben. Ben Devis.
Professor Ben Devis.
Suona come un clarinetto tra un oboe ed un contrabbasso.
Ogni lunedì, alla terza ora, calava il silenzio nella classe, che solitamente era piuttosto scalmanata.
Si attendeva con fervore di udire i suoi passi di cuoio nel corridoio e, quando ciò avveniva, si rimaneva in apnea fino alla sua comparsa. Indossava sempre una camicia di finissimo cotone a righe grigie e celesti e dei pantaloni piuttosto sportivi, dove l'eleganza cedeva il passo alla comodità. Immaginavamo ne avesse a centinaia, di quei completi, poiché non lo vedevamo mai con indosso qualcosa di diverso. Odorava sempre di pulito, misto ad un magico aroma di dopobarba al pino silvestre, libri antichi e sigaro cubano. Era un piacere per l'olfatto e per la vista, ma ancor di più lo era per l'udito: aveva una voce bassa che invitava a lasciarsi ascoltare. Di tanto in tanto si soffermava su un termine specifico, aiutandosi con una breve pausa solenne. Nel sentire i suoi discorsi, il piacere per i contenuti era pari a quello per i suoi armonici vocalizzi, tendenti ad ascendere di tono e a riabbassarsi in presenza di una frase ritenuta superflua, per poi ricominciare daccapo.
Tutti conoscono il supplizio del lunedì, a scuola, quando si esce da un fine settimana di svago per tornare fra quei banchi, fra quei problemi.
Eppure, il nostro lunedì era reso tanto gradevole da quei sessanta minuti da considerarlo in assoluto il giorno favorito della settimana.
Seguendo quelle scale di musicale verità che venivano dalla sua bocca, rimanevamo imbambolati, incantati dall'umanità che emanava quella giovanile, minuta figura affascinante.
-Ragazzi miei, suvvia. Statemi a sentire ancora un minuto.- diceva bonariamente ogni qualvolta qualcuno sospirasse, più per devozione che per noia.
Era incantevole sentirsi trasportare dal suo amore per ciò che insegnava ed era impossibile staccare gli occhi dal suo dolcissimo sguardo, che diveniva una fessura abissale d'interesse quando ci ascoltava durante un'interrogazione o nel concederci la parola dopo aver alzato la mano.
La profondità di quegli occhi scuri era paragonabile solo alla sua intelligenza.
La cosa che più colpiva noi alunni immaturi era il suo modo di insegnare: illustrava la vita, più che la geografia. Sì, perchè devi sapere che, tra una nazione ed un'altra, convogliava le nostre rimanenti energie e concentrazione sullo stile di vita, su usi e costumi, sulla filosofia di quei Paesi. A noi toccava semplicemente confrontarli con il nostro e trarre le dovute conclusioni.
Le verifiche orali erano organizzate nel seguente modo: ci si alzava in piedi e si poteva parlare liberamente di un argomento scelto ed approfondito in precedenza, per poi rispondere a semplici quesiti generali che lui poneva. Dopo avveniva la discussione per il voto, che era sancito dalla classe e non dall'insegnante, sulla base di osservazioni e riflessioni che ogni alunno giudicante doveva esporre per giustificarlo. Il professor Devis non metteva un'insufficienza neanche se strettamente necessario.
Non occorreva sminuire il nostro duro lavoro, perchè l'approccio alla materia era responsabile e serissimo da parte di tutti ed ognuno di noi si rendeva subito conto dei propri sbagli.
Certe volte sembrava di essere all'ultimo anno di università, invece che alle superiori.
Nessuno riuscì mai a parlargli in privato perchè, esattamente un minuto prima del suono della campanella, prendeva la sua bella ventiquattrore, la sua giacca e... spariva.
Non si presentava neanche ai colloqui con i genitori, come se riservasse tutto ciò che era in grado di dare a noi soltanto. Era il padre premuroso di tutti noi, lì, tra quelle quattro mura in decadenza.
Poi, la radiosa luce della sua presenza svanì improvvisamente, un giorno, e non lo rivedemmo mai più. Ancora oggi, nonostante io abbia cinquant'anni, provo una grande nostalgia per i bei vecchi tempi passati con lui e con il suo sterminato sapere.
   
 
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