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Autore: Ginny Jane    23/07/2015    7 recensioni
Tutti facciamo progetti: che siano per mantenere il nostro mondo in equilibrio o per abbatterlo e crearne uno nuovo....più semplicemente, per costruire le nostre vite. Ma quando le premesse cambiano? Quando risvolti inattesi trasformano il Sogno in un Incubo? La vita, poi, va dove vuole.
Di ritorno dalla Svezia, dopo il Terrore, Fersen si scontra con un una Francia cambiata, ma il cambiamento potrebbe essere molto più profondo di quanto si aspetta: che cosa ne è stato di Oscar? I loro mondi potranno coincidere ancora, come in passato, o si muovono ormai su orbite sfalsate?
Ecco la continuazione di "Sul muretto", che ne è diventato il primo capitolo, che alterna momenti comici e riflessioni tendenti al tragico, con la complicità di qualche piccolo personaggio nuovo. Mi sento in dovere di avvertire che il Fersen da me creato ha preso una piega un po' OOC. Spero che vi piaccia!
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premessa

L'essere ripetitivi è sicuramente uno dei peggiori peccati che uno scrittore possa commettere. Eppure, non posso fare altro che ringraziarvi ancora e ancora per il vostro sostegno: grazie a voi che avete letto, in particolar modo a quelli(e) di voi che hanno recensito a cui posso così dare un nome (va beh, un nickname). Questo capitolo riprende il tono più serio che caratterizzava la parte iniziale del primo: è mio obbiettivo mantenere questa alternanza per tutto il racconto; sarò comunque molto curiosa di sapere quale dei due registri preferite e e se l'esperimento vi sembra sensato.

Buna lettura e a presto (spero, a meno che non fuggiate)

Ginny Jane

 

 

Dei delitti e dei princìpi

 

Lasciatemi dire, a rischio di sembrare ridicolo, che il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti d'amore.

Ernesto Che Guevara

 

-Horace, che cosa stai facendo al gatto?- Oscar guardava il bambino, sorridendo, con una dolcezza che Fersen le aveva visto sul volto solo nelle occasioni in cui si era occupata del fragile, sfortunato, Louis Joseph. Quanto al piccolo, aveva assunto un' espressione vagamente colpevole.

Era ritornata con un paio di bottiglie, due bicchieri e un piatto di dolci, che depose sul basso tavolino con l'insicurezza un po' traballante di chi non è mai stato abituato a servire a tavola.

Poi si inginocchiò per liberare l'animale, ormai esasperato, dall' “abbraccio” del piccolo tiranno, e accarezzare questo sui capelli, spolverando via un po' della cenere che li incipriava:-Hai visto? E' venuto a trovarci un amico. Si chiama Hans, non lo vuoi salutare?- Il bambino non espresse alcun tipo di risposta, limitandosi a guardarla, e lei, con un sospiro, lo indirizzò verso la camera di Pierre, perché giocasse con lui.

-Perdonatemi, Fersen, se ci ho messo un po'. Sono stata trattenuta...un puledro sta male e non so cosa farci...- borbottò con la fronte aggrottata, versando ad entrambi una generosa dose di liquore -c'è un farmacista veterinario nella zona, ma si fa pagare profumatamente le sue erbe...- Si interruppe, in parte per il pudore che le impediva di parlargli, così francamente, della sua situazione economica; in parte perché non era sicura che la stesse ascoltando. -Hem...allora conte...la vostra visita è tanto gradita quanto inaspettata. C'è una ragione specifica per cui siete venuto?-

-Sì..no..Sì, in effetti...ma è una cosa di cui vorrei parlare con calma e se non vi dispiace... prima...forse potreste dirmi...- continuava a spostare lo sguardo, vacuo, da lei alla porta da cui era uscito il bambino.

Le venne da ridere, intuendo quale dubbio assillasse, adesso, il povero conte:- No, Fersen, no...Horace-Bernard non è figlio mio, non troverete alcuna somiglianza- chiarì sorridendo, per poi aggiungere, più seria: -anche se è come se lo fosse.- Bevvero entrambi un sorso, sedendosi. Oscar fissò lo sguardo sul nobiluomo, che era arrossito, forse nel constatare con quanta facilità i suoi pensieri erano stati indovinati; forse perché, ancora una volta, non riusciva a capire come stessero le cose.

Era giunto il momento delle spiegazioni, considerò la donna: non poteva lasciaro ancora a lungo nello stato di confusione in cui, evidentemente, si trovava. E se proprio doveva raccontare ogni cosa con calma, tanto valeva, a questo punto, iniziare da Horace.

-Ricordate una giovane di nome Rosalie Lamorlière?-

Con l'aria sollevata di chi intuisce, finalmente, l'inizio di un discorso coerente, Fersen rispose:- Mi sembra di sì...sì, la ricordo...non è forse una vostra lontana parente?-

-Bah! Oggettivamente, non era mia parente più di quanto non lo siate voi; tuttavia, le ero affezionata come ad una sorella. Sicuramente non sapete che aveva sposato un avvocato e gazzettista abbastanza noto, Bernard Chatelet....- Lo sguardo di Oscar si perse oltre le spalle del suo interlocutore, oltre alla finestra...oltre al presente, per alcuni istanti. La voce improvvisamente soffocata, Fersen si chiese se si stesse ancora rivolgendo a lui: -non hanno voluto partire con noi...non hanno...non abbiamo insistito abbastanza...-

Poi il racconto prese a scorrere, sebbene incerto: come se faticasse ad articolare le parole necessarie a trattare l'argomento:

-Bernard era un brav'uomo, nonostante...no, questo non importa*. Era un brav'uomo e basta. Molto intelligente ed abile oratore, saldo nei suoi princìpi, che sono diventati anche i miei. Ma la prudenza non era certo una delle sue virtù: si era scagliato subito contro Brissot. Si è opposto in tutti i modi al suffragio censitario... Poi, due anni fa, aveva fondato “Le Vieux Cordelier”, attraverso il quale criticava aspramente gli arrabbiati e gli heberisti. Prendendo coscienza delle posizioni sempre più estremiste della Montagna, con la quale sedeva nella Convenzione Nazionale, se ne era progressivamente allontanato... e di conseguenza, considerandolo un dantonista, Robespierre, che pure era stato suo compagno di studi e padrino di suo figlio, lo ha fatto arrestare e processare. E' stato ghigliottinato l'aprile scorso...e sua moglie, una settimana dopo.

Gli avevamo consigliato di raggiungerci...di allontanarsi, almeno temporaneamente, da Parigi...non per codardia, ma per buon senso: Bernard non voleva lasciare a nessun costo l'impegno politico, lo capisco, ma almeno Rosalie, con il bambino...non c'era bisogno...-

Lo sguardo di Oscar, velato di lacrime, sembrò rimettere a fuoco l'amico. -E quindi, vedete, il piccolo Horace vive con noi.- concluse con tono pratico**. Poi, osservando la cenere sparsa dal bambino, sospirò:-sono preoccupata per lui...sembra sereno, ma da quando è arrivato, più di un anno fa, non parla, non ha quasi emesso suono. Non so come prenderlo. Immagino che gli manchi la madre...eppure, non piange.- Un lieve sorriso le incurvò le labbra:- E' curioso: suo padre non faceva altro che parlare, aveva una smodata passione per i comizi dannatamente lunghi. E Rosalie...ha sempre fatto del pianto un passatempo-.

Nonostante il tentativo di ironizzare sul carattere dei suoi amici, Fersen vedeva bene che il sorriso non era giunto sino agli occhi.

 

 

L'uomo era rimasto in silenzio, ad ascoltare della morte di persone che non conosceva e per le quali, a causa del ruolo che, a quanto aveva capito, avevano rivestito durante la Rivoluzione, non riusciva a provare molta pietà. Era dispiaciuto, comunque, di vedere Oscar tanto addolorata.

Gli sovvenne che lei stessa aveva perso molti dei membri della sua famiglia allargata: una sorella e suo marito ghigliottinati, insieme al loro figlio maggiore. Così come altri due cognati. Un cugino, linciato dai suoi contadini.

Dopo aver bevuto fino all'ultima goccia il liquido rimastogli nel bicchiere, si decise a porgerle le condoglianze.

-Vi ringrazio- lo interruppe Oscar, non appena ebbe capito dove andava a parare il discorso.

Si guardarono, consapevoli entrambi, sebbene non l'avessero pronunciato, della presenza nell'aria tesa di un altro nome...di un'altra vittima della ghigliottina. E di un'accusa.

Per interrompere il contatto visivo, Oscar riempì di nuovo i bicchieri.

-Mi dispiace- sussurrò infine. -Ho cercato i suoi figli...-

-Lo so-

-Io....io ho aderito alla Rivoluzione...posso capire che mi consideriate responsabile, complice, di tutto questo...-

Nella pausa che seguì, l'uomo si chiese se forse avesse dovuto negare, assolverla da quella responsabilità che aveva condiviso. Si disse che l'aveva perdonata del tutto, che non era certamente né l'unica, né la maggiore colpevole...

Si disse che sapeva bene che quella donna, che ora stava a capo chino di fronte a lui, se avesse saputo quale sarebbe stato il seguito non avrebbe compiuto quel folle gesto di guidare i suoi uomini contro la Bastiglia, contro l'ordine...contro la giustizia...

Avrebbe voluto dirglielo...non riuscì a farlo.

E forse fu meglio: alzando gli occhi improvvisamente, come se avesse sentito l'eco dei suoi pensieri, Oscar dichiarò quasi aggressiva:-Lo rifarei! Mi dispiace Fersen, so che non riuscite a comprendere, e per me è difficile spiegarvelo. Ma non rinnegherò i principi in cui ho creduto e credo, sebbene siano stati traditi. E i principi, qualunque sia stato il seguito, sono stati affermati. La libertà...nessun uomo è libero, ma ora ogni uomo ha legalmente il diritto di esserlo. L'uguaglianza....è chiaro che l'uguaglianza, di fatto, non esiste. Forse non esisterà mai l'uguaglianza sostanziale, ma è stata stabilita quella di fronte alla legge.- Poi, adottando un dono più dolce, come di chi si è reso conto di aver sgridato troppo duramente un bambino:-la fraternità, ne converrete con me, non è un principio nuovo. La afferma la Religione cristiana, su cui il diritto monarchico, in cui credete, si fonda: non siamo tutti figli di Dio? E la libertà l'avete respirata voi stesso, non è vero?, sui campi di battaglia americani. Libertà per cui morivano degli uomini...per cui sono morti donne e bambini...l'avete accolta, Fersen, solo perché si trattava della libertà dai loro governanti?-

Fersen, ancora, si ritrovò a tacere. Non riusciva a coniugare le parole che sentiva con la realtà dei fatti.

-Amico mio...io ho insegnato a mio figlio a credere in questi ideali, e continuerò a farlo. La mia sola speranza è che, una volta affermati, questi principi non possano più essere cancellati e che le generazioni future siano in grado di vivere le verità che noi abbiamo dichiarato.

Noi abbiamo fallito...su questo non ho più alcun dubbio... Abbiamo fallito quando gli uomini nelle cui mani avevamo affidato le nostre vite hanno scoperto una sete più forte di quella di giustizia: la sete di potere. E quando i parigini, non vedendo cambiamenti immediati e sostanziali nella miseria delle loro vite, hanno rivolto contro di noi le armi, pretendendo l'ingiustizia. E' stato allora che lo Spirito di uguaglianza che avevamo evocato si è rivelato essere, piuttosto, un Demone di morte..di paura..di persecuzione...che passava di casa in casa uccidendo i figli della Francia, senza che ci fosse sangue sulle architravi che lo fermasse***-

 

No, Fersen non riusciva a capire, non riusciva ad accettare, non condivideva quei principi. Ma la profondità e la franchezza con cui Oscar gli aveva parlato lo commossero. Non era d'accordo con lei, ma dopotutto era un uomo intelligente ed erudito, e la divergenza di opinione non gli impedì di rinnovare la stima che le portava.

Bevvero ancora.

Si era aspettato di trovarla pentita...ma nonostante questo, o forse proprio per la sua coerenza, la ammirò, e desiderò poter passare ancora molto tempo con lei, ad ascoltarla. Forse, tutta la vita...

 

L'atmosfera si era fatta troppo triste, troppo pesante, troppo drammatica.

Il sole era ormai prossimo al tramonto, l'aria che entrava dalla finestra era diventata piuttosto fredda, in contrasto con la luce calda che allungava, sul pavimento, le ombre dei mobili, e degli alberi all'esterno, fino a farle sembrare crepe, crepe di un mondo prossimo a sgretolarsi in una voragine che li avrebbe inghiottiti.

Si rese conto, con un sussulto, che i due cuccioli umani erano tornati. Erano sgattaiolati su una poltrona in un angolo della stanza, chissà a che punto della loro conversazione, ed ora stavano rannicchiati sullo stesso cuscino, abbracciati, con l'aria assorta dei bambini che non riescono a seguire i discorsi degli adulti, ma amano stare ad osservarli, a sentire il suono delle loro voci, che li fa sentire protetti.

Seguendo il suo sguardo, anche Oscar si avvide della loro presenza, e le si dipinse un'espressione di disappunto sul volto: evidentemente, anche a lei quei discorsi così negativi non sembravano adatti a dei fanciulli.

 

Volendo cambiare argomento, trovandone, possibilmente, uno più allegro, e non reperendo il coraggio di introdurre quello che più gli stava a cuore, Sua Signoria il conte di Fersen ebbe l'infelice idea di chiedere, in tono lieve:-Vostro padre come sta? E vostra madre? Se non erro si trovano in Italia...a Mantova forse?-

Fu Oscar, che era ancora concentrata sui bambini, a sussultare.- Cos..?! Sì...bene- Ma, dalla sua faccia, “bene” non sembrava una risposta adatta. Dopo un abbondante sorso di liquore, una risposta decisamente stizzita sembrò sfuggirle dalle labbra:-In realtà non lo so, Fersen, non ci parlo molto...forse dovreste chiedere a mio marito: avendo ripreso da poco i contatti con sua nonna, ora che è malata e si è decisa a scrivergli, è lui il più informato sui miei genitori, e sui loro spostamenti. Ormai, dovrebbe essere di ritorno fra poco.-

 

Vedendo che al cittadino conte era andata di traverso la bibita, Pierre accorse eccitato a battergli con tutta la sua forza, e poca precisione, sulla schiena, entusiasta dell'opportunità di dimostrarsi utile e valido agli occhi dell'ospite e, soprattutto, della mamma.

 

 

*Oscar si riferisce alla parentesi da Cavaliere Nero

**Forse (o forse no) non tutti sanno  che: il personaggio di Bernard Chatelet è ispirato alla figura storica dell'avvocato, giornalista e politico Camille Desmoulins (di cui riprendo qui gli ultimi anni di carriera). Venne giustiziato il 5 aprile 1794, seguito, il 13, dalla moglie Lucille. La loro storia d'amore è stata ricostruita attraverso l'abbondante corrispondenza epistolare che ci è rimasta. Il figlio, Horace-Camille, che allora aveva poco meno di due anni, venne allevato dalla nonna materna, frequentò il liceo militare grazie ad una borsa di studio di Bonaparte e, da adulto, visse ad Haiti come commerciante, si sposò ed ebbe quattro figli.

Eccetto per il particolare su chi lo possa aver allevato (considerando che la contessa di Polignac era stata ampiamente linciata, a questa altezza cronologica), mi piace l'idea di riprendere il più fedelmente possibile la sua storia.

Mi scuso con le/i possibili fans di Rosalie per averla fatta morire, ma onestamente l'idea che personaggi così vicini a Robespierre, da una parte, e alla famiglia Polignac, dall'altra, potessero uscire vivi dal Terrore mi è sempre sembrata, in ogni caso, totalmente assurda.

***Dalla Bibbia (Esodo 12). Il decimo flagello d'Egitto: il Signore, la notte, passò di casa in casa facendo morire tutti i primogeniti, ma riconoscendo, e risparmiando, quelle degli Israeliti perché avevano sporcato le architravi e i montanti delle porte con il sangue degli agnelli sacrificati.

   
 
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