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Autore: CJ only    24/07/2015    0 recensioni
B.R.O.Q. Brevi Racconti di Orrori Quotidiani è una raccolta di storie di vite vissute; drammi comuni, affrontati da persone ordinarie. Vessazione è il terzo capitolo e narra la storia di una ragazza molto bella che attira su di sé le attenzioni assidue e non gradite di Valter...
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il fragore di un tuono mi sveglia di soprassalto!
Guardo la sveglia: sono le 07.35. Fortuna che oggi è sabato e posso dormire di più; mi butto il piumone sulla testa e mi crogiolo ancora un po’ tra le lenzuola calde. E’ così bello restare a letto quando fuori impervia il temporale!
E poi la testa mi rimbomba ancora per la musica assordante di ieri sera.
House, la chiamano. A me sembrava un baccano totale! Ad ogni modo, Clelia ed io ci siamo adattate e abbiamo ballato tutta la notte.
Certo che era proprio un postaccio: il centro della pista, se così si poteva chiamare, era pieno di ragazzi, che mettevano in mostra muscoli e tatuaggi, e di ragazze, con gonne più corte della mia cintura e magliette scollate fino all’ombelico, che ballavano - o meglio si muovevano con foga - al ritmo di quella musica martellante. Attorno, invece, c’erano un sacco di uomini, giovani e meno giovani, che studiavano quanto avveniva in pista, come se stessero scegliendo della merce da acquistare. Avevo in mente solo una parola per definire il tutto: squallido.
Ci siamo andate solo per far contenta Fabiana che voleva raggiungere il suo compagno. Lui e i suoi amici sì che erano di casa: erano tutti super palestrati e lampadati, con magliette aderenti e ridicoli jeans a sigaretta. Tutti tranne uno. Pallido, emaciato, in giacca e cravatta, differiva completamente dagli altri anche nei modi. I primi villani, lui educato e gentile.
Ci ho messo poco a sentirmi addosso gli occhi degli “avvoltoi”, ma ci sono abituata: ho un gran bel fisico e lunghi capelli neri e occhi azzurri completano la mia figura, rendendomi spesso oggetto delle attenzioni dell’altro sesso (e a volte anche del mio)!
Fortuna che Clelia ed io abbiamo incontrato un gruppo di trentenni capitato lì per sbaglio. Uno era proprio carino, mi sarebbe piaciuto approfondire la conoscenza, ma non è mia abitudine dare il mio numero al primo incontro.
Però siamo a Natale e l’idea di passare le feste da sola mi deprime.
Ho chiuso la mia ultima relazione la scorsa settimana. Ho raggiunto il record dei tre mesi, e Clelia mi ha presa in giro! Sono fatta così: mi innamoro facilmente, lanciandomi letteralmente in una storia, poi il fuoco arde completamente e in breve tempo la passione scema e rimane solo la cenere. A quel punto tronco ogni relazione. Non sono molto fiera di questo, ma mi giustifico con la classica frase “forse non ho ancora trovato la persona giusta!”.
Ripensando a quel bel ragazzo dall’abbigliamento casual, capelli scompigliati sulla fronte alta, occhi scuri che vagano distrattamente sulla folla, come alienato dal mondo intero, mi riaddormento.
Alle 08.15 vengo svegliata nuovamente. Ma stavolta dallo squillo del telefono.
La mia mente inizia a pensare vorticosamente.
Chi mi chiama a quest’ora del mattino? Spero non sia successo niente di grave!
Numero sconosciuto.
«Pronto?» rispondo con la voce ancora rotta dal sonno.
Ma dall’altro capo del filo non mi giunge nessun suono.
«Pronto?» ripeto. Ma ancora nessuna risposta.
Riaggancio, innervosita. Non amo svegliarmi così. Adesso mi resterà addosso per tutto il giorno questa brutta sensazione!
Mi dirigo in bagno ed apro il rubinetto della doccia. Magari il getto dell’acqua mi aiuterà a scogliere un po’ il nervosismo. Niente da fare.
Dopo essermi infilata una tuta comoda ed aver asciugato i miei lunghi capelli corvini, mi preparo una tazza di tè bollente. Speriamo che almeno questo mi sia d’aiuto!
Sto per sciacquare la tazza, quando il telefono riprende a squillare. Sempre numero sconosciuto.
«Pronto?» rispondo in tono secco.
«Tamara?» mormora una voce maschile.
«Sì. Chi parla?» chiedo, non riuscendo ad identificare il mio interlocutore.
«Ciao. Sono Valter, ci siamo conosciuti ieri sera al GorkyPark» afferma.
Ci penso un po’ su, ma lì per lì non riesco a ricordare nessun Valter. Ho conosciuto parecchi ragazzi, ma non ho dato il mio numero di telefono a nessuno di loro.
«Scusa, non riesco a ricordare.» dico, un po’ sulle spine «Come hai avuto il mio numero?» gli chiedo diretta.
«Da Mirco.» risponde in tono scontroso.
Mirco! Il ragazzo di Fabiana, la nuova stagista! Ma come gli è venuto in mente di dare il mio numero ad uno sconosciuto?!
«Ah. E come mai ti ha dato il mio numero?» domando ancora, sempre in tono poco cordiale.
«Volevo parlarti.» risponde, abbassando la voce ad un sussurro.
«Beh, dimmi.» lo sprono, iniziando a provare una sensazione fastidiosa all’attaccatura dei capelli.
Questo tizio mi ispira poco di buono. Dev’essere uno dei cascamorti con cui stava Mirco ieri sera!
«Dobbiamo vederci,» mormora «potremmo prendere un caffè insieme.» propone.
«Mi spiace, ma oggi non posso proprio. Di che cosa devi parlarmi?» insisto.
«Va bene, come vuoi.» sbotta, prima di interrompere bruscamente la comunicazione.
Questa storia non mi piace.
Non sono passate nemmeno due ore che il telefono riprende a squillare.
«Pronto?» rispondo.
«Ciao Tamara, sono io.» risponde la voce all’altro capo del filo. Mi parla come se ci conoscessimo da una vita. Ma chi si crede di essere?
«Io chi?» domando, fingendo di non averlo riconosciuto.
Lui riaggancia.
Credo di essermi liberata di lui, grazie al mio atteggiamento scontroso, ma mi sbaglio.
Dopo pranzo il telefono riprende a squillare.
«Pronto?» rispondo cercando di sembrare veramente molto seccata, per scoraggiarlo.
«Non vedo l’ora di stringerti tra le braccia.» mormora lui in un sussurro.
La sola idea mi mette i brividi. Ma chi è sto tipo e cosa vuole da me?
«Non penso che avverrà molto presto.» borbotto e chiudo la comunicazione.
In serata Valter chiama ancora.
Quando rispondo, sento il suo fiato rimbombarmi nell’orecchio.
«Vorrei essere là con te, stringerti tra le braccia, baciarti…» mormora.
«Senti, forse non sono stata chiara. Non sono interessata! Smettila di telefonarmi.» esclamo prima di riagganciare.
Ma nemmeno la mia sfuriata sortisce grandi risultati.
Non manca molto a mezzanotte che Valter richiama.
«Volevo solo augurarti la buonanotte… già ti immagino, nuda tra le lenzuola…» sussurra roco.
Senza rispondergli, termino la conversazione.
 
Oggi è lunedì, la vigilia di Natale. Valter chiama in continuazione da sabato. A volte non parla nemmeno, sento solo il suo respiro pesante al di là della cornetta.
Non ho voglia di stare da sola, così ho chiesto a Clelia di passare la giornata insieme.
Clelia è la mia migliore amica. Abbiamo fatto le scuole dell’obbligo e le superiori insieme e inoltre abbiamo avuto la fortuna di trovare lavoro nello stesso ufficio.
Dovrebbe arrivare a momenti. Scosto la tenda della finestra, per guardare se sta arrivando e noto un ragazzo seduto su una delle panchine del parchetto. Non c’è nessun altro. Solo lui. Non ha un cane, non ha bambini, non ha compagnia. E fa un freddo pinguino. Che ci fa là da solo?
La brutta sensazione all’attaccatura dei capelli si fa sentire nuovamente.
Il citofono suona ed io sobbalzo. Sto diventando troppo ansiosa.
Apro il cancello a Clelia e, mentre aspetto che sale, metto il bollitore sul fuoco: in una giornata così fredda, un buon tè è proprio quello che ci vuole.
«Ciao!» mi saluta pimpante. Il sorriso a trentadue denti che le riempie il viso sottile può significare solo una cosa.
«Hai un nuovo ragazzo?» le chiedo, conoscendo già la risposta.
«L’abbiamo conosciuto al GorkyPark.» annuisce «Ricordi i ragazzi con cui abbiamo ballato? Ho rincontrato il biondo ieri sera al Café Diem. Che coincidenza!» mi racconta «Si chiama Emilio.»
Lo ricordo bene. Sembrava molto simpatico, aveva un gran sorriso stampato sul viso.
«Incontri la stessa persona nel giro di tre giorni e non ci trovi nulla di strano?» le chiedo scettica.
«Quel Valter ti sta facendo dare i numeri. Emilio abita a due isolati dal Carpe Diem. Ha detto che ci va spesso. E a giudicare dalla confidenza che aveva con il barista, dev’essere vero.» ribatte.
Forse ha ragione lei: mi sto facendo condizionare troppo.
In quella, lo squillo del telefono ci interrompe.
«Pronto?» rispondo in tono acido dopo aver letto “numero sconosciuto” sul display.
Attendo qualche secondo prima di riagganciare.
«Era lui?» chiede Clelia torva «Dovresti chiamare i carabinieri.» continua poi, senza attendere risposta.
«Per dir loro cosa? Che un ragazzo conosciuto in disco mi telefona in continuazione?» replico cupa.
«Sì, esatto. Lo sai che è perseguibile per legge?» insiste Clelia, fissandomi intensamente.
E ancora il telefono.
Sto per rispondere, ma Clelia è più veloce di me. Prende il cellulare dalle mie mani e preme il tasto di risposta, rimanendo in silenzio.
«Pronto?» sento gracchiare una voce all’altro capo del filo.
«Sei Valter?» chiede lei. Alla risposta affermativa del suo interlocutore continua «Se non la smetti di assillare Tamara con le tue telefonate, avvisiamo le autorità.» lo minaccia prima di riagganciare.
«Adesso vediamo se ha il coraggio di rifarlo.» mi dice poi, con un mezzo sorriso.
Ma il telefono riprende a suonare.
«Pronto?» Stavolta rispondo io.
Il respiro di Valter ormai mi è familiare. Riaggancio.
«Temo non sia servito a nulla.» mormoro, delusa.
«Mi spiace… Davvero, se vuoi ti accompagno io dai carabinieri!» mi propone.
«Lasciamo passare le feste, d’accordo?» annuisco.
Beviamo il tè in silenzio, l’atmosfera rovinata dal continuo vibrare del mio telefono, al quale ho tolto la suoneria per esasperazione.
Valter continua a telefonare tutto il giorno e parte della notte, ma io non rispondo.
La mattina di Natale, mi alzo e mi preparo per andare a pranzo da alcuni lontani parenti, ma mentre sto per uscire noto una busta sotto la porta. La prendo con mano tremante e la apro.
Poche parole hanno il potere di gelarmi il sangue nelle vene.
“Buon Natale, mia cara Tamara. Valter”
Questo significa non solo che sa dove abito, ma che è stato qui! Sento il cuore battermi vorticosamente nel petto. Ho il fiato corto; il riflesso dello specchio all’ingresso mi rimanda un’immagine che non riconosco come mia: il viso pallido, gli occhi spalancati, in preda al terrore, la mano che copre parte del viso, come ad impedire alle mie labbra di urlare… Controllo il chiavistello alla porta e mi siedo sul divano, tesa, fissando l’uscio, come se aspettassi che qualcuno lo varchi da un momento all’altro.
Il telefono vibra ed io emetto un piccolo grido.
Ma stavolta è mio cugino Antonio.
«Hey, Tam. Che fine hai fatto? Ti stiamo aspettando!» mi investe euforico.
«Scusa, Antonio. Ho avuto un imprevisto. Non riesco proprio a venire oggi!» dico, mortificata.
«Ma come? Non ci vediamo mai, non riesci proprio? Va tutto bene?» s’informa in tono gentile.
«Sì, sì. Tranquillo.» mento per non farlo preoccupare «Cercherò di venire a trovarvi presto.» aggiungo.
Interrompo la comunicazione e continuo a fissare la porta.
E poco dopo il telefono riprende a squillare. Rispondo automaticamente, senza nemmeno pensare.
«Hai ricevuto il mio biglietto?» mormora Valter «Avrei voluto darti il mio regalo, ma non hai risposto al telefono.» mormora rauco.
Riaggancio.
Il telefono riprende a vibrare, ma lo getto lontano da me.
Dei passi nel pianerottolo mi fanno tremare, ma è solo il mio vicino di casa. Perché reagisco così? Perché mi fa tanta paura? È solo un idiota che mi telefona in continuazione. Devo calmarmi.
Nonostante il mio cervello cerchi di farmi ragionare, resto immobile sul divano fino a sera.
Il telefono ha smesso di vibrare un’ora fa, scarico. Ancora sotto shock, vado in cucina per prepararmi qualcosa da mangiare, quando suona il citofono.
Non posso rispondere. Non ce la faccio.
Guardo dalla finestra, ma da qui il cancello d’ingresso non si vede. Attraverso l’atrio e scosto lievemente la tendina della sala.
È Clelia. Tiro un sospiro di sollievo e le apro.
Aspetto che sia davanti alla porta prima di togliere il chiavistello.
«Ciao.» mi saluta mentre mi consegna un pacchetto natalizio e toglie il cappotto «Ho sentito tuo cugino Antonio per gli auguri e mi ha detto che non ti sei fatta vedere. Cos’è successo?» chiede preoccupata.
Senza parlare, dato che ho la voce in gola, le consegno il biglietto di Valter.
Intanto scarto il suo regalo e rimango interdetta: è un completino intimo piuttosto audace.
«Maledizione!» sbotta adirata «Adesso sta esagerando. Quello non è mio.» afferma indicando la lingerie.
Come se mi fossi scottata le dita, lascio andare il dono che ho tra le mani, fissandola spaventata.
«Tam, non puoi lasciarti condizionare così da un malato di mente. È un maniaco! È quello che vuole, stai facendo il suo gioco. Fregatene e vedrai che la smette. Oppure andiamo dai carabinieri.» insiste.
«Sì, hai ragione.» annuisco. Raccolgo gli slip da terra e li getto nell’immondizia.
Clelia prepara qualcosa di caldo da mangiare e sediamo a tavola.
 
Nonostante le mie speranze, la situazione non cambia.
Valter continua a chiamare, io a non rispondere.
Finite le feste, rientro in ufficio e la prima cosa che faccio è prendermela con Fabiana.
«Mi spieghi come cavolo ha fatto Mirco ad avere il mio numero?» l’aggredisco.
«Hey, calmati. Me l’ha chiesto perché un tizio si è preso una sbandata per te e l’ha pregato di procurarglielo.» risponde facendo spallucce.
«Ma non ti sei posta il problema che magari io non volessi farglielo avere?» continuo, accalorata.
«Beh, so che non stai con nessuno…» inizia a mettersi sulla difensiva.
«E questo ti autorizza a dare il mio numero di telefono a chiunque? Lo sai che quel malato di mente mi sta perseguitando?» sbotto, sull’orlo delle lacrime.
«Dai, non esagerare! Voleva solo chiederti di uscire!» butta là, come se fossi matta.
«Non sta esagerando! La chiama in continuazione, giorno e notte!» interviene Clelia.
«Cosa? Non ci credo!» Fabiana scuote la testa, perplessa.
«Dimmi chi è» le chiedo ad un tratto. In tutta questa storia, ancora non ho capito con chi ho a che fare.
«Beh… a dire il vero non lo so. Mirco non me l’ha detto.» mormora in tono leggero.
«Accidenti Fabiana! Davvero non sai chi sia? E gli hai dato il numero e l’indirizzo di Tamara?» sbotta Clelia sgomenta.
Tania e Lara, altre nostre colleghe, ci fissano esterrefatte.
«Ragazze, abbassate la voce prima che entri qualcuno.» ci consiglia Tania.
Lavoriamo insieme ormai da tempo, a parte Fabiana che è con noi solo da pochi mesi, e Tania non capisce quanto io sia agitata e perchè?
«Io vado a casa!» annuncio, scocciata. Prendo la borsa e lascio l’ufficio.
Ma anche qui mi aspetta una brutta sorpresa. La porta di casa è aperta.
Entro lentamente, guardando in ogni stanza, ma non c’è nessuno. Controllo se manca qualcosa, ma sembra tutto a posto. Possibile che io abbia dimenticato di chiuderla? Mi chiedo.
Il telefono squilla ininterrottamente tutto il giorno, tra l’ufficio, Clelia e, ovviamente, Valter.
Rispondo solo a Clelia. In fin dei conti siamo amiche da una vita. Anzi, è la sola vera amica che ho.
Nel pomeriggio, esco per buttare la pattumiera e noto ancora quel ragazzo seduto da solo sulla panchina. Non l’ho mai visto prima, non mi sembra uno dei ragazzi incontrati in discoteca, ma mi sta fissando! Mi innervosisco e decido di chiamare i carabinieri, convinta che sia Valter.
Sto per digitare il numero, quando succedono due cose contemporaneamente. Il mio telefono inizia a vibrare – e quel ragazzo non sta parlando al telefono – e una macchina si ferma poco lontano da lui, che si alza e sale a bordo.
Sospiro profondamente. Stavo per chiamare i carabinieri per niente: aspettava solo che lo venissero a prendere. Che stupida!
Rientro in casa, chiudo per bene la porta e mi accoccolo sul divano al buio. Devo cercare di calmarmi.
 
Passa il tempo e la situazione precipita.
Ho paura ad uscire di casa. Negli ultimi giorni mi sono sentita pedinata.
E poi ho trovato altri biglietti sullo zerbino.
Clelia mi ha detto ancora di avvisare le forze dell’ordine. Ho deciso di seguire il suo consiglio: domattina verrà a prendermi e mi accompagnerà dai carabinieri; io da sola non me la sento.
Passo davanti alla finestra della sala e vedo un’ombra scura nel parcheggio sotto casa. Sembra un uomo, ma non ne sono certa. È magro, alto e sta fumando.
Di nuovo mi assale una brutta sensazione all’attaccatura dei capelli.
È troppo magro per essere uno degli amici di Mirco; e poi è ben vestito.
Cerco di lasciar perdere, magari mi sto solo lasciando trasportare dalla fantasia.
Mi preparo la cena, rassetto la cucina e guardo un po’ di tv.
Dopo qualche ora però, quel tipo è ancora là. Mentre lo guardo prende il telefono e lo porta all’orecchio. In quello stesso istante, il mio vibra.
Deve avermi notata, perché mi fa un gesto con la mano, come per salutarmi. Chiudo la tapparella e mi nascondo nell’angolo più distante della casa.
Ovviamente non riesco a dormire. Il buio intorno a me mi opprime, ma non voglio accendere la luce!
Ogni rumore è amplificato dal silenzio della notte, anche la vibrazione del telefonino.
Incapace di resistere oltre, dopo l’ennesima telefonata, rispondo.
«BASTA» urlo, in preda al panico «Lasciami stare! Ti prego.» lo supplico poi.
Ma dall’altro capo dl filo sento solo un respiro affannato. Riaggancio, piangendo disperata.
La notte sembra non finire mai, ma finalmente il mattino arriva. E con lui Clelia!
Quando apro la porta, lei mi guarda stupita.
«Che brutta cera! Cos’è successo ancora?» mi chiede.
Le racconto dell’appostamento di Valter sotto casa mia e lei va subito a controllare.
«Non c’è nessuno.» mi tranquillizza «Forza vestiti. Ti porto dai carabinieri. Questa storia è durata anche troppo.» mormora, crucciata.
Faccio una doccia e mi vesto, intanto lei prepara il caffè.
Mentre lo beviamo, il silenzio è carico di tensione, ma io non riesco a parlare e lei non sa cosa dire.
Finalmente pronte, Clelia va alla porta, ma qualcosa non mi torna.
La luce che filtra sotto di essa è ombreggiata da qualcosa, o “qualcuno”.
Non faccio in tempo a dirle di fermarsi: lei ha già aperto l’uscio e Valter la colpisce.
Clelia cade a terra con un tonfo secco.
Io rimango immobile, paralizzata dal terrore.
Valter chiude la porta dietro di sé, e mi si avvicina.
È l’amico strano di Mirco, quello educato! Non l’avrei mai detto.
«Perché mi eviti? Non chiedevo altro che amarti, invece tu mi maltratti.» mormora rauco «Hai addirittura buttato il mio regalo nella pattumiera… ma io l’ho visto nel tuo cestino e l’ho recuperato, così potrai indossarlo per me.» il suo tono è suadente e minaccioso al contempo.
Le lacrime riprendono a sgorgarmi copiosamente dagli occhi, le sento scivolare giù fino al collo, ma non riesco a muovermi.
Lui si avvicina ancora, ormai mi sta proprio addosso. Chiudo gli occhi, nella speranza vana che quest’incubo finisca.
Sento il suo alito sul collo, mentre le sue mani mi afferrano e mi stringono a sé.
Mi spinge sul divano, costringendomi a sdraiarmi e mi schiaccia con il suo corpo. Poi inizia a baciarmi, la sua lingua cerca di farsi strada tra le mie labbra serrate.
«Sei così bella… ho aspettato tanto questo momento… non riesco a capire perché hai fatto tanta resistenza…» mormora tra un bacio e l’altro.
Mentre con una mano mi tiene ferma, mi slaccia il giaccone ed infila l’altra mano sotto la maglia, alla ricerca del seno. La sue dita sono lisce e fredde. I capelli mi si drizzano sulla testa, ma ancora non riesco a reagire.
Poi scende, cercando di farsi strada tra le gambe, ma rimane bloccato dalla cinta dei pantaloni.
Mi libera dalla sua presa ferrea giusto il tempo di slegare il nodo, così vedo il corpo di Clelia riverso in terra e finalmente reagisco. Inizio ad urlare, con quanto fiato ho in gola.
Lui sobbalza, guardandomi incredulo, poi prende un cuscino dal divano, e me lo spinge sul viso, per attutire il mio grido. Faccio fatica a respirare, ma continuo ad urlare.
Intanto lui riesce a farmi scivolare i pantaloni lungo le cosce e mette le sue mani sulla mia pelle calda. Cerco invano di divincolarmi, ma mi è addosso.
La mia reazione lo innervosisce e diventa prepotente. La sua mano pizzica la mia carne delicata e inizia a muoversi freneticamente, graffiandomi.
«Perché fai così? Lasciati andare… non puoi cambiare le cose, tra noi è così giusto!» gracchia tra l’adirato e l’eccitato.
Intanto si è liberato anche dei suoi pantaloni e posso sentire la sua pelle strofinarsi sulla mia.
Poi, con un tonfo, tutto finisce.
Il peso del cuscino diminuisce, e io sono libera di respirare.
Scatto a sedere e vedo il corpo di Valter per terra e dietro di lui Clelia, con in mano una padella.
Ci guardiamo, entrambe con gli occhi pieni di lacrime, e riesco a dire solo una parola.
«Grazie.» mormoro.
Per la prima volta dopo giorni, prendo il telefono di mia spontanea volontà e finalmente compongo il numero dei carabinieri.
   
 
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