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Autore: hanaemi_    25/07/2015    2 recensioni
"[...] i muscoli del viso erano tesi, in una smorfia di concentrazione per far sì che le emozioni, fino a quel momento imbrigliate, guizzassero dalle sue mani allo strumento e si diffondessero nella sala, dando alla melodia quella particolare nota che la rendeva diversa ogni qualvolta veniva ripetuta."
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perfekte Melodie

 

{ Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Austria, Ungheria
Pairing: AusHun
Parole: 711 (grazie a: http://www.freetiamo.altervista.org/index.php/conta-parole.html}


Erzsébet chiuse il libro che era intenta a leggere e alzò la testa, drizzando le orecchie ad ascoltare. Una ovattata melodia giungeva dall’esterno, al di là della grande finestra presso cui si era sistemata per poter usufruire di quelle ultime ore di luce per la sua lettura quotidiana. Di sicuro era Roderich, pensò tra sé l’ungherese, essendo lui l’unico tra i due a passare il tempo chino sul pianoforte, oppure a dedicarsi alla composizione o alla correzione di spartiti.
La musica era la sua passione più grande e lo occupava gran parte del dì, tra una controllata al piccolo Feliciano e una visita nelle stanze della moglie; e se, per un motivo o l’altro, non aveva la possibilità di avvicinarsi al piano, di sicuro in serata avrebbe potuto godere di un qualche concerto da camera o di una pièce di opera.

L’ungherese, messo il segno alla pagina e allisciatasi le piccole pieghe della lunga gonna, in punta di piedi uscì dalla sua stanza e raggiunse il marito nel salone al piano di sotto, fermandosi giusto sulla soglia. Lì, poggiandosi con un fianco allo stipite della porta e incrociando le braccia, lo osservò a lavoro: lo sguardo era attento, preso dal seguire il movimento della dita lunghe e affusolate sui tasti, i muscoli del viso erano tesi, in una smorfia di concentrazione per far sì che le emozioni, fino a quel momento imbrigliate, guizzassero dalle sue mani allo strumento e si diffondessero nella sala, dando alla melodia quella particolare nota che la rendeva diversa ogni qualvolta veniva ripetuta.

Erzsébet, proprio per quella sua capacità così speciale, un po’ ammirava e al contempo invidiava Roderich: perché sì, lei poteva avere tutte le qualità di questo mondo, essere forte, combattiva in battaglia, testarda come poche e dal fiero portamento, ma l’ambito musicale, che tanto la affascinava (un po’ anche per influenza dell’austriaco) ma che tanto era da lei distante, rimaneva per la fanciulla una specie di capriccio che non riusciva a togliersi. Aveva provato in passato a imparare almeno i fondamenti di canto e di piano, con l’aiuto del marito, però era stato tutto vano, non vi era portata: e dire che lo stesso Roderich aveva tentato di rassicurarla all’inizio, spiegandole che non esistevano persone stonate ma solo persone che non sapevano modulare il proprio timbro. Alla fine però, nonostante gli assillanti e continui tentativi di insegnarle la differenza tra un bemolle e un diesis, un giorno il marito si era tolto la montatura sottile dal naso, stropicciandosi gli occhi stanchi, e le si era accomodato accanto sullo sgabello imbottito del pianoforte. Poi le aveva passato un braccio attorno alle spalle, l’aveva stretta a sé e le aveva baciato la tempia, prima di sorriderle teneramente.

“Elsbeth, credo sia meglio rinunciarvi. Non pensi anche tu?”

La giovane abbassò il coperchio della tastiera con delicatezza e annuì, prima di voltare gli occhi smeraldini a incontrare quelli color ametista del consorte.

“Mi dispiace, davvero. Perdonami, mia amata.”
“Oh no, non dispiacerti, sul serio!”
esclamò lei, saltando in piedi e sistemandosi la gonna, prima di esibire un sorriso spensierato. “La mia era pura e semplice curiosità, voleva cercare di capirne di più, di avvicinarmi maggiormente al tuo mondo… sai, giusto per non sentirmi un’estranea quando cominci a parlare con i tuoi amici compositori.”

L’austriaco non seppe come ribadire, arrossendo lievemente per l’imbarazzo dovuto a quella affermazione.
“Non era mia intenzione farti sentire a disagio, Elsbeth. Ti chiedo scusa.”

Poi si schiarì la voce.

“Eppure avresti potuto dirmelo, avremmo potuto trovare una soluzione insieme…”
“Roderich, dai. Dovresti saperlo. Ho l’orgoglio fin troppo forte che me lo ha impedito, anzi, è già tanto se sono riuscita a dirtelo e non a tenerlo ancora per me!”




“Elsbeth?”

Sentendosi chiamare l’ungherese ritornò vertiginosamente alla realtà, mentre le immagini del ricordo appena rimembrato sfumavano dinanzi ai suoi occhi. Scosse la testa, come a ridestarsi da un sogno: l’austriaco aveva smesso di suonare e la osservava dalla sua postazione, voltato però col busto in sua direzione.

“Qualche problema, liebe?”
“Nem, nem, tranquillo.”
lo tranquillizzò, giungendo le mani in grembo e accennando un sorriso gentile, prima di raggiungerlo e sedersi al suo fianco, senza parlare. 

Roderich voltò nuovamente il busto verso lo strumento, guardando con la coda dell’occhio la moglie.

“Sicura?”

Annuì.
“Rod, suona per me.”

Sulle labbra dell’austriaco comparve un accenno di sorriso, mentre le mani già andavano a posizionarsi sui tasti.
“Con piacere, liebe.”

   
 
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