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Autore: one_more_miracle    26/07/2015    2 recensioni
John mi guarda come se non volesse fare nient'altro, mai più, in tutta la sua vita.
Cerco di non corrispondere quella dolcezza, di mantenermi impassibile, ed è come fermare un treno merci a mani nude.
Ma devo farlo. Un altro ingrato miracolo, per te.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: ho un po' di timore reverenziale a pubblicare in questa sezione meravigliosa; in compenso, non mi sono fatta troppi problemi a strapazzare questi adorabili personaggi ingestibili che vanno OOC solo a pensare di scriverli. I quali - disclaimer! - non mi appartengono, non mi fruttano uno scellino, eccetera.
Le frasi riportate all'inizio, come anche il titolo della fic, sono citazioni da Cold Arms dei Mumford & Sons (amori miei).





I guess the truth works two ways
Maybe the truth's not what we need





"Sherlock-"
"Non saltare a conclusioni affrettate, John, quante volte te lo devo-"
"Sta' zitto!"
John serra i denti e prende un respiro furioso.
"Cristo. Ti stai uccidendo, e io dovrei starmene a guardare?"
"Sarebbe alquanto inutile, dal momento che la tua evidente mancanza di spirito di osservazione è al limite dell'offensivo."
John scatta in avanti e mi afferra il colletto della camicia. Parla ad un soffio dal mio viso, tremando per la rabbia che gli intasa le vene.
"Chiudi quella bocca. Per una volta. Non prendermi per il culo."
"Stai sbagliando tutto" sibilo, frustrato, quasi sulle sue labbra.
John lascia bruscamente la presa sul colletto e mi afferra il braccio sinistro; oppongo una resistenza passiva quando arrotola in fretta, nervosamente, la manica della camicia fino a scoprirmi l'avambraccio. Non c'è traccia di quella cura da amico e da medico che permeava i suoi gesti anche quando mi disinfettava un graffio.
"Vuoi farmi credere che questi segni sono decorativi?" chiede, tagliente, contenendo faticosamente il tremito della propria voce. "Oppure servono per ricordarti dove mettere quei tuoi fottuti cerotti alla nicotina? No, aspetta, fammi indovinare: è per un caso, vero?"
Trattiene il mio braccio, senza darmi tempo di replicare.
"Sherlock, Dio, hai idea di come sei ridotto? Ti sei guardato allo specchio? Tremi, hai due occhi gonfi e rossi che non oso pensare a quanto tu ti sia spinto oltre con quello schifo."
Deduzione errata. Stai adattando gli indizi per raggiungere una conclusione preconcetta, e ti lasci depistare anche se hai le competenze per smentirli. Non consideri l'opzione più semplice. Cosa ti ho insegnato? Rasoio di Occam.
"Smetti di stringermi il braccio, John. Si tratta di un esperimento, mi sono prelevato dei campioni di san-"
"Abbi la decenza di non negare" ringhia John, lasciandomi. "Sono un cazzo di medico, oltre che il tuo migliore amico."
Ma non osservi, come sempre.
John chiude gli occhi e si passa una mano sul viso.
"Non riesci neanche a dirmi la verità."
La verità, John? È troppo tardi per la verità.
"Credevo che avessi smesso. Sherlock, mi avevi promesso-"
Non è della verità che hai bisogno.
"John, ho perfettamente sotto controllo quello che faccio. Devi smettere di preoccuparti."
John mi guarda disarmato. La rabbia esausta gli cola via dal viso e lascia il campo ad un dolore così evidente ed incredulo che, per quanto fosse previsto, mi fa saltare un battito e mi secca la bocca.
"Sherlock, io... ci sono sempre per te. Dimmi che lo sai."
Smetterai mai di farmi male?
Forzo un sorriso.
"Sì, lo so."
John mi guarda come se non volesse fare nient'altro, mai più, in tutta la sua vita. Cerco di non corrispondere quella dolcezza, di mantenermi impassibile, ed è come fermare un treno merci a mani nude.
Ma devo farlo. Un altro ingrato miracolo, per te.
John sospira, pallido. Raddrizza impercettibilmente le spalle, indurisce appena lo sguardo.
"Mary si chiede perché non vieni mai a trovarci. Promettimi che passerai."
"Lo farò, se vuoi."
"Vieni a cena una di queste sere."
Parla con goffa cautela, come se quelle parole banali gli ferissero la bocca.
Lo sto facendo per te, John. Non soffrire. Non soffrire.
John scende le scale e io volto le spalle alla porta.
Stringo i denti per trattenere un ringhio di frustrazione appena sento gli occhi farsi di nuovo lucidi.

"Sherlock."
John è seduto sulla propria poltrona. Indossa un maglione marrone a strisce bianche che ha buttato via ben prima del matrimonio.
Dalla porta del salotto arriva, come una dolorosa eco, la voce di John, proveniente da un'infinità di ricordi stipati in un numero sterminato di stanze lungo il corridoio.
Non ora.
Chiudo con forza la porta e prendo posto sulla mia poltrona.
"John, ho fatto la cosa giusta."
Lui sospira, leccandosi le labbra secche.
"Ho creduto davvero che avessi ricominciato con la cocaina. Non hai idea di quanto mi hai fatto stare male."
Prendo un respiro profondo.
"Ti sei sposato. Hai una famiglia che non sono io."
"Ma io credo di amarti, Sherlock. Basterebbe che tu me lo consentissi."
"Lo so. È questo il punto."
Sbatto le ciglia per dissipare un velo di lacrime.
"Tremavo, sì... Anche tu tremavi, e non c'entrava la droga. Tu non osservi, non osservi mai niente. Ho gli occhi devastati perché ho passato giorni interi a piangere dopo il tuo matrimonio, ma come potevo dirtelo?"
"Non dirlo come se fosse fatalità. Hai sempre una scelta."
Scuoto la testa.
"Non potevo dirti che da quanto mi manchi credo di impazzire. Non posso sbatterti in faccia il fatto che ti amo, quando non hai ancora digerito il pranzo di nozze. Non posso prenderti e basta, schiacciarti contro il muro delle prove e baciarti come se fossi mio, e morderti il collo fino a lasciare il segno dei denti, stringerti i fianchi, accarezzarti la schiena - perché è questo che voglio fare, ma ho una paura folle di farti soffrire, se solo tu, adesso, mi vuoi la metà di quanto ti desidero io."
Sono stordito dalle mie stesse parole, che nel Mind Palace fuoriescono con l'immediatezza del pensiero.
"E poi sei stato impulsivo. Sei un medico: dovevi capire che non ero sotto cocaina - ma no, dovevi farti prendere dalla paura, dai sentimenti! Stupido, stupido John."
John continua a guardarmi.
"La tua soluzione, Sherlock, è soffrire in silenzio? Credi sia questo il meglio per me?"
Affondo le dita nei braccioli della poltrona.
"Sono sempre stato un bastardo egoista, e in generale credo di esserlo ancora. Ho sempre calcolato freddamente le mie azioni senza alcun riguardo per chi mi circondava."
Esito, la gola di nuovo fastidiosamente annodata.
"Adesso amo una persona. Da quando ti amo, John, è tutto diverso."
"Ma se io volessi che finisse bene, tra noi due? Perché non ci meritiamo l'opportunità di una vita insieme? Dove abbiamo sbagliato?"
"Qui nel Mind Palace, fai sempre le domande giuste."
Sento un sorriso piegarmi le labbra, mentre ricomincio stancamente a piangere.
"Tu hai già fatto la tua scelta. Adesso puoi solo fidarti di me. Ti fidi di me, John?"


   
 
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