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Autore: Nana_EvilRegal    28/07/2015    4 recensioni
E se Regina non avesse mai lanciato il sortilegio?
Come sarebbe stata la vita nella Foresta Incantata?
Chi sarebbe sopravvissuto e chi no?
Dal testo:
Emma si guardò allo specchio e, forse per la prima volta, vide una vera principessa. I riccioli biondi le cadevano sulle spalle e le circondavano il volto. Il corpetto le stringeva il petto e faceva sembrare il suo seno più grande di quanto era realmente. Il rosa pastello del vestito si intonava perfettamente alla sua pelle chiara e le risaltava gli occhi verdi. [...] Essere una principessa era difficile, più di quanto in molti avrebbero potuto pensare.
Lo era in particolar modo per lei.
Da quando la nemica giurata di sua madre aveva deciso di vendicarsi anche con lei senza un vero motivo usciva a malapena da lì. Era quello il motivo per cui le tremavano le gambe mentre scendeva le scale e si avvicinava all’uscita.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sì, vendetta, tremenda vendetta
Di quest’anima è solo desio…
Di punirti già l’ora s’affretta,
Che fatale per te tuonerà.
Come fulmin scagliato da Dio
Il buffone colpirti saprà.
_Rigoletto
 
Emma si guardò allo specchio e, forse per la prima volta, vide una vera principessa. I riccioli biondi le cadevano sulle spalle e le circondavano il volto. Il corpetto le stringeva il petto e faceva sembrare il suo seno più grande di quanto era realmente. Il rosa pastello del vestito si intonava perfettamente alla sua pelle chiara e le risaltava gli occhi verdi. Allontanò lo specchio dal viso e uscì dalla sua stanza. La stessa di quando era piccola. L’aveva vista cambiare negli anni, ma, in fondo, era rimasta sempre la stessa. Era affezionata alla camera quasi quanto lo ero all’intero palazzo.
Essere una principessa era difficile, più di quanto in molti avrebbero potuto pensare.
Lo era in particolar modo per lei.
Da quando la nemica giurata di sua madre aveva deciso di vendicarsi anche con lei senza un vero motivo usciva a malapena da lì. Era quello il motivo per cui le tremavano le gambe mentre scendeva le scale e si avvicinava all’uscita. Sapeva che c’era la carrozza ad aspettarla e non avrebbe dovuto fare soste prima dell’arrivo nella residenza estiva della sua famiglia, ma aveva comunque paura. Aveva imparato che Regina era in grado di fare qualsiasi cosa pur di distruggere la felicità della sua famiglia.
 
- Alla fine l’ho capito: la mia vendetta non è la tua morte o, almeno, non solo. Prima devo farti soffrire. Farti soffrire così tanto da desiderarla, la morte. Solo in quel momento sarò in grado di ucciderti e così potrò, finalmente, essere felice- il sorriso sul volto della donna la spaventava e le faceva venire i brividi, ma cercò di non farlo vedere. Era piccola, aveva solo cinque anni ed era protetta dalla madre, ma non sarebbe durata per sempre.
- Non ci riuscirai, come non ci sei mai riuscita Regina. Quanto pensi che dovrà continuare tutto questo? Non è passato abbastanza?- la donna stretta nel corsetto nero rise. La sua risata risuonò nella foresta, in mezzo ai rami degli alberi. Emma avrebbe voluto piangere, ma non lo fece. Aveva imparato dai suoi genitori ad essere forte.
Doveva essere forte.
- Finirà quando lo deciderò. Quando, finalmente, potrò essere felice e non dovrò più vedere la tua faccia- la piccola sentì la madre irrigidirsi e sentì la sua mano toccarle la testa in maniera protettiva. Anche lei aveva paura, la bambina poteva sentirlo.
Anche Regina sentiva che era spaventata e se ne compiaceva.
Aveva notato i suoi movimenti e non aveva potuto far a meno di sorridere. Si buttò la lunga coda dall’altro lato dal petto poi si avvicinò a Biancaneve e alla figlia. Continuava a sorridere e la piccola Emma si nascose ancora di più dietro le gambe della madre. Regina sembrò non farci caso e si avvicinò alla sua nemica di sempre.
- Sta lontana da noi- la donna dai capelli castani urlò e la sua mano corse alla spada. Bastò un solo, minuscolo, gesto da parte dell’altra per bloccare gli arti di entrambe. Continuò ad avvicinarsi al punto che le fronti delle due nemiche quasi si sfioravano.
- Inizierò con lei- sussurrò prima di scomparire ridendo.
 
Quel ricordo la perseguitava ogni volta che metteva piede fuori.
- Emma- la voce limpida di sua madre risuonò nel grande atrio. Lei si voltò sorridendole e cercando di nascondere la preoccupazione.
Erano entrambe preoccupate.
Lo erano sempre.
Regina sembrava aver perso tutte le battaglie in quegli anni, ma poteva ancora vincere la guerra.
Le due donne si abbracciarono. La bionda chiuse gli occhi lasciandosi cullare dal tocco rassicurante della madre. Una mano le sfiorò i capelli. Riconobbe il tocco di suo padre. Si allontanò sorridendo ai due senza, però, dire una parola per paura che sentissero la sua voce tremare. Uscì respirando l’aria fresca della radura intorno. Salì i due gradini che la portarono dentro la carrozza aiutata dal padre. Poco dopo la sentì partire. Teneva lo sguardo fisso verso l’esterno. Gli alberi che passavano e le persone a piedi l’affascinavano. Aveva sentito molte volte sua madre raccontare della sua vita da fuorilegge e si era trovata più volte a sognare una vita simile per lei. La vita monotona a palazzo spesso la annoiava.
L’avventura.
La sognava, ne sentiva parlare, ma, in fondo, non l’aveva mai provata sulla sua pelle.
Le amicizie fuori dalla stretta cerchia dei reali.
L’amicizia vera.
Con persone vere e con problemi concreti.
Senza vite perfette.
Erano tante le cose per cui li invidiava.
Conosceva bene la strada che avrebbero percorso e per quel motivo quando sentì la carrozza deviare si spaventò non poco.
C’era qualche problema per strada. Hanno solo deciso di farne un’altra.
Cercò di auto convincersi di quella spiegazione. Avrebbe potuto chiedere di fermarsi per avere una reale motivazione e smettere di preoccuparsi, ma non lo fece. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi lasciandosi cullare dai movimenti della carrozza e dal rumore dei cavalli.
 
Riaprì gli occhi solo sentendo la carrozza fermarsi. Tenere gli occhi chiusi l’aveva calmata. Guardò fuori.
Non era lo spettacolo che si era aspettata.
Il castello nero in cui era stata esiliata la Regina Cattiva non era poi così lontano.
Il cuore iniziò a batterle velocemente.
Il respiro si fece corto.
Si sentiva tremare le gambe anche se era seduta.
Anche le mani tremavano.
 
Era nella radura davanti al castello. Stava cavalcando. Adorava stare sulla sella di quel suo cavallo bianco. Le piaceva anche prendersi cura in prima persona del suo destriero. La maggior parte delle principesse che conosceva era disgustata anche solo dall’idea e lasciava fare tutto agli stallieri. Lei no. Le ricordava i giorni passati nelle stalle con suo padre ad ascoltarlo parlare e ad aiutarlo. In molte la consideravano strana perché non era la classica principessa viziata. Non per quelle cose, almeno. I suoi pensieri vagavano tra ricordi e future speranze mentre guardava l’erba davanti a sé. Non riusciva a far a meno di sorridere. Era sola perché i suoi genitori erano impegnati nelle loro “cose da grandi” e lei nei suoi sette anni ne era esclusa. In realtà con lei c’era uno dei servitori che abitavano a palazzo, ma lei nemmeno ci faceva caso. Le sembrava di essere davvero sola e libera di fare quello che voleva.
Vivere tutte le avventure di cui aveva voglia.
Improvvisamente sentì come un tonfo. Fermò il cavallo e si guardò intorno. Vide un corpo steso a terra e il suo cuore perse qualche battito. Sapeva che doveva scappare. Si rendeva conto che sarebbe stata la cosa migliore da fare. La paura la bloccò. Non riusciva a muoversi. Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Cercò di calmarsi e scese da cavallo. Strinse le briglie tra le mani e lo riportò dentro la stalla poi uscì di nuovo. Andò a sedersi accanto all'uomo che aveva il compito di vegliare su di lei. Pochi istanti dopo vide una nuvola di fumo viola poco distante e si maledisse per non essere scappata prima. Avrebbe dovuto immaginarlo. Si alzò velocemente e iniziò a correre verso il bosco. Non era poi così lontano.
Ce l'avrebbe fatta.
Doveva farcela.
Il suo cuore batteva veloce come mai e il respiro iniziava a farsi pesante. Sapeva che Regina era già comparsa dove poco prima aveva visto il fumo, ma sperava che non l'avesse vista dato che aveva svoltato seguendo le mura cercando di nascondersi. Aveva allungato leggermente la strada per il bosco, ma almeno era coperta. Si tranquillizzò, ma non rallentò il passo. Non sentiva rumori dietro di lei, ma questo non voleva dire che la nemica di sua madre non sapeva dov'era. Arrivò al bosco, si voltò indietro e non vide nulla, ma l'adrenalina non le permise di fermarsi.
- Allora ti sei divertita a correre?- la piccola neanche se n'era accorta e aveva rischiato di sbattere contro la gonna rossa di Regina che le era apparsa davanti. Evidentemente si era solo divertita a farle credere di avere un vantaggio o di aver vinto.
- Come... Come hai fatto?- aveva il fiatone, ma cercava di tenere la voce ferma come per non far capire all'altra che era spaventata. Regina questo già lo sapeva.
- Pensavi davvero che correre sarebbe bastato? Ma tranquilla: non voglio farti del male- la mora sorrise e fece un passo verso la bambina che indietreggiò.
- Ti ho sentito dire a mia mamma che mi avresti uccisa solo per farla soffrire- il suo respiro stava tornando normale. Stava cercando di imitare la fermezza e la sicurezza di sua madre, ma sentiva le lacrime lottare per scendere lungo le guance. In fondo, aveva solo sette anni.
- Sì, è vero, gliel'ho detto, ma oggi voglio solo vedere come è cresciuta mia nipote- Emma non avrebbe saputo dire cosa aveva provato sentendo quella frase e guardando l'espressione sul volto dell'altra. Sentì le sue gambe dirigersi verso la donna. Il suo cervello le urlava di allontanarsi, chiamare qualcuno, ma il suo corpo non le rispose.
- Non sei mia nonna. Non potrei mai considerarti tale- il volto di Regina si incupì leggermente. Lei sapeva che era più che altro scena, ma la bambina non sembrava accorgersene. La piccola bionda si ritrovò ai piedi della donna che, per quanto non fosse altissima, sembrava davvero imponente. Questa si chinò in modo da vedere nei piccoli occhi verdi di Emma il suo riflesso. Sorrise poi prese tra le mani una ciocca dei suoi capelli.
- Sei davvero molto carina- la bionda sorrise. Riceveva spesso complimenti, ma quello le sembrò più bello di tutti gli altri.
- Emma!- alle orecchie di Regina giunse la voce di James. La piccola sembrò tornare in sé e voler scappare. Non aveva tempo. La prese in braccio e si fece avvolgere dalla solita nuvola viola.
 
La porta della carrozza si aprì e uno dei cocchieri le disse che c'era un problema per strada e che non sapeva quanto tempo ci sarebbe voluto per risolverlo. Poco lontano c'era un villaggio e la ragazza decise che avrebbe trascorso lì un po' di tempo. Aveva la possibilità di vedere quello che per sua madre era stata quotidianità per anni. Richiuse lo sportello della carrozza e sfilò una borsa che aveva nascosto sotto il sedile. Aveva imparato a cambiarsi velocemente nonostante i corsetti stretti. Si levò l'ingombrante vestito rosa troppo da principessa per addentrarsi in un villaggio come una persona qualunque. Si infilò un paio di pantaloni stretti marroni, il corsetto verde e la giacca lunga bianca. Erano vestiti molto simili a quelli della madre. Aveva un paio di stivali senza tacco a cui non era abituata. Si aprì la porta e uscì quasi correndo sentendo l'aria schiaffeggiarle il viso. Era una sensazione di libertà che aveva sentito poche volte. Vide il piccolo villaggio avvicinarsi e rallentò il passo. Lasciò che il suo respiro tornasse normale poi si infilò nei cunicoli tra le case. Si guardava intorno studiando i movimenti di tutte le persone che incontrava. Si ritrovò incantata a guardare l'interno di una taverna. La porta era aperta. Varie persone erano sedute e altre portavano al tavolo bicchieri pieni. Chissà quante volte sua madre e suo padre erano stati in un posto come quello.
- Forse dovresti entrare- una voce profonda di un ragazzo la scosse e la fece tornare alla realtà.
- Scusa?!- Emma si voltò verso di lui e per un attimo le mancò il fiato. Non si aspettava di certo di trovarsi di fronte un ragazzo simile. Era completamente vestito di pelle. Teneva un braccio dietro la schiena e le sorrideva in un modo che le faceva quasi girare la testa. Si costrinse a chiudere la bocca che le era rimasta spalancata guardandolo facendo sorridere l'uomo.
- Stai guardando l'interno di quel locale da qualche minuto... Potresti entrare- Emma si prese una ciocca dei capelli tra le mani e si sentì rabbrividire. Tutte le volte che lo faceva ricordava la paura che Regina le aveva messo a sette anni. Soppresse quella sensazione e si rigirò la ciocca tra le dita. Il ragazzo aveva ragione, ma lei era comunque restia. In fondo aveva solo sentito dei racconti su posti simili.
- Sì, credo che entrerò- disse alla fine arrossendo leggermente. L'uomo entrò sbattendole contro. Ovviamente nessuno prima l'aveva mai trattata così, come se fosse una persona qualunque, quasi invisibile. Dovette mordersi la lingua un paio di volte per non corrergli dietro e sbattergli in faccia la sua posizione.
Mia madre non pretendeva di essere trattata sempre da principessa.
Prese un respiro poi raggiunse l'uomo che le aveva parlato poco prima. Gli camminò dietro silenziosamente finché lui non si voltò di scatto.
- Perché ora mi segui?- Emma non avrebbe saputo dire se era infastidito o arrabbiato. La bionda non si fece scoraggiare da quello sguardo. Si era pienamente immedesimata nella forza della madre e ora era sicura di quello che faceva. O almeno cercava di sembrare sicura.
- Puoi almeno dirmi il tuo nome- lui la guardò e iniziò a ridere. Si sedette ad un tavolo e lei di fronte a lui.
Lui chiese del rum.
Lei niente.
- Va bene. Giochiamo a questo gioco se ti va. Sono Uncino- la ragazza era convinta di aver già sentito quel nome, ma non ricordava in quale contesto. Probabilmente erano stati i suoi genitori a nominarlo, ma conoscevano così tanta gente che lei aveva perso il conto.
- Io sono Emma- si dovette mordere la lingua nuovamente. Non avrebbe dovuto dirgli il suo vero nome, ne era convinta. Però il suo viso la confondeva e lei non riusciva quasi a ragionare. Inoltre le parole le erano uscite dalla bocca con un tono leggermente altezzoso che quando doveva relazionarsi con altre principesse era perfetto, ma in quell'occasione era tutt'altro che appropriato.
 
Regina seduta in una stanza del suo castello continuava a progettare un modo per vendicarsi definitivamente di quella donna che le aveva rovinato la vita. Se pensava a tutta la sua vita non poteva far a meno che desiderarne la morte. Le aveva rovinato ogni cosa, l'aveva chiamata Regina Cattiva prima che lei si rendesse conto di quale potesse essere il motivo.
La odiava.
Ogni fibra del suo corpo desiderava la fine della sua felicità.
La fine della sua esistenza.
- Mia Regina- la voce dello specchio quasi la spaventò. Doveva esserci abituata, ma era così presa dai suoi pensieri da essersi anche dimenticata della stanza in cui si trovava.
- Che c'è? Cosa vuoi stavolta?- lo sguardo che Regina aveva riservato al suo specchio avrebbe fatto rabbrividire chiunque.
Non all'uomo intrappolato lì dentro.
Amava troppo quella donna.
- Devi vedere una cosa, credo che ti interesserà- lei alzò lo sguardo, prese un respiro profondo poi tornò a guardarlo.
- Muoviti. Ho molte cose da fare- il viso dell'uomo che lei aveva piegato al suo servizio scomparve e venne sostituito da un'immagine che la fece immediatamente sorridere. Conosceva le due persone sedute al tavolo. Emma, l'odiosa figlia di Biancaneve, e Killian, meglio conosciuto come Capitan Uncino. Stavano parlando, ma a Regina non importavano le loro parole. Era troppo concentrata sulle loro espressioni.
C'era qualcosa tra i due.
Probabilmente era la prima volta che si vedevano, ma conoscendo la storia dei genitori di lei non si sorprese più di tanto. Nella sua mente andò a formarsi una piccola idea che la fece sorridere ancora di più.
- Preparatemi una carrozza- lo disse prima ancora che lo specchio tornasse a mostrarle il suo volto.
 
Emma aveva passato ore seduta a quel tavolo guardando sognante il pirata che aveva davanti. Aveva ascoltato le sue storie incantata e aveva cercato di evitare le sue domande. Le sembrava che chiunque incontrasse avesse una vita migliore della sua. Non più facile, quello mai, ma più vera. La vita da principessa le stava ogni secondo più stretta. Erano gli altri a fare tutto, lei doveva solo essere bella e aspettare che qualcuno la sposasse. Compiti in cui era piuttosto brava visto che nella residenza estiva avrebbe dovuto incontrare il ragazzo che sarebbe diventato suo marito e il padre. I suoi genitori avevano insistito per accompagnarla perché sarebbe stato più adatto, ma lei aveva insistito. Si chiedeva se fosse l'unica a provare cose simili. Probabilmente no, ma così le sembrava. Tutte quelle persone che per lei erano sempre stati "sudditi", "paesani" sembravano molto più felici di lei. Magari si spaccavano la schiena ogni giorno lavorando, ma poi avevano un sorriso in viso che lei poteva contare sulle dita le volte che se l'era sentita addosso. Si alzò dalla sedia con movimenti troppo regali per il ruolo che stava recitando, ma nessuno sembrò accorgersene.
- Allora buon pomeriggio signor Capitano- si maledisse e corse fuori senza aspettare una risposta. Si era tradita all'ultimo momento come una stupida. Poco fuori dalla locanda svoltò e alleggerì il passo. Aveva voglia di fermare tutte le persone che vedeva e parlare con loro, ma sapeva che era ora di tornare alla carrozza. Continuò a camminare finché non trovò la strada dove si erano fermati. La carrozza era lì e la situazione in strada non sembrava essere migliorata poi così tanto. Si guardò intorno e improvvisamente la sua mente tornò a quel giorno in cui Regina l'aveva rapita. Gli uomini che l'aveva portata fin lì erano stesi a terra e sembravano non respirare. Si fiondò all'interno della carrozza, prese un sacchetto appoggiato per terra e corse al villaggio. Sapeva cosa stava cercando e appena vide il fabbro corse dentro. Buttò il sacchetto sul banco davanti a quell'uomo che appena l'aveva vista si era voltato dall'altra parte. Si fece più interessato sentendo il rumore (e magari persino l'odore) dei soldi. La ragazza uscì da lì con una spada nel fodero, due pugnali, arco e frecce. Sapeva come usare tutto ciò che aveva comprato. Visto il perenne “pericolo Regina” i suoi genitori le avevano insegnato ogni cosa. Finalmente sorrise rendendosi conto che in fondo non era la classica noiosa principessa.
Lei era Emma.
Ricominciò a correre e arrivò alla carrozza. Erano ancora tutti a terra. Per sicurezza posò uno dei pugnali sotto le narici di ognuno degli uomini.
Tutti morti.
Non rimase a riflettere neanche un minuto. Iniziò a correre nella foresta e non si fermò finché non si trovò in un altro villaggio abbastanza lontano. Aveva bisogno di bere.
 
Il castello in cui viveva Regina le era sembrato troppo grande persino in confronto al suo. A casa non notava quanto lei fosse piccola in confronto ad ogni singola stanza. Lì si sentiva un'intrusa e decisamente troppo piccola anche solo per muovere un passo. Rimase immobile a fissare tutti gli specchi che erano appesi alle pareti. Qualcosa le diceva che non erano solo normali specchi, ma non avrebbe saputo dire cosa in un primo momento. Guardò la proprietaria di casa muoversi con aria sicura. Emma le invidiava la sicurezza e la bellezza, ma era una cosa che non avrebbe mai potuto dire. Doveva ammettere che quella donna aveva un forza unica anche se rivolta verso cose sbagliate. Nei suoi sette anni riusciva a riconoscerle quelle caratteristiche, ma l'avevano cresciuta col terrore di quella donna per cui era spaventata. Poteva sentire le sue gambe sotto la gonna tremare e aveva paura di cadere. Regina si sedette davanti ad una specchiera molto elaborata. Estrasse da un cassetto alcune boccette dal contenuto di uno strano colore poi iniziò a lavorare concentrata su quelle.
- Puoi sederti- disse alla piccola sorridendo e spostando una sedia vicino a lei. Le sorrideva ed Emma non riuscì a resistere. Si sedette accanto a lei affascinata dai suoi movimenti. Improvvisamente qualcosa nello specchio si mosse e l'immagine cambiò. Non era più il riflesso di quella donna impegnata tra le sue boccette. Era il volto di un uomo. La bambina sussultò. La donna cercò di appoggiarle una mano sulla spalla, ma lei si spostò. Era troppo spaventata.
- Mia Regina com'è andata?- il sorriso sul volto della donna scomparve e ne prese il posto un'espressione dura che rivolse allo specchio.
- Non vedi che sono impegnata? Vuoi spaventare la mia ospite?- l'uomo nello specchio non sembrò offeso e senza dire nulla si dileguò. Doveva essere abituato a trattamenti simili. Emma aveva ancora i brividi lungo la schiena, ma si finse indifferente.
Doveva essere forte.
Proprio come suo padre.
Proprio come sua madre.
Tra le due cadde il silenzio. Regina si concentrò su quel l'intruglio che avrebbe fatto bere alla bambina. Non importava come, ma quella biondina avrebbe smesso di respirare quel pomeriggio. Non aveva assolutamente idea di quanto tempo fosse passato quando sentì dei passi correre verso di lei. Si voltò velocemente con uno sguardo duro che si addolcì nel momento in cui vide l'uomo che stava entrando. Si alzò facendo un passo verso di lui. La piccola principessa rimase immobile a fissare la scena.
- Padre, cosa succede?- Regina vedeva la preoccupazione sul volto di Henry. Emma appena sentì le parole della mora sussultò. Quello sarebbe dovuto essere il suo bisnonno. Finse di non essere stupita.
- Stanno arrivando. Ci sono le carrozze poco lontano- la bionda non capì immediatamente, ma vedendo l'altra scattare e muoversi molto più velocemente di prima comprese ciò che stava accadendo.
 
In pochi minuti Regina si trovò nel villaggio in cui aveva visto la scena allo specchio. Non impiegò molto tempo a trovare il pirata. Era ancora nella taverna che parlava con un'altra donna. Una donna qualunque, con capelli anonimi castani e mal tenuti. Tutti nella sala si voltarono verso di lei e scese un silenzio a cui la donna era abituata. A passo deciso irruppe nel locale e camminò sicura fino all'uomo con cui aveva avuto il “piacere” di collaborare già una volta. Uncino alzò lo sguardo incrociando gli occhi della Regina e sorrise. La donna che stava parlando con lui si dileguò pochi istanti prima che la mora si appoggiasse al tavolo.
- Killian, ho un altro compito per te- si voltò dando per scontato che lui la seguisse. Così fu. Camminarono così, in silenzio, fino alla sua carrozza poi salirono. Prima lei poi lui. Uno di fronte all'altro. Appena la carrozza partì l'uomo parlò.
- Di quale assurdo parente vuoi liberati questa volta? Non dirmi che è Poseidone o Ursula, mi è bastato averci a che fare una volta- Regina non sembrò divertita dalle sue parole. Alzò lo sguardo per poi tornare a spostarlo su di lui.
- Mi dispiace non poterti far ricongiungere con tuoi vecchi amici, ma no. La bionda che era qui con te poco fa- lui sembrò titubare davanti a quella richiesta.
- Cosa puoi avere contro di lei?-
- Questi non sono affari tuoi, allora ci stai?- lui si guardò intorno e il suo sguardo si fermò sugli alberi all'esterno. Stavano andando al castello di lei. Se n'era accorto. Non disse nulla sulla loro meta, ma iniziò a riflettere sulle parole della donna. Non sapeva bene il motivo, ma la sola idea di far del male alla biondina innocente con cui aveva parlato lo faceva rabbrividire.
E non erano tante le cose che lo facevano rabbrividire.
- Io cosa ci guadagno?- la Regina iniziò a ridere. Se quello era il suo unico pensiero sarebbe stato più semplice del previsto.
- Quello che vuoi. L'oro di certo non mi manca e potrei accontentare qualsiasi tua richiesta. È una cosa ben più importante dell'omicidio di mia madre- fu tentato di accettare. In fondo quella ragazza l'aveva vista solo una volta e quello che Regina gli stava proponendo non era affatto male. Sospirò restando in silenzio finché non furono in una stanza del castello. La donna era impaziente, era evidente, ma a lui non interessava.
- No- alla fine il suo cuore ebbe la meglio sul suo essere pirata.
Non poteva farle del male.
 
Nella foga della corsa andò a sbattere contro una donna con dei panni bagnati in mano. Perse l'equilibrio per qualche istante, ma non cadde. Si scusò con la donna dai capelli rossi e gli occhi grandi e neri. Rimase immobile a guardarla, quasi rapita. Ma cos'aveva tutta quella gente? Qualsiasi cosa facessero sembravano più felici di lei. Anche quando venivano “investiti” da perfetti estranei. Gli occhi della donna la scrutarono poi volse lo sguardo davanti a sé e, senza dire una parola, se ne andò. La bionda avrebbe voluto fermarla di nuovo e chiederle anche solo un goccio d’acqua, ma non lo fece. Non avrebbe saputo spiegarsi il motivo, ma non riuscì a dire nemmeno una parola. Iniziò a camminare. Non era un passo lento, ma nemmeno una corsa. La principessa non avrebbe saputo dire come poteva sembrare quell’andatura e chi le passava accanto, ma, per una volta, poteva permettersi di non essere perfetta. Ad ogni passo si sentiva più sicura e più a suo agio nei suoi nuovi panni, così simili a quella della madre. Al pensiero si ritrovò a sorridere.
In fondo, era quello che aveva sempre desiderato.
Aveva immaginato tutto diverso, però. Non pensava che sarebbe stata così spaventata.
Col fiato corto.
Il cuore che batteva a mille.
Le mani che quasi tremavano.
Le gambe su cui era difficile reggersi in piedi.
Si chiese come sarebbe stato nel momento in cui avrebbe avuto Regina davanti.
Scacciò il pensiero scuotendo leggermente la testa. I capelli le si attaccarono al volto per il sudore che le lambiva la fronte. Li scostò con la punta delle dita. Si guardò intorno continuando ad attraversare quel piccolo villaggio e diminuendo leggermente il passo.
Perché continuare a correre?
Ad ogni passo si sentiva leggermente più sicura e più lontana dalla sua aguzzina. Inoltre quei pensieri si confondevano con i ricordi di quell’uomo con cui aveva parlato nel pomeriggio. Era passata qualche ora e il sole stava per tramontare, ma il suo viso e i suoi racconti non volevano allontanarsi dalla sua testa.
Si riscosse rendendosi conto che non aveva un posto dove dormire. Iniziò a guardarsi intorno cercando una locanda, ma poi si accorse che aveva speso tutti i suoi soldi per le armi.
Si maledisse per quella scelta.
Ricominciò a correre sperando di trovare un posto al coperto prima che diventasse buio. Per sua fortuna poco lontano vide una piccola caverna. Non era sicuramente la reggia a cui era abituata, ma non aveva tempo per fare la schizzinosa.
Ancora non aveva bevuto un goccio d’acqua. Sentiva la gola bruciarle, ma non avrebbe potuto andare a cercarne a quell’ora per cui si limitò a sedersi appoggiando la testa alla roccia.
 
Regina sorrise ascoltando la breve risposta del pirata. Doveva ammetterlo: aveva sperato che gli rispondesse così.
Si sarebbe divertita molto di più.
L’uomo ebbe un sussulto vedendola quasi esultare. Aveva avuto a che fare con sua madre, sapeva cosa lo avrebbe aspettato. Fece qualche passo indietro mentre lei, con un sorriso che lo faceva rabbrividire, si avvicinava. Non era abituato ad essere spaventato, ma in quel momento doveva ammettere che quasi gli tremavano le gambe. Quando si ritrovò con la schiena al muro chiuse gli occhi.
- Dove pensavi di poter andare?- la voce melliflua della donna gli arrivò alle orecchie un attimo prima di sentire la sua mano penetrargli nel petto. Trattenne il fiato percependo le dita della Regina stringersi intorno al suo cuore e portarlo fuori dal suo corpo.
- Bene, uccidimi. Fai quello che vuoi, ma non ti aiuterò- Regina iniziò a ridere. Una risata spontanea che fece accapponare la pelle all’uomo che, però, non lo diede a vedere.
Aveva passato di peggio.
Sapeva come trattenere le emozioni.
- Oh ma io non ho intenzione di ucciderti e, fidati, mi aiuterai- lui abbassò lo sguardo ricordandosi improvvisamente che se quella donna aveva il suo cuore poteva controllarlo.
- Va bene, fallo. Tanto non ho scelta giusto?-
- Giusto- Regina sorrise prima di avvicinare il cuore luminoso dell’uomo alla sua bocca per sussurrare quelle parole che non avrebbe voluto sentire. – Trova Emma e uccidila- il volto di Killian si distese. Avrebbe fatto esattamente quello che gli era stato ordinato.
 
Improvvisamente era agitata e non era più attirata dai movimenti armoniosi della donna e dal suo aspetto fisico. Era pronta per essere riportata a casa sua. I suoi genitori sarebbero arrivati e l'avrebbero salvata.
Lei avrebbe dovuto solo far in modo di essere viva.
Improvvisamente la donna in rosso si voltò verso di lei con un sorriso e una boccettina in mano. A passo svelto andò in un angolo della stanza dove il padre la aspettava con un vassoio e due bicchieri in mano. Rovesciò il contenuto trasparente della boccettina nel bicchiere d’acqua per la piccola poi li prese in mano entrambi e tornò a sedersi.
Ormai poteva sentire i cavalli fermarsi fuori dal portone del suo castello. Finse indifferenza, ma in realtà si stava pentendo di non essere stata più veloce. Porse il bicchiere alla bionda che lo guardò per un istante prima di appoggiarlo sul tavolo. Regina sembrò infastidita dal suo comportamento, ma cercò di nasconderlo. Riprese il bicchiere e glielo rimise in mano.
- Adesso bevi dai- la bionda sorrise e la mora rimase impietrita guardando la principessina rovesciare il contenuto sul pavimento.
Basta con le buone maniere.
Fece due passi verso di lei, ma la piccola iniziò a correre in quella stanza in modo da esserle sempre più lontana. La sua pazienza aveva decisamente raggiunto il limite. Iniziò a lanciare palle di fuoco contro quella bambina dai capelli biondi. Riuscì solo a sfiorarle il vestito.
Quella bambina correva dannatamente veloce.
Sentì i passi del padre arrivare e capì che era tutto inutile.
Tutto finito.
L’avrebbe uccisa un’altra volta.
L’avrebbe fatto.
- Lasciala andare Regina- la donna si voltò di scatto.
- Cos’è tutta questa confidenza?-
- Ti sei portata via mia figlia. Lascia stare i convenevoli e fammela riportare a casa- la mora guardò la bimba che correva per la stanza quasi ridendo. La indicò all’uomo.
- Ci stavamo solo divertendo- disse con la sua solita voce melliflua che lasciava trasparire l’odio verso le persone che popolavano in quel momento il suo castello. Lo vide scattare verso la piccola e la prese in braccio. Quella si aggrappò al suo collo con tutta la forza che aveva al punto che lui, sorridendo, dovette allentarle la presa. Senza più dire una parola Regina guardò quel quadretto e si morse il labbro inferiore mentre si allontanavano e uscivano.
 
La mattina dopo si svegliò con un terribile male al collo e alla schiena. Cercò di non farci caso e si alzò piuttosto velocemente. Si guardò intorno e rimase in silenzio per qualche istante. Sua madre le aveva insegnato parecchio della vita da fuggiasca e aveva imparato ad ascoltare i suoni della foresta. Qualche uccello che maledisse per tutto il rumore che faceva. Il vento leggero che muoveva le fronde degli alberi. Alla fine, con suo enorme piacere, sentì il rumore dell’acqua scorrere.
Un ruscello.
Finalmente avrebbe bevuto.
Al solo pensiero si rese conto di quanto ne avesse bisogno. Riusciva a malapena a deglutire. Aveva male alle gambe, ma non le importava.
Sarebbe andata avanti a qualsiasi costo.
Doveva allontanarsi il più possibile.
Ricominciò a camminare seguendo il rumore dell’acqua. Quando si trovò davanti al ruscello e vide l’acqua cristallina correre sui ciottoli si sentì di nuovo in pace con se stessa e con tutti gli altri. Non succedeva da talmente tanto tempo che non avrebbe saputo dire quando era stata l’ultima volta nemmeno lei. Si chinò e raccolse un po’ d’acqua tra le mani. Avvicinò la bocca e bevve tutta quella che riuscì. Le sembrò la più buona che avesse mai sentito. Probabilmente era solo perché aveva davvero tanta sete. Ne bevve finché non sentì di nuovo la sua gola normale. Niente più bruciore. Camminò lungo il corso d’acqua e poco dopo si trovò all’interno di un altro villaggio. Chiese aiuto ad una ragazza, presumibilmente una sua coetanea. Era castana, con dei grandi occhi marroni. Carina, ma si vedeva sulla sua pelle e le sue mani l’effetto del lavoro di tutti i giorni. La giovane le diede una borraccia, qualche pezzo di pane e una sacca marrone chiaro. Emma la ringraziò così tante volte che l’altra non smetteva più di arrossire. Si salutarono velocemente: doveva ricominciare a camminare. Riempì la borraccia con l’acqua del fiume, ma non si allontanò dal suo corso ancora per un pezzo. Alla fine trovò esattamente quello che stava cercando. Ringraziò mentalmente se stessa per la forza di volontà e chiunque le stesse rendendo quella sopravvivenza possibile. Un piccolo laghetto abbastanza fondo per farci il bagno. Si sentiva sporca dopo quella notte nella grotta. Si svestì velocemente nascondendo tutto dietro un albero sulla riva. Immerse prima un piede poi l’altro poi cominciò a camminare velocemente sentendo l’acqua fredda che le pungeva la pelle appena ne entrava a contatto. Rimase in acqua solo qualche minuto tenendosi stretti i capelli tra le mani per non bagnarli. Quando uscì andò diretta verso tutte le sue cose. Non aveva nulla con cui asciugarsi per cui senza farsi troppi problemi si rivestì poi prese in mano arco e frecce e iniziò ad allenarsi. Così, giusto per allentare la tensione.
 
Uncino seguiva le tracce della ragazza. Aveva imparato a farlo talmente tanti anni prima che nemmeno lui avrebbe saputo quantificarli. Non era proprio un esperto, ma, per sua fortuna, nemmeno Emma era brava a tenerle nascoste. Aveva circa un giorno di distanza e sperò che la ragazza non fosse poi così veloce e che si stancasse in fretta.
Voleva finire quel lavoro.
E voleva farlo nel più breve tempo possibile.
Aveva deciso che si sarebbe riposato davvero poco. L’ordine che gli aveva dato Regina gli imponeva tempi brevi anche se lui, in fondo, cercava di contrastarlo.
Non sapeva nemmeno più lui quali fossero i suoi pensieri e quali quelli dettati da quell’obbligo che gravava su di lui.
Dopo quasi un’intera giornata di viaggio si ritrovò in un piccolo villaggio. Dalle tracce che la bionda aveva lasciato in quel posto aveva rallentato il passo. La ringraziò. Lo attraversò velocemente e continuò a camminare arrivando nella grotta in cui aveva dormito prima che calasse il sole. Sì, poteva farcela. Non si fermò. Conosceva il posto e sapeva che lei non si era fermata da nessuna parte da quando era partita. Era diretta al fiume. A passo svelto si incamminò in quella direzione. Era notte da un po’ quando decise di fermarsi. Non mancava poi tanto ed era leggermente in vantaggio in confronto all’altra. Aveva bisogno di dormire un po’.
 
Regina dalla sua stanza, attraverso lo specchio, vide il pirata fermarsi per la notte e alzò lo sguardo al cielo. Si chiese se la scelta di mandare lui e non il cacciatore fosse stata la migliore. Si rese immediatamente conto che la risposta era un deciso sì.
Anche se il cacciatore era decisamente più veloce nei suoi lavori la bionda lo conosceva e avrebbe capito immediatamente.
Sarebbe stato meno divertente.
Quello era uno spettacolo che voleva decisamente godersi.
 
La mattina seguente la bionda si svegliò con l'alzarsi del sole. Si era addormentata in una radura. Rimase ad ammirare quello spettacolo prima di rendersi conto che doveva continuare il suo cammino. Due giorni di viaggio di certo non era una distanza sufficiente. Riprese tutta la sua roba, bevve un sorso d'acqua, mangiò una piccola razione di pane poi si rimise in cammino. Doveva assolutamente trovare altro cibo e, anche se l'idea non le piaceva per niente, era consapevole che se le cose si mettevano male avrebbe dovuto iniziare a rubare qualcosa o a cacciare.
Odiava entrambe le opportunità.
Cercò di concentrarsi su altro, ma la sua mente viaggiava solo tra pochi argomenti.
I suoi genitori.
La sua fuga.
Il pirata.
La Regina Cattiva.
Niente riusciva a prendere il posto di quei pensieri mentre camminava.
È tutto quello che ho sempre voluto, perché ora non mi basta più? Vorrei solo poter rivedere mamma e papà.
Scacciò quel pensiero che continuava a metterla di malumore e continuò a camminare maledicendo il dolore acuto alle gambe.
Un paio di giorni dopo decise di fermarsi e di stabilirsi in pianta stabile in una grotta più grande rispetto a quella in cui aveva dormito la prima notte. Non era poi così male. Si sarebbe abituata a quella vita. Di certo non era la vita di corte in cui era sempre stata, ma non le interessava. Sarebbe stata bene anche così. Aveva trovato il posto perfetto. C'era un fiume poco lontano e anche un villaggio a mezza giornata di cammino. Avrebbe avuto tutto quello di cui aveva bisogno.
 
Uncino aveva perso le tracce della ragazza dopo che era stata al lago. Probabilmente aveva attraversato il fiume, ma anche dall'altra parte sembravano non esserci tracce. Quella ragazza sembrava semplicemente sparita. Dopo un intero pomeriggio passato a cercare da dove poteva essere passata la superficie dell'acqua si increspò. L'uomo sobbalzò vedendo la figura di Regina.
- Ti facevo più bravo- disse con aria di sfida. Sembrava quasi annoiata guardandolo.
- Sembra scomparsa e...- il pirata non sapeva nemmeno il motivo per cui si stava scusando. Non la trovava. Punto. Non c'erano altre spiegazioni.
- Se non sei all'altezza del compito chiamo qualcun altro- la vide alzare un oggetto luminoso vicino al viso e solo dopo aver sentito una stretta dove avrebbe dovuto esserci il suo cuore si rese conto di cosa stava accadendo.
Teneva troppo alla sua vita.
- La troverò- si sentì libero di respirare e Regina scomparve dallo specchio d'acqua. Diede un pugno nel punto in cui fino a qualche istante prima c'era l'unica donna che poteva controllarlo.
L'unica che avesse mai potuto controllarlo.
 
Era passata poco più di una settimana da quando aveva deciso di stabilirsi lì e si era perfettamente adattata a quella vita. A volte, spesso, la sua mente si riempiva di pensieri e ipotesi.
I suoi genitori sapevano che cosa era successo?
La stavano cercando?
Qualcuno la seguiva?
Sarebbe riuscita a sopravvivere?
Quella vita prima o poi le sarebbe stata stretta?
Sarebbe mai tornata a casa sua?
Avrebbe vissuto di nuovo la vita da principessa?
Per lo più la attanagliavano di notte e le rendevano difficile prendere sonno. Per sua fortuna la notte in cui qualcuno si avvicinò alla grotta era alle prese con la sua insonnia. Prese la cintura con la spada e se la mise in vita. Facendo meno rumore possibile si avvicinò all'ingresso. I passi erano chiari. Impugnò l'elsa e sfilò la lama dal fodero. Uscì. La lama di ferro brillò alla luce della luna. Rimase in silenzio ascoltando il suo respiro e i passi sempre più vicini a lei.
- Da quando una principessa sa prendersi gioco di un pirata?- la voce che gli arrivò alle orecchie gli fu familiare e quasi le scaldò il cuore. Dopo un breve momento in cui si ritrovò ad esultare per il suo arrivo si rese conto che, evidentemente, l'aveva seguita.
- Cosa ci fai qui?- la sua voce tremò leggermente. Aveva quasi paura della risposta.
- Non vorrei farlo- dopo quelle parole estrasse la sua spada dal fodero. Le due lame si incrociarono.
- E così sei qui per uccidermi- disse lei attaccando per prima e cogliendolo di sorpresa. Lui si spostò piuttosto velocemente, ma non abbastanza da evitare che un piccolo taglio rosso gli si formasse sul braccio con l'uncino.
- Una principessa che sa come usare una spada a quanto pare- disse guardandosi la ferita. I loro sguardi si incrociarono. Iniziarono una danza mortale sotto la luce della luna. I loro occhi si erano così abituati a quella luce pallida e soffusa che avevano la sensazione di poter vedere persino i colori. Emma prese terreno in fretta. Il pirata sembrava duellare per semplice inerzia e non per salvarsi davvero la vita. L'aveva colpito più volte, ma mai abbastanza a fondo da rallentarlo. Come gli aveva insegnato il padre giocava di polso, ma aveva sempre lo stesso ritmo e lo stesso schema.
Presto se ne accorgerà e per me sarà la fine.
Scacciò il pensieri tornando a concentrarsi. Quel solo istante di distrazione le valse qualche centimetro di vantaggio che presto si trasformò nel ritrovamento della distanza di sicurezza da parte dell'avversario. Aveva male al braccio ed iniziava ad essere stanca. Il pirata affondò la lama e la prese in un fianco. Sentì la lama uscire dal suo corpo e il sangue correre fuori dal suo fianco sporcando i vestiti. Con la mano libera si toccò la ferita che le bruciò. Un altro affondo la colpì al braccio con cui maneggiava la spada. La sua presa si fece insicura e a lui bastò un secondo per disarmarla. Si ritrovò con la punta della spada al collo. Scattò indietro appena in tempo per evitare il colpo finale. Riprese la spada in mano, ma nel momento in cui si alzò sentì Uncino di fronte a lei.
Era inutile continuare a combattere.
Non avrebbe fatto in tempo ad alzare lo sguardo che sarebbe morta.
Lasciò l'elsa e fece ricadere l'arma a terra.
- Fallo. Uccidimi. Dai a Regina quello che vuole, ma dille che anche se ha vinto questa battaglia non vincerà mai la guerra- l'uomo non lasciò trapelare nessuna emozione e con un gesto fermo e deciso fece entrare la lama della spada nel petto della ragazza dritta al cuore.
 
Regina guardò la bionda accasciarsi al suolo esanime e un sorriso le si dipinse sul viso.
Aveva vinto.
Non le interessava quello che aveva provato a dirle quella ragazzina. Era morta e finalmente avrebbe visto Biancaneve piangere la sua morte e soffrire proprio come lei aveva sofferto per Daniel. Doveva fare ancora un'ultima cosa prima di essere davvero soddisfatta.
Sapeva cosa erano quei due uno per l'altra. Se n'era accorta appena li aveva visti insieme e ne aveva avuto la conferma scrutando il volto di lui dopo averla uccisa. Erano quello che per lei era stato Daniel. Quello che per Biancaneve era James.
Il loro era Vero Amore.
Gli sembrò quasi poetico ridurre il suo cuore in polvere e guardarlo cadere accanto ad Emma.
Eccolo: il loro lieto fine.
O l'inizio del suo.
 
NdA: ed eccomi di nuovo qua con una nuova one shot. Spero davvero che vi sia piaciuta perché ci ho messo anima, corpo e molto, molto tempo. Non è stato semplicissimo scriverla perché anche solo l’idea ha significato stravolgere completamente la storia di OUAT fin dalla prima puntata. Vorrei pregare tutti gli amati di Emma e i CaptainSwan di non venire a cercarmi per farmi fare la loro stessa fine apprezzate la poesia insita nella loro morte.
Ringrazio Alessia (nipote/figlia/sorella e chissà quale altro grado di parentela) per avermi sopportato nelle crisi. Quando volevo gettare tutto al vento. Quando niente di quello che scrivevo mi piaceva. Quando avevo bisogno di conferme ogni due secondi. Grazie per avermi dato quella spinta sufficiente a farmela iniziare e anche finire.
Chiedo in ginocchio a Matteo, Rors, la mia Pesciolina adorata di non prendere il primo treno, o aereo, per farmi fuori. Voglio bene a tutti. Giuro
   
 
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