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Autore: athazagorafobia    28/07/2015    0 recensioni
"A volte è molto difficile, in questo gioco del gatto con il topo, capire chi sia il gatto e chi sia il topo."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Awakening

Quando ti svegli lo sai già che tutto quello che hai vissuto fino a quel momento era solo un sogno, che non hai corso tutta la notte fuggendo da qualcuno di cui non ti ricordi neanche il viso, che non ti sei nascosto in un sepolcro e non hai neanche saltato sopra un telo del mercato. Tutto finito, tutto mai accaduto.
Eppure Emma sudava ancora. “È il caldo, stupida.”
Quando non si hanno certezze, quando la realtà non dà tutte le spiegazioni che si vorrebbero ricevere, allora interviene internet. Un dio nato da mani umane. Un dio che controlla ormai mille e più anime.
Basta una piccola ricerca – significato dei sogni – e poi credi di saper tutto. A quel punto sei tu che controlli la realtà. Quanto è falso e quanto è facile rifugiarsi in queste piccole sicurezze. Lo sai già da te che non è vero, ma ti fa sentire meglio non credi?
Ti fa sentire talmente bene, che per un attimo non ci pensi neanche al casino che ti circonda, che esci da quello schifo di vita in cui sei incastrato e ti senti forte.
Ma poi ti accorgi che stai mentendo, che ti stai illudendo, allora fai quello che hai avuto paura di far prima, guardi il cellulare.
Nessun altro messaggio è arrivato e lei che ci sperava anche, che lui fosse rimasto sveglio ad aspettare che lei gli rispondesse e poi incazzandosi per l’assenza di risposta le scrivesse qualcos’altro. Niente.
La verità è che loro non sono due amanti, quella tra di loro è la gara a chi scappa di più e a chi è disposto a correre così tanto da raggiungere l’altro.
Ma non basta quello, la persona che rincorre vuole anche essere rincorsa. Non basta amare, bisogna anche essere amati.
Ma lei non lo ama, e lui non ama lei; loro sono solo un fuggi fuggi.
Si conoscono da quando avevano entrambi cinque anni, una bambina dagli occhi grandi e limpidi e un bambino dai capelli color limone, i loro giochi erano una ventata d’aria fresca per i loro poveri genitori che mentre si rilassavano in spiaggia venivano travolti dalle loro feroci rincorse, o lui le tirava i capelli o lei gli schizzava acqua in faccia. Per loro era facile odiarsi.
Le cose erano cambiate con l’avvento delle superiori ; Emma era diventata una ragazza per niente delicata, con un po’ di ciccia sempre nei posti sbagliati e timida di primo impatto, ma solo con le persone con cui decideva di esserlo; Matteo, invece, uno spilungone con i capelli sempre spettinati e una spruzzata di lentiggini sopra una bocca sempre sorridente. Durante quei primi anni di liceo dove c’era uno si poteva star sicuri di trovare l’altro due passi più indietro, oppure trovarlo dalla parte opposta dell’edificio.
Un rapporto di odio e amore se così si può dire.
Ora alla fine della terza liceo, le cose erano rimaste immutate, ma più che altro sembrava una routine : una settimana stavano appiccicati come fidanzati e l’altra non si rivolgevano neanche la parola. Sembrava quasi lo facessero apposta, per compensare ; per rendere il loro rapporto come quello che avevano con gli altri amici, dove l’amore si disponeva in maniera equa, da loro quello veniva raggruppato in determinati giorni.
Non potevano fare altrimenti.
Lei non poteva farlo.
Se lo vedeva doveva per forza abbracciarlo e stringerlo a sé, doveva per forza scompigliargli i capelli, salirgli sulle spalle e raccontargli tutta la giornata, tutta la vita.
Ma non poteva certo farlo tutti i giorni, senza che lui fraintendesse naturalmente, e decidesse di trattarla come una estranea, cosa che faceva ogni qualvolta qualcuno gli si avvicinava troppo, identica cosa faceva lei del resto. Aveva paura, nel momento in cui le si sarebbe avvicinato troppo, che sarebbe stato lui a scappare , come il gioco del gatto e del topo, che quando il gatto raggiunge il topo, i ruoli si scambiano.
Era la settimana del silenzio quella e sapeva benissimo per cui lui aveva infranto quella sacrissima e muta legge sancita tra di loro: aveva saputo che sarebbe partita.
Chissà se adesso avrebbero raggruppato l’affetto di un anno intero (il tempo in cui lei sarebbe stata via) in quel piccolo mese.
L’unica cosa che lui non sapeva, è che non stava scappando da lui; non sarebbe stato necessario, non erano abbastanza legati perché questo accadesse. Stava scappando da tutto il resto. Da quel silenzio che quando è troppo prende la tua vita e la fa propria.
Da quel insignificante mondo che la stava inghiottendo e incorporando a tutti gli altri.
Ma per quanto incrociasse le dita non aveva potuto ignorare quella frase trovata su una pagina di facebook : “c’è chi crede di essere felice andando a vivere da qualche altra parte, ma impara che non è così che funziona. Ovunque tu vada, porti te stesso con te”
Beh almeno non sarebbe stato così, non sarebbe andata a vivere da un’altra parte. Per un attimo Emma quella frase l’aveva fottuta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
  
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