Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: PervincaViola    29/07/2015    5 recensioni
Prima classificata al Contest 'Film e telefilm: dimmi qual è il tuo!' indetto da aturiel sul forum di Efp
Ironico, considerò lui con amarezza, che tutto dovesse finire come era cominciato: la vita si riduceva davvero ad un eterno circolo.
{Jaime/Cersei ♥ Future!fic}
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cersei Lannister, Jaime Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
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Alla fine di ogni cosa

 
 




Fu una lunga estate, quella della loro infanzia, una delle più lunghe a memoria d'uomo. Fu l'estate in cui Jaime impugnò la sua prima vera spada, in cui il lord suo padre gli permise di montare un cavallo invece che un pony, in cui i corpi della corte di Casa Reyne marcirono sotto il sole di Castel Granito. Fu l'estate in cui scoprì che il corpo di Cersei non era più precisamente identico al suo, ma che si stava trasformando in quello più morbido di una donna, con l'approssimarsi dell'adolescenza.

Quel giorno presero i cavalli mentre l'aurora stingeva la parte più orientale del cielo, quando l'intero castello era sprofondato nell'incoscienza del sonno. Cersei montava una giumenta saura, leggermente più piccola del suo stallone dalla criniera fulva, ma il cui carattere focoso rifletteva alla perfezione quello della sua amazzone. Le loro cavalcature si affiancarono durante la folle galoppata che li condusse sino a Lannisport, una nuvola di terra rossa che si sollevava, insieme a infantili risate, dietro di loro.
Quando infine smontarono da cavallo, il giovane Lannister rimase immobile davanti allo spettacolo che gli si presentava davanti: i fiumi della ricca Terra dell'Ovest si gettavano nel Mare del Tramonto, questo Jaime lo aveva imparato molto tempo prima; ciò che lo stupiva ogni volta, invece, era lo spettacolare e perenne colore bluastro delle onde, che sembravano trattenere in sé riflessi sanguigni, violacei come il crepuscolo persino nel bagliore dell'alba.
Jaime sorrise. Nelle loro stanze, prima della morte della lady loro madre, avevano giocato e finto di essere dama e cavaliere, re e regina. Ora, davanti alle scure onde del mare, lui si era trasformato in un pirata, lei nella fascinosa creatura che i marinai delle galee solcanti il Mare Stretto chiamavano sirena. Una fanciulla della più nobile discendenza, unica e accecante quanto il sole: nessuno avrebbe potuto dubitare che sarebbe divenuta la donna più affascinante del Continente Occidentale.
E Cersei, quasi a voler comprovare il suo pensiero, slacciò con dita svelte i lacci del suo abito color rubino, che cadde ai suoi piedi in un unico, fluido movimento, senza rumore: adesso era davanti a lui, candida e luminosa, stagliata contro il chiaro cielo. Ridendo, corse fra le onde, cento, mille gocce salate che schizzavano attorno alla sua figura delicata, mentre gli urlava di raggiungerla, corri anche tu, Jaime!
Lui, tuttavia, si avvicinò lentamente e si perse ad osservarla: la sottile stoffa della sottoveste di raso lasciava ora intravedere il triangolo biondo fra le sue gambe, i piccoli seni ancora acerbi e le rosee areole, coperte appena dai capelli color dell'oro che scendevano oltre la vita in ampie volute – era una creatura di Castel Granito, Cersei, dorata e rossa e dalla volontà di pietra. Era una bambina, entrambi erano bambini, ma lei possedeva già l'ardore e la fierezza di una leonessa e una bellezza diversa ma speculare alla sua, venata della sfacciata malizia propria di una Lannister, di chi sa di avere il mondo ai propri piedi.
«Sarebbe bello rimanere qui per sempre» la udì mormorare, stranamente sognante, e, stupendosi, Jaime la scoprì con il viso rivolto ad est, dove pigre nuvole rosate venivano graffiate dai raggi aurei del sole nascente.
«Sentimentale, sorella?» la provocò, stringendole le dita e costringendola a voltarsi verso di lui.
«A volte sei proprio uno stupido, Jaime» ribatté Cersei, tentando di liberare la mano dalla sua morsa, ma lui fu più veloce: la tirò a sé, incurante del suo dibattersi, e inspirò il profumo dei suoi capelli. Poi la baciò, mordendo le labbra rosse che sapevano di sale e rose e fanciullezza, geloso dell'aria che le accarezzava, e affogò in lei.


 

Approdo del Re era una masnada di persone urlanti, denso fumo e fiamme, fiamme dalle striature bianche, verdi e nere. Le ossa dei draghi che erano appartenuti alla dinastia Targaryen riposavano nelle viscere della Fortezza Rossa ed essi erano ormai una leggenda a cui solo gli stolti accettavano di credere. Eppure, mentre spronava la propria terrorizzata cavalcatura fra le pareti di fuoco create dagli enormi draghi di Daenerys Targaryen, Jaime Lannister si sentì nuovamente come lo stupido bambino che tentava inutilmente di leggere libri riguardanti quell'antica stirpe valyriana.
Una regina di fuoco e cenere, questo sarebbe stata l'ultima erede della Casa Targaryen, che avrebbe riconquistato il Continente Occidentale come trecento anni prima aveva fatto Aegon. Jaime ne ebbe una fugace visione sul dorso della bestia alata più grande di tutte, che gli ricordò tremendamente Balerion il Terrore Nero e che scese in picchiata sulla città, spargendo morte nera dalle fauci dischiuse. Persino i draghi possono morire, pensò, ma la sua fu un'idea disperata che svanì più celermente di come era apparsa: secoli prima, Meraxes era morto fra le dune rosse dei deserti di Dorne, e con lui la regina Rhaenys, ma la guerra di rivalsa dei Martell era stata perduta prima ancora di cominciare.
Il puzzo di carne bruciata e le urla degli uomini dilaniati gli fecero stringere gli occhi, riportandogli alla mente le grida emesse da Rickard Stark mentre Aerys lo guardava bruciare vivo nella sua armatura, quelle di suo figlio Brandon che si strangolava nel disperato tentativo di salvare il proprio padre. Tutti morti, tutti fantasmi.
Il boato di una porta che crollava sotto i colpi dell'esercito di Immacolati di Daenerys Nata dalla Tempesta fu impossibile da ignorare e risuonò per tutta la città: senza voltarsi, Jaime capì che il dominio dei Lannister era ormai al crepuscolo.

Tempo prima di diventare lo Sterminatore di Re, Jaime Lannister era stato un Cavaliere della Guardia Reale: le ore trascorse nella sala del trono erano state infinite e gli avevano reso quella stanza più familiare di quanto avrebbe desiderato; e, in fin dei conti, si disse che era stato un bene – bisogna sempre conoscere la propria tomba. Avrebbe saputo descrivere con precisione ogni sfumatura delle venature nel marmo, i colori delle vetrate che la luce del sole faceva riflettere sul candore sbiadito del pavimento e persino l'ombra proiettata dal Trono di Spade, un seggio avvelenato, su cui ora sedeva sua sorella. Cersei.
Lo scorrere del tempo aveva ormai iniziato ad intaccare la sua avvenenza, eppure Jaime la vedeva ancora come la donna più bella e sensuale dei Sette Regni – questa era un'altra cosa che forse non sarebbe cambiata mai. Tuttavia la morte di Joffrey prima, e di Myrcella poi, crollata tra le sue braccia su una galea che da Dorne li stava riportando a casa, l'avevano cambiata irrimediabilmente: pazza, sussurravano nei corridoi della Fortezza Rossa, la regina ha perduto il senno. A cosa serve il potere, gli aveva domandato lei tra i singhiozzi, urla di rabbia e d'orrore a incendiarle la gola, se non puoi proteggere coloro che ami?
«Tommen?» si precipitò a chiedergli, non appena lo ebbe riconosciuto. Il rancore divorante che l'aveva portata ad incolparlo di non aver saputo salvare sua figlia e poi ad allontanarlo dalla capitale appena dopo il rientro da Lancia del Sole sembrava essersi dissolto, sostituito dalla preoccupazione per l'unico figlio rimastole. L'amore per i tuoi figli è la più apprezzabile tra le tue virtù, sorella, e anche il tuo più grande dolore.
«Ho fatto in modo che fosse portato al sicuro». Una bugia, una delle tante che avevano costellato la sua vita. Con tutta probabilità, Tommen era già morto, bruciato dal fuoco dei draghi durante la sua visita nella città, Jaime lo sapeva benissimo e forse anche Cersei ne era consapevole, in cuor suo.
«Dobbiamo combattere, devi riprendere il comando delle Guardia Reale!». La voce di Cersei riecheggiò in maniera innaturale nel silenzio pesante che aleggiava nella sala del trono, mentre fuori dalla fortezza si levavano alte le grida degli uomini che combattevano e morivano.
Jaime scosse la testa; della Guardia Reale rimangono solo ossa spezzate e carni ustionate, avrebbe voluto risponderle, e presto non rimarrà nulla neppure di noi.
«È finita, Cersei. La città è caduta» disse invece, con tutta la tranquillità che riuscì a trovare, ma la sua gemella prese a tempestargli il petto di pugni, strepitando che dovevano combattere e che i leoni non s'inchinavano mai – non può finire così, Jaime!
Ironico, considerò lui con amarezza, come in quel momento Cersei somigliasse a un altro re, morto per sua mano in quella stessa sala, e ancora più ironico era che tutto dovesse finire come era cominciato: la vita si riduceva davvero ad un eterno circolo. Non mi pento di nulla.
Reprimendo la sensazione di bile in gola, Jaime accarezzò l'elsa della sua spada, il cui fodero appeso al fianco destro gli risultava ancora incredibilmente estraneo. Con la sua mano destra erano andate perdute gloria e vergogna, il suo essere un cavaliere e uno spergiuro, ma quella rimanente era abbastanza per sfoderare rapidamente l'acciaio di Valyria: la lama porpora di Giuramento, restituitagli da Brienne, penetrò nella tenera carne dell'addome della sua gemella, quasi fosse stata acqua, con una facilità simile a quella con cui lui affondava in lei, tra le sue cosce lattee. Il corpo di Cersei ebbe un singolo spasmo e un gemito fuoriuscì dalle sue labbra, ma forse era più di sorpresa, che di dolore. Negli occhi di giada, specchio dei suoi, una sola domanda. Perché?
Perché ho ucciso il Re Folle quando avevo giurato di proteggerlo e i draghi non perdoneranno ciò che i Lannister hanno fatto alla loro famiglia, perché il regno dei cervi e dei leoni è finito e perché ti amo ancora.
«Non c'è altra via, sorella. Daenerys Targaryen ha vinto» mormorò, scuotendo la testa, mentre le pareti del castello stavano liquefacendosi sotto il caldo respiro dei draghi. La fortezza brucerà come Harrenhal.
«Doveva essere Tyrion. Avevo sempre pensato che sarebbe stato Tyrion ad uccidermi» confessò lei, boccheggiante, storcendo le labbra in una smorfia sprezzante. Le gambe le cedettero e Cersei scivolò tra le sue braccia; la fronte di lei appoggiata contro il suo petto, Jaime sentì che veniva scossa da un singhiozzo, ma le lacrime non vennero. Era forte, Cersei, e fin troppo orgogliosa per piangere davanti a lui.
«Ricordi quel giorno, in riva al mare?» ansimò a sorpresa sua sorella, aggrappandosi alle sue spalle, mentre tra le dita affusolate premute sul suo ventre iniziavano a scorrere fiotti di sangue tiepido.
«C'era l'estate e tu indossavi un abito rosso» ricordò Jaime e nella sua mente vi fu il riverbero di un mare dai riflessi cupi, di capelli biondi e fieri occhi smeraldini e di un'estate che aveva creduto immortale. Era stata una lunga estate quella, lunga, afosa e felice – felice – e che era terminata troppo in fretta e troppo presto. L'inverno era infine arrivato, come preannunciavano i lupi di Grande Inverno, e con tutta la sua ferocia.
«Saremmo dovuti rimanere su quella spiaggia». Ormai il sangue ruscellava fra le mani di sua sorella, confondendosi con l'abito cremisi che indossava quel giorno. È sempre stato il rosso, il colore della morte? «Sarebbe stato meglio per tutti».
Un groppo in gola lo sorprese, nel constatare quanta verità fosse contenuta in quelle poche parole, e Jaime ebbe improvvisamente voglia di ridere, o piangere, o forse entrambe le cose. Avrebbe voluto accarezzare la guancia di sua sorella, ma si rese che non poteva farlo, non con Giuramento ancora in pugno: il dolore lo artigliò nuovamente al braccio mutilato, crudele come una risata di scherno, profondo quanto gli inferi. Con un ringhio, gettò lontano la spada che emanava bagliori purpurei e immerse le dita nella cascata di oro puro che erano i capelli di lei, affondando il viso nell'incavo del suo collo sottile – trattenendo il respiro, riuscì persino ad udire i loro cuori che battevano all'unisono, come era sempre stato.
«Doveva finire in questo modo, Cersei. Dovevamo morire insieme». Ebbe appena il tempo di sussurrare queste parole, Jaime, che stavano a significare sono felice di essere con te, qui alla fine di ogni cosa, e di pensare che era un bel modo di andarsene, stretto a Cersei. Perché erano venuti al mondo insieme, due gocce d'acqua, dorati e bellissimi, ma il tempo e le loro opposte nature li avevano divisi: lei, annegando in rabbiosa amarezza, era diventata una donna, lui, smarrendo la strada che avrebbe voluto percorrere, un uomo. Eppure niente, niente avrebbe mai potuto spezzare il loro legame.
Jaime la baciò con ardore, mordendola e riscoprendo la morbidezza bambina di quelle labbra tanto amate, e bruciò sulla sua bocca. È finita.
La Fortezza Rossa crollò.


 


 
Angolino della Vì:
Ho sempre pensato che Jaime e Cersei dovessero morire insieme e credo che la morte tanto temuta da lei non arriverà per mano di Tyrion, bensì a causa del suo gemello. La storia si sviluppa in un ipotetico futuro, dopo la quinta stagione, in cui Daenerys ha lasciato Essos per conquistare Westeros grazie ai suoi draghi, con il motto Targaryen Fire & blood (che quindi promette molte morti, a dispetto delle convinzioni di lei di essere accolta come la legittima sovrana). L'ultima frase in corsivo è presa dall'ultimo film di LOTR.
Spero vi sia piaciuta e un draghetto in regalo a chi recensirà :3

   
 
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