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Autore: _JustOurStory_    29/07/2015    1 recensioni
Mia. Proprietà della C.A.T.T.I.V.O. Gruppo B. Soggetto B5. La creatrice.
Ci sono due Labirinti di proprietà della C.A.T.T.I.V.O., Mia apparteneva al gruppo B, ma, dopo un'improvvisa caduta in un luogo non ben definito, si ritrova circondata da una cinquantina di Radurai.
Lei, abituata a convivere con le sue compagne nella Radura del progetto B, non sa come comportarsi, ma con il suo carattere combattivo ed energico, si affezionerà a tutti i suoi nuovi amici.
Ma, purtroppo, non sempre le cose vanno per il verso giusto...
•••
Dal testo:
«Chi diamine siete voi?!» esclamai, allontanandomi il più possibile, seppur seduta sul letto.
«Tranquilla, non vogliamo farti del male» disse un ragazzo di colore.
«La mia domanda era un’altra! Chi siete?».
Ero nel panico: dov'erano le ragazze?
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=iPX70mbnZ20
On Wattpad: https://www.wattpad.com/152284463-mia-the-
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alby, Minho, Newt, Nuovo personaggio, Thomas
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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1.
 
Mi tirai a sedere, seppur a fatica, e mi appoggiai con la schiena contro il muro alle mie spalle.
Mi portai le mani fra i lunghi capelli rossi, scuotendo il capo.
Cosa stava succedendo?
Un minuto prima correvo nel Labirinto, scappando a fatica da un Dolente che, per qualche assurdo motivo, era uscito durante il giorno, e l’attimo dopo ero precipitata non si sa bene dove.
La testa era incredibilmente pesante, ma la cosa peggiore era la mia gamba.
Uno squarcio ne percorreva tutto il profilo. Il sangue non smetteva di scorrere, imbrattando i miei abiti.
Mi guardai attorno: ero ancora nel Labirinto.
Un moto di tranquillità mi avvolse, facendomi sospirare, sollevata.
Ora non dovevo che trascinarmi fino alla Radura, trovare Ambra e farmi curare la ferita.
Tentai di alzarmi, facendo leva sulle braccia, ma la cosa risultò più difficile del previsto. Poggiai il capo contro il muro, sospirando affannosamente, ormai mancava poco alla chiusura delle mura.
Camminai con lentezza, trascinando i piedi, ma la fatica e il dolore mi fecero piegare, cadendo a terra.
Non sarei mai sopravvissuta lì fuori di notte, non in quelle condizioni.
Stavo per arrendermi. Poi sentii delle voci.
«Sì, lo so, Minho, ma era meglio andare tutti insieme a controllare, non è saggio dividersi, non nell’ultimo periodo».
«Okay Ben, ma così non facciamo che sprecare tempo, da domani ricominciamo come sempre».
Mi immobilizzai sul posto. Quelle voci non appartenevano di certo a Sonya e a Miriam.
Chi erano?
Cosa ci facevano nel Labirinto?
Mi voltai indietro, afferrando il pugnale che tenevo ben salto, attaccato al polpaccio sano, e lo puntai in avanti, pronta a qualunque attacco.
I passi si facevano sempre più vicini.
Mi guardai attorno e, poco dopo, alcuni ragazzi sbucarono da dietro un muro, all’improvviso.
Si immobilizzarono sul posto, osservandomi.
Io rimasi ferma a mia volta. Come potevano essere lì? Nel Labirinto?
«Ma che caspio…?» mormorò uno di loro.
«Chi siete?» esclamai, il pugnale sempre puntato contro di loro.
«Chi sei tu, semmai!» disse uno di loro, ma subito un altro, dai tratti asiatici, che sembrava essere il capo, gli fece segno di tacere.
«Non c’è tempo, i muri si stanno per chiudere! Ne parleremo più tardi nella Radura con Alby».
«Scherzi? Per quanto nei sappiamo potrebbe essere stata mandata qui dai Creatori per ucciderci tutti!» esclamò uno, sfoderando una lunga lancia e puntandomela contro.
«Ora non c’è tempo! Il Labirinto si sta già chiudendo, muoviamoci!» si misero a correre, oltrepassandomi.
Cercai di farmi forza, ma il dolore mi fece piegare nuovamente.
Gemetti.
«Ce la fai?» mi chiese il tipo dai tratti asiatici.
«S-Sì» mormorai, tirandomi su.
Ma lui non sembrò credermi, perché in un secondo mi fu accanto, mi sollevo, passandomi una mano dietro la schiena e una sotto le ginocchia, per poi ricominciare a correre.
«Ce-ce la faccio» provai a dire, ma lui non mi sentì nemmeno.
Il dolore iniziava a diffondersi, chiusi gli occhi, impotente, e lasciai che il buio mi inghiottisse.
 
Era tutto nero, non vedevo nulla, ma riuscivo a sentire.
Sentivo delle voci.
Troppe voci.
«Quando si sveglierà vedremo il da farsi» disse qualcuno.
«Io dico di farla fuori ora» proferì qualcun altro.
Cercai di aprire gli occhi, ma era come se non avessi il controllo di me stessa.
«Non dite sciocchezze! E tacete, razza di pive!».
Mossi con cautela una mano, tastando il letto sul quale ero sdraiata e socchiudendo gli occhi.
«Fermi, si sta svegliando» proferì la stessa voce che, fino a poco prima, aveva intimato agli altri di fare silenzio.
Aprii del tutto gli occhi.
Mi trovavo in una stanza piuttosto piccola, fatta interamente di legno, mentre attorno a me erano radunati una decina di ragazzi, tutti con lo sguardo puntato su di me.
Immediatamente mi misi a sedere, tirandomi indietro.
Sentii un dolore lancinante alla gamba destra, ma lo ignorai, cercando il mio pugnale.
Non c’era.
«Chi diamine siete voi?!» esclamai, allontanandomi il più possibile, seppur seduta sul letto.
«Tranquilla, non vogliamo farti del male» disse un ragazzo di colore.
«La mia domanda era un’altra! Chi siete?».
Ero nel panico: dov’erano le altre ragazze?
«Forse non ricorderai nulla del tuo passato, è normale, ma ti pasti sapere che ci troviamo in una Radura, ogni mese arriva un nuov…».
«Non ti ho chiesto la storia della tua vita! Certo che so queste cose! Voglio solo sapere chi siete» la mia voce apparì più debole di quanto sperassi – ma comunque arrabbiata –, ero esausta.
Lui sospirò, frustrato «Io sono Alby, tu? Ti ricordi il tuo nome?».
«Si, certo, mi chiamo Mia» mormorai, tentando di alzarmi.
«È meglio se rimani sdraiata» disse un ragazzo, ma lo ignorai, alzandomi e borbottando un “sto bene”.
Certo, faceva male, ma non volevo mostrarmi debole.
«Be’, Mia, ricordi altro?».
Certo! Certo che ricordavo!
«Sì certo, o almeno, ricordo cos’è accaduto negli ultimi anni, prima di ritrovarmi in quel posto» aggrottarono le sopracciglia.
«Nel Labirinto, intendo» precisai.
«Di che caspio stai parlando?» esclamò uno di loro, facendo un passo in mia direzione, ma io lo ignorai.
«Gally! Calmati!» sbottò Alby «E metti a posto le chiappe!» poi continuò «che vuoi dire?».
Io sospirai, mi faceva male la testa «Ho vissuto per due anni in un Radura, circondata da un immenso Labirinto insieme alle mie compagne».
«Compagne? Intendi che eravate tutte ragazze?» chiese qualcun altro.
Annuii.
All’improvviso la porta si spalancò e ne entrò un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi castani, decisamente alto, accompagnato da quello che avevo incontrato precedentemente nel Labirinto.
«Oh, vedo che ti sei svegliata!» sorrise.
Io accennai un sorriso a mia volta, non seppi per quale motivo, mi venne spontaneo.
«Newt!» lo richiamò Alby «Dobbiamo organizzare subito un’Adunanza» sbottò, poi si rivolse a me «Tu vatti a fare una doccia, non hai una bella cera, poi ti faremo avere dei vestiti puliti, ti accompagnerà Chuck, l’ultimo arrivato» disse.
Annuii, l’idea di farmi una doccia, circondata da ragazzi che – da quanto avevo capito – non vedevano una donna da due anni, non mi allettava, ma dovevo assolutamente sciacquarmi di dosso la terra e il sangue. Non dovevo avere un bell’aspetto.
Uscii scortata dal ragazzino paffutello, mi faceva male la gamba, ma era sopportabile.
«Quindi hai vissuto in un Labirinto proprio come questo?».
«Già» annuii «Solo che eravamo tutte ragazze… e c’era meno puzza» arricciai il naso e lo sentii ridere.
Camminammo ancora un po’ e poi arrivammo alle docce «Eccoci, lavati tranquilla, nessuno entrerà».
Probabilmente voleva solo rassicurarmi: missione fallita.
Ad ogni modo non lo diedi a vedere e mi fiondai sotto il getto freddo.
Quando uscii, poco dopo, mi diedero dei vestiti puliti. Erano da ragazzo, e mi stavano decisamente larghi. Erano almeno tre taglie più della mia.
Mi sistemai la maglia, troppo lunga, e tentai di stringere i pantaloni, così che non cadessero, ma la cosa non mi riuscì un granché bene.
Ero decisamente ridicola con quei cosi addosso.
Mi passai le mani fra i capelli bagnati e scompigliati e li lascai liberi sulle spalle, tornando al punto in cui, prima, Chuck aveva detto che mi avrebbe aspettata.
«Chuck?» chiesi.
«È andato a cena, e sarebbe ora che andassimo anche noi».
Mi voltai e vidi il ragazzo dai capelli biondi fissarmi.
«Io sono Newt» mi porse la mano.
Gliela strinsi e poi l’allontanai «Mia». 
«Vieni, ti accompagno a cena», mi affrettai ad affiancarlo, imprecando per il dolore alla gamba.
«Posso farti una domanda, Newt?» chiesi dopo poco.
Lui mi guardo di sfuggita annuendo.
«Non è che avreste una spazzola?». Avrebbe potuto sembrare una domanda sciocca, ma in quel momento ne avevo bisogno. I miei capelli erano un vero disastro.
Lui rise «Mi spiace, ma no».
Sbuffai contrariata «E come vi pettinate?».
«Bè… con le mani».
Io annuii, passandomi le mani fra i lunghi crini rossi, ma non ottenni un gran risultato «E dei vestiti un po’ più stretti? Non per dire, ma mi sento alquanto ridicola» sorrise, fermandosi per un attimo e guardandomi da capo a piedi.
«Non ti stanno poi così male» ricominciò la sua marcia.
Sbuffai ancora.
«Allora, da voi com’era la Radura? Come questa?».
Mi guardai attorno «All’incirca sì… ma i nostri edifici erano più belli» sorrisi.
Lui ridacchiò «Per oggi stai tranquilla, questa sera terremo un’Adunanza, ma domani dovrai raccontarci tutto».
Annuii, anch’io dovevo sapere molte cose, prima fra tutte: come diamine c’ero finita in quel posto?
«Eccoci arrivati».
Quando entrammo nella sala, una cinquantina di ragazzi erano radunati attorno a diversi tavoli, chiacchieravano animatamente, ma quando entrai, tutti si ammutolirono.
Mi sentivo leggermente fissata.
Newt mi posò una mano sulla spalla, spingendomi lievemente in avanti «Ignorali» mi sussurrò.
Annuii e mi sedetti ad un tavolo, accanto a Chuck «Ehi» lo salutai.
Lui continuò a mangiare, rivolgendomi solo un cenno del capo.
Sorrisi e mangiai un pezzo di pane, non ero poi così affamata.
Mangiai in fretta, volevo solamente andare a dormire.
«Ti accompagno nel Casolare, è lì che dormiamo» disse Chuck alzandosi. Camminammo in silenzio, sentivo le palpebre chiudersi.
Quando entrammo, alcuni ragazzo si stavano già sdraiando nei rispettivi sacchi a pelo, mi guardai attorno.
«Sdraiati pure in quell’angolo, e non ti preoccupare» mi sorrise.
Sbuffai, facendo come indicato, e mi avvolsi nel sacco a pelo che mi era stato dato. Quello doveva essere un incubo, un orribile incubo.  
   
 
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