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Autore: harinezumi    29/07/2015    2 recensioni
Tante cose sono diverse ora che i Corvi non sono più parte della sua vita. Le certezze che possedeva nell'avere un posto assicurato nel mondo, non il migliore forse, non “rispettabile”, ma pur sempre suo, sono svanite da tempo e l'hanno lasciato inaspettatamente incerto su che cosa voglia farne di sé stesso. Zevran ha deciso di andare dove il cuore lo porta.
E al momento, provocare Alistair sembra un'ottima idea.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alistair Therin, Zevran Arainai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The rook







La prima volta che Alistair lo convoca a corte è in via del tutto informale.

A testimoniarlo è il fatto che chiede espressamente di vederlo nelle stalle inferiori del suo palazzo a Denerim, ad un'ora abbastanza tarda perché non ci sia nessuno in giro. Zevran si è ripromesso di non ridergli in faccia per la sua totale inettitudine in quelle faccende, dal momento che Alistair non è stato per niente sottile nelle sue allusioni nella lettera che gli ha inviato. Per sua fortuna, il re sembra avere la fedeltà dei suoi sudditi (e, segretamente, Zevran pensa che se la meriti), e la lettera è arrivata comunque a destinazione, nonostante i suoi errori.

Appena Zevran posa gli occhi su Alistair, però, scoppia in una risata fragorosa che sveglia più di un cavallo, e riesce a vedere il re arrossire anche dalla tettoia in cui si è appostato, aspettando il suo arrivo.

“Cosa c'è di così divertente?” gli domanda Alistair quando lo nota, con uno sbuffo, e Zevran non scende subito, perché ha l'impressione che con il passare degli anni il re sia diventato più irascibile, e non intende testarlo.

“Maestà, temo che né il mantello né il cappuccio ti siano molto d'aiuto nella tua stessa casa. La tua gente sa riconoscerti, e l'aria di segretezza non farà che incuriosirla” spiega, afferrando i lati della scala a pioli con cui è salito e lasciandosi scivolare giù, raggiungendo Alistair al porticato di legno.

“Cosa ti fa pensare che mi abbiano visto? So essere furtivo se serve!”

“Ah, certo. Ricordo quando scivolasti dritto fra le braccia della tua regina calpestando una pozza d'olio, buttando lei a terra e me nel tentativo di stare in piedi, attirando nel contempo un'orda di mabari rabbiosi nella nostra direzione”. Zevran sorride. Lo sta prendendo in giro, ma una parte di lui tiene a quelle memorie come a poche altre cose al mondo.

“Io... non è andata esattamente così, è stato il visore dell'elmo...” comincia Alistair. Il suo imbarazzo è divertente, e Zevran non può fare a meno di sentirsi sollevato al pensiero che almeno quello non è cambiato.

Tante cose sono diverse ora che i Corvi non sono più parte della sua vita. Le certezze che possedeva nell'avere un posto assicurato nel mondo, non il migliore forse, non “rispettabile”, ma pur sempre suo, sono svanite da tempo e l'hanno lasciato inaspettatamente incerto su che cosa voglia farne di sé stesso. Zevran ha deciso di andare dove il cuore lo porta.

E al momento, provocare Alistair sembra un'ottima idea. “Forse. Immagino che sia stato un problema anche quella volta, quando hai calpestato il filo che azionava una trappola anche se la regina ti aveva appena urlato che lì c'era, in effetti, una trappola”.

“Non ti ho chiesto di venire qui per questo!” lo interrompe Alistair, la voce un po' più alta di quanto sarebbe consigliato in un incontro segreto. È davvero negato.

“Oh, mi ferisci. Non volevi ricordare i vecchi tempi, quindi. Immagino che tu voglia affidarmi un incarico, sì?”

“Odio queste faccende” mormora Alistair, guardandosi gli stivali con aria grave, e Zevran si trattiene dal sorridere, perché dopotutto nemmeno lui è immune al fascino straordinario di quell'uomo e nel contempo preferisce fingere di non avere un debole per il re.

“Ed ecco perché le lasci fare a qualcuno che le ama. Saggia scelta. Cosa desideri che faccia?”

“Non abbiamo nemmeno discusso un prezzo”. Alistair lo guarda confuso, e Zevran alza le spalle.

“Sei probabilmente l'ultima persona al mondo che cercherebbe di fregarmi, amico mio. E comunque, è a te e alla regina che devo la mia vita: chiedi, e io eseguirò”.

Se Alistair sembra soddisfatto da quello che Zevran ha detto, non lo dimostra. Forse dopotutto è diventato più abile a nascondere le proprie emozioni: Zevran certamente glielo augura per il futuro.

Gli passa un piccolo rotolo di carta, e gli fornisce le stesse istruzioni a voce. Non si fida della maggior parte dei suoi consiglieri, e la regina sarà impegnata con i Custodi almeno fino al prossimo autunno: non c'è letteralmente nessun altro al quale lo chiederebbe.

Zevran si rende conto che quel pensiero lo ha colpito, e alla fine del loro incontro si sorprende a chiedersi se il prezzo delle sue azioni sia più importante della gratitudine dei suoi amici, o se la ragione per cui continua a tornare indietro siano davvero i soldi. Probabilmente no.

 

Alistair è negato nei giochi di potere, e in quasi tutti gli altri, ma Zevran comincia a tenerlo d'occhio più spesso, anche quando la sua presenza a palazzo non è richiesta, formale o informale che sia. Il re continua ad affidargli compiti, ma il lavoro di Zevran con il tempo comincia a sorpassare lentamente la linea dell'obbligo.

Oh, non in quel senso. Zevran non cercherebbe mai di infilarsi sotto le coperte del re, primo perché questo ucciderebbe Alistair d'infarto (anche se questa, in effetti, sarebbe una scena interessante alla quale assistere), e secondo perché anche avendone l'interesse non sarebbe stato il comportamento degno di lui.

La ragione di quella silenziosa vigilanza è che Zevran è preoccupato. I maghi hanno cominciato a ribellarsi nei Circoli -brutta storia, ma comprensibile-, e i Templari ce l'hanno in un certo qual modo con il re, dal momento che lui stesso era un Templare e si aspettano che prenda le loro parti. Alistair desidera essere lasciato in pace. Non vuole un'altra guerra, civile per di più, per il suo popolo.

Zevran non crede avrà altra scelta, ma pensa che un vero amico fare il possibile per ritardargliela. Perciò quando qualcuno, nella notte, manda un uomo ad uccidere il re, Zevran lo sgozza nel silenzio del corridoio davanti alla porta della camera di Alistair, e trascina via il corpo quando ha smesso di sanguinare. Non lascia traccia di quanto avvenuto, e non è sicuro di aver fatto la cosa giusta, ma ormai l'ha scelto.

“Sei qui molto spesso, ultimamente. Ma io non ho altro lavoro per te” gli dice Alistair quella mattina, quando lo incontra nei giardini. Zevran gli sorride, come se non avesse vegliato sul suo sonno tutta la notte.

“Mi piace qui. Alla Perla hanno nuove danzatrici esotiche, lo sapevi, sì?” risponde, facendogli l'occhiolino.

È sufficiente a far arrossire Alistair fino ai capelli, e il re si ritira nel palazzo borbottando qualcosa a proposito di elfi pervertiti.

 

“È l'assassino del re. Ha dato lui l'allarme... ha ucciso la maggior parte degli agenti che abbiamo mandato”.

È una sortita di qualche genere, in una sera buia. Stavolta sono in molti, e solo ad una decina è riuscito a togliere la vita. Templari, maghi, a Zevran non interessa: il palazzo del re è suo territorio, adesso, e chiunque vi entri senza essere invitato è automaticamente un nemico.

Quando ha capito di essere in svantaggio, ha fischiato tra due dita, e quello stupido grosso canino è arrivato, come sempre. A Zevran non piacciono così tanto i mabari, ma è con orgoglio che sente il cane dietro di sé abbaiare lungo tutto il cortile, destando le guardie, prima di venire colpito dietro la testa e cadere a terra, privo di sensi.

Quelle sono le prime parole che sente quando si sveglia.

Le persone attorno a lui confabulano qualcosa, poi sente un calcio arrivargli nello stomaco quando prova a muoversi.

“Lo useremo come ostaggio”.

È un suggerimento che Zevran vorrebbe sconsigliare, ma riesce soltanto a sputare un grumo di sangue sul selciato dov'è steso. Non molto sensuale. Poi, perde i sensi nuovamente, chiedendosi se il suo fascino non sia appassito a tal punto da non riuscire nemmeno più a tirarsi fuori da quelle situazioni seducendo qualcuno.

 

Si barricano per quattro giorni nell'enclave elfica abbandonata dai suoi abitanti subito dopo il quinto flagello; gli elfi si sono trasferiti in un'area della città che non puzzasse di morte e malattia, e Zevran non riesce a dargli torto, per quanto adesso gradirebbe della compagnia. Sente che i propri carcerieri -sono eretici e maghi del sangue- dovrebbero ridefinire il concetto di ostaggio: più di una volta lo picchiano fino a fargli perdere i sensi, reclamandone il diritto in quanto lui ha ucciso la maggior parte dei loro compagni.

Trovano disgustosa la sua fedeltà ai reali: vermi senza spina dorsale che non osano prendere parte al conflitto per paura di perdere consensi. Meritano di essere eliminati. Zevran non si disturba a correggere quelle affermazioni. Per quanto la sua professione sia senza dubbio priva di moralità paragonata alla loro crociata, non lo ha mai reso così cieco al valore della vita.

 

Zevran uccide la guardia alla porta della stanza in cui è rinchiuso il quinto giorno, il giorno in cui le guardie del re si riversano nell'enclave. Lo fa per errore, reagendo d'istinto quando questa lo scuote per condurlo via e scappare, sollevando le braccia incatenate di scatto: la catena rompe il naso all'uomo e lo fa cadere all'indietro. Batte la testa su delle macerie e non si rialza più.

Zevran rimane a guardarlo inebetito per un po' di tempo, poi gli prende le chiavi delle manette di ferro attorno ai propri polsi e cerca di infilarle nella serratura, ma gli hanno rotto delle dita, e non riesce più a coordinarle. In fondo è fortunato, non gli era mai interessato così tanto imparare a suonare uno strumento musicale. Ride perché non ha le forze di fare altro, e chiude gli occhi aspettando che il dolce suono della battaglia che sente all'esterno si spenga.

Quando sente la voce di Alistair, li riapre di scatto, e si chiede quanto tempo sia passato dall'ultima volta che gli è sembrata così sollevata.

“Zevran!”

“Ah, era ora” commenta, rimanendo tuttavia seduto a terra; non ha alcuna fiducia nelle proprie gambe, in quel momento. Realizza presto che si sbagliava a chiamare quello sollievo, e che Alistair non gli ha mai rivolto uno sguardo tanto preoccupato prima d'ora. “Sai, avrei bisogno di una mano”.

“Perché non mi hai detto niente?” domanda Alistair. Ha la sua spada con sé, ed è sporca di sangue; si è fatto strada per arrivare da lui. Sembra amareggiato, ma Zevran osserva con quanta cura il re stia studiando le sue ferite, rimpiangendo così chiaramente ciascuna di esse. Non aiuta che gli eretici lo abbiano derubato della maggior parte dei vestiti, perché apparentemente la sua fantasia si rivelava illimitata quanto si trattava di luoghi dove nascondere le armi.

“Non guardarmi così” risponde Zevran, aggrottando le sopracciglia. Per un attimo, pensa di concludere quella frase con la spiegazione che Alistair si aspetta. “So che è irresistibile, ma...”

“Zevran” lo interrompe il re, e per un breve momento Zevran sente che potrebbe essere intimidito da quel disastro umano che è Alistair.

“Lo potevo gestire”.

“Lo vedo”.

“Era una cosa in meno a cui farti pensare, d'accordo”.

“E come pensi che stia andando?”

“Ah, forse dovrei rivedere alcuni punti della strategia, in futuro”.

Alistair si inginocchia davanti a lui e tocca la sua nuca con un palmo, tenendolo sollevato nel punto dove un coltello gli ha lasciato un taglio ancora aperto. “Non farlo di nuovo”.

E Zevran non può fare a meno di abbassare lo sguardo e annuire. “Come desideri”.

“Sai, l'amicizia va in due direzioni. Significa che se tu mi copri le spalle, io copro le tue”.

 

Zevran è ancora convinto che Alistair sia negato in quello che fa. Ha causato un incidente diplomatico la settimana prima -ma la regina ormai è tornata a casa e ha potuto occuparsene-. Alistair non lo tratta con sospetto, adesso, né gli rinfaccia qualcosa. Non è cambiato nulla. Di solito le cose cambiano quando tieni nascosto al tuo re che una setta vuole ucciderlo, ma Zevran suppone di non aver finito di imparare tutto dalla vita.

Ha ricevuto l'ennesima offerta dei Corvi di tornarne a capo, ma più passa il tempo più si rende conto che il suo cuore, volente o meno, ha trovato alla fine un posto dove assestarsi, per tutto il tempo che riuscirà a sopportarlo. Non gli hanno offerto un lavoro ufficiale, ma quando si presenta agli altri come la guardia del corpo del re nessuno batte ciglio, e quell'occhiata particolare che tutti gli hanno sempre riservato da quando è nato, questionando la sua adeguatezza ad essere lì, di essere al mondo, è sparita del tutto.

Zevran suppone che sia quello, il rispetto che non hai mai avuto.











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ecco, una fic su Zevran, perché il mondo non ne avrà mai abbastanza <3
rook vuol dire corvo E ladro, mi reputo molto intelligente per questa scelta e probabilmente non dovrei.

harinezumi

  
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