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Autore: b r i c i o l a    25/01/2009    5 recensioni
era partita come una one shot ... ma poi, grazie alle ostre recensioni ho deciso di continuarla... tutto parte dal momento in cui Rosalie trova Emmtt nel bosco, mentre sta per essere sbranato dall'orso... ho cercato di dare fondo ai loro lati dolci..spero vi piaccia...
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emmett Cullen, Rosalie Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono una piccolo pazza, lo ammetto!!! L’ispirazione mi è venuta oggi mentre guardavo alcune immagini di Rosalie ed Emmett insieme. Non ho mai considerato molto questa coppia, e quindi è anche un modo per riscattarmi … spero vi piaccia!!!!

Baci

Scimmietta

All for you, my love!

Correvo per la foresta, distrutta. Perché non mi capiva? Perche per lui ero solo una stupida viziata? E mi faceva rabbia, perché me lo diceva così, senza problemi al riguardo, credendo che fossi un guscio vuoto, senza sentimenti. Ma io i miei sentimenti ce li avevo. Anche io ero in grado di amare, soffrire, odiare, nonostante fossi quello che ero.

Lo odiavo, non c’erano dubbi al riguardo, ma ero costretta a sopportarmelo, senza poter dire nulla, senza poter pensare nulla. Eh si, perché altrimenti mi avrebbe sentito, e allora apriti cielo!

Ad un tratto, sentii un profumo fortissimo  colpirmi il naso. La gola iniziò a bruciarmi, arsa. Sangue. Ecco il profumo. Lo volevo, era buonissimo. Mi diressi verso la direzione da cui veniva, e nella furia feci crollare tre o quattro alberi. Era fortissimo, segno che il suo proprietario doveva essersi ferito. Mi leccai le labbra e cercai di essere ancora più veloce. Disgustavo me stessa, ma me ne fregavo. Ero troppo presa da quel sapore, che mi entrava in bocca e mi bruciava, facendomi ringhiare.

Arrivai in una piccola radura, e lo sentii ancora più forte. Bene, la preda era vicina. Sapevo che se lo avessi bevuto, una volta tornata a casa avrei dovuto sentirmi le prediche da mio padre e da lui, ma in quel momento non ci pensai. Avevo sete, e solo un tipo di sangue poteva soddisfarmi in quel momento. Quello della mia preda ignara.

Ad un tratto sentii un ringhio. Non ero stata io a farlo, ma qualcos’altro. Era un ringhio animale. Mi guardai attorno, sperando di trovare un piccolo antipasto. Poi lo vidi. Era un orso, grande e grosso. Sentivo il veleno inondarmi la bocca, ma ero sicura al cento per cento che il profumo che avevo sentito prima, non era il suo. Gli animali, soprattutto gli orsi, avevano un odore forte e leggermente amaro. Quello che avevo sentito io era dolce e dissetante. Cercando di concentrarmi, riuscii a percepire un debole eco del cuore dell’orso. Inizialmente pensai che fosse una mamma orsa, e che aspettasse un cucciolo, ma data la sua mole era impossibile. Mi concentrai ancora di più, sforzandomi e riuscii a sentire il sangue che mi aveva fatto correre veloce come una furia fino lì.

Mi avvicinai lentamente all’orso, per non spaventarlo, e vicino a lui, vidi un corpo a terra, ricoperto di sangue. Ecco da dove veniva il mio profumo.

Con orrore mi accorsi che l’animale stava infierendo su di lui. Ringhiai, e l’orso mi guardò feroce. Sorrisi maliziosa e poi attaccai. Lo colpii allo stomaco con il pugno, e gli ruppi la cassa toracica. Fece un verso straziante, ma non mi feci prendere dalla pena. Attaccai più e più volte, strappandogli il pelo e la carne. Alla fine, lo lasciai in una massa sanguinante a terra, vicino al ruscello.

Soddisfatta della mia impresa, mi diressi verso il mio vero scopo. Il battito cardiaco era debole, e se volevo bere sangue caldo, dovevo sbrigarmi.

Girai il suo corpo di peso, per poter affondare meglio i miei denti nel suo collo. Ma quando lo guardai in faccia, rimasi pietrificata. Sembrava … sembrava Henry, il figlio della mia amica Vera. Gli stessi riccetti ribelli, e anche così, si poteva vedere la fossetta che aveva.

Improvvisamente, si fece largo in me un sentimento strano. Non potevo ucciderlo, dovevo salvarlo. Era così tenero e innocente quel ragazzino.

Cercando di non fargli del male, lo presi tra le braccia e iniziai a sfrecciare tra la vegetazione. Per tutto il tragitto, evitai di respirare, ma non ero sicura di riuscire a resistere. Arrivai a casa dopo pochi minuti, e trovai Esme ad aspettarmi sulla porta.

“Rosalie, Rosalie che hai fatto?” Mi sussurrò, coprendosi la bocca con la mano, dopo aver visto il corpo straziato che portavo tra le braccia. Cercai di rassicurarla con un sorriso, non volevo che pensasse di avere una figlia assassina.

“Dov’è Carlisle? Ti prego Esme, ho bisogno di parlargli!” Mi fece un cenno con la mano, ad indicare lo studio. Fortunatamente, non vedevo Edward in giro. Sfrecciai verso la porta, e vi trovai Carlisle che leggeva. Non appena mi vide, alzò il viso e mi guardò rammaricato.

“Rosalie cara, non sei riuscita a trattenerti?”

“No … no Carlisle, non è opera mia!” perché pensavano tutti che fossi una poco di buono?

“E allora cosa è successo?”

“Ero in giro per la foresta, quando ho sentito il suo profumo. Ho trovato un orso che lo attaccava, lo ho ucciso e sono corsa qui. Carlisle salvalo ti prego!” Avevo parlato in fretta. Più tenevo la bocca aperta, più potevo inspirare il suo odore, e avevo paura di perdere il controllo. Carlisle mi fece segno di poggiare il ragazzo sulla sua scrivania. Seguii i suoi ordini, e poi mi precipitai fuori.

Non potevo restare ancora a lungo a stretto contatto con il suo profumo, o avrei rischiato di ucciderlo.

 In un attimo, sentii un urlo agghiacciante perforarmi i timpani.

Carlisle lo aveva fatto. Aveva morso quel piccolo innocente, perchè a chiederglielo ero stata io. Io che mi ero sempre rifiutata di accettare la mia vita, io che avevo cercato in ogni modo di uccidermi, perché non riuscivo a guardarmi allo specchio la mattina e a non pensare che non fossi un mostro, gli avevo chiesto di far diventare come me un’altra persona. In quel momento ebbi la certezza che non me lo sarei mai perdonata. Sapevo che non appena il veleno avesse fatto la sua opera, e quel ragazzo si sarebbe svegliato, non avrei avuto il coraggio di guardarlo in faccia.

Sentii dei passi accanto a me. Era Esme, ma non avevo voglia di parlarle. Speravo che poi gli avrebbe spiegato tutto Carlisle. Nel frattempo, quest’ultimo uscii dallo studio.

“L’ho morso. Il veleno è entrato in circolo. Controllalo tu” Mi fece segno di entrare, e poi mi lasciarono sola.

Vidi il ragazzino sulla scrivania che si contorceva e urlava. Stando attenta, mi avvicinai al lavandino e riempii un secchio di acqua calda. Con uno straccio mi avvicinai alla scrivania, e inizia a toglierli il sangue. Esme, aveva lasciato vicino alla porta un cambio di abiti, e li usai per cambiare il ragazzo.

Le sue urla mi colpivano il cuore, e mi facevano sentire uno schifo. Ero stata io a fargli subire quella tortura, io da brava egoista. 

Passarono due giorni, e il ragazzo stava sempre peggio. Erano arrivato gli attimi cruciali. Da lì a qualche ora sarebbe stato uno di noi a tutti gli effetti.

Edward non era ancora tornato, e me ne rallegravo. Sapevo che non appena avesse saputo ciò che avevo fatto, mi avrebbe trattata ancora più male, e desideravo che quel momento non arrivasse mai. Sapevo che di essere diventata la Rosalie che lui mi aveva descritto, e all’idea, stavo ancora più male.

 

Poi, la mattina del terzo giorno, mi si presentò accanto.

“Rosalie, Carlisle mi ha detto ciò che hai fatto”

“Ora sei contento vero? Sono diventata davvero la Rosalie che tu odi!”

“Si sono contento, ma non per quello che pensi tu. Lo sono perché ti sei dimostrata la Rosalie che avrei sempre voluto che fossi!”

Girai la testa, incredula alle sue parole. Mi sorrideva, e io ricambiai il sorriso. Quella volta, dopo due anni che vivevamo a stretto contatto, e in cui ci eravamo odiati, Edward, mi abbracciò, come un vero fratello.

Improvvisamente, sentii dei gemiti accanto a me. Guardai la scrivania, e vidi che il ragazzo aveva aperto gli occhi. Il suo cuore non batteva più, e al posto del suo sangue, ora circolava veleno.

“Chi siete?” domandò, guardandoci in modo tranquillo.

“Ciao, io sono Rosalie Hale, e lui Edward Cullen!” la voce mi tremava, e sentivo da dietro, gli sguardi di Esme e Carlisle.

“Cosa mi è successo? Perché sono qui?”

Intuendo che non ce la facevo a rispondergli, Carlisle, si avvicinò, e fu lui a parlare. Io invece, mi limitai ad uscire fuori.

Passarono ore, ma non avevo ancora sentito nessun urlo, e il ragazzo non era ancora uscito fuori. Mi sembrava strano, eppure mio padre doveva averglielo detto.

Dietro di me, sentii dei passi, e il ragazzo, mi si avvicinò. Mi preparai a sentire i suoi insulti, la sua rabbia, ma ero pronta, e l’avrei fatto sfogare. Dopotutto era colpa mia se si ritrovava ad essere un vampiro.

“Sono Emmett, Emmett McCarty, anche se da oggi sono un Cullen! Tu sei Rosalie vero?”

“Si. Non sei turbato?” gli chiesi. Mi aveva sorpreso il suo sorriso, e non ero riuscita a trattenermi dal chiederglielo.

“Del fatto di essere un vampiro? Ma certo che no! A proposito, devo ringraziarti. Da quanto mi hanno detto sei stata tu a salvarmi!”

“Salvarti non è la parola giusta. Non so se te ne sei reso conto, ma io ti ho ucciso!”

“E come avresti fatto se io sono ancora qui?”

Rimasi spiazzata. Non mi aspettavo che potesse ringraziarmi, anzi, avevo quasi sperato che mi odiasse.

“Io … io credevo mi avresti odiata”

“Non potrei mai. Ti ho sentito quando mi stavi portando qui, e anche quando mi sei stata accanto per tutto la trasformazione. Hai fatto molto per me. Grazie!”

Quel ragazzo era strano ma mi fece sorridere. Non era lui a dover ringraziare me, ero io che dovevo ringraziare lui. Forse, da quel momento avrei potuto ritornare a vivere.

 

   
 
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