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Autore: carmen16    30/07/2015    2 recensioni
E se Bella ricoprisse il ruolo del vampiro e Edward fosse il fragile umano? e se dovessero incontrarsi nel momento più sbagliato che il destino dovesse scegliere? se dovessero anche risultare nemici?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Eccomi qui con il terzo capitolo. Ero incerta se pubblicarlo adesso dato che era trascorso così poco dall'ultimo aggiornamento, ma era pronto, perciò ve l'ho dato. In cambio però mi aspetto le vostre recensioni! :) scherzo ovviamente, anche se mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni, spero che vi stia interessando questa storia. Ringrazio tutti quelli che hanno inserito questa fiction come preferita, seguita o ricordata. Vi lascio al capitolo, buona lettura!!

~POV BELLA

Quella scuola non era immensa come poteva sembrare dall'esterno. Le piaceva la struttura però. Le mura non erano dipinte del classico bianco impersonale degli ospedali, e non era nemmeno rovinato o ammuffito, segno di poca manutenzione e del vandalismo dei ragazzi. Anzi, piuttosto curato come edificio, per gli interni era stato adottato un color crema delicato; i tavoli erano di un azzurro cielo e ai muri erano appese foto ricordo, istantanee degli studenti e premi vinti durante competizioni varie; e infine  riproduzioni in scala di quadri famosi. Aveva un passato quella scuola. Non era male, anche se in quegli anni era entrata e aveva visitato la maggior parte delle scuole di tutto il mondo. La pianta era piuttosto semplice, la mensa e la sala riunioni erano al piano terra, mentre le aule, i bagni, e gli armadietti al piano di sopra. Subito dopo aver superato l'entrata, c'era un grande atrio, pieno di persone che camminavano a destra e a sinistra, nel caos prenatalizio di organizzare le lezioni e finire di correggere i compiti, oltre ad adempiere alle altre mansioni. I bidelli sembravano letteralmente partiti per la tangente;  salivano e scendevano dalle scale, riattacavano il telefono con stizza per poi riprenderlo un minuto dopo. Poteva disorientare quella confusione, ma le piaceva vedere la vita attorno a lei. Troppa perfezione e stabilità l'avrebbero annoiata, ne aveva quasi paura data la sua natura. Quando si può vivere per un'eternità e il tempo si dilata, la percezione delle cose cambia. Persino nel loro mondo immutabile, dove i loro corpi si conservavano perfettamente nonostante gli anni che passavano, cristallizzati come crisalidi, molte cose cambiavano, perdevano i loro connotati e spesso avevano molteplici significati, come le parole nel linguaggio. Bella era sempre stata affezionata alle cose, perchè le riportavano alla memoria ricordi, di persone e/o di cose, che anche se coloro a cui erano appartenuti non esistevano più, era come se, riportandoli alla mente, tornassero in vita perchè lei li conosceva. Le venivano i brividi quando rivedeva i video della sua infanzia, sentiva voci che non aveva mai ascoltato e sapeva che mai l'avrebbe fatto, di uomini e donne che ridevano rivolti alla telecamera, che adesso erano sotto terra ridotti in cenere da secoli. Non era mai stata educata secondo i principi di nessuna religione, perchè loro andavano oltre qualsiasi creazione umana, qualsiasi spirito o credenza religiosa. Percepiva, come lo sentivano tutte le creature dotate di quel senso in più, il sesto, che lì fuori c'era qualcos'altro oltre a loro, intrinsecamente legata agli uomini, e che agisce tramite le cose della vita, ne fa parte così infinitesimamente da non riuscire a vederla, neanche con la vista sviluppata data in dotazione col vampirismo. Poteva dire di non avere bisogno di un microscopio. Aveva il dono di sentire la vita in qualsiasi essere, sottoforma di calde scintille: verdi, rosse o blu, a seconda dell'energia di chi la emanava, ma negli oggetti, se la vita, una ragion d'essere primaria, esisteva, non riusciva a scorgerla. Si era sempre chiesta se lei pur essendo morta, potesse avere un briciolo di vita in sè, cosa era previsto per le creature come lei. L'inferno, perchè la sua razza compieva crimini orrendi? Il nulla? O c'era qualche speranza per quelli che come lei non vivevano per distruggere o per studiare gli umani? Anche per questo provava un profondo fastidio quando durante l'addestramento chiamavano il loro potere, anima. L'anima non era detto che i vampiri ne fossero dotati, e anche in quel caso, dopo il sangue di cui si erano macchiati e la fredda indifferenza con cui erano soliti interessarsi agli umani, come ce l'avevano ridotta? Nera come la pece. Un buco insano e maleodorante. I vampiri erano tutt'altro che la suprema perfezione che credevano di essere. Amavano definirsi tali, circondarsi di cose bellissime che non li rispecchiavano veramente, vantandosi della loro superiorità. Lei in quei casi pensava alla sua prima casa, quella vera, l'unica che avesse mai sentito sua, proprio in quella città, Forks, assieme a Carmen. Quella era la perfezione per lei. Rcordava quei pomeriggi quando, sentendo le prime gocce di pioggia infrangersi sulle finestre e sul tetto, interrompevano qualsiasi cosa stessero facendo, per osservare il temporale; per poi aspettare che terminasse per uscire fuori e respirare l'aria fredda e pulita. Era un rito che la sua quasi madre amava e che non mancava mai di ripetere.

FLASHBACK

Un giorno, era il suo settimo compleanno, e Carmen le aveva preparato un vestitino a sorpresa blu (il suo colore preferito), mentre Jasper con il suo solito ciuffo biondo sbarazzino che portava davanti agli occhi era tornato a casa e le aveva appuntato delicatamente sulla testa una rosa dello stesso colore del vestito e delle scarpette che calzavano calze bianche come la neve. Era appena esploso un temporale fortissimo e il vento innalzava gli alberi, trascinandosi dietro erba, foglie e detriti. Non ricordava che fosse così iroso il vento nè così forte la tempesta. Ne aveva quasi paura. Immaginava che da un momento all'altro il vento, come quelle ombre, avrebbe rotto il vetro per irrompere in casa e portarli via, separandoli per sempre. Jasper, vedendola triste, la prese in braccio e le fece fare una giravolta per la stanza, portandola sempre più in alto, facendola piangere dal ridere; poi, agganciandosela ad un fianco la guardò e le accarezzò la testa infondendole una calma mai provata prima. Carmen si mise alla loro destra, e metre tutti e tre erano persi a guardare ciò che avveniva aldilà della finestra, disse:
-Ricordati, Bella. Dio è nella pioggia. Per qesto, dopo ,tutto è diverso e pulito, perchè rinnova il patto di purificarci tutti dal male. Dà la speranza che ogni cosa possa migliorare ed essere buona, anche la persona peggiore. Se pensi...- ma venne interrotta da una pacca alla schiena da parte di Jasper, che disse:
- e basta con queste perle di saggezza! E' il suo compleanno, almeno per un giorno lasciala tranquilla senza che si debba lambiccare il cervello cercando di capire i tuoi discorsi filosofici. Ricordati tu, piuttosto, che è ancora una bambina. Ci sarà tempo per le lezioni di morale e di vita. Adesso, tutti a giocare!! - e dicendo questo era corso in mezzo al bosco lasciando le due donne, una bambina e una donna a guardarsi negli occhi.
 Carmen ad un certo punto disse - Tu vuoi seguirlo? Secondo te si sarà reso conto che sta correndo, da solo, nel bosco?- e scoppiò a ridere, fin quando un Jasper affannato e scarmigliato non sbucò dagli alberi fingendo di essere offeso.
-Siete crudeli, entrambe!! Mi sono voltato indietro e non c'era nessuno. Mi avete fatto fare una corsa a perdifiato mentre voi tranquille gardavate il panorama. Così è? E allora, doppia razione di solletico a tutt'e due e per una settimana mi dovete preparare la colazione alle sei del mattino!-. Le due ragazze corsero dentro casa e si andarono a nascondere nella stanza del lupo, cercando di soffocare le risate e tenendosi per mano. Jasper sembrava guardare ovunque tranne che nella sua camera.
- Mamma, grazie, mi sto divertendo tantissimo- disse la bambina alla donna che si commuoveva ogni volta che la chiamava in quel modo anche se non era davvero sua madre e lei lo sapeva.
- Prego, piccola luna. Questo giorno rimarrà sempre con te. Impara a trattenere ogni ricordo dentro di te, che sia bello o brutto perchè ti servirà sempre per diventare ciò che vuoi essere un giorno- terminando il tutto con un bacio sul lato destro della fronte, proprio sulla piccola voglia a forma di mezzaluna che portava dalla nascita.

FINE FLASHBACK


Si rese conto con stupore che metà delle lezioni del suo primo giorno di scuola come diciassettenne era trascorso liscio. Aveva molta forza di volontà e resistenza, fin da quando era bambina. Se non si concentrava troppo a pensare alle aure delle persone che scoppiettavano di scintille sotto il suo naso come un malizioso invito... Quasi non se ne accorgeva, ma era impegnativo... Decise che presto si sarebbe nutrita per precauzione. Non desiderava che i vizi di un tempo tornassero prepotenti. Non aveva alcuna intenzione di torcere un capello a quegli uomini, anzi... Voleva essere la ragazzina che non era mai potuta essere, per quanto possibile. In questo senso si era creata già delle conoscenze, che non aveva previsto così anticipatamente. Più corretto era dire che esse si erano presentate da sole in sala mensa, al suo tavolo desolato e deserto, e l'avevano tascinata subito in una danza di volti di cui non sarebbe mai riuscita a ricordarne i nomi. Tutti sorrisi smaglianti e strette di mano. Qualcuno aveva anche azzardato qualche abbraccio. Ma era ammattito? Desiderava la morte per caso? Non si era preparata ad un contatto così ravvicinato. Non la temevano? A quanto pare non incuteva abbastanza paura. Doveva rimediare in qualche modo. Sospirò, amareggiata, ripensando al tempo in cui non temeva un semplice abbraccio o una carezza, anzi ne era felice e lo restituiva con tutta la forza. Dov'erano quelle braccia forti che la stringevano teneramente, e con forza quando aveva paura? Probabilemente non avrebbe mai più rivisto Carmen dopo tutto quel tempo, ma Jasper? Le mancava come l'aria. Avrebbe tato voluto contattarlo ovunque fosse. Se avesse potuto, lo avrebbe cercato anche in capo al mondo per dargli una spiegazione e per chiedergli scusa. Tutto quello che aveva fatto, ciò che era diventata prima di quel giorno... Se ne vergognava profondamente, non importava che vi ci fosse stata costretta, era responsabile di cose atroci, inenarrabili. Era lì per rimediare, ma l'avrebbe mai realmente ottenuto (un rimedio)? Se Jasper ne fosse venuto a conoscienza, sarebbe riuscito  a perdonarla? Non avrebbe resistito di fronte ad un suo sguardo colmo di odio e disgusto che sapeva di meritare. Per certi versi era felice che non potesse contattarlo. Con questi pensieri si recò nell'aula dove si sarebbe svolta l'ultima ora per quel giorno: biologia. Da un pò di tempo era sovrappensiero ricordando l'episodio di quella mattina. Non aveva più visto quel ragazzo dagli occhi così simili a quelli della sua razza, se non per il colore e il profondo calore che emanavano. Avrebbero potuto fondere il diamante con un loro sguardo. Ma cosa pensava? Era un semplice umano, di bell'aspetto ma che non doveva riguardarla e di certo lei non si sarebbe fatta coivolgere da lui. Entrò tranquillamente e sedette nell'unico banco libero, pronta a qualsiasi cosa il professore gli avesse sottoposto. Era famoso per programmare compiti e verifiche a sorpresa, di cui nessuno era a conoscenza, ma dava sempre l'opprtunità a chiunque di recuperare, anche più di una volta. Mentre guardava il cielo grigio piombo attraverso il vetro sentì un profumo buonissimo, di fresco, rosa e cannella. O forse muschio? Voltandosi vide due occhi brillanti di un verde smeraldo che la stavano fissando, accompagnati da un sorriso sghembo che a primo impatto non le piaceva affatto. Il proprietario di quegli occhi si sedette affianco a lei senza smettere di guardarla e le disse:
-Buongiorno. Stamane purtroppo non sono riuscito a presentarmi e ringraziarti a dovere, causa del ghiaccio-incidente e del suono della campana. Mi chiamo Edward. Edward Cullen, piacere. Grazie del salvataggio tempestivo, anche se non nego di esserne stato imbarazzato. In genere dovrebbero essere gli uomini gli eroi-
Con un sorriso impertinente, non sapeva bene perchè ma aveva voglia di stuzzicarlo, Bella rispose: - Le donne si sono emancipate da un pezzo e ad ogni modo spesso si scambiano i ruoli con gli uomini. Vi sentirete castrati sempre di più, mi dispiace dirtelo. - Sorprendentemente, la risposta non aveva sortito l'effetto sperato, anzichè provocarlo, il ragazzo si mise a ridere di gusto, fermandosi a fatica solo con l'arrivo del professore, quando avvicinandosi al suo orecchio le sussurrò - Ho un gran rispetto per voi donne e so che siete già le più forti. Non mi imbarazza affatto essere aiutato da una donna, ma sono un uomo e dovrei farcela da solo nella vita. Ad ogni modo, posso avere il piacere di conoscere il tuo nome?-.
Bella si spostò sulla sedia e si ricordò di sbattere le palpebre, giusto per non dar l'impressione di essere troppo immobile, e si costrinse a respirare. Se fosse stata umana, non sarebbe riuscita a respirare per l'effetto che le faceva quella voce al suo corpo e alla sua mente. Schiarendosi la voce ribattè (non aveva alcuna intenzione di dargliela facile):
- Per la cronaca, tutti siamo lasciati soli a questo mondo, ma nessuno può farcela senza qualcuno a sostenerlo. E ad ogni modo, si chiede il nome di una persona solo quando la si intende frequentare e si è interessati a lei. Non è detto che ci rivedremo tanto spesso da averne l'occasione.-. Non voleva ammetterlo ma quel botta e risposta stava iniziando a divertirla.
- Scoprirò il tuo nome, splendida ragazza. Vuoi scommettere?- Ci meteva fascino il ragazzo quando voleva, ma lei non si faceva ingannare.
- Quale scommessa potresti mai fare per un nome? Buona fortuna allora, a patto che tu non lo chieda o sarebbe troppo semplice. Devi farlo da solo.- Il viso gli si illuminò ancora di più.
- Mi piace quando le cose si complicano, bene allora dopo lezioni se avrò scoperto il tuo nome tu mi porterai a fare un giro sulla tua splendida moto, altrimenti ti porterò io in un posto che conosco soltanto io con la mia Volvo- le disse sottovoce sorridendo.
 Era assurdo che una vampira centenaria come lei si trovasse coinvolta in una simile conversazione, entusiasta perlopiù all'idea di viaggiare su un'auto con quel ragazzo bello e affascinante. La materia grigia doveva averla lasciata a casa sicuramente. Per recuperare rispose:
- Per quanto ne sarei ben felice ho altri impegni per questo pomeriggio, mi dispiace. A presto. - Aggiunse alzandosi dato che era già trascorsa l'ora. Appena uscita da quel luogo sarebbe corsa a velocità sovrumana nel bosco e lì sarebbe entrata in contatto con se stessa. Non potva perdere il controllo. Doveva capire cosa stava provando e cosa le stava accadendo. Tutta colpa di un umano, ma non era per loro che era tornata? Voleva salvarli dalla grande minaccia in cui stavano per incorrere. Meglio farsi una sana corsa nel bosco, al resto ci avrebbe pensato in seguito.
   
 
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