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Autore: Elisir86    30/07/2015    0 recensioni
"C'è una strada piccola, affannosa e ripida che mi porta fino a te io vorrei percorrerla e senza rischi inutili, arrivare fino a te fino all'amore"
FINO ALL'AMORE - BIAGIO ANTONACCI
[No incesto]
[Coppie: Francia x Canada – Molte altre]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Triangolo
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Gennaio

1
Incontrarsi



 


“Lovino!” la voce allegra di Feliciano chiamava suo fratello dall'altra parte della stanza. Lovino era seduto sull'ampia poltrona di loro padre con le gambe incrociate, tra le mani un libro di avventura regalatogli a natale.
“Lovino!” di nuovo Feliciano, l'allegria che lo caratterizzava da sempre, lo scalpiccio delle scarpe eleganti -che loro madre aveva obbligato entrambi ad indossare- “Il mondo è blu!” urlò da dietro la poltrona sperando nel suo piccolo di riuscire a spaventare suo fratello. “Non è vero, il mondo non è solo di quel colore!” la risposta borbottata dietro a quelle pagine troppo importanti per potersi distrarre da una cosa così insignificante.
“Si, invece!” Feliciano si era spostato e si era praticamente arrampicato sul bracciolo della poltrona, sprofondando con le ginocchia nella morbida imbottitura. Si allungò con il busto verso il viso del fratello “Il mondo è blu!” ridacchiò a pochi centimetri dall'orecchio sinistro dell'altro “Anche tu sei blu!”
Lovino alzò un sopracciglio cercando di rimanere concentrato sul racconto. Non voleva essere disturbato, non quando gli rimanevano solo un'ora prima che arrivassero gli ospiti e di conseguenza sarebbe iniziata una lunghissima e noiosa cena.
“Non dire stupidaggini! Io non sono blu!”  annoiato voltò il capo con le sopracciglia aggrottate verso Feliciano per farlo smettere di dire sciocchezze.

 

“AUGURI!!!”
Le persone attorno a lui avevano alzato i calici verso il soffitto, alcuni tintinnarono. Lovino alzò il capo guardando il riflesso della luce su quei cristalli, lì faceva brillare come gemme preziose. Abbassò le palpebre socchiudendo appena gli occhi, la strana sensazione di essere a casa, in quel salotto…
…Il blu era simile a quello di quella sera…
Le risate continuarono a formarsi, aumentando e diminuendo in continuazione, come se fosse stato tutto studiato.
Gli uomini e le donne più anziani erano i peggiori. Lovino, aveva individuato il loro status solo sentendone la risata. Lanciò uno sguardo a chi gli stava accanto, con quei vestiti costosi, quei gioielli vistosi e le capigliature costate chissà quanto.
Storse il naso, fanculo sono finito in un covo di ricchi del cazzo!
 

Il bicchiere per l'acqua appoggiato sul tavolo difronte a ogni commensale era blu. Feliciano faticava ad arrivarci, allungava le sue manine nel vano tentativo di sfiorare appena il vetro. Suo nonno Romano, un uomo di guerra -generale d'esercito con medaglia al valore durante la seconda guerra mondiale- sedeva accanto e con gesti che sembravano irrilevanti riusciva sempre ad avvicinargli il bicchiere.
Lovino che sedeva dall'altra parte invidiava quelle attenzioni che il nonno dava al fratello minore, con lui non si era mai comportato in quel modo.
“Gli uomini riescono a fare tutto da soli!” era solito dirgli.
Lui infatti non aveva mai avuto bisogno di nessuno. Aveva imparato ad allacciarsi le scarpe da solo -guardando come la nonna allacciava il grembiule dietro la schiena-, sapeva andare in bici senza rotella all'età di quattro anni e riusciva a colpire una lattina di coca-cola distante sette metri con la fionda.
Lovino reputava tutte quelle cose delle conquiste da uomo. Anche se i complimenti per lui esaurivano presto, mentre quelli per Feliciano erano eterni.

“Feliciano ha parlato!” e “Feliciano ha camminato!” oppure “Feliciano sa contare fino a 10” e così via.
Suo fratello non doveva fare nulla da solo.

Lovino perciò si riteneva più forte e coraggioso del fratellino, eppure era ancora un bambino a cui piaceva far dispetti, giocare e mangiare dolci fino a farsi venire mal di pancia.
Sospirò. Le persone a tavola erano tutte di una certa età e nessuno aveva portato figli o nipoti. Loro madre sembrava non farci caso così come loro padre intenti com'erano a ridere e scherzare con i loro ospiti.
I bicchieri per l'acqua erano blu.
Abbassò il capo leggermente per poterci vedere attraverso, vedeva il visino annoiato del fratello. I loro sguardi s'incrociarono. Lovino mosse leggermente le labbra: “Sei blu!”
Feliciano sorrise allegro e subito imitò il fratello.


 

Nel vano tentativo di non essere notato Lovino si era spostato in un lato della stanza. Si era ritrovato davanti a dieci dipinti con varie sfumature di blu.
Inarcò un sopracciglio, Feliciano si era dato da fare con quel colore, riempiendo perfino quelle tele. Nell'angolino in basso vi era un cartellino rosso, segno che erano state comprate.
Lovino guardava quei dipinti senza sapere esattamente cosa pensare. Erano belli, quasi reali, anche se erano blu.
Passò al quinto quadro che rappresentava una donna incinta, la dolcezza che emanava il suo volto aveva di che d'incredibile. Sembrava dire ti amo a quella enorme pancia.
Il ragazzo la superò per posare lo sguardo su uno più piccolo dove due bambini giocavano. Per un attimo il suo cuore smise di battere.
“Ti prendo, ti prendo!” la voce infantile di suo fratello gli riempì la testa, rimbalzando da una parte all'altra come una palla impazzita.
Si portò due dita alla tempia cercando di controllare un inizio di mal di testa, ma era dannatamente difficile annullare quella voce che allegra lo chiamava per poter giocare.
“Le piace?” chiese qualcuno dietro di lui, preso com'era nei suoi ricordi non si era accorto di essersi fermato davanti a quel dipinto.
Non si voltò e digrignò i denti, “Non capisco un cazzo di arte!” l'altro rise di gusto “Oh, ma l'ottanta per cento delle persone presenti non ha la minima idea di cosa vuol dire arte.”
Lovino alzò le spalle, per quel che gli fregava potevano essere tutti dei grandi idioti. “Allora, che ne pensa di questo quadro?”
“È orribile...” mormorò girando il volto da una parte per distogliere lo sguardo, l'altro non proferì parola “...Fa venire tristezza.”
Lo sconosciuto lo affiancò, era un uomo di mezz'età, i capelli neri striati di bianco, le labbra tirate a formare una linea retta.
“Esattamente...” lo sentì soffiare come se non volesse esprimere quel pensiero. Lovino indietreggiò silenziosamente.

Lovino si stava annoiando proprio come suo fratello.
Stare zitti ad ascoltare i discorsi degli adulti non era divertente.

Feliciano sgambettava avanti e indietro, tra la cucina e il salotto cercando qualcosa da fare. Non riusciva a stare fermo.
Si sistemava perfino la finta cravatta che sua nonna gli aveva fatto mettere. Sbuffava in modo che l'alito gli sollevasse la frangetta e camminava tra tutte quelle persone.
Lovino lo guardava seduto sulla propria sedia con la fronte corrugata. Con l'irritazione di vederlo muoversi in continuazione decise di alzarsi.

Lo raggiunse in cucina, era lì che si guardava intorno con quei occhioni da cucciolo spaesato. Era la prima volta per Feliciano stare così a lungo sveglio durante una festa. Per quell'anno sua madre aveva dato il consenso di poter aspettare la mezzanotte. Un anno prima rispetto a quando lo aveva concesso a lui.
“Fratellone!” piagnucolò il più piccolo aggrappandosi al suo braccio “Voglio giocare!” Lovino era si grande, ma ancora un bambino e senza pensarci prese un bicchiere abbandonato sul balcone. Un bicchiere blu, lo posizionò sull'occhio destro e chiuse il sinistro. “Puoi chiamarmi Capitano!” esclamò battendosi un pugno sul petto facendo ridere di gusto Feliciano.
“Si!” fu l'esclamazione di pura gioia.
E il mondo si colorò di nuovo di blu.

Qualcuno andò sbattere contro di lui e Lovino mandò mentalmente a fanculo quella persona. “Oh, mi scusi!” la voce di chi sembrava davvero dispiaciuto.
Il castano sospirò o meglio ringhiò cercando di calmarsi prima di voltarsi. Gli mancò il fiato mentre posava lo sguardo sulla figura dell'imbranato.
Capelli ambrati e occhi marrone scuro, un sorriso sgargiante e lo sguardo da sognatore.
Deglutì rumorosamente cercando di trovare il suo sangue freddo, ma colui che aveva cercato per tutto quel tempo era lì, a pochi passi da lui e non riusciva più a ragionare.
Mosse le labbra in piccoli balbettii silenziosi, improvvisamente si sentiva il palato secco, riuscì solo a pensare a quel nome: Feliciano…
Lo pensò ma non lo pronunciò.
S'irrigidì quando vide il giovane posare -finalmente- lo sguardo su di lui. Il sorriso si spense lentamente riconoscendolo.
Gli occhi castani si spalancarono così come la bocca. Feliciano si ritrovò a tremare impercepibilmente, s'intrecciò le mani e si morse il labbro inferiore cercando di calmarsi.
Respirò a fondo e ingoiò almeno una decina di volte, chiuse perfino gli occhi credendo di avere un'allucinazione. Forse aveva bevuto troppo oppure era stato il tiro che aveva dato allo spinello di Gionata.
Suo fratello però era rimasto lì, rigido come una statua.
“Lo...” deglutì rumorosamente, sciolse la presa delle mani e andò a stringersi le braccia “Lovino...”

Il bicchiere si frantumò sul pavimento in mille pezzi. Feliciano lo guardava con aria sconsolata, delle lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi. “Mi dispiace...” mormorò “Non l'ho fatto apposta...”
Lovino sospirò paziente avvicinandosi, gli asciugò con la mano le lacrime “Va bene! Non ti preoccupare!”
Guardò i pezzettini sul pavimento che riflettevano la luce facendo un disegno sul soffitto di puntini blu e azzurri.
Il loro mondo blu era sparito.

Feliciano guardò la schiena di Lovino piegarsi per raccogliere i cocci.
La porta della cucina s'aprì di scatto, facendo sobbalzare entrambi. Romano li guardava severo, “Cosa succede?” chiese con quel tono forte e autoritario. Il maggiore guardò il fratello, teneva lo sguardo basso e continuava piangere.
“Ho rotto un bicchiere...” iniziò cercando di essere convincente “Stavo giocando e mi è scivolato...” l'uomo aggrottò le sopracciglia “Giocavi con un bicchiere in mano?” lui annuì.
Lo schiaffo gli arrivò forte sul viso facendolo voltare di lato, Feliciano sobbalzò alzando lo sguardo sul suo profilo. Aprì le labbra per dire qualcosa, per bloccare il nonno, ma Lovino ritornò a guardare l'uomo con odio “Non è successo nulla!” l'uomo lo prese per il colletto “Potevi fare male a tuo fratello! Potevi...” non finì la frase che la voce alterata e piena d'ira del bambino riecheggiò tra le quattro mura “Ma non è capitato, non si è fatto male!”
Il piccolo si portò le mani al petto, non era giusto che il nonno punisse Lovino, la colpa era sua…

…È colpa mia! Avrebbe voluto urlarlo. Ma il nonno gli faceva paura quando si arrabbiava. Singhiozzò.
Romano scosse la testa lasciando la presa sul colletto del maggiore, posò le sue forti mani sulle spalle del minore e lo attirò a se. Gli occhi fissi su Lovino l'accusavano di quelle lacrime.
Quando sentirono la porta aprirsi di nuovo capirono che per loro la festa era terminata.

 

 

Angolo dell'autrice:

Ed ecco a voi il terzo capitolo nonché il primo del mese di Gennaio!
Spero di non farvi venire troppo mal di testa e credo che con questo capitolo vi abbia fatto capire abbastanza della mania del blu di Feliciano.
Comunque non è ancora terminata la fanfic e ci sono ancora molti ricordi/segreti da scoprire.
Tanto per chiarire, so che il nonno non si chiama Romano, ma mi sembra azzeccato. Se qualcuno sa il vero nome vi prego di dirmelo, modificherò il capitolo.

Spero di non avervi deluso e di poter ricevere un vostro commento.
Comunque sia un grazie enorme a chi m'incoraggia e a chi legge soltanto!
A presto!

  
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