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Autore: HeisWe    30/07/2015    1 recensioni
Siamo dodici, non siamo molti, ma se resteremo insieme non riusciranno a piegarci.
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rebellion 

Annalise
 

Mi chiamo Annalise e sono una Ribelle. 
Vi chiederete cosa significa, e ultimamente mi sto facendo la stessa domanda. Perché ci stiamo ribellando? Il mondo non è più quello che sembra. Dopo la Terza guerra mondiale, tutto è cambiato. Durante la guerra la gente si è ribellata, sono scoppiate delle rivolte e questo ha infastidito i piani alti del Governo. Il risultato? Centri specializzati nel riportare sulla retta via i criminali facendogli il lavaggio del cervello. Resettare tutti quegli stimoli che inducono a compiere un crimine tramite una serie di trattamenti. 
Dicono che in questo modo il mondo è un posto più sicuro, perché non esistono più ladri o stupratori e siamo tutti brave persone al servizio dello Stato. Il progetto però non è ancora stato esteso a tutta la popolazione. Il progetto siamo noi. 

«Annalise, cancella quell'espressione.» 

Mi volto verso il mio compagno di stanza, Nord, che mi fissa con le sopracciglia inarcate. Nord è un ragazzo di diciannove anni, capelli mossi di un nero lucente e occhi grigi. Viene dall'estremo nord, da qui il soprannome, ma non parla molto di quei posti. Una volta gli ho chiesto se fa freddo lì dove è nato e lui ha semplicemente borbottato: "sono le persone a farti sentire freddo". 

«Che espressione?» 

«Hai la faccia di una che si sta rassegnando a fare la docile cavia da laboratorio. Non dargliela vinta.» 

Mi stendo sul letto, fissando il soffitto e riflettendo su tutto quello che succede in questo posto. Un giorno, più o meno un mese fa, sono venuti a bussare alla porta di casa mia alcuni poliziotti. La guerra era finita da poche settimane e il Paese si stava leccando le ferite, ma la polizia continuava imperterrita il suo lavoro. 

«Annalise Prior?» Aveva chiesto uno di loro. Ad aprire era stato mio padre, così scosse la testa e aprì un po' di più la porta per invitarli ad entrare. Ricordo benissimo il cambiamento di espressione che hanno avuto nel momento in cui i loro occhi si sono posati su di me. Il loro sguardo trasmetteva odio e ribrezzo e io sapevo benissimo perché. Anche mio fratello lo sapeva e per questo si parò davanti a me, mani sui fianchi e un'espressione feroce sul volto. 

«Lasciatela in pace.» 

«Josh, ti prego. Tu non c'entri niente, smettila.» 

I poliziotti non lo degnarono di uno sguardo, invece si concentrarono su di me. 
«Sei accusata di complotto contro lo Stato. Devi venire con noi.» A quelle parole due di loro si staccarono dal gruppo e mi si avvicinarono, uno per lato, per immobilizzarmi e ammanettarmi. Sapevo benissimo come funzionava, dopo tutte le persone che avevo visto venir portate via. Restai ferma, decisa a non reagire e a seguirli. Avevano ragione, avevo complottato contro lo Stato: ero una dei Ribelli, avevo partecipato alle manifestazioni e agli atti di vandalismo per protestare contro la guerra. Ora la guerra era finita, ma come previsto il Paese era in condizioni pessime. Povertà, corruzione ed edifici distrutti dalle bombe. 
Mi lasciai ammanettare sotto gli occhi increduli dei miei genitori e quelli infuriati di mio fratello. Alzai lo sguardo solo una volta, per incontrare quello di Josh. 

«Non lasciare che abbiano la meglio su di te, fratellino. Tu puoi combatterli.» Solo una lacrima era rotolata giù dalle mie guance, solo una piccola crepa nella mia armatura. 

«Annalise!» 

Torno di colpo alla realtà, rendendomi conto che Nord mi sta scuotendo per le spalle. Mi libero dalla sua presa, guardandolo sconvolta. 

«Stavi sussurrando delle cose.» 

Mi metto a sedere accanto a lui sul materasso e gli rivolgo uno sguardo confuso. Non mi è mai capitato di parlare senza rendermene conto o di sognare ad occhi aperti, ma quel ricordo era così reale nella mia testa...

«Cos'ho detto?» 

Lui tiene lo sguardo basso, come se non volesse incontrare il mio. 

«Continuavi a ripetere 'tu puoi combatterli'.» 

Non rispondo. Guardo l'ora che segna la mia sveglia e scopro che tra qualche minuto dobbiamo andare a cena. Ho bisogno di incontrare gli altri e scoprire che stanno tutti bene, che non hanno subito nessun trattamento. Siamo in dodici qui, sei ragazzi e sei ragazze, e siamo tutti Ribelli. Il Governo ha deciso che, se proprio deve usare degli esseri umani come cavie, noi traditori siamo la scelta migliore. Sacrificabili, ecco come ci considerano. Quelli che sono qui da più tempo si sono guadagnati dei soprannomi, come Nord. Potrebbero passare per qualcosa di carino e dolce, ma in realtà è solo un modo per ricordarci che la nostra vecchia vita non esiste più. Vogliono cancellarci dalla faccia della terra, vogliono resettarci a loro piacimento. Cominciano rubandoci la casa, poi le abitudini, il nome e infine ti prendono l'unica cosa preziosa che hai: la personalità. 

«Sei preoccupata?» 

La mano fredda di Nord stringe la mia e io mi ritrovo a fissare le nostre dita intrecciate. La sua pelle è sempre così fredda, sembra quasi un vampiro. In più i suoi capelli scuri risaltano sulla pelle quasi bianca e le labbra sono di un rosa chiarissimo. Cerco di sorridergli, stringendogli a mia volta la mano. 

«È solo che non sappiamo mai se stanno tutti bene finché non raggiungiamo la mensa.» 

Lui annuisce, passandosi l'altra mano tra i capelli e sospirando. «Lo so, Ann. Sono qui da nove mesi e ho avuto parecchi compagni di stanza. Tu sei quella che è durata di più.» 

Non riesco a reprimere un brivido al pensiero. Nove mesi qui dentro. Io sono arrivata un mese fa e già mi sembra di non avere mai avuto una vita prima di questa. È quello che vogliono. È questo il loro scopo: spingerci a dimenticare tutto quello che è successo prima dell'arresto. 

«Come hai fatto a sopportarlo?» 

«Non ho mai ceduto. Non ho mai smesso di essere un Ribelle.» 

Sospiro quando sento il suono assordante della campanella che ci comanda di andare a mangiare alla mensa. Mi alzo, improvvisamente ansiosa, e mi affretto verso la porta. Nord mi afferra all'improvviso per un braccio, facendomi voltare verso di lui. 

«Non smettere mai di ribellarti, Annalise. Tu puoi combatterli.» 

Raggiungo la mensa quasi di corsa, con Nord che cerca di tenere il mio passo. Appena spalanco le porte comincio a contare freneticamente il numero di persone presenti. Uno, due, tre... dieci! Ci siamo tutti. 

«Ehi, piccola Annie! Unisciti a noi!» Mi volto verso Carter, indecisa se accettare il suo invito o no. Di solito mi siedo sempre accanto a Nord, che preferisce evitare gli altri Ribelli, e finiamo sempre per mangiare da soli. Io conosco gli altri perché durante le nostre ore libere stiamo sempre insieme, ma in mensa non abbandono mai il mio compagno di stanza. Il sollievo di rivederli tutti vivi, però, è talmente tanto che per un momento esito. Nord, attento come al solito, se ne accorge. 

«Puoi andare, se vuoi,» mi sussurra all'orecchio. 

Mi volto verso di lui, quasi implorandolo con lo sguardo. «Vieni con me, dai! Siamo tutti sulla stessa barca qui dentro.» 

Nord mi guarda per un momento, poi sorride e scuote la testa. Lo fisso mentre si incammina a prendere un vassoio e poi comincia a riempirlo di cibo. Io aspetto in mezzo alla stanza, decisa a trascinarlo di peso al tavolo con gli altri. Non appena vedo che ha raggiunto il limite massimo di piatti consentito, mi muovo in fretta verso di lui e lo afferro per il polso. 

«Che fai? Rovescio tutto così!» 

«Vieni con me e il cibo non si farà male.» 

Nord mi congela con lo sguardo, un'altra delle tante cose di lui che urlano 'freddo'. Nonostante ciò, mi segue mentre mi incammino verso il tavolo di Carter. 

«Ehi, dolcezza, ce ne hai messo di tempo!» 

Gli sorrido, occupando la sedia davanti a lui e aspettando che Nord si accomodi accanto a me. Faccio scorrere lo sguardo sugli altri Ribelli seduti al nostro tavolo, salutandoli uno per uno. Siamo dodici, non siamo molti, ma se resteremo insieme non riusciranno a piegarci. 

«Dov'è Erin?» chiedo non trovandola seduta con noi. 

«Da questa parte! Ti ho portato qualcosa da mangiare, dato che non ti sei presa neanche il vassoio.» 

La ringrazio e comincio a mangiare quello che mi ha portato, decisamente affamata. Sento Nord rilassarsi sempre di più accanto a me, anche se resta comunque in silenzio e si rifiuta di alzare gli occhi sugli altri.

«Allora, Nord. Il tuo è solo un soprannome, giusto?» gli chiede di punto in bianco Heather, un'altra delle ragazze del gruppo. 

Nord solleva la testa di scatto dal suo piatto, sorpreso che qualcuno si sia rivolto a lui. Tra i Ribelli lui è quello più temuto e solitario, nonché più rispettato ed ammirato. È qui da nove mesi, da prima che la guerra finisse, ed è stato il primo a mettere piede in questo posto. 

«Sì, non mi chiamo davvero così.» 

Noto subito l'esitazione della mia amica, palesemente a disagio sotto lo sguardo freddo e accusatorio di Nord. Non è colpa sua, è fatto così. Ammiro il coraggio di Heather, che decide di continuare a porgli domande nonostante tutto. 

«E quale sarebbe il tuo vero nome?» La ragazza appoggia i gomiti sul tavolo e si sporge verso di lui, con il mento sulle mani. I suoi capelli castani sono lisci e lucenti come la seta, mentre i suoi occhi sono quasi gialli. Mi ha sempre ricordato una gatta, pronta a farti le fusa e a graffiarti nello stesso momento. 

«A dire il vero, non me lo ricordo.» Mi volto verso di lui, spaventata per il suo tono. Non riesco ad incontrare il suo sguardo, perché lo tiene puntato sul tavolo mentre stringe le mani a pugno fino a far diventare le nocche bianche. Allungo una mano senza sapere bene cosa fare, ma lui capisce le mie intenzioni e si sposta di scatto, alzandosi dalla sedia e dirigendosi quasi correndo verso la porta. 

«Nord!» mi ritrovo ad urlare, ma lui mi ignora. In un attimo è fuori dalla stanza, scomparso dietro le enormi porte bianche che non potremmo mai varcare prima del suono della campanella, in realtà. 

«Accidenti, Heather!» Agnes le schiaffeggia il braccio, ma la ragazza non reagisce. Anche lei è rimasta sconvolta dalla reazione di Nord e probabilmente si sentirà in colpa.

«Scusate. Io non volevo...» 

«Non importa, Heather. Mi chiedo perché abbia agito così...» 

«Non si era accorto di essersi dimenticato il suo nome. Non te ne accorgi mai, quando dimentichi qualcosa, e quando lo fai ormai è troppo tardi. Dimenticarsi il proprio nome è traumatico, Annalise, talmente traumatico da spingerti a infrangere le regole pur di allontanarti dal mondo.»

Mi volto verso il ragazzo che ha parlato, Fox, l'unico altro Ribelle al quale hanno rubato il nome. È qui da due mesi, in realtà, ma con lui ci sono andati pesante. 

«Cosa gli faranno?» 

Fox mi guarda. Si potrebbe intuire subito il motivo del suo soprannome: ha i capelli arancioni e gli occhi verdi, un milione di lentiggini gli punteggia il viso e il suo naso è leggermente a punta. In realtà, non è per questo che viene chiamato 'Volpe'. Ha un'intelligenza fuori dal comune ed era una delle colonne portanti della Ribellione. 

«Trattamento.» 

Trattengo il fiato, ripensando al mio primo e unico trattamento. È stato come un incubo infinito e quando mi sono svegliata quella sensazione di inquietudine non mi ha abbandonato, neanche adesso. So che Nord non viene sottoposto a un trattamento da più di un mese e ho paura di quello che potrebbe succedergli. 

«Impazzirà, Annalise. Darà di matto, soprattutto dopo tutto questo tempo passato senza trattamenti. Devi stargli il più lontano possibile, mi hai capito? Stai lontano da lui quando torna, almeno fino al giorno dopo.» 

Annuisco piano, troppo preoccupata e terrorizzata per formulare una frase. Nord, che cosa ti faranno? 

 


 


 


 

 

   
 
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