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Autore: _io_sono_infinito_    31/07/2015    1 recensioni
Sento che mi guarda, sento il suo sguardo passarmi addosso, mi stringe sempre a se e mi accarezza dolcemente i capelli
"Sono come la pioggia. A volte calma, a volte disastrosa. A volte silenziosa, a volte rumorosa. Odiata da molti, amata da pochissimi." Gli dico mentre, appoggiata sul suo petto caldo, ascolto il suo respiro.
"A me piace la pioggia" dice lui rivolgendomi un sorrisetto malizioso.
"Caleb Johnson, non ci starai mica provando con me!"
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Cammino barcollante per la strada, illuminata dalla luce offuscata di un lampione malandato.
La pioggia mi bagna il viso facendomi colare il trucco ormai liquefatto sulle guance rosee.
Non mi sono mai sentita così prima d'ora, devo avere un aspetto trasandato, caotico.
Mi fanno troppo male le scarpe per continuare a camminare, decido di levarle procedendo a piedi scalzi.
L'odore dell'asfalto bagnato mi ricorda le giornate d'autunno, sicuramente non è la tipica nottata estiva dal cielo limpido e le stelle ben visibili.
Intorno a me un turbinio di alberi si muovono a tempo col vento, caldo e irruente, a terra una pozzanghera mostra il mio riflesso torbido.
Il mio stato d'animo è pari al caos che mi circonda.
Finalmente raggiungo la casa di April, dista due isolati dalla mia.
Le gambe indolenzite mi permettono di reggermi in piedi per miracolo.
Busso con tutta la forza che mi rimane in corpo.
Nell'attesa che qualcuno mi apra comincio a non sentirmi bene, non sento più il rumore delle foglie che si trascinano a terra, non sento più il rumore che provoca il vento, solo un insieme di suoni poco definiti, mi sento come dentro una bolla di sapone, senza riuscire ad uscirne, non distinguo i colori, le forme, la mia vista si offusca.
Finalmente qualcuno spalanca la porta e, senza nemmeno guardare chi ho davanti mi abbandono a me stessa gettandomi addosso all'ignoto che mi ha aperto.
 
 
Mi sveglio di soprassalto cercando di ricordare qualcosa, innanzitutto, perché sono a casa di April?
E per quale motivo sono ricoperta di dentifricio?
Mi rigiro tra il lenzuolo, una fitta alla testa mi stordisce.
Ho voglia di dormire ancora e non riesco quasi ad alzarmi.
Un nodo alla gola mi impedisce di rimanere a poltrire.
Acqua, ho bisogno di bere.
Mi accorgo di una bottiglia affianco al letto, l'afferro e comincio a bere a canna. 
Quando mi stacco dalla bottiglia cerco di trattenere un conato di vomito e, stravolta, mi butto sul letto.
Vedo spuntare dalla porta della camera due occhietti attenti, color miele.
"Buongiorno" mi saluta una voce dolce e solare.
Guardo April negli occhi e faccio una smorfia che le faccia intendere il mio stato d'animo, lei si sposta una ciocca di capelli dorati dietro l'orecchio e poi mi guarda, con quelle ciglia lunghe che la fanno sembrare ancora più ingenuo di quanto lei sia realmente.
"Postumi della sbornia?" Chiede, io non rispondo, mi limito a fissare il soffitto.
"Io te lo avevo detto di non andare alla festa Emily" le piace rinfacciarmi i miei errori affermando "te lo avevo detto" e in effetti ogni volta che me lo dice finisce di aver ragione.
Io le tiro un occhiataccia ed infilo la testa sotto il cuscino.
"Perché sono piena di dentifricio?" Chiedo con un fil di voce da sotto il cuscino.
"Ieri notte volevi a tutti i costi farti una doccia, eri troppo sbronza per riuscire a lavarti e di sicuro non lo avrei fatto io, quindi io ti ho detto che eri pulita e non avevi bisogno di farti la doccia, ma tu non hai voluto darmi ascolto e, per dimostrarmi che dovevi lavarti, ti sei spalmata il dentifricio ovunque. Eri ingestibile!"
"Ah" sono perplessa, la mia stupidità arriva a tali elevati livelli?
"Ora vado a prepararti una tisana rilassante, tu riposati" Dice chiudendosi la porta alle spalle, io annuisco e mi giro su un lato.
Sto per addormentarmi quando una voce calda e profonda interrompe la tranquillità che si stava creando attorno a me.
"Ciao" mi saluta Caleb, il fratello di April.
Io mi metto dritta con la schiena, per poterlo vedere, raggruppo le gambe al petto e saluto a mia volta.
"Ei" gli rivolgo un sorriso malinconico.
Lui è davvero un bel ragazzo.
È molto alto, più alto di me di almeno 15 centimetri, ha un fisico del tutto proporzionato, infondo ha vinto una borsa di studio grazie ai suoi avanzati livelli sportivi.
Ora va alla Princeton University, ed è il capitano della squadra di Football, i Tigers.
Ha i lineamenti simili a quelli di sua sorella, si assomigliano molto.
Con la differenza che lui ha degli occhi che tolgono il fiato.
Un grigio cenere tendente al blu, a volte alla luce sono completamente blu, altre una via di mezzo. Ma non è solo il colore che colpisce.
Sa bene come farti capire le proprie emozioni attraverso gli occhi quel ragazzo.
Ha quattro anni in più di me e ha la fama di essere un donnaiolo, il che non mi sorprende viste le sua abilità nel rimorchiare una ragazza.
Lo conosco da quando sono piccola, in prima media ero innamorata persa di lui, ovviamente era troppo grande per considerarmi però a volte parlavamo insieme.
"Come stai?" Mi chiede rispondendo al mio sorriso.
Rimango un attimo a fissare le fossette che gli sono comparse sulle guance.
"Credo bene.."
"Menomale, sai ti ho portata io in camera, subito mi sono preoccupato, poi ho capito che era una semplice ciucca, roba da ragazzi"
Annuisco.
"Però, sono appena iniziate le vacanze e sai già come divertirti" mi dice ridendo
"Fidati non c'è nulla di divertente nel stare a letto con una terribile emicrania e una voglia di vomitare da un momento all'altro" ammetto io.
"Dai sei fin tenera con quel muccio spettinato!" 
"Non mi sono nemmeno guardata allo specchio" gli dico ridendo 
"Tranquilla, sei bella anche struccata e con le occhiaie" sorrido nel sentirmi dire una cosa così dolce.
"Grazie" ringrazio sorridendo.
"Beh, ora vado" mi dice facendo un cenno con la mano, io ricambio il cenno e aspetto che esca dalla camera.
Non so se diceva sul serio, insomma, chi può essere bella dopo una serata come la mia?
Probabilmente l'avrà detto giusto per gentilezza.
Vado verso lo specchio per vedere in che condizioni sono e osservo il riflesso di una me spossata, i capelli legati in un muccio disordinato, un paio di occhiaie così evidenti che potrei essere scambiata per un panda e gli occhi stanchi.
Ovviamente non sono in forma smagliante.
Noto solo in questo momento che ho addosso una felpa dei Tigers con il logo della Princeton University scritta con i colori della squadra, arancione e nero.
Sarà sicuramente di Caleb, è almeno tre taglie più della mia però mi piace.
Decido di darmi una sistemata, entro in bagno e mi lavo il viso, sciacquo i denti con del collutorio ed infine scendo per le scale, diretta in cucina.
April mi ha già preparato una pila di pancakes e una tazza di tisana.
Mi siedo su uno degli sgabelli e afferro lo sciroppo d'acero.
"Scusami per tutto il casino che ti ho causato ieri notte" dico ad April.
Lei alza le spalle.
"Non importa, però non farlo più, eravamo spaventati."
"Eravamo?" Chiedo io
"Certo, io e Caleb"
"Era preoccupato?" Chiedo quasi incredula, addentando un pezzo di pancake
"Ovviamente, non ti dico in che stato eri" rimango in silenzio sorseggiando la mia tisana 
Caleb entra in cucina per prendere del caffè.
Lo guardo mentre, attento, versa del caffè nella sua tazza.
Nel frattempo April afferra la sua borsa e prende le chiavi della sua auto.
"Io esco" annuncia
"Dove vai?" Le chiedo 
"Esco con un amico, tu rimani pure a casa, tornerò tra poco" risponde uscendo.
Caleb la osserva con disgusto
"Odio quel tizio, non mi sembra adatto per mia sorella" io faccio spallucce non avendo nemmeno notato il ragazzo e non sapendo le sue sembianze, mi alzo da tavola, prendo il piatto e lo sciacquo sotto il lavandino.
Vado sul porticato e mi siedo sul divano a dondolo, respiro lentamente, percepisco ogni profumo nell'aria, sento ogni mio muscolo rilassarsi come se qualcosa mi avesse improvvisamente sollevata da un incarico spiacevole.
Caleb mi osserva, si siede affianco a me.
"Quando la smetterai di fare sempre qualcosa che danneggi te stessa?" Mi chiede guardandomi fisso negli occhi, io quasi non riesco a sostenere il suo sguardo
"Faccio tutta questa merda per gli altri, e dopo, mi sveglio e sono vuota. Non ho nulla, mi caccio sempre in queste fottute situazioni. Do tutto alle altre persone e non ottengo nulla." Rispondo quasi con le lacrime agli occhi.
Guardo il cielo, è limpido e senza una nuvola, come se il temporale della scorsa notte fosse stato un allucinazione, anche se ancora gira un venticello freddo.
Guardo la felpa che indosso.
"Ti piace la mia felpa dell'università?" Mi chiede lui sorridendo
"Molto" rispondo "per questo ora è mia" 
Lui scuote la testa ridendo
"L'intento era proprio si regalartela." Mi risponde ammiccando.
Io rido a mia volta e gli tiro un pungetto sulla spalla.
Lui allora comincia a farmi il solletico, io cerco di dimenarmi per sfuggirgli ma non riesco a liberarmi.
"Smettila ti prego!" Dico stremata.
Lui allora mi blocca e mi stringe al suo petto poi mi bacia la fronte.
"Sei bellissima" mi sussurra all'orecchio
"Assolutamente no." Smentisco io categoricamente
"Fin da piccola pensavi di non essere bella, quando è evidente che tu lo sia. Non sei mai riuscita ad accettarti per colpa dei pensieri che la gente ti ha messo in testa."
A quelle parole rimango zitta, non posso certo ribattere, dopotutto è la verità.
"Ti guardo a volte quando sei in giro. Nascondi la parte migliore di te, sembra quasi che tu abbia paura di prendere un iniziativa o di mostrare te stessa." Mi dice lui
"Perché io sono così, ho sempre la consapevolezza e la sensazione angosciante che quello che faccio non sia mai la cosa giusta" Sento che mi guarda, sento il suo sguardo passarmi addosso, mi stringe sempre a se e mi accarezza dolcemente i capelli
"Sono come la pioggia. A volte calma, a volte disastrosa. A volte silenziosa, a volte rumorosa. Odiata da molti, amata da pochissimi." Gli dico mentre, appoggiata sul suo petto caldo, ascolto il suo respiro.
"A me piace la pioggia" dice lui rivolgendomi un sorrisetto malizioso.
"Caleb Johnson, non ci starai mica provando con me!" Dico ironica
Lui si mette a ridere, si alza adagiando la mia testa su un cuscino del dondolo e poi entra in casa.
Non capisco, non so cosa pensi di me, sono ancora una bambina nella sua idea.
Non potrei mai piacere ad un ragazzo del college. 
Tanto meno a lui.
Devo togliermi dalla testa questo insano pensiero. Devo evitare di affezionarmi troppo a lui, che poi si sa, uno dei due se ne va. 
 
 
 
  
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