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Autore: Aru_chan98    31/07/2015    1 recensioni
"Mai giudicare un libro dalla copertina" è un detto che Alfred si sente spesso dire ma che raramente mette in pratica. Ma sarà ancora così riluttante ad andare oltre le apparenze dopo aver letto il contenuto di cinque libri scolastici, scritto dal precedente proprietario dei libri?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non vedo l’ora di domani! Domani saremo in viaggio verso la bellissima spiaggia di Los Angeles, lasciandoci alle spalle il caldo insopportabile che c’è qua in città. Non importa se lascio qui i miei amici, sono certo che ne troverò altri in spiaggia e chissà, magari anche una bella relazione estiva con una bella ragazza. Tanto quasi nessuna resiste al fascino dell’eroe, forse anche A.K. lo subirebbe. Ma perché penso a lei adesso? Sono giorni che mi capita ormai, non importa dove sono o cosa stia facendo, mi viene quasi spontaneo pensare a lei. Scaccio via questi pensieri per l’ennesima volta e mi concentro sul mio videogioco di zombie: non m’importa se la mamma vuole che facciamo le valigie il prima possibile, non ho alcuna intenzione di andarmene prima di averlo finito. Ne va del mio orgoglio di gamer. Dopo un quarto d’ora di concentrazione estrema, tentativi andati a vuoto, imprecazioni e altro, riesco a battere il boss finale e, mentre i titoli di coda cominciano a scorrere sullo schermo della tv, mi lascio cadere all’indietro, finendo per fissare il soffitto beige: una volta era dipinto di blu e c’erano delle stelline luminose attaccate. Io e Matt avevamo passato un giorno intero a discutere di come le avremmo attaccate, finendo quasi per litigare, quando avevamo sette anni. Ma alla fine ci divertimmo un mondo ad attaccarle e ogni sera, dopo che la mamma se n’era andata dopo averci rimboccato le coperte, immaginavamo di essere astronauti che vagavano per lo spazio. È uno dei ricordi della mia infanzia a cui tengo di più. Ma una volta arrivati ai quattordici anni, i nostri genitori decisero che eravamo troppo grandi per quelle decorazioni infantili, così le staccarono e ridipinsero il soffitto. La sera stessa in cui successe, il nostro viaggio come astronauti finì, essendo atterrati in un posto dove le stelle non esistevano più. Fu una delle poche volte in cui piansi, anche se nessuno a parte mio fratello lo sa. Mi chiedo se anche A.K., nello scrivere, si sia mai messa a guardare il soffitto o un oggetto a lei caro che ora non c’è più. “Non dovrei chiedermi cose così tristi, non è da me” mi dico, rialzandomi da terra e spegnendo la console. Se continuo a pensare a cose così profonde mi verrà il malditesta, quindi penso sia meglio fare la valigia come ha chiesto la mamma ed evitare ogni sorta di guai. Non ci metto molto a decidere quali magliette, pantaloni, fumetti e scarpe metterci dentro, ma non la posso ancora chiudere: mancano alcune cose che andrò a prendere più tardi, e farò meglio a non farmi vedere da nessuno mentre le metto in valigia. “Tesoro, hai finito con i bagagli?” mi chiede la mamma, entrando in camera per vedere se ho fatto quello che mi ha chiesto quasi un’ora fa. “Yes mum” le rispondo con uno dei miei sorrisoni: una piccola bugia non fa male no? “Vai a salutare i tuoi amici?” mi chiede, appoggiandosi allo stipite della porta. “Ci sono andato ieri, però devo restituire una cosa a Kiku e devo farmi dare una cosa da un’amica” “Chi? La tua ragazza?” s’intromette Matt. Devo ammettere che non mi aspettavo fosse lì e di esser sobbalzato leggermente “Ma da dove salti fuori tu? Non eri andato ad aiutare papà con il navigatore?” gli chiedo, vedendolo seduto sul suo letto. Giuro, non ho la più pallida idea di quando sia entrato. “Sono arrivato mentre facevi le valigie petit frère “ “Fermi un attimo. Alfred, da quando avresti la ragazza?” ci interrompe mamma. “Non ho nessuna ragazza ma’! È soltanto un’amica, sono pronto a giurarlo sugli hamburger se vuoi” le rispondo e lei tira fuori uno dei suoi sorrisetti furbi e se ne va con un “Uhmmm, ok”. “Thank you very much bro. Adesso mamma andrà in giro a dire che ho la ragazza o che so io. “Contento adesso? Dopo questa, la mamma rovinerà sicuramente tutti i miei tentativi di provarci con le ragazze della spiaggia” “Beh, almeno adesso siamo pari” mi dice lui, con totale nonchalance. “Di che stai parlando?” “Lo sai che almeno per un anno volevo scegliere io dove andare in vacanza. Lo sai che ci tenevo ad andare a Montréal. E invece no, benvenuta LA” mi risponde e stavolta si alza dal letto. “Non ci voglio andare in Francia ok? È troppo lontana da casa e non mi piace il cibo” “Montréal è in Canada, scemo” “No, non è vero! È in Francia” “Controlla su google maps se non mi credi” “Ti sei dimenticato che non abbiamo internet da tre giorni?” rispondo, tirando fuori il cellulare e mostrandogli che non c’è internet. “E il mappamondo gonfiabile?” “L’ho usato per giocare a palla col cane dei vicini”. A questo punto, Matthew comincia a guardarsi intorno e ad un tratto si avvicina al mio letto, per poi tirare fuori dalla mia pila di libri quello di geografia. “Se controllassi io manco mi crederesti, quindi tieni, controlla pure” mi dice, lanciandomi il libro, che io prontamente afferro. Apro le ultime pagine del libro e cerco la cartina del Canada: preparati fratellino, stai per fare la più grande figuraccia possibile. Ma mentre cerco il nome della città dove mi dice Matt, noto con la coda dell’occhio qualcosa scritto in nero vicino alla scritta “Oceano Atlantico”: “But it’s ok to have a necrothic heart, as long as you have a source of happiness left”. Impallidisco non appena mi rendo conto che quella è la calligrafia di A.K. “Che succede Al? Sembrerebbe quasi che tu abbia visto un fantasma” mi dice mio fratello e io mi appresto a rispondere “Quale fantasma? Non chiedere cose strane. Comunque, maledizione, hai ragione”. Grazie al cielo Matthew sembra soddisfatto con la mia risposta, o almeno credo lo sia, perché comincia a farmi una ramanzina sull’importanza di sapere la posizione delle città del mondo e altre cose, ma non riesco a concentrarmi su quello che dice: questo è il quarto libro di A.K. che trovo. Un altro frammento del suo cuore è nelle mie mani in questo momento e sono maledettamente curioso di sapere di cosa si tratterà stavolta, ma allo stesso tempo sento una specie di pressione sul cuore. Forse sarebbe il caso di andare dal dottore prima di partire, non vorrei stare male prima di partire o mentre sono là. “Mi stai ascoltando almeno?” la voce di Matt riesce a fare breccia nei miei pensieri, così tiro su la testa e gli rispondo “Of course not!”, per poi correre al piano di sotto prima che l’ira di mio fratello mi raggiunga.


Nel pomeriggio infilo nel mio zaino il gioco di Kiku, le mie cose ed esco di casa, prendendo la mia bici. Nello zaino ho infilato anche il libro di geografia, perché sono sicuro che Matt sospetti che ci sia qualcosa che non va e non voglio che scopra A.K. La prima tappa del mio viaggio è la biblioteca: intendo mantenere il mio proposito di leggere i libri di A.K., anche se non sono esattamente il tipo di persona a cui piace leggere, ma ci devo provare, per lei. Parcheggio la mia bici fuori dalla biblioteca cittadina e, dopo qualche attimo d’esitazione, entro nell’edificio. Non è che non sia mai entrato in una biblioteca, però farlo dopo così tanto tempo mi lascia stupito davanti alla quantità immensa di libri contenuti al suo interno. Mi dirigo verso il bancone d’entrata, dove due persone, una signora sulla quarantina e un ragazzo che mi da le spalle, stanno sedute a lavorare. La signora sembra discutere di qualche affare importante al telefono, così preferisco chiedere informazioni al suo collega. “Mi scusi, mi servirebbe il suo aiuto” dico e il ragazzo si gira verso di me. “Antonio?! Ma che ci fai qui?” esclamo e la signora mi fa segno di abbassare la voce. “Non pensavo fossi un topo di biblioteca” gli dico, abbassando la voce questa volta. “Infatti hai ragione. Sto solo sostituendo un amico, che non sta bene, per un paio di giorni. Allora, cosa posso fare per te?” mi risponde, sempre senza smettere di sorridere. “Well, dovrei prendere questi libri in effetti” dico e gli porgo il mio telefono, per mostrargli la lista dei libri che ho scritto nelle note. Mi dice di aspettare qualche minuto e, dopo essersi alzato, sparisce tra gli scaffali della biblioteca. Passati dieci minuti lo vedo tornare, con almeno sette libri in mano. “Questi sono tutti quelli della lista che abbiamo noi. Gli altri devi ordinarli invece” mi dice, appoggiando i libri sul bancone e riprendendo il suo posto. Non ho una tessera della biblioteca, così rimango in biblioteca più a lungo di quello che pensassi per compilare tutti i documenti e poter finalmente infilare i libri nel mio zaino. Una volta a casa dovrò pensare a come nasconderli: se la mia famiglia mi vedesse leggere qualcosa di diverso da un fumetto sono sicuro che s’insospettirebbe, meglio non rischiare. Monto in sella alla mia bici e mi dirigo a casa di Kiku. Fortunatamente non vive lontano dalla biblioteca, così in poco tempo sono sotto casa sua. Premo il campanello di casa e dopo qualche minuto la porta si apre e il mio amico compare sulla soglia. “Oh, ciao Alfred-kun. Come mai da queste parti?” mi chiede e sono sicuro che sia un po’ sorpreso, anche se non lo mostra. “Domani parto e sono passato per restituirti il gioco che mi avevi prestato due mesi fa” rispondo, aprendo lo zaino per prendere il gioco. “Come mai tutti quei libri? Non pensavo leggessi cose più impegnative dei fumetti” mi dice, mentre gli porgo il gioco e lui lo prende. “Well… un’amica mi ha consigliato di leggerli, così ho pensato che sarebbe stato carino accontentarla” gli rispondo, anche se mi sento un po’ in imbarazzo: Kiku è molto sveglio e sono sicuro che abbia già capito la situazione in un certo senso. Mi preparo a sentirmi chiedere nuovamente se è la mia ragazza, ma invece lo sento dire “Allora dovresti leggere con molta attenzione quei libri. Se una persona ti chiede di ascoltare una canzone in particolare o di leggere un determinato libro, molto spesso significa che vuole che tu capisca come si sente o anche solo per dirti qualcosa che non avrebbe mai il coraggio di dire a voce. Non dimenticarlo” “Sure thing! Adesso devo proprio andare. Grazie del consiglio, ciao” dico e comincio a pedalare verso casa. Le parole di Kiku continuano a ripetersi nella mia testa, e nemmeno i Rolling Stones riescono a coprirle. Allora avevo ragione, quella ragazza cercava aiuto, ma non sapeva come dirlo o forse… a chi dirlo. Meglio concentrarsi sulla strada prima di fare qualche incidente: non mi va di guardare Mattie che fa il bagno mentre io sono bloccato con un braccio rotto.


Finalmente è arrivata la notte e tutti dormono. All’alba partiremo, ma io proprio non riesco a prendere sonno. Continuo a pensare alle parole di Kiku e a cosa possa esserci nel libro di geografia. Alla fine mi stufo di rigirarmi nelle coperte senza prendere sonno, così mi alzo, tiro fuori il libro di geografia dal mio zaino, prendo una torcia e mi dirigo verso la finestra, con tutta l’intenzione di salire sul tetto. Anche quando ero più piccolo salivo spesso lì, mi aiutava a pensare meglio. Come sempre l’aria è più fresca quassù e, stando attento a dove metto i piedi, mi siedo vicino al camino. Il cielo stanotte è particolarmente limpido, mi viene da pensare al mio soffitto di stelle e quasi in automatico alzo una mano al cielo. Che sto facendo? Sono qui per poter riflettere, non ammirare le stelle. Impugno la torcia e alla sua luce comincio a sfogliare il libro, notando una cosa molto insolita: la maggior parte delle pagine è bianca. Mi sembra strano, visto che nell’ultima pagina c’era quella scritta in penna. Che me la sia immaginata? Vado alla prima pagina e, sotto le iniziali della mia “amica”, trovo una lista di pagine, che controllo alla svelta. (Pag.16) “I’ve waved goodbye to my yesterday’s self with my hand, as I was making my first step towards the future”. Questa frase mi piace, ma ho paura che sia solo la calma prima della tempesta. (Pag.20) “I think that you’re the one who is bounded to fairytales. I know how reality works, or rather that no matter what you do, you have to prepare yourself to being beaten by life”. Infatti eccone una triste, spero solo che non ce ne siano di preoccupanti. (Pag.45) “Everyone says that no one can live alone, so why everyone thinks that it doesn’t count for me too?”. (Pag.58) “They are innocent while I’m the bad guy; they are perfect while I’m the rotten apple. I can’t stand them because they’re not good guys, they’re wolves in disguise, while I may look like a devil, but like all the other ones, I was an angel before”. Non credo che le persone di cui parli siano brave persone A.K. e non capisco come tutti si siano lasciati ingannare, se scrivi in questo modo. Non ci credo che lei si definisca un diavolo, sono convinto che sia una ragazza stupenda e incredibilmente dolce e che tutti i suoi compagni fossero solo invidiosi di lei. (Pag.73) “I’ve tied my heart to people who don’t exist in fear to lose it, but in the end, even if nobody was no long here it wouldn’t make any difference… I’m so alone that it doesn’t make difference”. (Pag.115) “I think that being hopelessly in love with someone is the worst of the misfortunes”. La cosa che mi preoccupa è il lasso di tempo che è passato dall’ultima frase, ma sopratutto mi preoccupo per questa. Da quanto ho capito grazie al libro di matematica, verso Novembre si è innamorata di un ragazzo, e questa frase rafforza la mia convinzione che non sia andata bene tra loro. Mi verrebbe da prendere a pugni il ragazzo che l’ha fatta soffrire così tanto: per quanto sembra amarlo lei, lui non la meritava affatto. (Pag.122) “I feel like I’m sinking into darkness. I can see the bubbles made by my breath rising to the surface. I can’t see anything... Is this ocean endless?”. (Pag.129) “I just wanted a normal life like everyone else. Well, I didn’t ask for Heaven, but at least not Hell”. (Pag.133) “You can’t do much but to go on, hoping that memories will fade away and pain and missing would stop…”. Mi chiedo cosa le sia successo il giorno in cui a scritto questa frase. (Pag.148) “If all the tears that I’ve cried in this nineteen years could fill a bathtub, I would use it to drown my heart in it: if it died, my life would be surely more happy”. Ho paura che questa l’abbia scritta il giorno in cui lui l’ha lasciata, ma credo ce l’abbia anche con tutti gli altri. Nessuna frase aveva un titolo tra parentesi, non posso che pensare che queste frasi le abbia scritte lei di suo pugno. Sono tutte talmente tristi che mi sento male per lei. E arrabbiato, molto, con tutti quelli che l’hanno trattata male, perché se qualcuno si fosse degnato di conoscerla, quelle frasi non sarebbero mai state scritte. E se quel bastardo del suo ragazzo non l’avesse lasciata, probabilmente lei non si sarebbe depressa al punto da pensare che senza un cuore sarebbe stata meglio. E sono deluso, da me stesso. Come eroe avrei dovuto capirlo, vederla tra la folla e aiutarla, perché un vero eroe non salva le persone solo da quello che le minaccia esteriormente, ma le salva anche da sé stesse. E lo so che è difficile, e che forse non dovrei prendermela così tanto, ma mi sento inutile per non aver potuto aiutarla. So cosa significa non essere accettati, avrei potuto salvarla da se stessa, se solo fossi riuscito a capire chi fosse tra la folla che ogni giorno passava davanti ai miei occhi. Sono proprio un eroe deludente. Non riesco a non sentirmi così, e la stretta nel mio petto si fa davvero dolorosa. Ma poi, le parole di Kiku mi ritornano in mente: spero che un giorno A.K. possa perdonarmi per il mio pessimo lavoro come eroe. Ma non me ne starò con le mani in mano, guadagnerò quel perdono, e lo farò cercando di afferrare fino in fondo il messaggio che quei libri e quelle canzoni, che una volta ascoltava, trasportano per lei. Voglio riuscire a capirla, come nessuno ha mai voluto fare, e in qualche modo sento che è la cosa giusta da fare. Alzo gli occhi al cielo, e in quel momento cedo una stella cadente. “A.K. perdona il mio lavoro deludente. Ti prometto che cercherò di capirti, così un giorno, anche se non dovessimo mai incontrarci, tu potrai perdonarmi di non averti notata. Aspetta e vedrai, un vero eroe rispetta sempre le sue promesse!” e una volta conclusa la frase mi viene da sorridere, anche se non so bene perché, ma lo faccio, e non smetto nemmeno dopo essere sceso dal tetto ed essere tornato nel mio letto, in attesa della partenza per la bella Los Angeles.




Piccolo Angolo dell'Autrice:
Grazie al cielo EFP funziona di nuovo ^w^ Questo capitolo è un po' più corto degli altri (e spero non scritto peggio), ma non ho potuto farci niente: continuo a pensare al finale e non riesco a concentrarmi sul capitolo corrente. Questa volta le frasi utilizzate non sono citazioni, né altro, solo puro frutto della mia immaginazione (Che cosa deprimente XD). Vorrei però far notare due riferimenti che ho fatto ad altre opere: La scena della biblioteca è ispirata ad una doujinshi usuk chiamata "Nursery Rhymes", che è molto bella, mentre un altro riferimento ad opere esterne è la frase a pag. 122. Questa frase è un riferimento fatto ad un'altra doujinshi chiamata "Arthur in the Dark", che consiglierei davvero tanto di leggerla (anche perchè è una delle mie preferite in assoluto), ma oltre ad essere lunga contiene dei riferimenti espliciti da adulti. Detto questo, spero che il capitolo sia piaciuto e spero di aggiornare presto XD
   
 
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