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Autore: MauraLCohen    31/07/2015    2 recensioni
La paura della morte, la fine di tutto ciò che siamo e il dolore di un figlio.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Live forever...
 

Era morto.
Josh strinse i pungi, colpendo ripetutamente tutto ciò che gli capitava davanti.
Aveva perso suo padre e l'impotenza lo travolse, diventando senso di colpa.
Avrebbe potuto fare di più, si disse, capire che stava male... Ma, in fondo, sapeva che questo non sarebbe servito a salvarlo; nessuno aveva colpe, nessuno poteva fare più di quanto non fosse già stato fatto.
La vita finisce così come comincia.
Josh si lasciò cadere sul divano di casa sua, né una lacrima né una parola, voleva solo zittire le voci nella sua testa. Si ripeteva che nessuno poteva vivere per sempre e che, volenti o nolenti, un giorno tutti avremmo chiuso per l'ultima volta gli occhi, lasciando spazio al vuoto.
E Josh sapeva che, alla fine, era meglio così, vivere per sempre non doveva essere bello né appagante; dover vedere tutto in torno a sé cambiare, non sentirsi più parte di qualcosa né potersi più godere gli attimi fugaci, quelli che sai di non poter più rivivere, a lungo andare, diventerebbe autodistruttivo. Vivere per sempre, sapere di non essere più un granello di sabbia dentro una clessidra che scorre sempre e comunque, al di là del fatto che tu viva o meno, sentirsi estraneo alla vita che se ne va, portando con sé le persone che ami, equivaleva a richiudersi nella propria prigionia... Estraniandosi dal mondo, non facendo più vivere la vita come si vorrebbe perché si sa di avere tempo, tutto quello che si vuole.
E fu quello l'unico pensiero che permise a Josh di andare avanti per giorni e giorni, sentendo il peso della morte di suo padre gravargli meno sul cuore; trascorse una settimana concentrandosi sul funerale per poi non andarci: egli volle aspettare di essere solo con colui che gli aveva insegnato tutto, era un momento solo loro quello che dovevano vivere. Così Josh aspettò il giorno dopo per inginocchiarsi davanti a quella lapide e dare libero sfogo a tutte le lacrime che poteva lasciar scorrere lungo il suo viso; era una liberazione quella: piangere solo davanti a chi non avrebbe potuto replicare. Voleva buttar via tutto il dolore e l'amarezza di quel momento, ma qualcosa lo bloccò: Josh sentì nella sua testa le parole della madre “tuo padre morirà su quella moto, vedi di non fare come lui, tu!” e si ricordò che fin da piccolo la parola “morte” suscitava in lui tante domande, anche troppe. Così quella stessa sera aspettò che il padre parcheggiasse la sua moto in garage per andare a trovare qualche risposta; entrò di soppiatto dalla porticina in fondo alle scale e lo trovò lì, intento a sistemare il suo casco sullo scaffale con molta attenzione.
Papà” gli disse, facendolo trasalire. “Tu non hai paura della morte?”
L'uomo dovette lasciar cadere il casco sentendo quella domanda: suo figlio non era solito chiedergli queste cose e per quanto lui odiasse parlarne, non poteva tirarsi indietro. Si avvicinò al piccolo Josh cercando di inchinarsi più che poteva per poterlo guardare negli occhi.
Vedi figliolo” cominciò. “Una cosa ti fa paura solo se tu le dai il potere di farlo. La morte non è nient'altro che la fine, non dovrebbe spaventare se sai di aver dato tutto. Pensa ad un gioco: se tu ti sei divertito, hai giocato come volevi, facendo ciò che ti piace, quando questi finirà non potrai che essere felice ripensando a tutto ciò che è stato. La fine fa paura solo quando sai di non aver dato tutto e ti rendi conto di non avere più tempo per rimediare. Tutto qui. Trai le somme e rischi di rimanere scottato, è questo che fa paura agli altri, tesoro, non la morte in sé”

E quelle parole, ora che era divenuto uomo, Josh le aveva comprese appieno.
Se morissi domani, figlio mio, morirei felice” così aveva concluso quel discorso il padre, e Josh si era detto che ormai quel “domani” era arrivato a dargli la pace che cercava. Così si rimise in piedi e lasciò cadere l'ultima lacrima: non era un addio quello, si sarebbero rincontrati quando, anche lui, avrebbe finito il suo gioco. Era una promessa, quella. 

 
Note dell'Autrice:
Altra sotria commissionata da Jordan, alla quale va un grazie gigantesco per i suoi prompt <3! 

   
 
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