Salve a tutti,
questo é il mio esordio qui su EFP, wow
che emozione^^;
Per quanto concerne la stesura di
questa fanfic mediocre e senza pretese mi sono
ispirata ad un episodio di CT (il ventunesimo della serie “Road to 2002” e la sua controparte cartacea, i volumetti 26-27 dell’edizione italiana) e ci ho ricamato un
po’ sopra; non é niente di che, sono io la prima a riconoscerlo, per cui non massacratemi con le critiche e siate
clementi xD
Perdonate il gergo un po’ scurrile
di certi dialoghi, ma non mi andava di girare troppo intorno alle parole e
sinceramente lo ritengo adatto al contesto e ai
personaggi, in quanto é bene non dimenticarsi che si tratta pur sempre di
ragazzi adolescenti che non si esprimono certo come il Manzoni.
Spero che possa essere un minimo di vostro gradimento anche cosí.
Ah, altra cosa. Io tendo ad abusare
degli avverbi. In questa fic ho
cercato di limitarmi, spero non ce ne siano ancora troppi. Non posso
farci niente, è piú forte di me, per
cui è inutile farmelo notare nel caso ce ne fossero, sto cercando di
smettere xD
*Piccolo appunto sugli accenti*
Lo so che gli accenti sono tutti al
contrario, ma ho la tastiera spagnola impostata e ormai mi sono disabituata ad
usare quella italiana, e ritenendo la cosa un
dettaglio piuttosto insignificante ai fini della narrazione non li ho corretti.
*Piccolo appunto sul titolo*
Dal momento che quando scrivo
raramente penso ad una trama ben precisa e tutto si snoda nella mia testa
strada facendo, non escludo che il titolo di questa fic
possa cambiare nel corso dei capitoli (che comunque
non credo saranno piú di tre o quattro).
• CAPITOLO 1 –
Paturnie e cameratismo.
-Ridimensionati.-
Fu tutto ció
che disse Kojirō sibilando sprezzante, mentre
oltrepassava il portiere urtandogli volontariamente e non troppo delicatamente
una spalla.
Genzō non proferí
parola, ne aveva giá dette
fin troppe, e si limitó a rimanere immobile, impassibile, con lo sguardo
adombrato dalla visiera del suo sempiterno cappello.
Se non fossero
intervenuti Jitō e Takasugi
probabilmente il loro diverbio sarebbe sfociato in una sonora scazzottata, con
l'ovvia conclusione che si sarebbero fatti subito riconoscere anche all'estero. D'altra parte, non sarebbe stata
la prima volta che arrivavano alle mani, il loro rapporto era sempre stato
piuttosto sul filo del rasoio; con Kojirō i casi
erano due, o si imparava ad ignorarlo oppure sul serio
ogni pretesto era buono per suonarsele di santa ragione. In tutta la sua vita,
mai aveva incontrato una persona che lo irritasse di piú: la semplice sua presenza gli faceva prudere le mani,
non poteva farci niente. Tuttavia, Genzō doveva
riconoscere che stavolta se l'era proprio cercata.
Non che la cosa lo infastidisse, al contrario, provava sempre un sottile
piacere nello stuzzicare l'eterno rivale; si sentiva solo un tantino colpevole
nei confronti del resto della squadra,
in effetti ci aveva davvero calcato un po'
troppo la mano. Aveva preso alla lettera la richiesta di Mikami,
e non aveva fatto nessuna fatica a calarsi nei panni dell'arcigno rompipalle
per spronare la squadra, anzi, quel ruolo gli calzava a pennello, dopotutto era
un lato del suo carattere spigoloso che, per quanto si fosse molto smussato nel
corso degli anni, non sarebbe mai scomparso del tutto. Era stato semplicemente,
puramente odioso con i ragazzi, né piú né meno.
E poi Tsubasa
era ancora semi-infortunato ed era stato tutto il tempo in panchina a fremere
dalla voglia di entrare in campo; senza di lui non avevano nessuna speranza di
vincere, non soltanto contro di loro, ma contro i campioni europei in generale.
In fondo gli aveva detto semplicemente la veritá, era
quello che pensava anche lui, non soltanto il suo coach.
E si sa che la veritá poteva
fare molto male.
Ovvio poi che l'idrofobico Kojirō sempre
pronto alla rissa non avesse preso di buon grado il fatto che Genzō si fosse praticamente
rifiutato di parare il suo tiro. Un affronto simile, e per giunta proprio da
lui, il suo piú acerrimo nemico! Era una vita che
provava a segnargli da fuori area, e stavolta ne avrebbe
avuto forse una buona occasione, tanto il Giappone era sotto di 5 goal e ormai
non avevano piú nulla da perdere. Peró
lui aveva cercato di non farsi sconfiggere con disonore, segnando almeno una rete, e preso da questo obiettivo in quel momento aveva
preferito non rischiare, accantonando la loro sfida sempre aperta.
Ed era stato questo che aveva
infastidito l'SGGK piú di
ogni altra cosa. Le parole che aveva detto a Kojirō
erano 100% farina del suo sacco, non gli erano certo
state imboccate da Mikami, viste le circostanze le
avrebbe dette in ogni caso. In quel momento gli era sembrato semplicemente
troppo un codardo e un vigliacco, era rimasto profondamente deluso da lui e si
stava chiedendo se valesse davvero la pena considerarlo un avversario degno di
questo nome.
Non lo sopportava, punto e basta.
Tempo sprecato quello passato a crederlo il suo rivale di sempre.
Forte di questa rinnovata
certezza, a fine partita si avvió
verso gli spogliatoi seguito a ruota da un Kaltz la
cui curiositá stava toccando quasi i massimi storici.
-Bé, si puó
sapere che é successo? Ancora un po’ e vi scannavate...dai, racconta tutto allo
zio Hermann!- Esordí ormai
del tutto incapace di trattenersi oltre, mentre faceva roteare lo stecchino con
la lingua fremendo di impazienza. Genzō
non aveva per niente voglia di parlarne, e togliendosi
la maglietta rispose fra i denti con un evasivo -Mah, storia vecchia.- Sperava
che l'amico afferrasse l'antifona e si facesse i fatti propri, almeno per
quella volta. Speranza vana, avrebbe dovuto immaginarlo.
-Eh no, non ti sognare di potermi
liquidare cosí! Non tenermi sulle spine, lo sai che
sto morendo dalla curiositá...non ci ho capito una cippa di quello che vi siete detti!-
Ovvio, pensó
il portiere, avevano parlato in giapponese -Ci manca
solo che adesso debba farti anche da interprete, scimmiaccia!- Scherzó, gettandogli in faccia il calzino sudato che si era
appena sfilato e scappando lesto sotto la doccia. Kaltz,
schifato, gli urló dietro senza smettere di
sputacchiare e passarsi le mani sul viso colpito dall'immondo oggetto -Ohi
sfinge! Non c'é bisogno che condividi con noi poveri mortali i tuoi soavi
olezzi post-partita, ho rischiato l'asfissia, io...e
voialtri che avete da ridere? Ne volete un po’ anche voi?- E cosí dicendo si tolse rapidamente
calze, scarpe e pantaloncini lanciando il tutto addosso ai suoi compagni di
squadra che si stavano ribaltando alla vista della scenetta di poco prima, ma
che non esitarono un istante a riprendersi schizzando rapidamente in tutte le
direzioni per evitare le armi batteriologiche dirette
a tutta velocitá verso di loro.
Genzō sogghignó leggermente tra sé e sé, mentre lasciava che
l'acqua calda della doccia gli scorresse sulla schiena allentandogli a poco a
poco la tensione muscolare. Com'é che l'aveva chiamato il buffone? Sfinge?
Era da parecchio che non se lo
sentiva dire, l'ultima volta doveva risalire a qualche anno
prima. L'aveva coniato Kaltz (e chi sennó?) in “onore” alla sua riservatezza e
imperturbabilità e non l’avrebbe mai
ammesso con lui, ma trovava che quel nomignolo gli
calzasse a pennello. Sapeva di essere piuttosto criptico e sapeva anche che
nascondere le proprie emozioni era un'ottima strategia di difesa; si era
abituato a rinchiudere l'emotivitá in un angolino del suo cuore da cosí
tanto tempo ormai che non si ricordava neanche piú
quando avesse iniziato a farlo.
Tre anni prima, Kaltz era stato il primo a capire ció
che si nascondeva sotto quella scorza dura e l'aveva aiutato non poco ad
integrarsi, prendendolo sotto la sua ala. Dopo una prima impressione tutt’altro che positiva (che non
si discostava poi troppo dalla realtà, in effetti) in cui Genzō
non si era certo sprecato a socializzare e anzi era passato per lo sborone di turno, era stato grazie al contributo del fido
prode Hermann che i compagni avevano imparato a
conoscerlo e, capendo come era fatto, lo avevano accettato per quello che era,
anche se un buon terzo di loro tutt'ora faceva fatica
a filarselo e lo riteneva solo uno sbruffone presuntuoso. Bravo, senza dubbio,
ma sempre sbruffone rimaneva. Logicamente non tutti avevano la pazienza ed il
sesto senso di San Kaltz che si preoccupava per lui e
che percepiva sempre quando qualcosa lo turbava; e c’era anche naturalmente
qualcuno a cui non importava un tubo di quello che gli passava per la testa,
bastava che stesse in porta e parasse quanti piú tiri possibile. A pensarci bene,
era strano che due persone con due caratteri cosí diametralmente opposti andassero tanto
d’accordo, ma forse ció era dovuto
al fatto che proprio questa diversitá gli permetteva
di compensarsi a vicenda.
All' inizio dei suoi giorni in
terra tedesca aveva fatto non poca fatica ad abituarsi alla nuova condizione di
studente straniero, vuoi per la lingua cosí
differente e per le difficoltá a comprendere e a
farsi comprendere, vuoi per il carattere
tendenzialmente piuttosto schivo. Lo infastidiva enormemente che gli altri potessero giudicarlo, ma d'altra parte in quel frangente non
fremeva certo dalla voglia di farsi conoscere; non aveva mai amato straparlare
di sé, né amava dare aria ai denti sprecando il fiato in uno sterile blablabla. Voleva solo essere lasciato in pace a metabolizzare
quella situazione nuova secondo i suoi ritmi, non gli sembrava di chiedere
troppo, era un suo diritto, dopotutto...e invece NO, Kaltz
era atterrato a pié pari e senza troppi complimenti
nella sua vita, riuscendo a scalfire la sua corazza dalla solidità comprovata quel tanto che bastava per arrivare a leggergli un po' dentro e capire che tipo di persona fosse in realtá.
In breve tempo i due erano
diventati inseparabili e finalmente Genzō poteva
dire di aver trovato un amico vero, ruolo che nessuno aveva mai ricoperto prima
di allora nella sua vita, e perfino il rapporto che aveva con Tsubasa non era nemmeno lontanamente paragonabile a quello
che si era instaurato fra lui e il difensore tedesco.
Il “duo” era presto
diventato un “trio” con l'ingresso di Schneider,
l'impassibile e autoritario capitano della squadra amico di Kaltz
da una vita che, al di lá del tipico piglio imperiale che lo faceva apparire snob
e strafottente, era una persona leale dotata di un brillante senso dell'umorismo
ma soprattutto di uno spiccato sarcasmo, dato le frecciate che soleva lanciare a destra e a manca.
“Sfinge” era nato agli albori della loro amicizia, quando Hermann si divertiva a punzecchiarlo spesso con quel nome;
anche altri, sentendoli, avevano preso a chiamarlo cosí,
finché non era diventato di pubblico dominio. Ma
inevitabilmente anche quella “moda” era tramontata, e a distanza di tre anni
ormai quasi nessuno lo chiamava piú cosí.
-Ma che gli é
preso a Wakabayashi oggi? Ha mangiato un
leone? Non ha fatto altro che urlare dietro ai suoi connazionali e a momenti
lui e quell'altro mulatto si sbranavano
in campo...- commentó Klaus
ficcando l'uniforme sudicia usata in partita dentro la sacca, mentre aspettava
che venisse il suo turno per la doccia.
-Che vuoi farci,
avrá le sue cose...- replicó
un Brigel per nulla interessato alla questione,
scatenando l'ilaritá generale. Perfino l’algido Schneider si lasció scappare una
risatina.
In quel momento, dalla doccia dove
Genzō stava finendo di asciugarsi si involó una bottiglietta di
shampoo diretta verso la testa di Brigel, che muguló dal dolore. -Avete finito di fare cameratismo alle
mie spalle?-
Un secondo dopo l'SGGK,
con un ghigno sinistro stampato in faccia, emerse dalla sua postazione
brandendo l'asciugamano che si abbatté a mó di
frustino sul didietro del Kaiser, che gli dava la schiena mentre si allacciava
placidamente una scarpa. E ovviamente questi, colpito a
tradimento, non tardó a rispondere al fuoco.
-Si usa cosí
al tuo paese? Colpire la gente alle spalle?! Adesso facciamo i conti, muso
giallo!- Tuonó massaggiandosi la Reale Chiappa
colpita, mentre afferrava il suo asciugamano e mandava a segno una frustata sui
polpacci del portiere la cui faccia, sghignazzante fino ad un attimo prima,
si contorse in
una smorfia di dolore.
-Bé, ma che riflessi da
pensionato...non lo sai che non si deve mai abbassare
la guardia, bifolco?- Neanche il tempo di finire la frase che gli erano giá arrivate altre tre frustate dai compagni, frementi di
dare il loro contributo, ed al grido di “AMMUTINAMENTO!!” si innescó definitivamente la battaglia. Il povero capitano
ebbe appena il tempo di pronunciare un indignato -Bastardi, cos'è questa coalizione contro
di me!- che venne letteralmente investito da una pioggia di scudisciate
proveniente da tutte le parti. Cercó di difendersi
alla bell’è meglio, ma alla
fine fu costretto a soccombere; stremato e dolorante, riuscí
sfuggire alle grinfie dei suoi aguzzini strisciando sotto ad una panca, da dove
chiese una tregua al gruppo.
-E adesso che
siamo rimasti senza capitano, a chi potremmo rivolgere le nostre amorevoli
attenzioni?- esclamó sarcastico Genzō,
ormai eletto leader della rivolta, mentre si guardava intorno in cerca della
prossima preda.
In quel momento nove paia di occhi si posarono su Kaltz che stava allegramente arrotolando l'asciugamano,
preparandosi al nuovo scontro che certo non immaginava avrebbe avuto lui come
vittima designata.
-Proprio no, non sognatevelo
neanche!- E cosí dicendo la scimmia si diede alla fuga in una frazione di secondo, portandosi
dietro tutta la squadra tranne Karl, che
approfittando del nuovo capro espiatorio poté uscire dalla sua tana e andare a
sdraiarsi a pancia in giú sulla panca, perché per il
momento di appoggiare il martoriato sedere su di una superficie solida non se
ne parlava neanche.
-Dai Kaltz,
tesoro, esci da lí dentro, mica
ti facciamo niente!- Cinguettó Genzō
con voce suadente, mentre Meier cercava di forzare la
serratura della porta del bagno dove l'amico si era barricato.
-Taci, Giuda! Proprio tu, dopo tutto quello che ho fatto per te!- Esclamó
l'altro di rimando in tono fintamente offeso, mentre saliva in piedi sul water
per cercare di uscire dalla finestrella. Il passaggio era piuttosto stretto, ma
ad occhio e croce calcoló che sarebbe
dovuto passarci. Calcolo errato, ovviamente.
-Zitti tutti!- Intimó Genzō appoggiandosi
con l'orecchio alla porta, subito imitato da chi aveva vicino. Si udiva un rumore di
sfregamenti e sbuffi, e quando Kaltz imprecó a mezza voce il portiere decretó:
-Sta cercando di uscire dalla
finestra! Bracchiamolo dall'altra parte, presto!- Fece cenno agli altri di
allontanarsi, e facendo un gran baccano giunsero fino
alla porta dello spogliatoio, che aprirono e chiusero ma non si mossero da lí. Genzō si mise un dito
sulle labbra per intimare il silenzio assoluto e, cercando di trattenere le
risate, si riavviarono tutti in punta di piedi verso il bagno.
Kaltz, rimasto con i
piedi sospesi mezzo fuori mezzo dentro, sospiró di
sollievo e si caló di nuovo a terra. Si accostó
alla porta: nessun rumore. Fece scattare la serratura con prudenza e aprí uno spiraglio per dare una sbirciata, che non si sa mai...ed in quel momento la porta venne quasi scardinata
e nove leggiadre figure si abbatterono su di lui, trascinandolo fuori di
peso.
-Certo che anche tu, farti fregare
in quel modo...é il trucco piú vecchio del mondo!- Sghignazzó Schneider dalla panca
dove si era regalmente svaccato e da cui si stava
godendo lo spettacolo.
-Vá a farti fottere, Imperatore del Kaiser!- Strepitó
l'altro furente, mentre la punizione del branco iniziava inesorabile; si difese
strenuamente calciando, sputando e mordendo al grido di -Venderó
cara la pelle!-, ma a salvarlo dal linciaggio sicuro a suon di asciugamanate intervenne l'allenatore, allertato
dagli schiamazzi che si udivano fin quasi dal centrocampo.
-Maccheccazzo state facendo,
razza di somari?!- Tuonó irrompendo nella stanza,
rimanendo basito di fronte alla scena. Lanció un'occhiata a Schneider, sempre spalmato sulla panca, che alzó le spalle dicendo: -Io non c'entro niente, se la sono
presa anche con me...- e gli indicó i segni rossi che aveva sulle gambe, aggiungendo -...eviteró di farle vedere in che condizioni si trova il mio
didietro.-
Il bollettino di guerra a fine
sommossa fu tragico; nonostante il “pestaggio” di Hermann
fosse durato relativamente poco grazie al salvataggio dell'allenatore, era
molto piú malconcio rispetto al Kaiser che le aveva
prese ben piú a lungo.
-Cristosanto ragazzi, cosa avete? Sei anni? Ma vi sembra il caso di comportarvi cosí?-
Genzō e compagni si scambiarono un'occhiata sghignazzando,
aspettandosi di vedere la vena pulsante sulla sua fronte esplodere da un
momento all'altro. L'allenatore si accorse di star parlando ad un muro e sospiró scuotendo il capo, rassegnato. Bah, pensó, in qualche modo dovevano pur scaricare la tensione.
-Visto che avete fatto bella
figura nell’amichevole di oggi, per stavolta passi. Ma che non si ripeta piú. Non
siete all'asilo! E datevi una mossa a cambiarvi!- Detto questo
uscí sbattendo la porta. Definirla bella
figura era un eufemismo, pensó Genzō.
Avevano stravinto per 5 a 1, un risultato esaltante per l’Amburgo ma a dir poco
infamante per la Nazionale giapponese, considerando anche che il loro unico
goal era stato praticamente un suo regalo. Kojirō, dopo aver subito le sue parole pesanti come macigni
e dopo aver soffocato l’istinto di ucciderlo, si era sfilato la fascetta di
capitano e l’aveva passata a Matsuyama, dimettendosi
da quell’incarico. Doveva avergli
proprio mandato l’orgoglio in frantumi per fargli prendere una simile
decisione, si disse compiaciuto.
-Evvai, niente strigliata...dev'essere in buona oggi!- Esclamó Himmel allegramente,
finendo di infilarsi un maglione e distraendo Genzō
dai suoi pensieri.
-Giá, peró
la prossima volta castigheremo anche la volpe, non solo il gatto!- disse Klaus ridacchiando, usando uno dei soprannomi con cui erano noti Genzō ed Hermann all'interno della squadra.
-Ma che razza di
dementi...- borbottó il gatto in questione, mentre
richiudeva il borsone con un gesto stizzito. Dal collo in giú
era tutto un dolore, domani sarebbe stato un livido
vivente.
-Non ti sarai mica offeso per cosí poco!- Esclamó Genzō alias la volpe, apparendogli di fianco. I due si
guardarono per un attimo e poi attaccarono a sghignazzare in sincrono.
-La prossima volta te la faccio
pagare, sfinge del cazzo!-
-Vedremo, nano malefico!- Lo
scambio di affettuose battute venne interrotto da uno scazzatissimo Schneider che,
sacca in spalla, li aspettava con la mano giá sulla
maniglia della porta.
-Avete finito di flirtare? Possiamo andare?- Per tutta risposta gli
arrivarono addosso una scarpa del portiere e la sacca
di Kaltz, in quest'ordine.
-Ahia, ma perché? Io ho giá subito abbastanza per oggi!- Si lamentó
lui, rinviando gli oggetti ai mittenti e massaggiandosi un braccio. Poi
aggiunse, alzando la voce per farsi sentire anche dagli altri -domani vi massacreró tutti agli allenamenti, capito, voialtri
bastardi?- Al che i “loraltri” bastardi si misero in
assetto da guerra pronti a scagliargli contro borsoni e quant'altro
capitasse a tiro, ma Schneider
fu lesto a imboccare la porta, gridando: -Ci vediamo domattina alle sei! Sono proprio
curioso di vedere se farete ancora gli smargiassi, non avró
pietá!-
La squadra sbuffó
e si levó una protesta.
-Cheppalle Karl,
per festeggiare la vittoria non potremmo riposarci un pó?
Ti ricordo che io e te siamo anche stati presi a
frustate e saremo due stracci domani...- si lagnó Hermann, ma il capitano lo zittí
dicendo - Sí, e guardacaso
tu eri uno di quelli che mi menavano, mentre ti ricordo che io non ho partecipato
al tuo pestaggio...tu e Wakabayashi domani sarete i
miei, di bersagli!- E se ne andó con una risata
sadica, lasciando i due estremamente contrariati.
-Bella mossa, genio!- Lo apostrofó Yara
seccato, tirando un grattone sulla nuca del portiere.
-Che cazzo
vuoi, tu?- Si rigiró lui, ringhiando.
-Ti dobbiamo ricordare che l'idea
delle frustate é stata tua? Quello domani ci fará il
mazzo!-
-La volete piantare? Voi non vi
siete mica tirati indietro, mi sembra...e poi ha detto che se la prenderá principalmente con noi due, perciò ritenetevi
fortunati!- Esclamó lui di rimando, sbuffando.
-Sí, ma ci tocca lo stesso
presentarci in campo alle sei...e io che speravo di poter dormire!- Bofonchió Linz, trovando il consenso degli altri sette, che
annuirono convinti.
-E non credere che quel negriero
ci andrá leggero con noi, conosco i miei polli...tanto
lo so che ci dovranno raccogliere tutti col cucchiaino alla fine!- Continuó Meier con disappunto, immaginando la sfacchinata
che gli sarebbe senz'altro toccata. Kaltz alzó gli occhi al cielo ed esclamó, buttandosi la borsa in spalla -Mio Dio come siamo
delicati, eh, signorine? Ben vi sta, é la giusta punizione per avermi picchiato
a sangue! Almeno non saró l'unico a rimetterci!- Poi,
cacciando una pedata al deretano di Genzō che si
stava infilando la scarpa precedentemente lanciata
addosso al Kaiser, aggiunse: -Ti dai una mossa? Quanto ci metti, sei peggio di
una donna!-
L'amico gli rispose tirandogli una
manata sul coppino che gli lasció il segno di tutte e cinque le dita, poi accelleró un po’ i tempi rendendosi conto che
effettivamente ci stava mettendo un secolo e, salutando gli altri, imboccarono
la porta.
-Waah! Mi sento meglio adesso.- Esclamó Genzō
stiracchiandosi. La guerra di asciugamani era servita
da pretesto a scaricare l'adrenalina che si sentiva in circolo per l'incontro
con l’ “amato” Kojirō, ed ora si sentiva
notevolmente piú rilassato.
-Grazie al cazzo,
a te nessuno ti ha preso a frustate! Io invece mi
sento a pezzi...- borbottó Hermann
di rimando, massaggiandosi la nuca arrossata.- E comunque
non mi hai ancora detto il motivo di tanto astio fra te e quel tipo!-
“E ti
pareva, se n'è ricordato” pensó Genzō
schioccando la lingua. -Non é che mi vada tanto di rivangare
vecchi rancori. E poi é una storia che puoi fare
benissimo a meno di conoscere, per quello che vale. Guarda, c'è Schneider lá in fondo!- E indicó col dito il ragazzo che si era
fermato ad allacciarsi una scarpa.
-Bah, lascia giudicare a me se é o
non é importante...tu intanto inizia a dire!- Replicó
Stecchino imperterrito, lanciando subito dopo un fischio per attirare
l'attenzione di Karl e fargli capire di aspettarli.
-Che palla che sei
Hermann. Lascia perdere, non ora, é inutile che
insisti.- Schneider li attese
lí dov'era piuttosto di malavoglia e quando lo
raggiunsero li apostrofó con il consueto garbo:
-Di che parlate, finocchi?-
-Delle paturnie di Genzō.- Rispose Hermann
sputando lo stecchino ormai logoro sui piedi del portiere che si ritrasse
istintivamente.
-Eh certo che sei proprio un poeta
tu, fai venire voglia di confidarsi- commentó lui
sarcastico mentre osservava l'amico che ne pescava uno nuovo dalla tasca e se
lo infilava in bocca -quegli stecchini per te sono peggio di una droga, ma giri
sempre con la scorta dietro?-
-Bel tentativo di cambiare
argomento, ma con me non attacca, amore. Guarda che te lo sputo in faccia, se
non mi dici qual'è il
problema.-
-Problema? E
con chi, con quel tizio di colore?- Intervenne Karl
incuriosito, mentre fissava schifato Kaltz che
ciucciava tutto contento il suo nuovo stecchino.
-Bé, certo che rispetto a te sono tutti “di colore”, o mio diafano Imperatore ariano- sogghignó Genzō -e comunque
io e lui non ci siamo mai sopportati. E' da quando abbiamo 11 anni che ci
stiamo vicendevolmente sulle palle, quindi non c'è molto da spiegare.-
-Come no? Ci sará
un motivo se vi odiate tanto!- Insistette Karl, al che Genzō scrolló le spalle.
-Boh. A pelle, credo. E poi fondamentalmente lui é un vigliacco. Oggi non ha
neppure tentato di segnarmi da fuori area, nonostante ne avesse
avuto l'occasione. E' una cosa che si é ripromesso di fare da quando eravamo
piccoli, e che non ha mai messo in pratica. Voglio dire, non ci é mai riuscito
anche se ci ha provato in passato, dopotutto sono l'SGGK…-
e qui Karl ed Hermann si
scambiarono un'occhiata roteando le pupille al cielo -…peró
cristo, non ti puoi arrendere cosí. Che persona inutile.-
-Mi pare di capire che peró ti stimola il confronto con questa “persona inutile”- osservó Kaltz, e poi aggiunse, un
po’ risentito: -Certo che sei proprio un fenomeno tu, io ti faccio una testa cosí per sapere cosa c'è che non va e tu non mi caghi di
striscio, poi arriva questo pirla qui- e indicó Schneider –che ti fa una
domanda a caso e finalmente ti decidi a vuotare il sacco, come se niente
fosse!-
-Che ci vuoi fare scimmia, colpa
del mio ascendente...non vedi come sono carismatico?-
Si pavoneggió il Kaiser mentre si spostava una ciocca
di capelli dalla fronte con fare civettuolo.
-Occhio Schneider,
guarda che ti sputo...- minacció Hermann
preparandosi all'espulsione del suo stecchino direttamente sulla bella faccia
del capitano.
-Ero giá
sul punto di cedere- si giustificó Genzō sghignazzando -Schneider
ha fatto la domanda giusta al momento giusto.-
-Sí certo, ma quello che si é interessato prima di chiunque altro sono io...e guarda come
viene ripagata la mia solerte amicizia...-
-Ehm, posso avere un po' d'attenzione dai coniugi Kaltz?
E non riprendete il corteggiamento, che non se ne puó piú- sbuffó
spazientito Karl -E' tutto
qui, Wakabayashi? Lo odi solo perché ha rinunciato a
segnarti da fuori area visto che sa che non ci
riuscirebbe comunque?-
-Cos'è, mi stai facendo un complimento,
Schneider?- Disse l'altro, facendo la ruota come un
pavone -Lo so che sono insuperabile da fuori area, mi fa piacere che tu l'abbia finalmente riconosciuto!-
-Ma piantala,
razza di montato...hai pure il soprannome da megalomane- ironizzó
lui, riferendosi all'acronimo di SGGK e rimediando da Genzō
un “ah bé, ha parlato l’Imperatore” -...e comunque
no, non era quello il punto, scimunito.-
-L'avevo capito, stordito che non sei
altro. No, non è solo per quello. E' un odio atavico, va
bene? E non ti ci mettere anche tu a rompere come quest'altro!-
Esclamó indicando col mento Kaltz
che gli mostró affabilmente il
dito medio.
-Che risposta del cazzo,
ci deve essere una ragione, Wakabayashi.- Continuó Schneider, che quel
giorno sembrava voler battere il suo record personale di loquacitá.
-Mah, forse mi dá
fastidio la sua boria- Genzō si
interruppe udendo Kaltz sibilare -...disse il
Signore dei Boriosi...- e poi continuó, dopo averlo
fulminato con lo sguardo -...e comunque é talmente irritante che se lo conosci
lo eviti.- Il suo tono era definitivo e a quel punto Schneider
scrolló le spalle, intuendo che non ci sarebbe piú stato modo di cavargli altro.
-Bah, allora chi se ne frega...- disse sbadigliando, ormai annoiato dalla
discussione. -Donzelle, io vi saluto qui, ci vediamo
domani puntuali alle sei. E vedete di non sgarrare neanche di un minuto, vi
conviene.-
Kaltz fece per salutarlo con
un’amorevole pedata ma il Kaiser fu piú veloce e scappó girando l'angolo. Borbottó
qualcosa sommessamente e poi udendo il trillo di un cellulare si voltó a guardare il portiere, che dopo l'ultima risposta si
era chiuso in un ostinato mutismo e sembrava perso nei propri pensieri; era
davvero stanco di pensare alle vecchie conoscenze riviste in quell’ amichevole,
tutto ció che voleva era infilarsi in un letto e
dormire fino a domani.
-Ehi ci sei, bellezza? Ti sta
squillando il cellulare.- Genzō si riscosse e affondó le mani in
tasca per recuperare l'oggetto, chiedendogli nel frattempo che fine avesse
fatto Schneider.
-Ma sei proprio svanito allora, ci
ha salutato due minuti fa, e ci tengo a sottolineare
che eri presente quando l'ha fatto...-
-Mi ero solamente distratto,
idiota...- Replicó lui alzando una mano per mollargli
l’ennesima cinquina sulla nuca, ma quando lesse il nome della persona che lo
stava chiamando rinunció e cambió
totalmente espressione, sbuffando stizzito. Lo rispettava come giocatore,
riconosceva e apprezzava il suo valore e gli voleva pure bene in fondo, ma
certo che ne aveva di tempismo a rompere i coglioni, quel ragazzo. Esitó un
istante per raccogliere le ultime briciole di forza di volontá
che gli restavano e sforzarsi di rispondere con la
solita nonchalance.
-Ehilá capitano, a cosa devo il piacere?-
Esclamó infine, rassegnato.
-Smettila di chiamarmi capitano,
per te non lo sono piú da un pezzo ormai- ridacchió Tsubasa dall’altra
parte, e l’allegria che traspariva dalla sua voce gli urtó
lievemente i nervi.
-Volevo invitarti ad una piccola
rimpatriata con la vecchia squadra. Che ne dici, sei dei
nostri?-
Ecco lo sapeva,
doveva aspettarselo. Tipico, per cos’altro avrebbe dovuto chiamarlo, sennó? Che avessero da festeggiare
dopo l’umiliazione subita, poi, proprio non se lo spiegava.
-Mhm ah, ma che idea carina- disse
pensando l’esatto contrario e preparandosi giá una
scusa per evitare l’incombenza –per quando sarebbe?-
-Stasera…piú
precisamente fra tre ore e mezzo.-
-Non so Tsubasa,
domani ho gli allenamenti alle sei e sono piuttosto fiacco, sinceramente preferirei andare a dormire presto…- non dovette neanche
sforzarsi piú di tanto per trovare un pretesto, in
fondo quello che aveva detto era vero.
In quel momento Matsuyama strappó di mano il
cellulare a Tsubasa e gridó:
-Non fare il rompipalle come
sempre e vedi di esserci, chiaro? Dobbiamo tutti spaccarti la faccia per come
ti sei comportato oggi!-
Genzō ridacchió
esclamando: -Ah, adesso sí che ho voglia di venire!
Non sará che siate un po' masochisti? Avete sul serio voglia
di vedermi dopo che, lo ammetto, sono stato un vero stronzo
con voi?- Non sapeva perché ma lo scazzo di poco
prima gli stava passando, forse un salto avrebbe anche potuto farlo.
-Sinceramente non ho visto molta
differenza rispetto al solito- rispose pungente Hikaru,
a metá tra il serio ed il faceto –e comunque sí, me lo sono chiesto
anch’io se fosse il caso di chiamarti, ma lo sai che abbiamo un Santo per
capitano…ringrazia lui se sei stato avvertito, per me avresti potuto benissimo
restare dov’eri!- Dio, quanto amava la schiettezza di quell’uomo.
-Wakabayashi? Lascia perdere questo zotico, è
fatto cosí…allora, vieni?- Gli
chiese Tsubasa dopo essersi reimpossessato del proprio cellulare. Genzō
esitó un istante e infine accettó
con un sospiro.
-E sia…vi faró
questo onore. Dove?-
-Ecco, a proposito. Non è che hai qualche bel localino da consigliarci? Non
conosciamo bene la cittá, e cosí
ci chiedevamo se…-
-Ho capito, ho capito. Mi consulto un attimo con
il mio consulente personale e ti richiamo, ok?- Riattaccó sbuffando, lasciando uno
Tsubasa dubbioso a chiedersi chi mai fosse questo
consulente, e lanció uno sguardo a Kaltz che lo stava fissando interrogativo.
-Bé, chi era?- Incalzó
subito lui, gingillandosi lo stecchino fra le dita.
-Tsubasa.- L’amico fece una faccia
perplessa e chiese:- E sarebbe?-
-Il mio ex-capitano. Quello che
non ha potuto giocare oggi per un infortunio alla spalla.- Spiegó
l’altro pazientemente.
-Ah sí,
rimembro. Sai che sono negato a ricordare i vostri nomi impronunciabili-
difatti lui aveva rinunciato fin da subito ad imparare lo spelling del suo
cognome, pensó Genzō -
…e che voleva?-
-Ma chi sei,
la mia ragazza?- Ridacchió l’altro, scuotendo la
testa. Non conosceva nessuno pettegolo ed impiccione
quanto lui, nemmeno Ishizaki arrivava a tanto.
-Ti ricordo che convoleremo a
nozze il mese prossimo, cava- scherzó Hermann scimmiottando l’erre moscia- e suppongo che tu mi
debba tenere informato sui tuoi spostamenti.-
-Io sposato a
una scimmia nana? Giammai! Un adone come me si merita di meglio- Esclamó il portiere con una risata, guardandolo
strafottente dall’alto delle sue due spanne di vantaggio.
-Bé, non lo sai che nelle botti
piccole c’è il vino buono?-
Genzō rise e gli spiegó la situazione,
chiedendogli un consiglio su dove sarebbero potuti andare. Non se ne intendeva
molto neanche lui di locali e non aveva nessuna voglia di scervellarsi.
-Hmm.- Kaltz
riprese a succhiare lo stecchino e disse ridendo -Forse è
una trovata del tuo acerrimo nemico per coinvolgerti in una rissa e farti nero
di botte...magari quando vai lá li trovi tutti col
coltello fra i denti in missione punitiva!-
-Ma piantala,
dimmi piuttosto un posto decente dove posso portarli! Capirai se non mi toccava
anche questa rogna, l’unica cosa che desidererei adesso è di potermi infilare
in un letto e dormire fino a domani…-
-Non fare l’asociale come sempre,
non ti fa piacere vedere la tua vecchia squadra?-
-E’ una domanda retorica, dopo come
li ho trattati oggi? Non mi aspettavo neanche che mi chiamassero, a dirla
tutta. Devono proprio essersi bevuti il cervello.-
-Perché, come li hai trattati?- Genzō si ricordó che l’amico
non poteva aver capito quello che gli aveva detto in campo e si morse la lingua,
in effetti avrebbe potuto anche stare zitto. Adesso
avrebbe dovuto spiegargli tutto, e lui era giá arcistufo di quella
storia.
-Mikami mi ha chiesto di spronare la
squadra, e io sono stato…diciamo "incisivo" con loro, ecco.- Spiegó sospirando, riassumendo il piú
possibile.
-Insomma hai fatto lo stronzo.- Concluse Kaltz, senza
smettere di giocherellare con l’amato stecchino.
-Come sei
sagace. Forse un tantino, sí. Per questo mi ha un po’
sorpreso che mi abbiano chiamato.-
-E dove sta il problema? Se ti hanno invitato, evidentemente non gli sarai stato poi cosí tanto sul cazzo. Tranne forse a quello “di colore”, come dice Karl.
Ma magari non verrá stasera, se fossi in lui non avrei nessuna voglia di vedere ancora la tua
faccia da schiaffi…-
Genzō rifletté un attimo sulle sue
parole, e si auguró che davvero Kojirō
non ci fosse. Non era proprio giornata e la sua
presenza sarebbe bastata a rovinargli la serata, ma
dal momento che probabilmente anche lui provava le stesse cose, dopo quanto
successo in partita magari non si sarebbe fatto vivo, come aveva ipotizzato Kaltz. Scrolló le spalle dicendo:
-In fondo chi se
ne frega.
Dimmi piuttosto ‘sto locale, cosí telefono a quel rompicoglioni di Tsubasa e la
facciamo finita.-