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Autore: disenchavted    01/08/2015    2 recensioni
Basata sui prompt anonimi: "Gallavich prompt: la proposta di matrimonio più fluffy che ti viene in mente" e "Immagina la tua otp sul tetto di una pensilina, nel bel mezzo della notte, a fissare le stelle insieme."
Ambientata dopo la 5x12.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Do something crazy
(Fare qualcosa di folle)
Originariamente postata su Archive of our Own da ghettoassenglishman, in inglese, per poi essere tradotta da me e postata qui, solo dopo aver avuto il consenso dell'autore (autrice?).

Link alla storia originale: http://archiveofourown.org/works/4233291

***

La fredda brezza attraversava il cappotto di Ian mentre lui e Mickey passeggiavano disinvoltamente, di ritorno da casa Gallagher. Era stata una giornata di rumoroso e indisciplinato tipico comportamento alla Gallagher, più l’ordinaria follia di Frank, di cui Mickey si era immediatamente occupato. Mickey era sia stanco che molto stressato, a causa dei giorni di tuonante rumore, e voleva solo tornare a casa e lasciar cadere la testa sul suo cuscino. (E avere la calda stretta dell’abbraccio di Ian intorno a lui, ma quella non era una cosa che voleva ammettere. La mente di Ian era già troppo piena per quello.)
Per Ian era un po’ diverso, sentiva che qualcosa doveva essere fatto, che loro dovevano restare fuori solo un altro pochino per godersi la brezza notturna e il tenue calore estivo. Nonostante le medicine stabilizzanti, che stavano lentamente ristabilizzando il suo sonno, Ian era sempre sveglio durante quelle ore. Mickey stava fumando, più avanti, e Ian si precipitò dietro di lui, ridendo un po’ giocosamente mentre aggrappava la mano intorno al polso di Mickey, spingendolo indietro. “Hey, Mick.”
Mickey sobbalzò sorpreso, la sigaretta quasi gli cadde dalle labbra. In segno di rappresaglia, balbettò: “Che – che diavolo stai facendo?”. Sollevò un sopracciglio, lanciando a Ian uno sguardo interrogativo a causa del suo improvviso stato confuso, che Mickey non aveva neanche mai realizzato esistesse fino a quel momento. Ian aprì e poi chiuse la bocca, prima di percepire che l’espressione di Mickey stava diventando più impaziente. “Facciamo qualcosa.”, sussurrò. Non era neanche sicuro di perché stesse sussurrando, ma sentì l’eccitazione saltellare sulle sue dita.
Mickey soffiò il fumo sulla faccia di Ian, offuscandogli la vista per un attimo, mentre la sua espressione accigliata si intensificò. “Perché cazzo stai sussurrando, cretino?” Liberò la sua mano dalla presa di Ian, sospirando un po’ quando la faccia di Ian si velò di dolore, a causa del rifiuto silenzioso. Ian sbatté la mano contro il suo fianco, incerto di come spiegare il suo improvviso picco di adrenalina. Mickey sospirò, facendo un tiro dalla sigaretta prima di sfregarsi la mano sul viso, in segno di stanchezza. “Andiamo, amico, torniamo semplicemente a casa e andiamo a dormire, cazzo. Io capisco che sei questa specie di selvaggio animale notturno, ma un uomo ha bisogno di dormire.”
Mickey fece per allontanarsi, ma Ian lo tirò indietro, disperatamente. Il suo sguardo si era spostato, sapeva che Mickey era un po’ incazzato, ma sentiva di averne veramente bisogno. Era passato un po’ di tempo da quando avevano fatto qualcosa insieme, condiviso un momento così unico da sembrare quasi oro. I suoi occhi si illuminarono quando Mickey  si fermò di botto. Si piegò un pochino, sussurrando intenzionalmente. “Facciamo qualcosa di folle.”
Mickey si accigliò, cercando di capire cosa diavolo Ian stesse pensando. Il suo viso si piegò lentamente in un sorrisetto, si guardò intorno istintivamente prima di prendere la mano di Ian e di trascinarlo sul marciapiede.
 
•••
 
“Mick, questo non è esattamente quello che io definisco ‘folle’”.
Finirono col camminare fino a una pensilina abbandonata. Il primo pensiero di Ian fu un giro in autobus senza meta, scendere a una fermata a caso e chiedersi quale fosse la strada per un bar o qualche tipico ostello del cazzo. Invece, Mickey aveva altro in mente. Si arrampicò con entusiasmo sul tetto della fermata, prima di sporgersi per aiutare Ian a salire dopo di lui. Ian era esitante all’inizio, ripensando alla sua scelta di fare qualcosa di selvaggio e spontaneo.
Ian non classificherebbe arrampicarsi sulla cima di una vecchia pensilina di merda “folle”, ma, per quanto dozzinale potesse suonare, era felice di poter essere da solo con Mickey per una volta.
Mickey era riuscito a rubare una bottiglia di vino dal negozio lì vicino ed entrambi si sedettero, fianco a fianco, sulla cima della pensilina, passandosi la bottiglia a vicenda nel mezzo delle loro chiacchiere.
Mickey sospirò, prendendosi una meritata sorsata dalla bottiglia. “Vuoi andare a fare paracadutismo o cazzate del genere? Che ti aspettavi?”. Passò la bottiglia a Ian, guardando attentamente per abitudine, e perché le labbra di Ian gli facevano un certo effetto, il modo in cui si avvolgevano attorno alla bottiglia gli ricordavano fin troppo Ian avvolto intorno a lui.
Ian sbuffò, bevendo un po’ di vino prima di posare la bottiglia tra le sue gambe. Un autobus passò sulla strada di fronte a loro, senza fermarsi, turbandolo un po’, fin quando non sentì la mano protettiva di Mickey avvolgersi sul suo ginocchio piegato. Ian si mordicchiò il labbro, cercando di nascondere il suo sorriso. Bevve. “Sei troppo un pollo di merda per saltare giù da un aereo, quindi no, non me lo aspetterei.”
Mickey girò la testa, scioccato con la bocca spalancata. Il suo viso si aprì in un sorriso pungente, che si accordava completamente con quello di Ian. “Brutto stronzo…” Mickey gliela fece pagare, mettendosi a cavalcioni su Ian in una goffa e più probabilmente pericolosa posizione, in cui iniziò a solleticare i fianchi di Ian.
Ian si divincolò, ridendo rumorosamente sotto i baffi mentre provava a spostarsi dal tocco delle dita di Mickey. Posò il vino di fianco a loro, prima di rovesciare entrambi contro la pensilina e affondare le dita nei suoi fianchi. “Pollo di merda!” Ian rise, placcando Mickey così saldamente da non dargli alcuna possibilità di movimento. Beh, perlomeno fin quando Ian non arrivò quasi a cadere dal tetto della fermata.
Gli occhi di Mickey si spalancarono, principalmente con paura, ma con una debole confusione prima di realizzare dove effettivamente fossero. Si mosse velocemente per avvolgere le braccia intorno alla vita di Ian, tirando il suo corpo per riportarlo alla sicurezza. Ian iniziò a ridacchiare, l’alcol che riusciva facilmente a prendere il sopravvento su di lui. Mickey si lasciò contagiare, e la sua risata risuonò per la strada vuota.
Il corpo di Ian si scosse per la sua risata, e lui sollevò la testa con un sorriso assonnato. Mickey ruotò gli occhi, le sue mani si trascinavano distrattamente lungo le braccia di Ian. Le risatine di Ian si affievolirono mentre parlava con humor. “Mio eroe.”
Mickey sogghignò, sapeva di non meritarsi quella nomina – a causa della sua reputazione e precedenti attività –, però non gli dispiaceva sentire la voce di Ian pronunciare quelle parole. Spintonò il torace ubriaco di Ian, solo leggermente, nel caso in cui Ian fosse effettivamente caduto e si fosse fatto male al suo culo idiota. “Vaffanculo, amico.”
Un altro autobus passò, ed entrambi si girarono sulla schiena, guardando come girava praticamente vuoto. Ian sospirò drammaticamente, spostandosi più vicino a Mickey sulla cima della pensilina. Grazie al cielo era abbastanza grande e abbastanza piatta per entrambi, altrimenti tutto ciò sarebbe stato “qualcosa di folle” che sarebbe finito con una gita al pronto soccorso.
Ian afferrò la bottiglia, ingerendo con noncuranza la bevanda alcolica. Guardò in alto al cielo, gli occhi gli si illuminarono, rivolti alle stelle, per la prima volta dopo così tanto tempo da sembrare anni. “Mick?”
“Cosa?” borbottò Mickey, rivolgendo la faccia a Ian.
Ian lasciò gorgogliare una risatina, prima di sorridere alle stelle. Era strano pensare che fece esattamente la stessa cosa, solo un paio di anni prima, nel mezzo del campo di un deposito di rottami, mentre sua madre scopava con un qualche giovane montanaro muscoloso, mentre Ian pensava alle conseguenze del suo disturbo. “Ti capita mai di guardare le stelle? Tipo, guardarle veramente?”
Mickey si accigliò, colpito dall’insolita domanda. Alzò lo sguardo al cielo, per poi rivolgerlo a Ian, poi scosse la testa con una risata sarcastica. “Nah, bello, perché cazzo dovrei, sono noiose come la merda.” Lo erano, fino a un certo punto, però– Mickey non guardava mai veramente le stelle per avere delle risposte, non allora, di solito guardava la canna di una pistola se aveva bisogno di risposte.
Ian si aspettava quella risposta, il suo sorriso era limpido anche attraverso la luce tenue della notte. “Dovresti” commentò, mettendosi la mano davanti al viso, lasciando che la brezza attraversasse delicatamente le sue dita.
Mickey se ne stava silenzioso, guardando il viso di Ian illuminarsi rivolto al cielo. Voleva stringere la sua mano, premere le sue dita contro le proprie, baciare le sue nocche, perché aveva realizzato perché Ian guardava le stelle, cercando di trovare risposte al tradimento che gli sembrava la vita gli avesse donato. “E perché mai?” chiese, generalmente interessato alla risposta di Ian.
“Oh, sai,” cominciò Ian, balbettando la sua spiegazione. Era pronto a tirar fuori una risposta da intellettuale su come le stelle fossero lontane anni luce, già morte ma comunque splendenti, ma non se ne preoccupò. Andò semplicemente per l’ovvio. La verità. “Chi non lo farebbe? Sono bellissime.”
Mickey diede un colpetto con il gomito alla sua gamba, contro quella di Ian, trangugiando il resto del vino. “E tu sei fottutamente stupido, lo sai questo?”
“Sono contento” disse d’impulso, le sue parole più ansiose adesso. Mickey si girò di nuovo sul fianco, alzando un sopracciglio, siccome non riusciva a capire di cosa Ian stesse parlando. “Di cosa? Di essere uno stupido?” rise tra sé e sé, gettando la bottiglia dietro di loro, vicino un albero lì vicino.
Ian guardò serrando la mandibola come la bottiglia finì tra i rami, interrompendo la sua caduta. “Mick.” lo avvertì, ricevendo la conosciuta occhiataccia alla Mickey, della quale non avrebbe mai voluto sbarazzarsi. Ian fece scorrere una mano tra i capelli, beandosi del continuo brusio attraverso il suo corpo. “No, sono contento che abbia funzionato, alla fine.”
Mickey bloccò la sua lingua contro un lato della sua bocca, pronto a scappare al primo segno di una conversazione profonda e sentimentale che era pronto a spezzare, invece diede un altro colpetto alla gamba di Ian. Il suo modo silenzioso di ricordargli che provava la stessa cosa. “Io non direi che si è proprio tutto risolto, però sì, è bello quello che abbiamo.”
La loro vita, la loro relazione, Yevgeny, Mandy che era finalmente tornata dall’Indiana, cazzo, persino Svetlana era una parte positiva della sua vita adesso. Mickey non era mai stato felice, nemmeno si sarebbe mai aspettato di esserlo, eppure in qualche modo Ian aveva cambiato le cose completamente.
Ian sorrise, luminoso e soddisfatto, gli occhi gli si stavano leggermente inumidendo, ma avrebbe semplicemente fatto finta che fosse un effetto ritardato della sua febbre da fieno, piuttosto che ammettere che diventava emotivo quando beveva troppo. Fece scivolare la sua mano in quella di Mickey, alzando lo sguardo verso di lui, come se fosse pronto a dargli il mondo. “Lo è, non è vero?”
Mickey abbassò lo sguardo sulle loro mani; il modo in cui si incastravano così perfettamente, come le lettere sulle sue nocche sembravano meno minacciose vicino alle bianche e lentigginose mani che appartenevano alla persona che voleva proteggere di più al mondo. “Sì,”, sussurrò, quasi rintronato.
Ian mormorò, baciando le loro mani prima di rivolgere di nuovo lo sguardo alle stelle. La pensilina era fredda contro la sua schiena, anche attraverso la sua giacca, ma come al solito sentiva il corpo di Mickey irradiare calore anche fuori dal suo corpo.
Il silenzio si ruppe con l’improvvisa voce timida ma fedele di Mickey. Fece scorrere il polpastrello del suo pollice sulla nocca di Ian, facendo un largo sorriso all’ammaccatura ancora presente sull’osso. Non avrebbe mai dimenticato quel giorno in cui Ian gli salvò il culo da un mucchio di spacciatori – anche se Mickey aveva provato a migliorarsi, in seguito – Ian non esitò a picchiarli, fratturandosi la sua stessa nocca nel frattempo. Espirò profondamente, provocando un brivido su per la spina dorsale di Ian. “Devo dirti una cosa.”
La mano di Ian si serrò intorno alla sua, i suoi occhi erano pieni di paura. Ecco qui. Mickey ne aveva abbastanza. Questa era la fine per loro, o almeno così pensava. Cos’altro poteva essere? Mickey non voleva mai semplicemente parlare di qualcosa. Dallo sguardo serio nei suoi occhi, Ian capì che si trattava di qualcosa che tormentava la mente di Mickey da un po’. “Di che si tratta, Mick?” sussurrò Ian, temendo il peggio.
E se stava scherzando? Se quel “qualcosa” fosse stato solo un'altra parola per indicare un bacio, o qualche ridicolo gioco di parole che aveva trovato su Internet? Forse gli avrebbe semplicemente detto il punteggio della partita che si erano persi, o che Yevgeny aveva disegnato sui muri e ora gli stava chiedendo gentilmente di ritinteggiarli.
E se voleva dileguarsi nella cultura finlandese ed era pronto a partire per la Finlandia il giorno seguente? Aspetta… Cosa? No.
Ian rise della sua stessa idiozia, premendo le sue labbra l’una contro l’altra quando Mickey si girò con cipiglio, incapace di leggere la mente di Ian. A volte Ian ne era grato. Fottuta Finlandia.
Mickey si schiarì la gola, picchiettando una mano contro la sua camicia. “Io e ‘Lana abbiamo divorziato.” Guardò Ian, aspettando una reazione che aveva immaginato nella sua testa più volte, durante quella giornata.
Ian era scioccato. Il suo corpo era incerto su come reagire, perché, davvero, erano anni ormai che loro tre si comportavano come un unico nucleo familiare che si prendeva cura di Yev, e Ian non aveva mai neanche notato davvero che Svetlana era ancora sposata con Mickey. Si sollevò sui gomiti, le parole non riuscivano a prendere forma per lo shock. “Aspetta, cosa?”
Mickey l’aveva fatto per la ragione che Ian rimosse immediatamente dalla mente, oppure Svetlana aveva finalmente ricevuto il permesso di residenza ed era legalmente autorizzata a stare nel Paese anche senza il consenso del matrimonio?
Mickey sospirò e ripeté velocemente i dettagli, ignorando la domanda di Ian, cercando di chiarire il motivo principale per cui l’aveva fatto. “Voglio dire, è ufficiale solo da un giorno. Le lascio tenere il cognome, perché, sai, è sempre parte della famiglia, ma sì, uh, non sono più legalmente legato a nessuna donna russa arrabbiata.” si grattò la nuca, i suoi occhi rivolti al pel di carota leggermente tremante seduto affianco a lui.
Ian rise – rise, cazzo –, la sua mano si infilò tra i suoi capelli ripetutamente, mentre elaborava l’informazione e la assimilava. Non erano sposati. Mickey non era più legalmente legato a Svetlana. A Ian non sarebbe dispiaciuto se lo fossero stati ancora, cavolo, voleva bene a Svetlana come a una sorella – non gli aveva dato fastidio che fosse sposata con Mickey, anche se alcune persone dicevano che avrebbe dovuto. Aggrottò le sopracciglia, “Porca puttana, Mick. Perché, uh, perché l’hai fatto?”
Mickey premette sulle dita di Ian, mordendosi il labbro realizzando che alla fine avrebbe dovuto spiegare tutto. C’era una ragione per cui non aveva detto a Ian che lui e Svetlana lo stavano pianificando da mesi, voleva che Ian rimanesse sorpreso. “Andiamo, amico, non farmi dire tutto per filo e per segno.” Scosse la testa, cercando qualcosa in tasca – in quel momento gli occhi di Ian si spalancarono, invece tirò fuori il suo pacco di sigarette, accendendone una per lo stress, ed elaborò le sue parole successive.
Ian alzò le spalle, gli occhi incatenati alle loro mani ancora premute l’una contro l’altra. Mickey espirò, concentrandosi su Ian con gli occhi socchiusi. “Da quanto tempo stiamo insieme?” chiese inaspettatamente, un sorrisetto giocava sulle sue labbra, cercando senza alcuna speranza di nascondersi dietro il suo duro aspetto esteriore.
Ian aveva il suo modo di sbloccarlo.
Ian si scervellò, passando una mano sulla parte posteriore della testa, prima di rispondere semplicemente “Troppi per contarli.” Nonostante entrambi sapessero che non era così tanto tempo, sembrava comunque un’eternità, qualcosa che non sarebbe mai passato.
“Esatto,” iniziò Mickey, passando la sigaretta all’altro uomo, sollevandosi sui gomiti. Passò un autobus e lui quasi perse il filo del discorso, guardò in direzione di Ian per trovare l’ispirazione, la speranza, e le trovò nella delicata espressione in attesa del ragazzo più piccolo. “Stiamo insieme da un sacco di tempo, cazzo. Siamo praticamente la fottuta coppia sposata tipicamente americana, perché non firmare un cazzo di pezzo di carta che lo rende ufficiale.” Sentì di star sproloquiando, proprio come avrebbe fatto Ian, e aveva bisogno di tempo per respirare.
Ian non aveva idea se quello che stava sentendo fosse un sogno o, infatti, realtà. Non era sicuro se Mickey stesse facendo una sorta di gioco, o se lo stesse prendendo in giro per essersi eccitato quando il matrimonio tra persone dello stesso sesso era stato legalizzato in tutti e cinquanta gli stati. Il suo cuore batteva velocemente, come il motore di un veicolo ad alta velocità, lo controllava ma era pronto a buttarlo giù dai binari. Realizzò, quando vide il pallido colorito di Mickey, il modo in cui i suoi occhi stavano quasi saltando fuori dalla sua testa, la sua mano leggermente tremolante contro la sua, in attesa dell’unica risposta che Ian era in grado di dargli.
Invece, Ian fece un sorrisetto. “Io non direi tipicamente americana.”
Mickey trattenne una risata, sfuggendo alla verità mentre colpiva il torace di Ian. Ian afferrò i suoi polsi, guardando dritto verso di lui, mentre Mickey spostava il suo corpo più vicino al suo. Mickey si leccò il labbro, il nervosismo si irradiava dal suo corpo come se la sua aurora stesse trasparendo. “Chiudi quella cazzo di bocca e di’ qualcosa di utile” sussurrò.
Ian ridacchiò, l'eccitazione svanì leggermente a causa del vino, ma si ricompose istantaneamente con il tocco delle dita di Mickey sulla sua pelle. Il freddo raggiunse il suo picco lungo la sua giacca, il duro tetto della pensilina era ancora come una solida roccia sotto di lui, gettò un’occhiata oltre il margine prima di sorridere a Mickey. Ian sentì il calore nel suo torace crescere rapidamente. “Vuoi, uh, vuoi davvero sposare me?”
Mickey sospirò profondamente, ruotando gli occhi per la stupidità di cui era intrisa la voce di Ian. Dio, Ian riusciva ad essere così scemo a volte. Colpì il torace di Ian, “No, voglio sposare Lip, cazzo!* Secondo te??”
“Secondo me–”
Mickey premette un dito contro le labbra in movimento di Ian. “Senti, coglione, volevi sapere quindi chiudi quella diavolo di bocca.” Alzò un sopracciglio, in segno di dominanza. Ian si limitò ad annuire, le sue mani raggiunsero la vita di Mickey. Mickey si morse il labbro, “Certo che voglio sposare te, testa di minchia, non mi renderei un tale idiota per nulla.”
Ian sbuffò contro la mano di Mickey, che ora era sul suo viso. Mickey si stava ovviamente sbagliando, no? Il matrimonio non era nella lista di Mickey, nonostante la priorità che aveva in quella di Ian, giusto? Ian lanciò uno sguardo a Mickey, la sua espressione diceva tutt’altro. Era serio. Voleva sposare Ian. Gli occhi di Ian si allargarono, come quelli di un cervo colto dalle luci dei fanali. Quando Mickey fece cadere la sua mano dal viso di Ian, lui si limitò a rimpiazzarla con la sua. Occhi spalancati, lacrime pronte a cadere, sentì il suo cuore colpire il suo torace. “Io non so– non so cosa dire.”
Mickey scivolò su un fianco. “Beh, spero proprio che dirai sì, altrimenti…” raggiunse la tasca del suo cappotto, frugando ansiosamente nel caotico disordine che viveva all’interno. Il cuore di Ian batteva più forte ogni volta che Mickey tirava fuori la cosa sbagliata, fin quando non trovò ciò che voleva. “…questo cazzo di coso andrà sprecato.”
L’intero viso di Ian si illuminò. Mickey stava tenendo in mano una scatoletta nera di velluto. L’espressione di Mickey traeva una conclusione di paura, ma soprattutto speranza. Ian sentì tutto il suo corpo avanzare lentamente con calore, il viso arrossato, gli occhi pieni di lacrime, le mani tremanti contro la sua faccia. “Io, uh…” Mickey gli passò la scatola.
Lentamente, Ian l’aprì. Dentro la piccola scatola, giaceva un delicato anello nero; quando lo guardò più da vicino, riuscì chiaramente a vedere le iniziali di Mickey incise sulla superficie nera. Ian sentì il suo cuore esplodere. Non aveva parole. Per una volta, si sentiva senza parole. “Mick, porca troia– cosa, quando, come?”
Mickey alzò le spalle, non dandogli importanza. Alzò le mani in segno di resa, ridendo sotto i baffi. “È tutto legale, lo giuro.”
Ian strinse gli occhi, sogghignando. “È difficile da credere.”
Nel corso degli anni, Mickey era diventato una mezza specie di cittadino rispettabile, ma un Milkovich è pur sempre un Milkovich.
“Okay, okay.” Mickey si arrese, sedendosi completamente, accavallando le gambe. Ian non aveva ancora dato una risposta, e ciò stava facendo prudere la pelle di Mickey. Diede un colpetto al ginocchio di Ian. “Okay, legale per quanto riguarda me. Iggy l’ha fregato in quel locale per ricchi sulla ventiseiesima.”
Ian rise rumorosamente, cadendo un po’ all’indietro, quando la sua risata risuonò per la strada vuota. Era tipico, e Ian amava tutto ciò. Nonostante l’avessero rubato, era tipico di Mickey, e a Ian non fregava veramente un cazzo se qualche riccone avesse perso un anello. “È che–” Ian si ritrovò senza parole.
Mickey gli diede un altro colpetto, cercando di fargli sputar fuori le parole giuste, mentre il suo cuore era sul punto di esplodere dalla trepidazione. Ian ridacchiò, tutto il suo corpo era un flusso di elettricità. Mickey voleva fottutamente sposarlo. Voleva trascorrere il resto della sua vita con Ian. “Non capisco, cioè, naturalmente, cazzo, ovviamente, ma perché adesso? Perché sul tetto di una fermata dell’autobus di merda?”
Mickey si ritrovò a doversi sforzare, per trovare una risposta a questa domanda. Non aveva pianificato di fare la proposta sul tetto di una pensilina – non aveva nemmeno pensato a come farla – ma posto giusto, momento giusto, e cose varie. La luce negli occhi di Ian era qualcosa che Mickey aveva sperato, più che pianificato. Si spostò più vicino al pel di carota, che era ancora stupefatto e incantato dall’anello poggiato nella scatola.
“Hai detto di fare qualcosa di folle, e se sposarti è fottutamente folle allora io non voglio mai essere normale.” Dio, Mickey non avrebbe mai pensato che quelle parole avrebbero lasciato la sua bocca.
Senza pensarci, Ian si precipitò per baciare Mickey. Le sue labbra si attaccarono a quelle di Mickey, un tocco soffice e ruvido, e Mickey gemette, mentre la lingua di Ian passava sulla linea delle sue labbra. La mano di Ian non era chiusa saldamente intorno alla scatola di velluto, e lui la portò sulla nuca di Mickey. Era una posizione goffa, anche a causa del luogo in cui si trovavano, ma in qualche modo riuscì a scivolare tra le gambe di Mickey. Quando si staccò, strofinò il polpastrello del suo pollice lungo la linea dello zigomo di Mickey. “Sembri quasi romantico.”
Mickey lo spinse via, tirando uno schiaffo sul suo braccio mentre le risate sommesse di Ian diventavano sempre più rumorose. “Fottiti, è perché lo sono.” Si aggiustò la giacca, prima di sorridere verso Ian, il cuore che gli sembrava pronto a scoppiare. I capelli rossi di Ian erano leggermente scossi dal venticello, e alcune ciocche sfregavano contro la sua fronte. Mickey dovette sforzarsi con tutto sé stesso per non spostare quei capelli, baciarlo, strisciare tra le sue gambe e stringere le sue braccia intorno a lui.
Mickey si spostò più vicino a lui, la sua mano cercava il suo posto sulla sottile vita di Ian. “Quindi, hai intenzione di diventare il mio fottuto marito o cosa?” E, Dio, sperava in una sola risposta.
La faccia di Ian si ruppe in un sorriso, le sue dita chiusero la scatola, correndo agilmente sulla superficie di velluto. Lentamente, si piegò in avanti, sorprendendo Mickey quasi completamente, e baciò le sue labbra. Si baciarono lentamente, la mano di Ian si trascinò sulla nuca di Mickey, i loro occhi si chiusero, mentre si baciavano sul tetto della pensilina. Mickey lasciò andare un debole rantolo, aveva già indovinato la sua risposta, la sua mano stava protettivamente tracciando il suo segno sull’articolazione dell’anca di Ian. Scivolarono goffamente, il corpo di Ian si manovrava da solo, quasi angelicamente, insieme a quello di Mickey.
Baciò la barbetta sulla mascella di Mickey, dove poi lui iniziò ad arrossire, ruvidi baci sul suo viso, sul naso, sul mento, arrivò persino a baciargli le palpebre. Mickey si contorse, ridacchiando come un bambino di cinque anni, perché Ian si staccò e lo guardò negli occhi con meraviglia. Sempre meraviglia.
Ian rilasciò il suo labbro inferiore, i suoi occhi azzurro-verdi si distesero in uno stato emotivo che Mickey poteva riconoscere solo come felicità. La voce di Ian tremolò un pochino, le parole si incrinavano a ogni sillaba. “Sì. Dio, sì. Sarò il tuo fottuto marito.” Aprì la scatola, tirando fuori l’anello, e lo infilò sul dito. Lo agitò davanti la faccia di Mickey, incapace di eliminare il suo largo sorriso. Baciò Mickey di nuovo.
Mickey si sentiva il cuore scoppiare. Non era una sorpresa che sarebbe rimasto con Ian per il resto della vita, perché era ciò che voleva. Adesso avevano un anello per provarlo.
Ian ridacchiò, ipereccitato a causa del testosterone per essere felice e circondato da Mickey. Posò la mano contro il torace di Mickey, prima che le sua labbra si curvassero in un sorrisetto. “Enfasi sul ‘fottuto’”.
Mickey riusciva solo a ridere, il suo corpo cercava – fallendo – di nascondere il picco di felicità causato dalle parole di Ian. Ian lo baciava freneticamente, le sue mani vagabondavano in tutte le direzioni, l’anello urtava bottoni e zip.
Erano così intrappolati l’uno con l’altro che quando un autobus gli sfrecciò davanti, suonando il clacson, entrambi per poco non caddero dal tetto della sporca pensilina. Ian scoppiò in una continua risata, mentre si aggrappava a Mickey per non cadere. “Ti amo” sussurrò, mettendosi in una posizione (più o meno) sicura.
Mickey lo tenne saldamente, un braccio bloccato intorno alla sua vita. Baciò l’attaccatura dei capelli di Ian, mordendosi il labbro in un lampo della sua natura domestica. ‘Sti cazzi. Erano ufficialmente fidanzati adesso, era un aspetto fondamentale della vita matrimoniale, dopotutto. “Sì, sì, vieni qui adesso.”

•••
*La frase originale era "No, I wanna marry fucking Lip!". Non sono riuscita a trovare un modo in italiano che rendesse tanto quanto rende in inglese, quindi la scrivo qui. È una frase troppo bella per andare sprecata in questo modo.

Spazio della traduttrice: Ho letto questa storia circa un mesetto fa, quando era appena stata pubblicata, ed è subito diventata una delle mie fanfiction Gallavich preferite. Penso che l'autrice sia riuscita perfettamente a rendere i personaggi, nel modo più In-Character possibile, scrivendo una storia così fluffy da far venire le lacrime agli occhi.
È la prima volta che traduco una storia, quindi mi scuso in anticipo per qualche eventuale errore; ho cercato di essere il più fedele che potessi all'originale, ma soprattutto ho provato a tradurla in modo che anche in italiano potesse avere uno stile apprezzabile. Inoltre, ho notato che nella storia originale l'autrice faceva un po' di confusione, narrando ora al passato, ora al presente, quindi ho pensato di volgere tutto al passato, che in italiano è un tempo di narrazione migliore.
Ultima cosa: mi dispiace se nella parte finale sono stata meno minuziosa, potrei aver fatto qualche errore in più, perché proprio mentre stavo lavorando a quella parte sono iniziate a uscire le foto dal set della sesta stagione, featuring Noel Fucking Fisher, per cui ero abbastanza sclerata e non sono riuscita a concentrarmi veramente su ciò che stavo scrivendo. Chiedo venia!
   
 
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