Il Gran
Sacerdote si svegliò con
un gemito di protesta. Ficcò la testa sotto il cuscino.
Odiava il suono delle
campane, e quelle dannate suonavano ogni giorno alle sei di mattina!
Ormai
sveglio, non riuscendo a riaddormentarsi, scese pigramente dal letto.
Nell’armadio, la sua amata veste che ormai non poteva
indossare più. Lontano
all’orizzonte il Grande Tempio, che solo i suoi occhi da
cavaliere potevano
mettere correttamente a fuoco. Era l’alba. Poteva
approfittare dell’ora per
farsi un giro senza destare troppa curiosità. Scese le scale
e mangiò il poco
che riteneva necessario. Guardò la grande tavolata. Era
l’unico sveglio,
probabilmente perché gli altri avevano fatto baldoria fino a
tardi.
“Odio
il ventunesimo secolo”
mormorò, affondando una mano fra
i
capelli e con l’altra portandosi una birra alla bocca.
Poi
lasciò la sala ed uscì
all’aperto. L’odore pungente dell’incenso
lo avvolse. Starnutì. In quei tempi
di crisi, nessuno aveva più voglia di aiutare i Sacri
Cavalieri ma, consapevoli
di quante volte i
suddetti cavalieri
avessero aiutato la Terra, non erano del tutto stati lasciati per
strada. I
pochi rimasti erano stati registrati come
“comunità religiosa” e messi a vivere
accanto ad un convento. Così facendo, lo stato Greco
risparmiava notevolmente,
aprendo le porte dei ruderi del Tempio ai turisti. La cosa non era
piaciuta al
Gran Sacerdote, che si chiedeva di chi fosse ora sacerdote, ma si era
dovuto
adeguare. Vestito da “comune mortale”, scese in
cortile. Le suore del convento
vicino erano in silenziosa processione verso la piccola cappella
centrale,
richiamate dallo scampanio incessante delle campane.
“Meno
male, stamattina non
cantano” ringraziò l’uomo.
Una suora lo
fissava. Lo aveva
visto uscire e lo osservava, incuriosita. Le era stato detto che
quell’uomo era
un “Gran Sacerdote”, ma non lo aveva mai visto fare
niente “da sacerdote”. Mai
celebrato messa, mai confessato qualche fedele, mai pregato nella
cappella o
quant’altro. E poi non aveva vesti religiose. E quei capelli,
così lunghi e
scombinati! Ma quello che notava di più ero lo sguardo.
Possedeva un magnetismo
ed uno strano mistero che poco si addiceva ad un cristiano. E quel suo
strano
timore per le eclissi…
“Buongiorno,
fratello” lo salutò,
per educazione.
“Io
non sono tuo fratello”
rispose lui, stizzito.
“Siamo
tutti figli di Dio!”.
“Io
no”.
Il Gran
Sacerdote si allontanò,
mentre la donna si faceva il segno della croce. Controllò di
avere in tasca le
chiavi di casa,che dimenticava sempre perché non abituato ad
averle. Distratto,
quasi cadde inciampando su una moto di grossa cilindrata parcheggiata
in malo
modo .
“Phoenix!”
gridò, ben sapendo che
il cavaliere ancora dormiva, e che quindi non ascoltava “Un
giorno darò fuoco a
questo tuo aggeggio! Tanto, se è come te, poi
risorge!”.
Salì
in fretta una ripida salita,
accorgendosi fin da subito che una di quelle strane donne pinguino
stava
compiendo la stessa strada. Cercò di seminarla, ma non ci
riuscì. La
testardaggine di quelle donne era alquanto fastidiosa.
“Cosa
posso fare per voi, Madre
superiora?” domandò un uomo, apparso
sull’uscio della casa posta in cima a
quella piccola salita. Lungo il sentiero che conduceva a quella porta,
stavano lapidi
e fiori.
“Vorrei
fiori per la chiesa ed il
cimitero” rispose la donna, osservando con
curiosità le lapidi senza scritte, forse
già scegliendo quella che un giorno l’avrebbe
ricordata con qualche epitaffio
idiota.
“Ve
li farò portare quanto prima”
rispose quell’incrocio fra un fioraio ed un becchino.
“E
Voi che fate qui?” domandò poi
la suora al Gran Sacerdote.
Voleva solo
passare oltre quella
stupida collina e raggiungere il Grande Tempio.
“Anch’io
devo venire in quella
direzione” mentì la donna “Possiamo fare
un pezzo di strada assieme?”.
“Come
volete” sbottò lui, sempre
più tentato di mettersi a correre.
Purtroppo
per lui, si ritrovò a
camminare con a fianco la pinguina e l’uomo lapide.
Dopo qualche
attimo di pace e
silenzio, la suora prese coraggio e si avvicinò un
po’ di più al “collega”.
“Posso
farvi una domanda?”.
“Tanto
me la fareste lo stesso,
perciò…”.
“Come
mai fate tanto rumore ad
una certa ora?”.
“Rumore?!”
“Sì.
Vi sento gridare, come se vi
steste picchiando!”
Il Gran
Sacerdote ghignò.
Evidentemente le sorelle udivano gli allenamenti dei pochi cavalieri
rimasti.
Ma come spiegarlo?
“Noi…ecco…”.
“Fate
parte di quell’ordine
strano che si provoca lesioni sul corpo per avvicinarsi di
più a Cristo?”.
“Cercheremo
di fare più piano”
tagliò corto lui, non sapendo che rispondere.
“Ecco,
bravi. Perché disturbate
la nostra meditazione”.
In
realtà, ed il Gran Sacerdote
lo sapeva benissimo, disturbavano il sonnellino pomeridiano. Giunti ai
piedi di
quel che un tempo era il Grande Tempio, si diresse verso i giardini,
nascosti.
“Che
fissa!” commentò l’uomo dei
fiori e delle lapidi “Questo è il Grande
Tempio!”.
“Già,
che fissa…” non trovò altre
parole il Sacerdote, sconcertato.
“Ho
sentito tante leggende
riguardanti questo posto” riprese l’uomo lapide
“Supereroi che difendevano
l’umanità, o cose del genere. Storielle per
bambini ,e nulla di più. Per me era
solo una trovata turistica. Ed ora che è aperto al pubblico,
tutti ne hanno le
prove. Dove sono questi valorosi cavalieri, ora che persone da tutto il
mondo
invadono le loro
case, scattando foto e
rovinando tutto?”.
Il Gran
Sacerdote non rispose. Si
era fermato davanti ad una roccia liscia, levigata.
“Ma…questo
è un cimitero”
commentò la suora, guardandosi attorno, fra l’erba
alta.
“Che
postaccio” continuò “Non
c’è
nemmeno una croce, o un angelo. È tutto lasciato
all’abbandono più totale. E
pure i fiori messi così…”.
In effetti
quel luogo era stato
abbandonato da tempo, non essendoci più cavalieri al Tempio.
Ma lì sotto
giacevano tutti i grandi combattenti del passato.
“Segno
di un culto pagano ormai
morto” concluse la suora.
Il Sacerdote
non aprì bocca.
Davanti a lui, stava la tomba del suo predecessore.
“Saga…”
ne mormorò piano il nome.
Si sentiva
in colpa. Aveva
lasciato decadere il Tempio, non era riuscito a mantenerlo unito. Non
erano più
giunti cavalieri d’Atena ed il loro numero stava calando. Che
fosse davvero
ormai un culto morto? Da quanto tempo Athena non gli dava un segno?
Voleva
sistemare quel luogo, ma finché rimaneva così
com’era aveva la vaga possibilità
che i turisti non ne fossero interessati. Sperava che almeno gli
antichi
cavalieri riposassero in pace, dopo essere morti con onore per
un’umanità che
forse non lo meritava. Non poteva permettere che pure il luogo del loro
ultimo
sonno venisse profanato! Ma non aveva idea di come impedirlo.
D’un tratto, una
voce. Una voce di donna lo chiamava per nome. Si voltò verso
ciò che restava
della statua di Athena.
“Non
devi avere timore” diceva la
voce “Non vi ho abbandonato. Il nostro tempio
tornerà presto, così come
torneranno tutti i miei cavalieri. Non abbandonare la via che stai
seguendo”.
“Athena…”
riuscì solamente a dire
il Gran Sacerdote, prima che la voce svanisse.
La suora e
l’uomo delle lapidi
non capirono. Furono lieti di allontanarsi da quel luogo, che con le
prime luci
del mattino e le ombre allungate pareva piuttosto inquietante. I primi
turisti
erano già arrivati. Il Gran Sacerdote guardò in
su. Lassù, in cima, c’era la
sua dimora, la dimora che gli spettava. Ora tutti gli oggetti in essa
contenuti
erano custoditi in vari musei comprese alcune delle armature. Ma Athena
gli
aveva parlato. Non doveva farsi scoraggiare. Riprese lentamente il
cammino
verso il convento, lasciando il curioso uomo delle lapidi al suo
negozio.
“Siete
una persona enigmatica”
commentò la suora, una volta rimasti soli.
“Perché
non faccio tutto ciò che
fate voi?” rispose il Gran Sacerdote.
“Dovreste
essere un credente,
essendomi stato detto che siete un sacerdote. Eppure non vedo alcun
contatto
vostro con le fedeli in visita al convento. Non fraintendetemi, so bene
che in
quanto sacerdote avete voto di castità, e forse cercate solo
di fuggire dalle
tentazioni…ma un buon sacerdote dovrebbe parlare con le
credenti che giungono
da noi in cerca di conforto in questi giorni difficili, dal loro la
benedizione”.
Il Gran
Sacerdote sorrise. Specie
alla frase “voto di castità”. Molte
delle fedeli in visita aveva avuto modo di
verificare di persona la totale mancanza del suo voto di
castità, e le aveva
sentite nominare qualsiasi tipo di divinità possibile mentre
dava loro la sua
“benedizione”. Trattenne a fatica una risata.
Quelle donne, alcune di loro,
possedevano attorno a sé una luce particolare. Non poteva
definirla “cosmica”
ma ci andava molto vicino. Forse i loro figli sarebbero nati avvolti
dal cosmo.
Era una speranza.
“Vedrò
di avere comportamenti che
le risultino meno bizzarri, Madre” tentò di
congedarsi lui, aprendo il cancello
che lo portava al cortile centrale.
Di fronte a
sé, vedeva la dimora
dove ora alloggiava. Era carina, ma di certo non all’altezza
degli alloggi del
Grande Tempio. Guardò in su, per capire se qualche finestra
era stata aperta,
se qualche cavaliere si era destato. Ma vide solo scuretti e persiane
chiuse. E
le campane suonavano ancora, stavolta per la messa del mattino, quella
prima di
pranzo. Che fastidio! Sospirò, pronto a rientrare ed a
liberarsi finalmente
dalla suora, quando si sentì prendere la mano.
Abbassò lo sguardo. Due bambini,
identici fra di loro, lo fissavano. Uno di loro stringeva fra le mani
una
statuina: l’armatura d’Athena. Lui gli sorrise.
Avevano i suoi occhi ed attorno
a loro brillava un forte Cosmo.
“Chi
sono questi bambini?”
domandò la suora.
Altra
domanda a cui non sapeva
rispondere in modo convincente.
“Non
le ho parlato del mio ultimo
progetto” iniziò, inventandosi una balla colossale
“Visti i tempi difficili, di
crisi, ho voluto aprire le porte ai bambini in difficoltà.
Tanti di loro, là
fuori, soffrono in case senza soldi sufficienti o amore. Che sia questo
un
rifugio per coloro che hanno bisogno di riparo ed aiuto”.
Lo sguardo
della madre Superiora
parve illuminarsi.
“Finalmente
ora vedo in Voi la
luce della fede!” disse, congiungendo le mani
“Già me li immagino i bambini che
corrono e giocano per questo grande giardino, lontani dal male del
mondo. Mi
sembra un’ottima idea! E sia mai che fra di loro non si
nascondano futuri
preti, suore, uomini di Dio o…Santi!”.
Il Gran
Sacerdote sorrise.
“Prego, entrate, futuri aspiranti Santi”
parlò, facendo entrare i due bimbi
nella casa. Questi non se lo fecero ripetere due volte ed entrarono,
ridendo.
“Allora,
buona giornata” si
congedò la suora “E sia lodato Gesù
Cristo”.
“Già…Gesù
Cristo” mormorò il Gran
Sacerdote, chiudendo la porta dietro di sé e fissando la
statuina che stringeva
fra le mani.