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Autore: wildbeauty    01/08/2015    3 recensioni
Vedo i fantasmi. Certo, questo non dovrebbe essere difficile da credere, dato che sono un fantasma. Oh, sì in carne e ossa.
     Dopo questa splendida battuta squallida forse occorre fare delle precisazioni, o quantomeno presentarmi in maniera decente: sono Milena Callowhan, sono morta e vivo a New York. La mia vena da cabarettista la sta decisamente facendo da padrone. Ma ritorniamo seri. Strano che debba dirmelo, vista la situazione attuale.
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Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vedo i fantasmi. Certo, questo non dovrebbe essere difficile da credere, dato che sono un fantasma. Oh, sì in carne e ossa.
     Dopo questa splendida battuta squallida forse occorre fare delle precisazioni, o quantomeno presentarmi in maniera decente: sono Milena Callowhan, sono morta e vivo a New York. La mia vena da cabarettista la sta decisamente facendo da padrone. Ma ritorniamo seri. Strano che debba dirmelo, vista la situazione attuale.
     Vedete, sto allegramente volteggiando sopra i poliziotti che esaminano attentamente il mio cadavere, cercando indizi, formulando ipotesi, e tante altre cose che li rendono incredibilmente divertenti da guardare.
     Ovviamente, per quanto la polizia possa essere poco brillante, l'ovvio balza ai suoi occhi e non possono non ignorarlo. Ma il mio suicidio è stato così plateale e ben congegnato che sono sicura farà notizia per due settimane, come minimo.
     Mi sono buttata dall'Empire State Building ovviamente. Non tanto per l'altezza, quanto per la storia e la fama di questo nome, che ho trovato molto adatto per rappresentarmi.
     Mia madre mi avrebbe dato della megalomane. E avrebbe avuto ragione. Insomma, lo sono sempre stata, sin da piccola. Amo e amavo stare al centro dell'attenzione. Potrei dire che ci riesco facilmente.
     Non sono una persona che passa inosservata, nemmeno con un corpo scialbo. Ho una slecie di fascino che mi porto dietro, persino ora come essere incorporeo, che mi fa brillare un po' di più rispetto agli altri comuni mortali.
     Che vi avevo detto? Sono megalomane. Certo, qualche ragione ce l'ho. Primo, vedo i fantasmi. Bella forza, potreste dire, ma miei cari, sareste in errore. Io ero in grado di vederli anche prima, come umana.     Non stupitevi troppo, persone con la cosiddetta Vista ce ne sono a bizzeffe, se si pensa che siamo otto miliardi di persone oramai. Anche mia madre ne era dotata, ma aveva deciso di esternarlo al grande pubblico, proclamandosi una vera medium, cosa che le aveva immediate precluso la credibilità.      Secondo punto: io sono diversa persino da mia madre. Possiedo un dono ancora più raro: sono in grado di reincarnarmi.
     Non si pensi che lo faccia così, alla maniera indiana, con tanto di karma e Nirvana e tutto. Semplicemente, quando muoio, divento un fantasma e, quando ho trovato un corpo che mi soddisfa abbastanza, me ne approprio.
     La gente tende ad avere difficoltà con questa parte. Fa fatica a digerire il fatto che io, come uno zelante parassita, in poco tempo schiacci l'anima di un povero e innocente essere umano. Un'altra persona (sempre che esista) col mio dono, magari più sensibile e delicata, forse rimarebbe inorridita dall'idea, e preferirebbe abbandonare definitivamente la vita terrena per vagare raminga come fantasma. Ma io, sfortunatamente per voi, non ho etica, e la mia coscienza è pressoché assente.
     Provate anche a mettervi nei miei panni. Io voglio vivere. Sperimentare. Non ho nessuna intenzione a rinunciare alla vita. Ho un dono, preferisco sfruttarlo.
     Potrei sempre morire del tutto, questo è vero. Ma il pensiero che non ci sia niente al di là dell'ultimo respiro, se non il proprio cadavere che viene mangiato dai vermi e un oblio completo, mi, per così dire, trattiene dal compiere una scelta tanto drastica.
     A me è stato dato l'elisir di lunga vita, in una boccetta che si riempie continuamente non appena svuotata. Perché non stapparla?
     Rispettando però uno dei cliché più classici, tutto ha un prezzo. E una vita presa in prestito prima o poi va sacrificata, per restituire un minimo di equilibrio. Di solito ci pensa il caso (un uragano nel posto giusto, un incendio, una lotta tra bande finita male), ma talvolta intervengo io stessa, come in questo caso.     Madeleine Faverot era un bell'acquisto, una bellezza francese, ricca, con tanti amanti e un appartamento a Manhattan. Ha scritto una lettera a ognuno dei suoi amanti prima di morire (molto commovente) dicendo loro che erano stati gli unici uomini della sua vita, e che il suo cuore sarebbe appartenuto a loro per sempre. Poi, vestita di bianco, è salita sull'Empire State Building e si è buttata (nonostante le numerose precauzioni) in un turbinio di foulard.
     Inutile dire che la caduta è stata adrenalinica. Poi c'è stato l'impatto col terreno (veloce e quasi indolore, molto meglio del veleno) e subito sono accorsi i curiosi, poi la polizia e via, bla bla bla. La famiglia è già stata informata e i genitori sono già su un aereo privato che atterrerà al JFK. La teatralità del mio gesto, nonché il fatto che fra un'ora circa verrà caricato un video su YouTube dove spiego le mie ragioni, mi dovrebbe tenere sulla cresta dell'onda per un po'.
     Che posso dirvi? Mi piace l'attenzione.
     Ma adesso inizia la parte più divertente. Volo via dal mio corpo e mi libro in aria finché non raggiumgo un'altezza tale da vedere chiaramente tutta la città. Da dove iniziare la ricerca del mio nuovo ospite? Manhattan è stato bello, con i negozi e le carte di credito esaurite, ma ho bisogno di qualcosa di più tranquillo, ora come ora. Per quanto sia un distretto delizioso, è anche incredibilmente ricco e rumoroso, con luci che ti abbagliano ovunque tu vada e insegne e colori e clacson.
     All'inizio è stato fantastico (lo è sempre, all'inizio), con le feste di classe, i flûte di champagne e la sensazione che il tempo tornasse indietro, in qualche modo e solo per qualche ora la sera, e che ci fossero ancora gli aristocratici e che un élite di poche persone predestinate governasse il mondo.
     Poi però subentra la routine, il lavoro quotidiano (architetto per ricconi), le corse per arrivare in tempo, il taxi che rimane incastrato nell'ingorgo, e s'inizia a preferire Central Park e il suo silenzio da bolla isolata alla mondanità.
     Perciò mi serve qualcosa con i piedi per terra, adesso. Qualcosa di semplice. Non semplice come il Queens però. D'accordo le cose piccole e casalinghe, ma, Cristo. Il Queens! È una specie di distretto, più simile a una periferia che ad altro. La cosa più eccitante che mi potrebbe capitare sarebbe una gita a Little India, ma per il resto... Va bene la vita tranquilla, ma tanto vale prendere il corpo di un narcolettico. Queens. Tsè.
     Rimangono Brooklyn, Bronx e Staten Island.
     Ohibò! Fluttuando fluttuando sono arrivata nei pressi della mia carissima amica Liberty. Niente Lady, troppo formale. Le salgo allegramente sulla corona (o meglio, ci volo sopra). Una sorta di ripicca nei confronti della gelosia newyorkese per questa tiara. Addirittura prenotare per poter godere di una vista da qui. Molto meglio morire e farsi un giretto gratis in santa pace. Senza nemmeno pagare il traghetto.
     Decido di andare a Coney Island. È un ottimo punto di ricerca. Una persona come Medeleine non ci si sarebbe neanche avvicinata (troppa plebaglia, probabilmente), perciò escludo di poter vedere qualche anima che bazzica abitualmente la Quinta Strada o Times Square. Ah, io adoro la Quinta Strada! Ma bando alla nostalgia!
     Avvisto una donna che sembra promettente, tutta sudata e un po' grassa, ma inspiegabilmente bella alla luce del tramonto, come se avesse un fascino particolare. Mi avvicino un attimo a lei, e sondo la sua anima. Vive nel Bronx e, contrariamente a quello che i film dicono, non è terrorizzata di vivere in una zona "così pericolosa" né ha paura che i suoi due figli (sedici e dodici anni, ottimi voti) possano far parte di una banda.
     È un'ottima cuoca, ed è stata tutto il giorno fra i fornelli a cucinare.
     Ecco spiegato il fascino. Il cibo spesso conferisce una brillantezza molto particolare, un rossore delle guance, una lucentezza negli occhi...
     Comunque, non è il mio tipo. Troppo vecchia per me, troppo buona, troppo particolare di suo. Preferisco persone scialbe, io, un po' insipide caratterialmente, con anime facili da uccidere.
     Come quella ragazzetta di sedici anni dall'aria ottusa. Vive a Hell's Kitchen (parte già bene, ho sempre amato gli irlandesi) e ha un fidanzato a Chinatown. È stupida e abbastanza carina, un'adolescente stanca della città e della famiglia, che odia le tradizioni e che vorrebbe trasferirsi altrove, possibilmente a Los Angeles. Aveva un appuntamento col suo ragazzo, ma lui non si è presentato. Lei è ovviamente furiosa, perché avrebbero dovuto decidere i costumi per Halloween, che sarebbero stati una geisha per lei e un lepraucano per lui. Rido del verbo 'decidere' e vado avanti.
     Possibilmente evito le persone provenienti da queste comunità, come Little Italy o Greenpoint. Troppo chiuse, con un ventaglio di alternative e possibilità a parer mio molto ristretto rispetto ad altri.
     E alla fine eccola: una studentessa ventunenne, con in mano un bastoncino di zucchero filato, sottobraccio il quaderno per gli appunti e schizzi disegnati al Metropolitan, in un momento d'ispirazione, mentre ammirava i capolavori dei suoi artisti preferiti. Un appartamento condiviso a Staten Island, in una tipica casa con i mattoni rossi, un lavoro come cameriera in un McDonald e il sogno di diventare una grande pittrice.
     Perfetta. Dolce e un po' immatura, con l'aspetto giusto e con uno stile di vita ideale per quello che sto progettando.
     Oramai sono costretta a salutarvi, miei cari. Ho trovato la mia ospite, e sarei troppo occupata per potervi narrare altro.
      Au revoir, dunque, XXX OOO.
      Sperate di non incontrarmi mai più. 
   
 
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