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Autore: Shainareth    03/08/2015    3 recensioni
Ero consapevole che Ambra meritasse tutti quegli insulti, e forse anche qualcuno di più, visto il modo poco amabile in cui era solita comportarsi con gli altri – ed io per prima ne sapevo qualcosa. Tuttavia, non potevo non immedesimarmi in lei e non provare la sua sofferenza: anch’io ero innamorata, e se Kentin avesse avuto per me le stesse parole che ora stava pronunciando contro Ambra… beh, probabilmente mi sarei sentita morire.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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RIVALI - CAPITOLO OTTAVO




«Come diavolo t’è saltato in testa di portartelo dietro?!»
   Fu con queste pacatissime parole che Castiel ci diede il benvenuto in casa sua. Onestamente non me la sentii di dargli torto, dal momento che Kentin si era presentato lì con Cookie al guinzaglio che ci aveva trotterellato fra i piedi ad ogni passo durante tutto il tragitto.
   «Non potevo certo lasciare l’incomodo ai miei…» si giustificò il mio amico, dando prova di aver preso fin troppo seriamente l’impegno di prendersi cura di un animale domestico. Suo padre avrebbe di certo apprezzato il suo senso di responsabilità. «E poi hai un cane anche tu, no?»
   «Se si mette a scacazzare in giro per casa, giuro che ti faccio raccogliere tutto con la lingua», lo avvertì Castiel, comprendendo che non c’era modo di farlo tornare indietro per lasciare il cucciolo a casa.
   Kentin alzò il mento con aria stizzita. «Cookie è ben educato, sai?» gli fece sapere, mentre l’oggetto del diverbio saltellava impunemente da una parte all’altra dell’ingresso, scodinzolando come un matto nel tentativo di fare le feste anche a Castiel, pur non avendolo mai visto in vita sua. Il suo entusiasmo fu tale che, nel manifestarlo, finì per fare pipì un po’ ovunque, ma principalmente sulle scarpe del padrone di casa. Che imprecò a gran voce, lanciando a Kentin uno sguardo assassino. Questi arrossì e si fece minuscolo. «Sì… beh…» tartagliò imbarazzato. «È piccolo e ha ancora qualche problemino a livello emotivo…»
   «Come il suo padrone, direi», commentò Alexy ridendo e spuntando dall’interno dell’appartamento insieme ad Iris, Melody, Kim e Capucine. Non appena videro il cucciolo, le altre ragazze cominciarono a lanciare gridolini entusiastici, raggiungendo ultrasuoni che contribuirono a stuzzicare i nervi del povero Castiel.
   Kentin sottrasse Cookie alle sdolcinate attenzioni delle nostre compagne di classe ed iniziò a far la voce grossa, sgridandolo per fargli capire che no, la pipì in casa non si fa. Mortificato, il cagnolino mise le orecchie all’indietro e la codina fra le gambe, fissando il padroncino dal basso verso l’alto in un modo talmente adorabile che il tono severo di lui si smorzò sempre più, fino a che non ammutolimmo tutti davanti a quella deliziosa palla di pelo.
   Persino Castiel si lasciò andare ad una breve risata e, scacciando la questione con un rapido gesto della mano, rassicurò il proprio compagno di ricerca. A modo suo. «Va beh, ho capito. Entrate», sospirò, togliendosi le scarpe sporche e rimanendo scalzo in attesa di recuperare almeno un paio di ciabatte. «Ma non mi assumo responsabilità nel qual caso Demon lo mangiasse in un boccone», ghignò poi, facendoci strada all’interno dell’appartamento. Spaventato da quello che era palesemente uno scherzo, Kentin si chinò all’istante e agguantò Cookie, tenendoselo stretto al petto.
   Fu a quel punto che finalmente Castiel parve accorgersi anche di me. Avrei tanto voluto che anche Ambra si rendesse conto di quanto poco contassi per lui, ma poiché il destino era un grandissimo infame, le capitava sempre di sorprenderci in quei rari momenti di complicità che avevamo di tanto in tanto. «Però…» esordì Castiel con uno sguardo strano ed un tono ancor più curioso. «È la prima volta che ti vedo vestita così», osservò, notando il mio abbigliamento diverso dal solito – vale a dire un abitino il cui orlo arrivava poco sopra al ginocchio.
   Voleva essere un complimento? Ne dubitai fortemente, pertanto partii prevenuta. «E…?» pronunciai, incitandolo a continuare.
   «Sembri una bambina dell’asilo», fu il lapidario commento con cui distrusse la mia autostima.
   «Lasciati dire che non capisci niente di donne», mi difese prontamente Kentin, arrendendosi a lasciare Cookie nelle grinfie delle altre che ormai erano diventate succubi di tanta tenerezza.
   «Lasciati dire che le donne vere hanno le tette», ribatté Castiel, senza scomporsi. Se solo avessi saputo sputare…!
   Fortuna che il mio cavalier servente non abbassava mai la guardia. «Quando la smetterai di insultarla?!»
   Il suono del campanello interruppe la discussione sul nascere e quel buzzurro del padrone di casa si allontanò borbottando contro i ritardatari. Mi guardai attorno e mi resi conto che all’appello mancavano soltanto Rosalya e Lysandre. A parte ciò, l’appartamento sembrava ordinato e ben tenuto, come se qualcuno se ne prendesse cura regolarmente. Immaginai che, abituato a vivere da solo, Castiel stesso provvedesse alle pulizie di casa. Quel pensiero me ne portò alla mente un altro e perciò immaginai anche Castiel armato di piumino e battipanni, con indosso un grembiulino rosa tutto fronzoli e merletti. Avrei pagato per poter ammirare un simile spettacolo.
   Purtroppo le mie fervide fantasie furono presto interrotte da Melody che mi picchiettò discretamente su un gomito con un sorrisetto strano. «Vieni a dare un’occhiata», mi disse in confidenza, portandomi in un angolo del salotto in cui, su un mobile, spiccavano diverse foto incorniciate. Erano vecchi ritratti di famiglia. Riconobbi subito il padre e la madre di Castiel, più giovani, e infine il mio sguardo si imbatté nel visetto di un bimbo di sei o sette anni coi capelli neri e il cipiglio corrucciato proprio come quello che si poteva scorgere ancora sul suo volto adesso che aveva diversi anni in più. Per quanto mi pesasse ammetterlo, ora Castiel era un bel ragazzo, alto e forte; non era perciò strano dover riconoscere con me stessa che anche da piccolo era stato grazioso da morire.
   «Oddio, che carin…» Mi bloccai di colpo quando Melody mi mise sotto al naso una foto che sulle prime mi era sfuggita. «Oddio!» esclamai, strabuzzando gli occhi, senza riuscire a controllare il tono della voce. Agguantai la cornice fra le mani e analizzai a dovere ciò che stavo guardando: c’era un gruppo di bambini in un parco giochi e Castiel era fra loro. Non era stato questo, chiaramente, a sconvolgermi, quanto la presenza di due ragazzini biondi che mi sembravano tremendamente familiari.
   Alzai di scatto la testa verso Melody che, ridacchiando, annuì. «Non è buffo che abbia in bella mostra proprio una foto in cui compaiono anche Nathaniel e Ambra da piccoli?»
   Senza perdere un solo istante, mi armai di cellulare e scattai la foto, mentre alle nostre spalle Kentin e Alexy si avvicinavano per capire cosa stessimo combinando. Non riuscimmo a scambiarci una sola parola, però, perché Castiel fu di ritorno insieme a Lysandre e Rosalya; non appena mi vide con la cornice in mano, subito scattò nella mia direzione. «Posala subito dove l’hai trovata!»
   Obbedii senza questionare. «Eri carino, da piccolo», mi limitai a dire, evitando di stuzzicarlo sulla ragione per cui tenesse proprio quella foto in salotto.
   «Smettila di allisciarmi con le tue moine e, soprattutto, non curiosare in giro», ribatté lui, preferendo lasciar cadere l’argomento. «La cosa vale per tutti», chiarì un attimo dopo, puntellando i pugni sulle anche e squadrando ognuno dei presenti. «E tu», disse poi, rivolto a Kentin, «di là c’è lo sgabuzzino, dove potrai trovare secchio e straccio.»
   «Per far cosa?» volle sapere l’altro, aggrottando appena la fronte.
   «Per pulire l’ingresso», fu l’ovvia risposta che ricevette. «Lysandre ha messo il piede sulla pipì della tua piccola palla di pelo, quindi sbrigati a lustrare tutto o qualcun altro finirà con lo scivolarci sopra.»
   Il mio sguardo cercò in automatico Lysandre che, scalzo anche lui e vagamente a disagio per essere al centro dell’attenzione, abbozzò un sorriso e contrasse le dita dei piedi. «Non l’avevo vista…» si giustificò con voce flebile. Mi fece tenerezza, lo confesso, anche perché non mi era mai capitato di vederlo in una situazione tanto quotidiana e imbarazzante. Insomma, lui era il mio Dorian Gray! Magari meno maledetto, sì, ma nella mia fervida immaginazione di lettrice accanita e di sognatrice d’altri tempi, Lysandre appariva davvero come il personaggio di un libro, magari spuntato fuori proprio dalle pagine di un romanzo d’epoca vittoriana – e dopotutto il suo abbigliamento non aiutava a far appassire le mie fantasie. Suppongo che, se lui avesse saputo di queste assurdità, si sarebbe alquanto indignato. Soprattutto, mi avrebbe reputata matta.
   Mentre Castiel addestrava Kentin su come ripulire la pipì di Cookie e quest’ultimo si godeva le coccole delle nostre compagne di classe, Rosalya compresa, Melody tornò a richiamare la mia attenzione con fare timido. Mi volsi a guardarla e notai un rossore diffuso sulle sue guance e gli occhi che le brillavano di luce nuova. «Mi… Mi manderesti quella foto?» pigolò in tono vergognoso.
   Mi venne quasi da squittire per quant’era tenera. Sorrisi e subito le inviai un messaggio istantaneo sul cellulare con la fotografia appena fatta. Al suo posto, anch’io avrei voluto avere la possibilità di rimirare il visetto di Nathaniel da piccolo. Quello di Kentin lo conoscevo, lo avevo avuto sotto gli occhi durante gli anni delle medie, benché già all’epoca non potessimo più considerarci troppo bambini. Melody mi ringraziò di cuore e, tutta contenta, tornò dagli altri con passo quasi saltellato, il cellulare stretto al petto come il più prezioso dei tesori.
   Quando anch’io mi aggregai ai nostri compagni di classe, Cookie si distrasse e venne da me, pretendendo una buona dose di carezze; ormai mi conosceva abbastanza per sapere che gliene avrei fatte molte e anche a lungo. «E Demon?» domandai a tutti e nessuno.
   Fu Iris a rispondermi. «Castiel ha dovuto chiuderlo in camera sua», spiegò con un vago sorriso imbarazzato sul viso. «Ha iniziato a ringhiare a Capucine, e così…»
   Oh, a Capucine avrei ringhiato anch’io, quindi non vidi nulla di strano nel comportamento di quel cagnolone alto quanto un cavallo. Certo c’era da ammettere che Demon, per stazza e aspetto, riusciva a trasmettere ben altri sentimenti rispetto a quelli più dolci che suscitava invece Cookie, però trovai crudele il fatto che fosse costretto in una stanza, per di più tutto da solo.
   «Quel cagnaccio è spaventoso!» affermò Capucine, risoluta. «Mi domando come faccia Castiel a non aver paura di lui.»
   «Te l’ho già detto», replicò Iris con pazienza. «Se lo sai prendere, Demon è davvero pacifico.»
   «Non è a te che ha ringhiato», borbottò l’altra, mettendo il broncio con fare infantile.
   «Se Demon è lì dentro», prese a ragionare Rosalya, portandosi una mano sotto al mento, «sarà difficile riuscire a fare irruzione nella camera di Castiel.»
   Aggrottai la fronte. «Perché dovresti andare in camera sua?» mi venne spontaneo chiedere.
   Lei mi rivolse un sorriso furbetto. «Ma per curiosare nel suo armadio, no?»
   «Mostrerai a tutti anche i suoi boxer?» volle sapere Alexy, ridendo e scoccandomi uno sguardo divertito. Gli feci una pernacchia che lo indusse a ridere più forte, ma ebbe la decenza di non aggiungere altro.
   «No», ebbe la faccia tosta di rispondergli Rosalya, sia pur con espressione allegra. «Ma potremmo trovare qualcosa di interessante nei suoi cassetti.»
   «Tipo?»
   «Biancheria femminile», fu l’ovvia risposta che ne seguì.
   Persino Lysandre si lasciò scappare un breve risolino. «Vi auguro di cuore che Castiel non vi abbia sentiti», commentò soltanto, rendendosi nostro complice una volta di più.
   «Quindi ci coprirai quando andremo in esplorazione?» s’interessò di informarsi Rosalya.
   «Rosa…» sospirò lui, sorridendo e scuotendo il capo. D’altra parte, era assurdo pensare che Lysandre ci avrebbe davvero aiutati ad invadere la privacy del suo migliore amico.
   Migliore amico che tornò poco dopo insieme al mio, iniziando a rimetterci tutti in riga e intimandoci di non perdere tempo: prima ci fossimo messi sui libri, prima avremmo chiuso quel dannato pomeriggio di studio. Sembrava quasi che Castiel cercasse di non far caso a tutti gli zaini e le borse di noi ospiti, intenzionati più che mai a pernottare lì per l’intera nottata. Mi domandai come ci saremmo arrangiati per dormire, dal momento che, per quel poco che ero riuscita a vedere, l’appartamento pareva contare soltanto due camere da letto.
   Le nostre ricerche, comunque, sembravano procedere a gonfie vele. Quel pomeriggio, divisi in coppie di binomi, riordinammo tutti gli appunti che eravamo riusciti a raccogliere nella biblioteca della scuola, senza intralciarci a vicenda e, soprattutto, concedendoci persino una pausa di mezz’ora con la tanto agognata merenda di cui avevano parlato gli altri il giorno addietro. Il padrone di casa sopportò molto più stoicamente di quanto avessi creduto inizialmente e, anzi, ad un certo punto si lasciò persino andare ad una risata sincera quando, dopo una battuta infelice di Alexy, Kim commentò in modo talmente sarcastico che Iris non comprese e Rosalya fu costretta a spiegarglielo per metafore, che però sfuggirono al suo controllo e finimmo per impelagarci tutti in un botta e risposta senza senso – o con fin troppi sensi.
   All’imbrunire, mentre Melody iniziava a rimboccarsi le maniche per mettersi ai fornelli senza incontrare grande entusiasmo da parte di noi ragazze, Castiel annunciò che doveva portare fuori Demon. Capucine scattò in cucina, offrendosi volontaria per aiutare la nostra amica, e così finalmente il povero cagnolone di casa fu liberato dalla sua prigionia forzata. Non appena gli fu aperta la porta della camera di Castiel, subito saltò addosso a quest’ultimo, alzandosi sulle zampe posteriori e poggiando quelle anteriori sulle sue spalle. Il suo padrone rise e lo coccolò, grattandogli la pelliccia sotto la mandibola, ai lati del capo, e lo spronò a scendere con lui per una passeggiata. Pur con circospezione, Kentin fu costretto ad accodarsi a lui per consentire anche al piccolo Cookie di liberare la vescica. Le due bestie si annusarono a vicenda per qualche istante in cui più o meno tutti trattenemmo il fiato; poi, però, Demon decise che il cucciolo di pastore tedesco, pur avendo invaso momentaneamente il suo territorio, non costituisse alcun pericolo per la propria egemonia, e pertanto Kentin si sentì più sollevato, allentando la stretta sorveglianza che aveva posto sul proprio cagnolino. A far due passi con loro scesero anche Kim, Iris e Lysandre, mentre io rimasi in casa insieme agli altri. E me ne pentii.
   Non appena vidi Rosalya e Alexy scomparire in direzione della camera di Castiel, mi dileguai per non avere rogne. Raggiunsi Melody e Capucine in cucina, preferendo di gran lunga rendermi utile lì piuttosto che incorrere nelle ire del padrone di casa nel qual caso fosse tornato prima che la sortita nel suo armadio fosse terminata.
   «Sono venuta ad aiutarvi», esordii, facendo il mio ingresso nella stanza.
   Ancora china su una delle borse della spesa che avevano portato con loro, e alla quale avevamo contribuito tutti noi ospiti con una colletta, Melody si volse nella mia direzione con un gran sorriso. «Oh, grazie!»
   «Allora io me ne vado», annunciò invece Capucine, sfilandosi dal collo il grembiule che era stata sul punto di annodarsi in vita e passandomelo con malagrazia.  «Non vedo perché dovrei preparare la cena, visto che sono un’ospite.»
   Bell’egoismo, pensai. «Castiel sta mettendo a disposizione casa sua anche per te, sai?» le feci presente, cercando di moderare il tono, che purtroppo suonò comunque infastidito.
   «Non gliel’ho mica chiesto io», rispose quella, imboccando l’uscita della cucina senza aggiungere altro.
   Non potei fare a meno di voltarmi verso Melody e chiederle con voce cavernosa: «Sinceramente, come fate ad essere amiche?»
   Lei abbozzò un sorriso incerto e si rialzò sulle gambe, riavviandosi graziosamente una ciocca di capelli castani dietro all’orecchio. «È vero che a volte ha dei momenti no…»
   Inarcai un sopracciglio con aria scettica. «A volte
   «…ma ti assicuro che sa essere davvero simpatica.»
   Sì, e Ambra mi ama alla follia, ponderai, tanto per ribadire almeno con me stessa quanto mi sembrassero impossibili le convinzioni della mia amica. Sospirai, preferendo lasciar perdere. «Cosa dovremmo preparare?» domandai, avvicinandomi a lei per sbirciare gli ingredienti che stava posando su uno dei ripiani della cucina.
   Melody corrucciò lievemente la fronte. «Perché usi il condizionale?»
   «Non sono molto pratica, in cucina…» fui costretta ad ammettere.
   «Neanch’io so fare molto», cercò di consolarmi lei, «ma ho deciso di mettermici d’impegno. Può tornare utile.»
   «Quello senz’altro.»
   «E poi…» La sua voce ebbe un’incertezza ed io la guardai in evidente attesa che completasse la frase. Arrossì vistosamente, abbassò lo sguardo e si umettò le labbra con la punta della lingua. «Mi piacerebbe imparare a preparare qualche piatto della cucina italiana», mi confidò infine.
   «Perché proprio quella?» mi venne spontaneo chiederle, non riuscendo a capire come mai fosse così agitata.
   Melody sbirciò nella mia direzione e, fissandomi da sotto in su, pigolò: «Piace a Nath.»
   Oh. Avrei voluto mangiarla di baci. Purtroppo, temendo che potesse essere un gesto fraintendibile, me ne rimasi buona al mio posto ed iniziai ad armeggiare con il grembiule, pronta ad indossarlo, finalmente. «Non lo sapevo, ma…» Mi guardai attorno per accertarmi che gli altri tre rimasti in casa fossero fuori dalla portata delle nostre voci e, abbassando il tono, ricambiai la sua confidenza. «Anche a me piacerebbe imparare a cucinare…» presi a farfugliare, andandole vicino. «Sai… dopo il nostro picnic…» Mi accorsi del sangue che mi stava salendo al viso e cercai di ignorarlo, benché mi risultasse piuttosto difficile. «…ne ho fatto uno da sola con Kentin e…»
   Gli occhi azzurri di Melody si sgranarono di colpo e lei, tutta eccitata, mi rivolse un sorriso enorme che mi indusse al silenzio. «È stato allora che vi siete messi insieme?»
   Quella domanda, fatta così a bruciapelo, ebbe il potere di farmi avvampare più di prima a causa dell’imbarazzo. Davamo davvero l’impressione di essere una coppia? Beh, sì, ne ero consapevole. Soprattutto dopo la scenata fatta da Ambra in classe appena il giorno prima. «N-No…» fui costretta a negare, benché mi costasse essere tanto sincera. «Non stiamo insieme.»
   «Oh», balbettò lei, con espressione confusa. «Scusa… A me pareva di sì…»
   Strusciai la suola della scarpa sul pavimento, avvertendo un senso di disagio dovuto alla vergogna e alla gioia di sembrare la ragazza di Kentin ad occhi esterni. «Beh… Comunque sia», ripresi, tentando di recuperare un minimo di autocontrollo, «anch’io vorrei imparare a cucinare. Quel giorno sono stata capace di portare soltanto della frutta, al picnic…»
   Il sorriso di Melody mi incoraggiò. «La frutta è buona e fa bene alla salute!»
   «Non sai quanto…» sospirai, perdendomi nei piacevoli ricordi che mi aveva regalato quel romantico pomeriggio a due. Ancora oggi, dopo tanto tempo, sto qui a chiedermi cosa sarebbe successo se non fossimo stati interrotti da Iris e da suo fratello, ma all’epoca per non farmi il fegato amaro, dato che tra fragole e coccole sull’erba le cose sembravano promettere più che bene, mi ero imposta di pensarci il meno possibile.
   «Senti…» La voce della mia amica mi catapultò di nuovo al presente, giusto in tempo per liberarmi dal caldo improvviso che cominciai a provare a furia di rivivere con la mente i ricordi di quel meraviglioso pomeriggio. «Posso chiederti una cosa?»
   La sua espressione, perplessa e imbarazzata a un tempo, mi lasciò spiazzata per alcuni attimi. «Certo.»
   «Perché Ambra si è avvicinata così a Kentin?» mi domandò dopo una breve esitazione. «Voglio dire… Possibile che lo abbia fatto solo per vendetta nei tuoi confronti? Più ci penso, meno me ne capacito…» D’istinto corrucciai la fronte e Melody si affrettò ad aggiungere: «Scusa, non vorrei sembrarti indiscreta, ma… cosa ci avrebbe guadagnato da un gesto del genere? A parer mio, solo una pessima figura e persino una nomea non proprio rispettabile. Insomma, sappiamo tutti che a lei piace Castiel, quindi perché provarci apertamente con un altro?»
   Era una curiosità legittima, soprattutto perché Melody ignorava quanto era già successo fra Ambra e Kentin. Abbassai lo sguardo e mi morsi lievemente il labbro inferiore, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio per trovare una risposta convincente. «Io credo che, sotto sotto, Kentin le piaccia almeno un po’», iniziai allora. Mi resi conto, però, che non era giusto che io le raccontassi del bacio o della lettera con cui Rosalya e Alexy si erano presi gioco di Ambra, perciò sorvolai e ripresi: «Non posso darlo per certo, ma anche se tutti e due… Kentin e Castiel, intendo… non hanno molta simpatia per lei, Ambra dev’essersi resa conto che Kentin sa essere molto più gentile e meno scostante di Castiel. Più affettuoso, soprattutto, se solo gli si dà la possibilità di dimostrarlo… e se, ovviamente, chi si approccia a lui se lo merita.»
   Melody rimase in silenzio per un po’, continuando ad armeggiare con la cena che avevamo iniziato a preparare fra una chiacchiera e l’altra. «Quindi pensi che Ambra voglia attirare le attenzioni degli altri solo perché in realtà ha bisogno di affetto?»
   Non l’avrei messa propriamente in questo modo, ma il ragionamento filava anche senza dover mettere per forza di mezzo questo o quel ragazzo. Ambra era sempre stata trattata da principessa, in famiglia, viziata fino all’inverosimile; ma poteva davvero vantare di ricevere anche amore? Da suo fratello senza dubbio, ma dai loro genitori?
   «Temo sia davvero così come dici», dissi, pur controvoglia. Questo non mi portava forse ad avere ancora una volta compassione per lei? Non era bello, me ne rendevo conto, però non riuscivo a farne a meno. Sospirai. «Vorrei solo che la smettesse di commettere sciocchezze, perché alla fine le si ritorcono puntualmente contro.»
   «Nell’ultimo periodo Nathaniel le sta più vicino del solito», mi spiegò Melody, dando prova una volta di più di non lasciarsi sfuggire ogni movimento del suo amato delegato. «Forse lui riuscirà a farla ragionare, ora che sono diventati più uniti. Mi pare di aver capito che Ambra tenda a dargli più ascolto di prima.»
   Mi permisi di piegare la bocca in una linea poco convinta. Già troppe volte, in passato, Nathaniel aveva fallito nel suo tentativo di inculcare un po’ di giudizio nella zucca di sua sorella; perché mai questa volta sarebbe dovuta andare diversamente?
   «Vorrei che fosse vero», sospirai, scettica.
   «Ieri Nathaniel mi è sembrato davvero preoccupato per lei…» riprese Melody, guardandomi da sotto in su con espressione angosciata. Quando metteva su quel musino infantile, mi chiedevo ancor più insistentemente come diamine facesse, Nathaniel, a resisterle. Melody era una delle ragazze più carine del liceo – di sicuro lo era della nostra classe – e i suoi modi e il suo portamento erano assai graziosi e femminili. Nathaniel mi aveva detto in confidenza che lei non era il suo tipo: dovevo forse credere che gli piacessero gli oranghi? Era per questo che era infatuato di me? Perché, a differenza di Melody, non avevo uno straccio di sex appeal?
   «Anche a me darebbe preoccupazione avere una sorella del genere», risposi, tornando a prestare attenzione alla nostra conversazione. «Piuttosto, posso chiederti perché ti sei unita al nostro gruppo anziché al suo?»
   La vidi arrossire e abbassare lo sguardo, ma sulle prime non parlò. Poi, facendosi coraggio, confessò: «È che con Ambra non mi sento troppo a mio agio…»
   Come tutti noi, del resto. Al di là di questo, comunque, in quel momento tutto ciò che mi venne spontaneo domandarle fu: «E con Castiel sì?»
   Melody rise della mia reazione, e credo anche dell’espressione che feci. «No», ammise, «ma in gruppo con voi mi diverto di più.» Quella confessione mi indusse a sorridere con lei e a commentare scherzosamente, così che, fra una risata e l’altra, riuscimmo a portare avanti la preparazione nostra cena.
   I ragazzi tornarono alcuni minuti più tardi e ce ne accorgemmo soltanto quando sentimmo Castiel imprecare come un ossesso. Ci affacciammo sull’uscio della cucina giusto in tempo per vedere lui e gli altri rientrare in casa con i cani, fra risate e schiamazzi. A quanto pareva, fuori stava iniziando a piovere ed erano stati costretti a fare una corsa per non buscarsi troppa acqua.
   Vedendo Capucine, Demon si alzò sulle zampe posteriori, diventando spaventosamente alto. Lei urlò per la paura e andò a rifugiarsi dietro Alexy. «Tieni quel cavallo lontano da me!»
   Castiel, trattenendo il cane per il guinzaglio, si concesse volentieri un sorriso a mezza bocca. «Il mio Demon è un toro, non un cavallo.»
   «Tale e quale al padrone», approvò Alexy, stuzzicandolo nell’orgoglio maschile.
   L’altro perse l’espressione divertita e corrucciò le sopracciglia. «Non è da te che voglio sentirmelo dire, soprattutto se ci toccherà dormire insieme», borbottò, facendo ridere alcuni fra noi.
   Stavo per tornare in cucina con Melody quando vidi Kentin munirsi di un panno per asciugare Cookie. «Piove così tanto?»
   Alla mia domanda, lui alzò il capo con aria stupita, ma poi ridacchiò. «No, no, ha appena iniziato», mi tranquillizzò. «È solo che lui e Demon hanno giocato insieme e, vista la differenza di mole, il cane di Castiel lo ha praticamente innaffiato di saliva.» Arricciai il naso con disgusto e lui rise di più. «Almeno loro vanno d’accordo», aggiunse poi, stringendosi nelle spalle. «Probabilmente Demon capisce che Cookie è solo un cucciolo. Capita spesso che alcuni animali siano molto più intelligenti dei loro padroni.»
   «Vale anche per te, suppongo», lo punzecchiò Castiel, inducendolo a schioccare la lingua sotto al palato con ostentata stizza, visto che la linea della bocca di Kentin continuava a testimoniare il suo divertimento. Inarcai un sopracciglio: che quei due stessero iniziando a fare amicizia? «Piuttosto, che avete combinato mentre eravamo via?»
   «Melody ed io stiamo finendo di preparare la cena», risposi subito, benché fosse ovvio dai grembiuli da noi indossati. «Gli altri non ne ho idea, ma fossi in te chiuderei la tua camera a chiave: Rosalya è parecchio curiosa.»
   Castiel sgranò gli occhi, voltandosi verso la mia amica che scrollò le spalle con indolenza. «Troppo tardi», commentò con un sorrisetto da schiaffi. «Avresti dovuto pensarci prima.»
   L’altro non fece in tempo a chiedere spiegazioni, che subito Alexy s’intromise per domandargli: «Con tutte le giacche di pelle che hai, immagino che sarà con una di quelle che ti presenterai al tuo matrimonio.»
   La faccia di Castiel fu piuttosto comica. «Primo: guai a voi se vi permettete di nuovo di mettere il naso nelle mie cose!» riuscì a sbottare poi, trascinando Demon nella sua camera e chiudendolo di nuovo lì dentro, suo malgrado. «Secondo: non ho alcuna intenzione di sposarmi.»
   Stupita, Iris gli chiese: «Perché no?»
   «Troppe rogne», fu la spiccia risposta che diede lui.
   «Non sei per nulla romantico», fu invece il contrariato commento di Rosalya, che si beccò un’occhiata alquanto sorniona da Castiel. «Io invece ho già deciso come sarà l’abito che indosserò quando io e Leigh ci sposeremo», aggiunse poi, intrecciando le mani all’altezza del petto e fissando nel vuoto lo sguardo sognante. «Ho deciso anche come sarà quello che indosserà lui.»
   Lysandre si schiarì la gola e si passò una mano dietro la nuca, forse provando pietà per il proprio fratello. «Piuttosto, cosa state cucinando di buono?» domandò, sviando così l’attenzione generale su qualcosa che interessava un po’ a tutti: mettere qualcosa nello stomaco.
   «Lo saprete quando sarà pronto», gli feci sapere, incrociando le braccia sotto ai seni con aria soddisfatta. Lo ero per davvero, dal momento che la cenetta preparata da me e Melody aveva un aspetto delizioso. Non eravamo altrettanto sicure del sapore, in effetti, ma confidavamo nella fame da lupi dei nostri compagni di classe.
   «Dal profumo sembra buono», fu l’ottimistica previsione di Kim, che si spaparanzò sul divano con fare per nulla femminile.
   Castiel finse di annusare l’aria circostante, poi mi scoccò uno sguardo indecifrabile. «Fra te e l’amichetta di Nath, non è che ci avete aggiunto del cianuro per liberarvi di me?»
   Strinsi le labbra con fare meditabondo. «Ottimo suggerimento», concordai. «Peccato che al supermercato non ne vendano.»
   «Dilettanti», disse lui, scuotendo il capo e allontanandosi per togliersi finalmente la giacca. «Avreste benissimo potuto ricorrere al veleno per topi.»
   «Invece di perdere tempo in sciocchezze», intervenne Melody, tornando a far capolino in salotto con un sorriso che mi tranquillizzò ulteriormente sulla buona riuscita della cena, «iniziate a preparare la tavola: è quasi pronto.»












Come avrete notato, il presente capitolo è più lungo dei precedenti e lo stesso sarà per quello seguente. Questo per due motivi: anzitutto perché avevo un sacco di idiozie da scrivere (e con tanti personaggi da gestire è inevitabile), poi perché non volevo rendere infinita questa parentesi a casa di Castiel.
In ogni caso, dal decimo capitolo si tornerà al liceo e riprenderò a trattare anche di Ambra, che qui invece è stata solo indagata da ulteriori occhi esterni (quelli di Melody).
E per il momento credo sia tutto, perciò vi saluto e vi auguro un buon inizio di settimana!
Grazie per essere giunti fin qui! ♥
Shainareth





  
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