Tornare ad Albenga è ritornare alla casa
da cui ormai da troppo tempo mancavi
e scoprire che nulla il tempo ha mutato. 
È ritrovare la propria anima che credevi,
ingenua, d'aver smarrito in luoghi remoti:
non è scappata; fedele aspettava mesta
che scendessi alla fermata dei bus: 
piazza del popolo in passato aborrita
nell'attesa di una corriera ritardataria. 
Ecco che torna la vita a scorrere,
in questo limbo mio adolescenziale,
all'imprimersi dell'orma sui noti percorsi. 
Gli stessi volti, gli stessi luoghi m'attesero
ed io ora scopro d'aver fatto altrettanto. 
Quale affetto ancor mi coglie improvviso
allo spuntare della sede in Via Dante
del mio liceo, Giordan o Pascoli che sia
e della biblioteca mia, palazzo Oddo
sordo al passar delle umane stagioni. 
Rientro in te e da te mai son uscita:
oggi come ieri percorro le tue scale
innumerevoli come i granelli di sabbia
che m'investono fraterni traversando
l'ingauno lungomare, che impudico spiò
la mia iniziazione ai misterici riti d'amore
che, dolceamaro, ancor m'assedia il core. 

Albenga anima mia, ripartirò ben presto
con la promessa di portarti nel petto:
tanti altri borghi il mio cuore contendono
ma il brandello più grande lo serbo per te
ché chi non t'ama, non t'ha mai vissuta.