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Autore: cartacciabianca    26/01/2009    0 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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 "Il" condotto di areazione






Desmond si rigirava i pollici seduto sulla poltroncina.
Lucy era accanto a Vidic, che le mostrava qualcosa al suo portatile.
-No, non va bene. In questi casi intervenire sarebbe un errore, l’arresto del sistema può essere la più fortunata delle probabilità- disse Lucy.
Warren indicò il desktop. –Vede che la barra di sincronia non resta completa? Qualsiasi cosa l’antenata faccia essa si abbassa, continuamente, con il minimo sforzo potremmo perdere di nuovo il segnale- fece tranquillo.
Il ragazzo si appoggiò allo schienale sbuffando.
Lucy lo guardò mentre lui si portava le mani dietro la testa. –Resisti Desmond- disse. –Abbiamo quasi finito, dopo di ché potrai partecipare anche tu-.
Desmond spostò lo sguardo altrove, fuori dalle finestre. –Intanto non posso fare un giro?- chiese sorridendo.
Warren si voltò e andò verso la scrivania. –Signorina Stilman, perché non porta il soggetto 18 a mangiare qualcosa? Qui posso cavarmela io-.
Lucy, sorpresa, spostò il peso sull’altra gamba. –Sta scherzando, vero?-.
Vidic scosse la testa e si sedette alla sua scrivania. –Affatto, forse una boccata d’aria non vi farà altro che bene, ad entrambi- sentenziò cominciando a picchiettare sulla tastiera del portatile.
-Warren, non posso assumermi la responsabilità di…-.
Desmond allargò il suo sorriso. –Posso andarmene da qui?-.
-Non andartene- lo corresse il vecchio. –Lucy l’accompagnerà a fare un giro nel quartiere-.
-Non menta, doc. Che calmanti ha preso, questa mattina?- rise il ragazzo.
-Faccia meno lo spiritoso- sbottò Warren. –posso ancora avere ripensamenti, e comunque, sappiamo come ricattarla, signor Miles, se in caso tentasse di fuggire- Vidic si tolse gli occhiali fissandolo negli occhi.
Desmond alzò le spalle voltandosi verso Andrea, che sembrava dormire stesa sull’Animus. –Già, credo che non vi creerò alcun problema. Mi sono affezionato troppo a questo posto…- mormorò tra sé.
-Forza Desmond, una cosa rapida- disse Lucy andando a passo scattante verso l’uscita.
-Grande!- saltellò lui seguendola.
Il portellone del laboratorio si chiuse alle loro spalle.
Desmond si guardava attorno attratto da quel posto. Era un lungo corridoio con tante porte simili. La gente andava e veniva, vestita con camici bianchi fino alle ginocchia. Sia il pavimento che il soffitto erano tirati a lucido, e il bianco delle pareti illuminava l’ambiente senza bisogno di ulteriori lampade.
Le vetrate percorrevano una facciata del corridoio, e Desmond riuscì a guardarci attraverso.
New York. I suoi grattaceli monumentali, e le sue strade sempre trafficate e tortuose di automobili a basso consumo ambientale ed energetico. Poi la calca, che camminava compatta sui vasti marciapiedi. La vista, nel complesso, era mozza fiato e andava a cadere quasi 200 m più in basso.
Lucy andò avanti spedita.
-Come mai tutta questa fretta?- domandò Desmond raggiungendola di corsa.
Lucy svoltò senza rispondergli in una stanza guardaroba. Afferrò dalle stampelle un giaccone grigio per lei e un giubbetto nero per lui. –Mettilo- gli disse porgendoglielo. –dopotutto è inverno-.
Desmond se lo infilò e lasciarono la stanza.
Lucy teneva un passo che lo insospettiva. –Lucy, secondo te perché Warren mi ha fatto uscire?- le chiese cambiando argomento.
-Non lo so, ed è questo che mi turba-.
Presero l’ascensore alla fine del corridoio e Desmond la vide pigiare sul pulsante del garage –3. L’Abstergo, sostando al numero infinito di tasti, aveva più di una settantina di piani.
-Questo posto è immenso!- commentò il ragazzo.
Lucy soffocò una risata. –Questa è solo l’ala prototipi. L’assemblaggio e la produzione hanno un edificio a parte in altri quartieri della città. L’Abstergo è ovunque- fece triste.
Per un tratto i vetri dell’ascensore davano sul panorama di un modernissimo cortile interno, con una grossa fontana al centro.
In meno di un minuto raggiunsero il piano stabilito, e le porte si aprirono.
Il garage era pieno di auto all’avanguardia della tecnologia, e tutte tra le più costose.
-Quanto pagano in media un dipendente qui?-.
-Sai contare fino al quadrilione?- fu la risposta di Lucy.
Desmond tacque.
La vettura di Lucy aveva la forma di una vecchia cinquecento, ma era modernizzata fino all’ultimo cerchione.
-Carina- commentò lui.
-Grazie, ora monta su- le portiere automatizzate si aprirono.
Lucy al volante e lui sul posto del passeggero, dopo che si furono allacciati le cinture, Lucy mise in moto. –Hai qualche desiderio particolare?-.
-Cheesburger. Dimmi che c’è un Mc Donald qui vicino. Nella vostra mensa per soggetti sotto trattamenti non c’è niente che si possa chiamare cibo!- obbiettò.
Lucy rise e condusse l’auto su una rampa che sfociava in una delle più grosse e trafficate autostrade che Desmond avesse mai visto.
-Quanto tempo sono rimasto chiuso lì?-.
-New York cambia in continuazione, non c’è una data precisa per quando le strade vengono battute e allargate, o per quando nasce un nuovo quartiere-.
-Nuovo quartiere???-.

-Signori, potete accomodarvi- Warren aprì la porta dell’ala conferenze e si fece da parte.
Due uomini in smoking nero entrarono dopo di lui e si sistemarono sulle poltrone attorno al tavolo. Il primo, il più giovane, dalla barba curata e i capelli pettinati all’indietro poggiò sulla superficie in vetro una valigetta. Con un colpo secco ne fece scattare le serrature.
Quello seduto al suo fianco era grasso e aveva il doppio mento. Occhi porcini e l’aria dall’uomo più ricco del mondo.
Vidic si sedette di fronte. –Sono lieto- disse con voce insicura. – sono lieto che abbiate acconsentito a mostrarmelo, potrebbe essere utile alle nostre ricerche-.
-Ancora devi chiarirci come questo possa aiutarvi nella caccia al tesoro. Avete intenzione di mostrarlo ai vostri pazienti e aiutarli, com’è che dite, ah, sì, aiutarli a ricordare?- fece quello giovane tenendo una mano sul dorso della valigetta.
-Sembra assurdo, ma è così- disse Vidic. - Pochi giorni fa abbiamo rimosso un ricordo inutile dalla memoria del soggetto 18 e i risultati non sono stati catastrofici quanto benevoli. Abbiamo risparmiato tempo, ed estrapolato altri ricordi da quello precedentemente eliminato. Con l’aiuto di un input esterno, la paziente ricorderà più in fretta, e nuovi checkpoint saranno accessibili per i blocchi successivi-.
I due lo guardarono distorti. –Non ci riguarda- fece quello grasso.
–L’importante è che troviate quello che cerchiamo, come non è rilevante per la nostra azienda- concluse l’altro.
Vidic annuì. –Ora, possiamo?…- il vecchio indicò la valigetta.
-Ma certo- sogghignò l’uomo. –Alex, aprila- disse al compagno.
Il ragazzo l’aprì e, prima di voltarne il contenuto verso Vidic, gli diede un’occhiata. –Tutto vostro-.
Vidic sgranò gli occhi e si alzò.
Il Frutto dell’Eden brillava di un argento inimitabile. Emanava calore, ed era una grossa e placcata sfera d’acciaio liquido come l’acqua.
-Non lo tocchi- disse il grassone. –uno dei nostri ha fatto una brutta fine- sorrise malvagio.
-Ma certo, ma certo- rispose Warren ancora senza fiato.
L‘interno della valigetta era foderato di velluto rosso, sul quale, il contatto con il tesoro sembrava non avere alcuna reazione.
-Vuole mostrarlo alla paziente?- chiese il ragazzo.
Vidic indugiò ancora sulla magia di quell’oggetto, poi si riscosse. –Sì, certamente, la risveglierò in questo istante-.
Warren lasciò i due soli nella sala conferenze e si diresse al portatile di Lucy.
Innescò la procedura automatica di spegnimento e attese che Andrea riaprisse gli occhi.

-Non è stata una buona idea, capo!- bisbigliò Alex chiudendo la valigetta.
Vidic era appena uscito dalla stanza, quando il ciccione volse al giovane uno sguardo tranquillo. –Rilassati, sembri una mosca sulla carta moschicida. Andrà tutto bene, i nostri uomini controllano ogni ala dell’edificio-. Dicendo così si portò una sigaretta alla bocca e Alex tirò fuori l’accendino dal taschino della giacca. Gliela accese.
-Allora dove è il soggetto 17?- chiese Alex al suo capo, stringendo i denti poiché non fumava.
-Prima di venire qui volevo assicurarmi di non avere intralci. Sono certo che il dottor Warren l’avrà spedito in un altro laboratorio-.
Alex si guardò attorno e, stupito, notò un piccolo pallino verde luminescente che brillava sulla spalla del suo capo. Si alzò di scatto.
-Capo…- disse ingoiando.
-Che vuoi, ancora?-.
Il ciccione seguì il suo sguardo e notò che un laser da mirino lo puntava proprio al cuore.
Il proiettile fu invisibile, ed Alex, per la paura, balzò indietro.
Silenziosamente, un fiotto di sangue andò a scendere lungo il vestito del ciccione, che pochi secondi dopo si rovesciò senza vita sul tavolo.
Alex afferrò la valigetta e corse verso l’ingresso della stanza, che però si chiuse all’improvviso.
Il cuore gli batteva a mille, i muscoli gli si tesero per la prima volta da quando giocava a calcetto coi suoi amici. Scattò nella parte opposta, verso l’uscita secondaria, ma anche questa gli si chiuse davanti al naso.
Sbigottito, tornò al centro della stanza e si strinse la valigia al petto. Ingoiò, pulendosi la fronte sudata con la manica del completo.
Improvvisamente, il condotto d’aria sopra la sua testa si spalancò con un gran tonfo e dal suo interno si calò un uomo che gli atterrò a pochi centimetri di distanza.
Indossava una tuta nera a caratteri mimetici, un casco con vari accessori tra cui diversi occhiali a infrarossi ecc … la visiera oscurata non gli mostrava il volto, e protese le mani verso di lui. Alex all’inizio non si mosse, spaventato.
-Questo lo prendo io- disse divertito l’uomo stringendo il manico della valigia.
Alex, a quel punto, alzò la valigia e colpì l’uomo con la tuta in testa. –Sognatelo, anzi, ricordatelo!- rise vedendo l’avversario in difficoltà.
L’uomo estrasse dalla cintura una buffa pistola e gliela puntò contro. –Dammi la valigia, mosca!- gli ruggì contro.
Alex si portò una mano alla caviglia ed estrasse anche lui la sua arma. –Dicevi?-.
I due erano in stallo. Entrambi con mano ferma a mirare alla tempia dell’altro.
Per alcuni istanti si fissarono, ma dopo pochissimo la porta alle spalle di Alex si aprì in un esplosione assordante.
Alex si chinò, e l’uomo per la sorpresa, sparò un proiettile che andò ad infrangersi contro lo scudo delle forze di sicurezza.
-Fermo!- Gridarono gli agenti facendo irruzione in massa nella sala conferenze.
L’uomo nella tuta mimetica alzò le braccia e lasciò cadere la pistola per terra. –Merda…- disse.

Il cercapersone di Lucy squillò due volte senza che lei se n’accorgesse.
Desmond prese un sorso della coca cola dalla cannuccia e la guardò interrogativo. –Qualcuno ti cerca?-.
Erano seduti ad uno dei tavoli esterni al fast food. Alle loro spalle c’erano gli spalti per i bambini, che si arrampicavano come scimmie chiassosi.
Lucy poggiò il polletto nella scatola e si pulì le mani sul tovagliolo di carta. –Un attimo-. Guardò il numero e sbuffò.
-Vidic?- chiese Desmond giocherellando con la sorpresina dell’Happy Meal.
Lucy curvò le spalle. –il divertimento è finito, avanti andiamo- disse afferrando la sua giacca e infilandosela.
-Sono dietro!- Desmond la seguì cacciandosi il giocattolo nella tasca del giubbotto. –Che succede?-.
Attraversarono sulle strisce. –Opzione prima: è successo qualcosa all’Animus- disse Lucy mentre andavano verso la macchina. –Opzione seconda: Andrea è collassata, di nuovo-.
-Pessimista!- sbottò Desmond.
-Opzione terza: è solo un richiamo e dobbiamo tornare a lavoro-.
-C’è l’imbarazzo della scelta- rise Desmond salendo nell’automobile.
Lucy mise in moto e si sistemò nella corsia si sorpasso.

-Vidic!- Lucy corse verso di lui. –Come mai la polizia è nella sala conferenze?- domandò sconcertata indicando gli agenti che facevano avanti e indietro dai corridoi alla stanza riunioni.
-è una lunga storia- Disse il vecchio seduto sulla sua poltroncina. Si massaggiava la radice del naso con gli occhi chiusi.
Desmond lanciò un’occhiata nella sala conferenze e notò il cadavere di un uomo steso sul tavolo, il tutto colorato da una sconfinata pozza di sangue. Gli agenti stavano facendo pulizia, e chiusero il corpo in un sacco bianco.
Desmond si voltò arricciando l’espressione disgustato.
I suoi occhi si fermarono su Andrea, che da quando aveva lasciato l’Abstergo sognava tranquilli i suoi ricordi. Il suo volto era rilassato, il suo sorriso tirato, e le sue palpebre appena poggiate l’une alle altre.
Quando poggiò le mani sull’Animus, Desmond si scottò le dita e le ritrasse. –Ma che diamine! Volete spegnere questo coso ogni tanto, o la lasciate friggere?- gridò voltandosi verso Vidic e Lucy.
Warren si alzò. –Il signor Miles ha ragione, ma ho preferito lasciarla dentro l’Animus affinché non si spaventasse di quello che è successo. Per lei sarebbe la prima volta-.
-L’uomo che hanno arrestato- intervenne Lucy. –è…-.
-Vivo- rispose il vecchio, e a quelle parole gli occhi della donna si spalancarono.
–Vivo?- ripeté.
Vidic annuì. –Sì, lo scorteranno fuori dall’edificio questa sera, ma come mai tanta sorpresa?-.
Lucy guardò altrove. –Nulla, ora sarà meglio avviare l’Animus alla procedura di arresto-.
Lucy lo raggiunse, e Desmond si face da parte, poi lei cominciò a picchiettare sul portatile.
I federali lasciarono il laboratorio in poco tempo, e anche la sala conferenze tornò pulita e tranquilla.
Desmond si ricordò delle diverse sparatorie alle quali aveva assistito durante i tre mesi dopo il ritrovamento del Frutto. Chissà quanti si erano fronteggiati nella sala conferenze per accaparrarsi il Tesoro, pensò…
-Eccola, si sta svegliando- disse Lucy.
Desmond la vide aprire gli occhi.

Mi sedetti sul bordo della macchina pigiandomi le tempie. –mal di testa assurdo…- borbottai.
-Stai bene?- mi chiese Desmond, e nonostante avesse la solita faccia di sempre, annuii arrossendo.
Poggiai i piedi a terra, ma a malapena mi ressi in piedi.
-Dove sono Vidic e Lucy?- chiesi guardandomi attorno.
-Sono andati, ecco… a sbrigare alcune faccende. Vuoi stenderti, sei sicura di farcela a…-.
Lo fulminai con un’occhiataccia e lui si fece indietro. –Perdono- disse.
Camminai verso la mia stanza, ma mi fermai sull’uscio quando il mio naso fu punto da un odore insopportabile, nauseante.
Avrei detto quasi… sangue.
Mi voltai e vidi che Desmond mi stava seguendo. –Cos’è successo qui?- gli chiesi.
-Eheh, la cosa non ti piacerà, ma devi sapere che capita spesso. Ed è in queste situazioni che Vidic prenderà spesso la precauzione di tenerci lontani da qui-.
-Non capisco-.
-Quando eri nell’Animus…-
Desmond mi raccontò tutto, dettaglio dopo dettaglio, mostrandomi come prova, la sorpresina che aveva trovato nell’Happy Meal.

   
 
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