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Autore: grandR    04/08/2015    1 recensioni
“Abbiamo dodici anni”, bofonchia Grantaire, “Non può essere tutto già così complicato.”
[It's like daylight, only magic #3. Les amis, Hogwarts AU]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Les Amis de l'ABC
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'It's like daylight, only magic'
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Terza parte della mia serie It's like daylight, only magic.
Titolo della storia da Where I belong dei Motion City Soundtrack.

 

They bump and they collide

 

 

Secondo anno.
 

Enjolras è triste.
Grantaire se ne accorge subito, nello stesso modo in cui nota i timidi raggi di sole che entrano dalle finestre, i rotoli di pergamena sparpagliati nella sua borsa di scuola, o i battibecchi di Courfeyrac e Cosette mentre pranzano dopo la pesante lezione di Pozioni. Enjolras è triste. Enjolras è triste, e Grantaire non sa bene come comportarsi. Lo conosce da quasi due anni, ormai, e l'ha visto in ogni situazione possibile: felice, arrabbiato, nervoso, soddisfatto, disgustato, imbarazzato. Mai annoiato, perché Enjolras ha un rifiuto verso la noia, e mai triste, perché... beh, perché Enjolras non è mai triste. A volte Grantaire l'ha visto un po' malinconico, soprattutto durante il primo anno, ma non lo ha mai visto triste.
Lui e Enjolras non sono amici. Sa che Enjolras cerca di sopportarlo, ma solo perché sono nello stesso dormitorio e perché sono amici delle stesse persone.
Grantaire è consapevole di non stargli simpatico, eppure non può fare a meno di preoccuparsi per lui, soprattutto perché intorno a loro tutti mangiano, parlano, ripassano, senza prestare attenzione a ciò che sta succedendo.
“Ma non ha alcun senso!”, sta ridendo Courfeyrac insieme a Cosette, che è seduta accanto a Grantaire.
“E invece sì”, ribatte lei. Deglutisce una forchettata enorme di arrosto, poi fissa Courfeyrac con sguardo deciso. “Solo perché tu non lo capisci non significa che non abbia alcun senso.”
Courfeyrac batte le palpebre una, due volte, la fronte aggrottata. “Hai... ragione”, dice sorpreso.
Grantaire vede l'accenno di un sorriso comparire sul volto di Enjolras, seduto davanti a Cosette. Ma poi distoglie lo sguardo dai suoi amici e si rattrista di nuovo. La tristezza non è un'emozione visibile su di lui, è più qualcosa che fa da sottofondo, qualcosa che sta al di là di ciò che Enjolras lascia trapelare. Quell'ombra nei suoi occhi, gli angoli delle labbra leggermente tirati, il suo giocherellare con le posate nel piatto.
Grantaire riesce a intercettare lo sguardo di Courfeyrac, senza farsi vedere, e accenna a Enjolras con la testa. Courfeyrac alza le sopracciglia senza capire. Grantaire ripete il gesto, muto, ma quando alza gli occhi si accorge che Enjolras lo sta guardando. Questa volta la sua espressione è imperscrutabile.
“Che cosa c'è?”, dice, senza particolari inflessioni nella voce. Fissa Grantaire con un misto di disdegno e avversione nei suoi freddi occhi blu. Quello è lo Sguardo Per Grantaire, Grantaire ha imparato a riconoscerlo. “Mi sono perso qualcosa? Qualche altro commento divertente su di me?”. Mentre parla raccoglie la sua borsa e si alza in piedi, e una volta terminato, senza dare a nessuno il tempo di replicare, marcia fuori dalla Sala Grande.
“Cavolo, R”, commenta Courfeyrac, “L'hai beccato proprio nel momento sbagliato”. Guarda Enjolras uscire e stringe le labbra. Anche lui sembra un po' triste, adesso.
Grantaire sospira e non risponde. Considera brevemente l'idea di correre dietro a Enjolras, ma sa già che non sortirebbe alcun effetto. Che cosa gli direbbe, poi?
“Dovresti parlarne con Combeferre”, gli sussurra Cosette.
A Grantaire Cosette piace molto. È del primo anno ed è amica di tutti, ha sempre un'espressione gentile e le piace aiutare le persone. Va d'accordo con chiunque incontri, persino con Éponine – e ci vuole un certo impegno per andare d'accordo con Éponine.
“Guarda, è lì al tavolo di Corvonero che parla con Joly e Musichetta”, continua Cosette.
“Sei sicura che dovrei andare?”, chiede. “Magari non è niente.”
Cosette alza le spalle. “Allora ti sarai tolto una preoccupazione e ti sentirai sollevato. A me succede sempre così.”
Grantaire annuisce. Sì, farà così. Lo accennerà a Combeferre, perché Combeferre e Enjolras passano molto tempo insieme e sicuramente sono molto amici, e poi se Combeferre dirà che non è nulla, lascerà perdere.
“Ehm, scusate”, dice due minuti dopo, quando arriva al tavolo di Corvonero.
“Grantaire!”, lo saluta Joly, e sembra così felice di vederlo che Grantaire non riesce a trattenere un gran sorriso. Joly è una delle sue persone preferite in assoluto. Riesce sempre a metterlo di buonumore.
“Ciao R”, anche Musichetta gli sorride. Quando frequentavano il primo anno Grantaire non riusciva a decidere chi fosse peggio tra lei e Éponine, ma poi ha capito. Musichetta è terrificante. In senso buono, certo, ma comunque terrificante.
Combeferre gli fa un cenno e si sposta per fargli posto sulla panca. Dopo una breve esitazione, Grantaire si siede accanto a lui.
La verità è che Combeferre lo mette in soggezione. Da sempre. È la persona più seria e intelligente che Grantaire abbia mai incontrato. Ha sempre una risposta per tutto, la sua conoscenza sembra illimitata, ma mai una volta i suoi occhi hanno mostrato superiorità dietro le lenti rettangolari. Grantaire spesso pensa che non riuscirà mai a capire davvero Combeferre. Oltre la sua mente scientifica e il suo aspetto composto c'è un ragazzino brillante e disponibile dal bizzarro senso dell'umorismo, ma Combeferre rimane un mistero. Grantaire non ci bada più di tanto. Ogni persona è un mistero, in un modo o nell'altro. Alcune sono più trasparenti, come Joly o Marius, mentre altre sono molto più impenetrabili e impegnative. Spesso si chiede se lui faccia parte della prima o della seconda categoria.
“Hai bisogno di qualcosa?”, domanda Combeferre.
“Hai mangiato?”, si inserisce Joly, una nota di apprensione nel tono di voce. Senza attendere una risposta, riempie abbondantemente un piatto di carote bollite, cosce di pollo e purè e glielo mette davanti. “Ecco, ecco. La mattina mangi sempre poco, e lo sai che la colazione è il pasto più importante dell'intera giornata, R. Non puoi saltare anche il pranzo.”
Sotto lo sguardo divertito di Musichetta e quello attento e concentrato di Joly, Grantaire inizia a mangiare in silenzio, con un sorriso.
“Sì”, risponde a Combeferre, appena finisce le carote con una smorfia. Non gli piacciono le carote. “Ma non so quanto sia importante.”
“Il fatto che tu sia qui mi dice che lo è”, gli risponde Combeferre in tono gentile. Gli dà spazio, continuando a mangiare come se niente fosse, ma Grantaire sa che è in attesa.
“Non riguarda me”, inizia. Tiene la voce bassa. Si passa una mano tra i capelli disordinati, scombinandoli ancora di più. “È che ho notato che Enjolras ha qualcosa che non va, oggi, e mi chiedevo se tu sapessi qualcosa. Cioè, non voglio sapere che cos'ha. So che non è affar mio. Volevo solo farti sapere che Enjolras è triste, nel caso tu non l'abbia notato, ecco.”
Combeferre si volta verso di lui. “Enjolras è triste?”
“E lui non è mai triste, no? Deve essere successo qualcosa. A te non ha detto nulla?”
“No”, Combeferre scuote la testa, le sopracciglia aggrottate, “Enjolras non mi dice mai quando qualcosa non va.” Alza gli occhi al cielo, come se stesse rimproverando Enjolras nella sua mente. “È orgoglioso, non gli piace molto chiedere aiuto quando si tratta di sé. Grazie per avermelo fatto notare, però. L'ho visto stamattina a colazione e mi è sembrato tranquillo.”
“Magari non è nulla”, si affretta a dire Grantaire, perché non vuole far preoccupare Combeferre inutilmente. “Potrei aver frainteso tutto. Io e lui non siamo molto amici, sai.”
Combeferre gli lancia uno dei suoi sguardi penetranti. È impossibile mentirgli quando ti guarda così. “E perché non siete amici, Grantaire?”
Lui sente un leggero rossore colorargli le guance. “Perché lui mi detesta? E, ehm, potrei avere l'abitudine di scherzare sulle sue idee, ma non faccio sul serio.”
“Enjolras non ti detesta, Grantaire.”
“Ah no?” Grantaire inarca le sopracciglia, scettico. “Smettila, Grantaire. Stai superando il limite, Grantaire. Non ho tempo per le tue pagliacciate, Grantaire. Grantaire, com'è possibile che tu non abbia interessi a parte infastidirmi e farmi perdere tempo? Ad alcuni di noi importa davvero stare in questa scuola e avere un futuro, Grantaire”, tenta di imitare la voce di Enjolras, e probabilmente riesce piuttosto bene, perché Combeferre sta visibilmente trattenendo un sorriso.
Non menziona il fatto che alcune delle parole di Enjolras l'abbiano effettivamente ferito, la prima volta che le ha sentite.
“Penso che non abbia idea di come comportarsi con te, e che sia così duro perché pensa che non ti interessi comunque”, dice Combeferre alla fine.
“Ma io non-”
“E penso anche”, lo interrompe l'altro in tono gentile, “Che sia la stessa cosa che fai tu. Le tue prese in giro non sono volte a ferirlo, ma derivano dal fatto che non sai come muoverti attorno a lui. Credi che a Enjolras non importi ciò che dici. Entrambi non avete idea di come comportarvi l'uno con l'altro, e così finite sempre per farvi del male a vicenda, anche senza accorgervene.”
“Abbiamo dodici anni”, bofonchia Grantaire, “Non può essere tutto già così complicato.”
“Pensa positivo. Quando saremo al quinto anno, tutto questo ci sembrerà uno scherzo. Avremo sicuramente problemi ben più gravi.”
“Ti hanno mai detto che hai davvero uno strano senso dell'umorismo, 'Ferre?”
Combeferre annuisce, serio, e Grantaire si lascia sfuggire una risata.
“Grantaire?”, lo richiama Joly dal lato opposto del tavolo. “Finisci il tuo purè. Carboidrati.”
Grantaire fa finta di sbuffare, ma nasconde un sorriso. Gli piace che qualcuno si preoccupi per lui, che lo inciti a mangiare, che gli ricordi di fare i compiti di Trasfigurazione, che lo esorti ad andare a letto presto la sera. Ha tanti amici a Hogwarts, infinitamente più di quanto si aspettava quando è salito sull'Espresso per la prima volta, e Joly è stato uno dei primi. Grantaire non è molto bravo con i sentimenti, ma spera che Joly sappia quanto sia importante per lui.
Si intrattiene con i suoi amici Corvonero fino alla fine del pranzo, parlando delle lezioni e tentando di convincere Musichetta a presentarsi alle selezioni di Quidditch il prossimo anno, e quando esce dalla Sala Grande insieme a Combeferre si accorge di essere leggermente in ritardo per Storia della Magia.
“Devo correre”, gli dice, mettendosi la borsa in spalla.
“Proverò a parlare con Enjolras stasera. Ci vediamo, Grantaire.”
“Sì, ci vediamo. E...” Grantaire si blocca sul posto e si volta verso di lui. “Grazie, 'Ferre.”
Combeferre sorride. Proprio lì, in quel momento, sembra davvero un ragazzino di dodici anni. “Pensa a ciò che ti ho detto.”
“Lo farò!”, grida Grantaire, ormai in cima alle scale.
La classe di Storia della Magia è al primo piano, ma arriva comunque con qualche minuto di ritardo, quando la lezione è già iniziata. Questo vuol dire solo una cosa: c'è un solo posto libero, in seconda fila centrale. Vicino a Enjolras. Nessuno vuole mai stare vicino a Enjolras durante Storia della Magia, perché lui è uno dei pochi – se non l'unico della classe – a seguire davvero la lezione. Di solito accanto a lui si siede Courfeyrac, ma lui questa volta è in ultima fila insieme a Jehan, che sembra profondamente concentrato sulle parole che gli sta tracciando sul braccio con la piuma.
Grantaire sospira. Dopo ciò che è successo a pranzo, l'ultima cosa che vuole è passare due intere ore seduto accanto a un Enjolras triste e arrabbiato con lui. A quanto pare anche Enjolras sembra condividere il suo pensiero: quando si siede, lasciando cadere la borsa vicino alla sedia e prendendo il libro di Storia della Magia, non alza nemmeno lo sguardo. Lo ignora completamente. Se non fosse per le sue spalle leggermente irrigidite, Grantaire direbbe che non si è nemmeno accorto della sua presenza.
Apre il libro con un altro sospiro. Enjolras non si muove. Il professore continua a parlare della Convenzione internazionale degli stregoni del 1289. Gran parte della classe – un misto di Grifondoro e Serpeverde – continua a dormire o a chiacchierare sottovoce.
Éponine, seduta accanto a Montparnasse dall'altro lato della stanza, intercetta il suo sguardo e fa finta di sbattere la testa contro al muro. Grantaire soffoca una risata. Enjolras gli lancia uno sguardo seccato.
Un tempo pensava che lui e Enjolras sarebbero diventati amici. Il tempo delle Api Frizzole, pensa con un sorriso. Appena arrivati a Hogwarts, quando Enjolras sembrava ancora in grado di divertirsi e rilassarsi con i suoi amici e non passava tutto il tempo a disposizione in biblioteca o nella Sala Comune, circondato dai libri. Studia persino durante i pranzi o le cene. Nella Torre di Grifondoro scambia solo qualche parola con Courfeyrac, Jehan e gli altri suoi compagni di Casa, quando invece prima passavano le serate tutti insieme a ridere e scherzare e a mangiare Cioccorane. O, nel caso di Enjolras e Grantaire, Api Frizzole.
Le provocazioni di Grantaire sono una delle poche cose che scatenano una vera reazione in lui. Questo è un altro motivo per cui Grantaire continua a punzecchiarlo. Non gli piace la persona che sta diventando Enjolras. È sempre serio e taciturno, la fronte perennemente aggrottata, continuamente immerso nello studio. Si sta pian piano allontanando da tutti. Non ride nemmeno più.
Passa mezz'ora prima che Grantaire riesca ad assopirsi, la testa posata sul libro spalancato.
Quando si riscuote, sono passati solo venti minuti. Il professore continua a parlare del 1289. Montparnasse sta russando rumorosamente.
Grantaire arrischia uno sguardo verso Enjolras e se ne pente immediatamente. Enjolras sta piangendo. No, non esattamente piangendo: ha il mento appoggiato alla mano, il gomito sul libro, gli occhi fissi sulla pagina, e due lacrime gli solcano la guancia destra.
Non è fisicamente possibile che la lezione sia in qualche modo commovente. Grantaire ha finalmente la conferma che sì, Enjolras è triste, ed entra nel panico. È un panico diverso da quello che ha provato quando Joly ha avuto il suo primo attacco davanti a lui. Era successo a metà del primo anno e Grantaire non aveva avuto la minima idea di che cosa fare, di come aiutare il suo amico, e così aveva iniziato a parlare sempre più rapidamente delle prime cose che gli venivano in mente: del suo letto in dormitorio, dello scherzo che Courfeyrac aveva fatto a Marius il giorno prima, di quanto gli piacesse la primavera, della sua abitudine di disegnare su pezzi di pergamena quando si annoiava, e i capelli di Enjolras secondo lui erano biondo dorato o biondo miele?
Alla fine Joly si era calmato e Grantaire aveva quasi le lacrime agli occhi dall'ansia. Joly si era messo a ridere, anche se sembrava ancora un po' scosso, e lo aveva abbracciato.
Il giorno dopo Grantaire era andato in biblioteca e non ne era uscito finché non aveva imparato a memoria tutto ciò che c'è da sapere sugli attacchi di panico, in modo da essere preparato per il futuro.
Improvvisamente ispirato, pesca dei pezzi di pergamena dalla sua borsa. Enjolras rimane immobile. Sta cercando di non attirare attenzione su di sé.
Grantaire impiega un minuto a disegnare ciò che vuole, il tratto della piuma chiaro e deciso, e quando finisce spinge la pergamena verso Enjolras, davanti ai suoi occhi.
Passano sedici secondi. Grantaire li conta, uno per uno, stringendo le labbra. Poi Enjolras si volta verso di lui. Le lacrime hanno smesso di scendere e ha un piccolo sorriso che si sta allargando lentamente. Prima di rimettersi a disegnare, Grantaire gli sorride di rimando, quasi timidamente. Ha disegnato se stesso nella forma di un grosso cane sorridente dalle sembianze di un lupo, la coda scodinzolante e le parole don't be sad che si formano in una nuvoletta sopra la sua testa; l'ha fatto senza pensarci troppo, ma questa volta, quando posa la piuma sulla pergamena, ha un'idea definita in mente. Prima disegna Combeferre, in forma di gufo, gli occhiali rettangolari posati sul becco. Ha l'aria saggia e amichevole, un po' come il Combeferre in carne e ossa. Poi disegna Enjolras. Impiega un po' a rendere la criniera del leone come vorrebbe, ma il risultato è accettabile. Infine disegna Courfeyrac nella forma di un polpo, con i tentacoli che si allungano per abbracciare i due amici. Gufo-Combeferre batte gli occhi, Polpo-Courfeyrac sorride con aria vivace a affettuosa e muove i tentacoli, mentre Leone-Enjolras respira e lancia sguardi solenni a ciò che lo circonda.
Il vero Enjolras trattiene letteralmente il respiro quando Grantaire spinge i suoi schizzi verso di lui. Prende il foglio di pergamena quasi con delicatezza, portandolo più vicino al viso per esaminare i particolari del disegno.
“Grantaire”, mormora, e per una volta il suo tono non è freddo o pieno di avversione. Lancia un'occhiata al professore, che sta continuando a leggere i suoi appunti con voce monotona. “È... è bellissimo, Grantaire.” Per una volta sembra senza parole. “Grazie.”
Grantaire scrolla le spalle, imbarazzato. Non è abituato a mostrare agli altri ciò che disegna. “Non è stato niente”, si sforza di minimizzare, “Ho visto che eri triste, sono felice che adesso tu non lo sia più.”
Enjolras si incupisce. “È stupido”, dice. Guarda in basso, verso i due disegni.
“Va bene se non me lo vuoi dire”, risponde Grantaire. Quasi non riesce a credere di star parlando civilmente insieme a Enjolras. “Però dovresti parlarne con qualcuno. Con Combeferre o Courfeyrac, magari. Sono tuoi amici, ti vogliono bene.”
“Anche tu sei mio amico?”
Grantaire lo guarda, sorpreso. “Certo”, gli viene fuori.
“Allora anche io sono tuo amico”, annuisce Enjolras, come se sia un passaggio logico. Forse lo è. Forse è davvero così semplice.
“Sei pieno di amici, Enjolras”, gli fa notare Grantaire. “Solo che ti sei allontanato da tutti, e loro non sanno bene come comportarsi con te perché non sono sicuri che tu li voglia vicini.”
Enjolras appare di nuovo triste. “Certo che li voglio vicini. Sono i miei amici.”
“Allora forse dovresti dirglielo. Dovresti dirlo a tutti.”
Enjolras esita.
“Che cosa c'è?”, gli chiede Grantaire. Vorrebbe essere più bravo a capire Enjolras. Forse col tempo diventerà più abile.
L'altro fa un respiro profondo, come se si stesse preparando ad affrontare una prova difficile. “E se smetto di concentrarmi sulla scuola, vado male in tutte le materie e mi buttano fuori? E se mi tolgono la magia e mi rimandano a vivere nel mondo babbano perché non sono stato abbastanza bravo?” Improvvisamente sembra terrorizzato. Batte le palpebre freneticamente, e poi ricomincia, “Non posso smettere di studiare per stare con voi, Grantaire. Non posso rischiare di fallire ed essere espulso da Hogwarts. Non posso tornare in un mondo in cui tutto questo non esiste. In cui voi non esistete. Capisci? Io non-non ho mai avuto veri amici. Non è mai stato così, prima.” D'un tratto allarga gli occhi e fissa Grantaire, inorridito. “Ma io li ho già persi tutti, vero? Perché dovevo studiare per rimanere qui per poter stare con i miei amici, ma per poter stare con loro dovevo studiare, e quindi non potevo stare con loro, e poi-”
“Enjolras”, lo interrompe Grantaire. Si sente un po' sopraffatto dalle sue parole. Vorrebbe dirgli che il suo ragionamento non ha senso, ma poi ricorda le parole di Cosette a pranzo. Solo perché tu non lo capisci, non vuol dire che non abbia alcun senso. “Enjolras”, ripete ancora, “Fa' respiri profondi. Ti procurerai un attacco di panico se continui così. Respira lentamente, schiarisciti le idee.”
Enjolras annuisce, rigido, e inizia a fare respiri profondi. Gradualmente, i suoi occhi blu ritornano sereni e le sue spalle si rilassano. “Lo so che è stupido”, mormora.
“Non lo è”, lo rassicura Grantaire, “Lo so che non ti piace pensarlo, ma sei un essere umano anche tu, sai? Anche a te è concesso di avere paura.”
Enjolras gli sorride. “Sono felice di essere un essere umano. Lo so che la mia è una paura irrazionale, ma non riesco a non pensarci. Non voglio andarmene di qui, Grantaire. Questo è l'unico posto in cui... in cui... hai capito”, farfuglia, le guance leggermente rosse, e Grantaire ricambia il sorriso.
“Lo so, lo capisco”, gli dice, “Hogwarts è l'unico posto.”
“Non voglio andarmene”, ripete Enjolras.
“Ma non te ne andrai. Nessuno ti butterà fuori da Hogwarts, Enjolras. Sei uno dei più bravi del nostro anno, perché mai dovrebbero farlo?”
Enjolras bisbiglia qualcosa, imbarazzato, così sottovoce che Grantaire coglie solo le parole “Nato Babbano”.
“Che cosa stai dicendo?”, esclama, forse a voce troppo alta. Alcuni compagni gli lanciano delle occhiatacce. “Il fatto che tu sia un Nato Babbano non significa nulla. Sei un mago. La magia è dentro di te.”
“Lo so”, sospira Enjolras, le guance ancora rosse, “Te l'ho detto che è irrazionale. È che l'anno scorso ho letto che un tempo c'era molta discriminazione, anche qui a Hogwarts, e che i Nati Babbani non erano considerati veri maghi e streghe, e-”
“Questo mondo è tuo quanto è mio, okay?”, lo interrompe Grantaire bruscamente.
“Lo so”, risponde Enjolras di nuovo, questa volta più deciso.
“Tu appartieni a questo mondo.”
“Lo so.”
“Sei un mago. Nessuno ti caccerà da Hogwarts, mai.”
“Lo so.” Enjolras si stropiccia gli occhi stancamente, poi gli dà un'occhiata incerta. “Sei sicuro che gli altri vorranno ancora essere miei amici? Negli ultimi mesi ho parlato solo con Combeferre.”
Grantaire non ha nemmeno bisogno di pensarci. “Certo che vorranno, ti vogliono bene.”
“Non volevo allontanarmi così tanto”, mormora Enjolras. “È solo che quando me ne sono accorto, non sapevo come tornare indietro.”
“Non hai bisogno di tornare indietro, devi solo andare avanti.”
“Posso tenere i disegni?”
“Uhm, sicuro”, risponde Grantaire, sbalordito. “Sono tuoi.”
Enjolras li ripone con cura nella borsa, e proprio in quel momento termina la lezione.
“Che cosa abbiamo adesso?”, chiede Courfeyrac, sbadigliando, quando Grantaire e Enjolras escono insieme dall'aula e raggiungono lui e Jehan.
“Erbologia”, risponde Enjolras, pronto. Tenta di non darlo a vedere, ma è nervoso.
Courfeyrac lo guarda, e continua a guardarlo. La sua espressione è indecifrabile. Poi, dopo quasi un intero minuto, emette un suono bizzarro, a metà tra un singulto e una risata, e gli getta le braccia al collo. Enjolras ricambia l'abbraccio e ride.
Anche Grantaire ride, di riflesso. Jehan si volta verso di lui. I suoi capelli da castani diventano azzurro acceso, proprio come il cielo fuori dalle finestre. “Quindi”, dice con voce dolce, quando tutti e quattro scendono la scalinata di marmo e iniziano a incamminarsi verso le serre, “Enjolras è finalmente tornato?”
Grantaire respira a pieni polmoni l'aria fresca di inizio marzo. La primavera sta per cominciare. “Sì”, si sente rispondere. Courfeyrac e Enjolras camminano davanti a loro, parlando fitto. Courfeyrac sta annuendo vigorosamente, un braccio attorno alle spalle dell'amico. “Enjolras è tornato.”

 

 

 

 

-- note: Per prima cosa, grazie mille per le recensioni che avete lasciato all'ultima parte! Ne sono così felice, non ne avete idea. 
Allora, riguardo a questa one shot, tre quattro cinque cose: 
- Sì, Jehan è un Metamorfomagus. Odio non dargli tanto spazio perché lo adoro, vedrò di fare qualcosa in futuro uwu
- La parte su Joly e gli attacchi di panico mi è stata ispirata da questo post su tumblr
- La Convenzione degli Stregoni del 1289 è davvero argomento di secondo anno a Hogwarts, ho cercato sulla PotterWiki
- Io. Amo. Combeferre.
- I disegni di Grantaire sì, si muovono; sono molto simili a quello che Draco Malfoy manda a Harry in classe in uno dei film
E niente, non sono molto contenta di questa parte ma non vedo l'ora di scrivere la prossima (se scrivo ciò che ho in mente di scrivere, la adorerete), quindi ho deciso di postarla comunque, bisogna andare avanti in qualche modo. So che le paure di Enjolras sono abbastanza irrazionali, ma mettetevi nei suoi panni. Ha dodici anni. Adora quel mondo. Alla fine non vuole che stare con i suoi amici, perché non ne ha mai avuti così prima.
Infine... no, non so perché Grantaire sia così fissato con i capelli di Enjolras, okay? Sarà una cosa sua. :')

   
 
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