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Autore: BlackPaperMoon    05/08/2015    1 recensioni
E se, nel mondo delle favole, esistesse un narratore che muove i fili dei personaggi di ogni fiaba e li costringe rigorosamente a rispettare la trama, senza poter interagire tra loro? E se Cappuccetto Rosso, per assurdo, scoprisse il portale che collega ogni fiaba e diventasse inconsapevolmente la causa dei disordini che nascerebbero di conseguenza? Ricercata dal narratore ed incolpata di aver creato scompiglio nel mondo in cui le fiabe convivono in equilibri, la giovane è costretta ad una fuga perenne. Una mente fragile che cede all'oblio e si ribella al suo inseguitore per la prima volta. Anche la dolce, cara, piccola Cappuccetto Rosso se portata a limite può commettere peccati.
❝Ricordo ancora distintamente la sensazione che provai, quando conobbi la parte più oscura del mio essere.❞‎
Genere: Dark, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Scappata? Come scappata?!"
 
Si diffuse il suono di quella notizia. L'eco della mia sparizione. La disperazione negli occhi del narratore, un pugno stretto fortemente in quel frangente colmo di frustrazione. I denti digrignati.
 
"Liberate i lupi."
 
Stupore, sdegno per quella decisione affrettata.
 
"É sicuro, sua eccellenza? Non dovevamo portargliela viva?!"
 
Un ghigno compiaciuto si dipinse sulle labbra fini.
 
"In un modo o nell'altro le faremo rispettare la trama."
 
_________________________
 
Vagavo per i fitti sentieri di una boscaglia a me ignota, ignara di quella sanguinaria decisione. L'unica cosa che urgeva fare, era scappare. Lontano dal luogo in cui ero nata e cresciuta. Lo sguardo ceruleo perso e spaesato posarsi incessantemente sul paesaggio, mentre la mia esile figura veniva illuminata dalla diafana luce del sole che filtrava attraverso il fogliame. Non sapevo dove fossi, dove stessi andando, ne dove avevo intenzione di andare. Proseguivo in rettilineo, con nel cuore la speranza di arrivare comunque in qualche luogo. 
Silenzio, quasi spettrale.
Udivo il mio respiro vagamente ansante e lo scrosciare delle foglie sotto i miei piedi. 
Quiete, calma, sinistra calma. 
Poi, tutto ad un tratto, un rumore.
Qualcosa, nei cespugli, con uno scatto si mosse.
Un velato ringhiare.
Un verso, /quel verso/ che era fin troppo famigliare. 
Fu istintivo scattare in avanti, allontanarsi da quel luogo, farsi spazio fra il fogliame. In contemporanea al mio gesto, varie entità fendettero l'aria. Non era uno solo, erano /tanti/. Le mie membra cominciarono a tremare. Pregai con tutto il cuore che non mi abbandonassero, che non cedessero nell'istante in cui avevo più bisogno del loro supporto. Correre, fino a che vi era un briciolo di aria nei miei polmoni. Le labbra si disidratarono in un solo istante, la gola si fece immediatamente secca. Un po' per la tensione, un po' per l'affannosa corsa -contro il tempo e il destino-. Ancora una volta inseguita da quella bestia affamata.
Ancora una volta in pericolo di morte. Deglutii, nel tentativo di dare sollievo alla mia gola. Già avvertivo il ferreo sapore del mio rosso sangue, già lo vedevo sgorgare al di fuori del mio innocente corpo.
Paura, disperazione. 
E questo mi fece correre ancora più veloce.
Voltai lievemente il capo, e intravidi la loro immagine.
Mi stavano alle costole, veloci, arrabbiati.
/Affamati/. 
Avvertivo la bramosità con cui miravano alla mia carne. Sentivo già i loro denti affondare nella mia pelle e strappare senza ritegno ogni parte del mio esile corpo. 
Non ero abituata a tutto questo.
Con tutte le volte in cui ero stata divorata, forse avrei dovuto abituarmi all'idea di essere "mangiata in un sol boccone".
Già, ma se i bocconi fossero stati tanti?
Ma se la crudeltà e la ferocia con cui quelle bestie avessero consumato quel misero pasto che rappresentavo mi avesse privato della scintilla della vita?
Non era come nella favola.
Quella non era per niente una favola.
Tutto d'un tratto, mentre confusionariamente mi addentravo sempre di più nel ventre del bosco, inciampai rovinosamente su un sasso, ruzzolando giù per la collinetta.
Chiusi fortemente gli occhi, mentre precipitavo.
Immagazzinai la sensazione che stavo provando, e tentai di immaginare un dolore dieci volte peggiore del bruciore che stavo avvertendo in quel momento.
Era così che mi sarei sentita, se non mi fossi rimessa a correre.
Spalancai le palpebre e mi misi in piedi, ma tempo cinque minuti e già mi avevano raggiunto. Qualsiasi direzione provassi a prendere, c'era un lupo a sbarrarmi la strada.
Era come vivere nel peggiore dei miei incubi.
Tra il loro ringhiare e ululare, indietreggiai lentamente.
I loro occhi dorati puntati addosso come se fossi il più invitante pasto mai visto, lo sguardo truce e cattivo adornato da quella scintilla di desiderio.
Deglutii nuovamente, appena finì con le spalle contro il tronco di un albero.
Ansimavo, e qualsiasi parte del mio corpo pulsava per lo sforzo della corsa. 
Sfinita, /finita/.
Scivolai moggiamente lungo la superficie lignea, fin quando mi accasciai contro il terreno. Ogni speranza di salvezza abbandonò le mie membra in sincronia con le mie forze. Serrai fortemente gli occhi, arrendendomi al mio destino.
Speravo solo fosse rapido e indolore.
Digrignarono i denti, mangiandomi con gli occhi.
Le loro pupille allungate divennero spilli. Ringhiarono a catena uno dopo l'altro, così come spiccarono un balzo in mia direzione.
Il mio ultimo pensiero sarebbe andato alla mamma, alla nonna... E al lupo, l'unico a cui sarebbe spettato terminare la mia vita. Così com'era stato scritto.
Mi sarei spenta in quell'istante.
 
Poi...
 
Il mio corpo si mosse da solo. Fu talmente veloce, che se vi fosse stato anche un solo spettatore non sarebbe riuscito a coglierne i movimenti. 
Brandì le asce.
Un lesto balzo.
Piroettò a mezz'aria, abbandonando un fendente in traiettoria.
Mirata e precisa, l'arma s'andò a conficcare nel petto d'uno di loro.
Guaiti lamentosi, prossimi alla morte.
La seconda ascia fece la medesima fine.
Meno due.
Tagli netti e profondi, rosso e caldo sangue sgorgare dai pelosi corpi.
Si leccò il labbro superiore, percependone il ferreo sapore.
Meno quattro.
Ricordo la disarmante sensazione che avvertivo, nel constatare che il mio corpo non rispondeva ai miei comandi. Come una macchina, attaccava, distruggeva.
Mieteva vite come la signora con la falce.
Avrei voluto fermarmi, desideravo fermarmi.
I pianti di quelle povere bestie struggevano le mie orecchie, stringendo in una morsa di compassione il mio cuore.
Non ero io, quella!
Io non ero così!
Non sarei mai stata in grado di fare una cosa simile!
Meno sei.
Viscoso sangue a impregnarmi il viso. Corpi che cadevano uno dopo l'altro. 
Meno otto.
Poggiò la mano su una delle vittime. Era ancora calda. Si guardò le mani sporche di quella rossa brodaglia e un ghigno compiaciuto si dipinse sul suo volto.
Meno dieci.
Una malefica e insana risata volò dalle mie rosee labbra. Rise, rise sguaiatamente per cinque minuti abbondanti. Osservó coi miei occhi il suo operato con fierezza, sul volto il ritratto della pazzia.
Perchè era quello che ero divenuta.
/Follia pura/.
La parte più scura e malvagia del mio essere.
Udivo le sue grida malate.
 
"VENDETTA, VENDETTA, VENDETTA!!"
 
L'odore della morte riecheggiò nell'aria.
Estrasse le sue armi, ancora incastonate nel ventre di alcune di quelle povere bestie.
Alcuni, negli ultimi spiragli della loro vita, guairono e mugolarono lamentosamente.
Il dolore nelle iridi dorate.
 
"Respirano ancora..."
 
Sussurrò, prima di sfoggiare un altro psicopatico sorriso.
 
"Notevole!~🎶"
 
Proferì, prima di voltarsi di spalle e avviarsi saltellando verso la fine del sentiero. A pochi metri di distanza, però, il mio corpo cedette per il troppo sforzo, distendendosi sul prato privo di sensi ed energie.
Con chi condividevo il mio corpo?
Chi era quell'essere spietato?
Cosa stavo...Cosa /ero/ diventata?
  
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