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Autore: Yume Kourine    05/08/2015    2 recensioni
[STORIA RIVISITATA]
A volte gli incontri più strani e semplici possono sconvolgere la nostra vita; Dan lo sa bene. Ricorda perfettamente quella serata di fine estate...
Dal testo:
"Tempo fa mi è accaduta una vicenda strana e surreale, indescrivibile.
Non so spiegare perché sia successo, né perché sia stato scelto io. Che sia stata la mia fervida immaginazione, non lo so e credo che non lo saprò mai...
Quella notte però incontrai una ragazza che ha lasciato un segno indelebile nella mia mente e nel
mio cuore."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dan Smith, Sorpresa, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ti ho mostrato la parte di me che mai avrei pensato di ritrovare, nel mio cuore corrotto pulsa l'immagine di te.
Come prigioniera di una tempesta mi manca il fiato a ricordare il suono della tua voce: sono segni che non posso ignorare, e tu lo sai.

É giunta l'ora di concludere questa storia in cui l'eroe e il cattivo si contendono lo stesso personaggio.
A te porgo l'inchiostro: scrivi la parola “fine” sotto il mio nome.
Sarà la mia tomba, sarà la tua rima.

 

 

Parte III

 
“Perché hai scelto di fare il cantante?”

Quante volte mi hanno posto questa domanda. E tutte le volte abbasso lo sguardo e cambio discorso, per il semplice fatto che non sono sicuro di potermi descrivere come un cantante.
Mi piace cantare, certo, ma dovrei definirlo il mio mestiere?
Guardandomi attorno mi accorgo che la figura del cantante viene fraintesa, viene confusa con un modello da imitare, una persona affascinante e dal timbro particolare che delizia l'udito.
Più mi guardo, più credo di essere lontano dallo stereotipo di cantante: ditemi, una persona timida, insicura ma allo stesso tempo sarcastica e pigra come me potrebbe essere una figura importante?
Siamo seri, direi proprio di no: la mia voce non è particolare, come potrei definirla? Normale.
Nonostante riesca a raggiungere note alte credo di non avere una voce bella, ho giusto quel che basta per poter cantare intonato ma non di più.
E poi... bello? Perché bisogna essere obiettivi: molti fan seguono un artista per la sua bellezza o per una particolare caratteristica della sua natura, non posso definirmi né bello né speciale, sono un ragazzo come tanti e nel mondo dello spettacolo bisogna farsi notare per poter andare avanti. Che dico, anche nel mondo reale. Devo smetterla di limitare queste caratteristiche nel campo musicale, oggi le cose funzionano così.
Perché illudermi che un giorno qualcuno ascolterà le nostre canzoni, attenderà i nostri album con trepidazione e curiosità e magari spenderà soldi, tempo e fatica per assistere ad un nostro concerto?
Allora perché... perché ho scelto di essere di cantante?


Come spaesato, il mio sguardo si è perso nella mia ombra proiettata dagli abbaglianti della macchina sulla strada umida. La seguo, quasi impulsivamente, nei suoi contorni sfocati, fino a raggiungere i piedi della ragazza.
È qui, davanti a me.
Stringe forte le maniche della sua giacca, nera come la notte; i suoi capelli sono così bagnati che le si stampano sulle guance tonde e rosee mentre nelle sue bellissime iridi azzurre si accende un opaco chiarore, come se le gocce di pioggia avessero bagnato i suoi occhi contagiandoli con la loro lucentezza.
Non parliamo, non ci muoviamo. Restiamo fermi ad accogliere il suono della pioggia, che cade fiera e leggiadra, e a nutrirci del suo effluvio unico e magico. Mi piace sentire ogni tipo di fragranza che la pioggia produce a contatto con l'ambiente: quando scivola sulle nervature delle foglie o dipinge ogni filo d'erba si diffonde nell'aria un sapore di freschezza, mentre le volte in cui inumidisce la ghiaia l'odore della terra si fa più acre, ma l'insieme di aromi che più adoro è quello dell'asfalto bagnato di pioggia, l'unione perfetta tra natura e artificialità.
Non so come spiegare, ma quel profumo inebriante e allo stesso tempo persistente mi lascia sempre una strana sensazione nel corpo, credo che non esista espressione per poter descrivere un odore tanto particolare quanto abituale.
Mi sistemo il cappuccio della felpa per ripararmi ma resto comunque in silenzio. Nella mia testa si fanno chiare mille domande e preoccupazioni: cosa dovrei dire? Come devo agire? Perché sta accadendo tutto questo? Perché me e lei?
“Non credo tu voglia avere a che fare con me...” ha tenuto la voce bassa e chiusa, tuttavia sono riuscito a sentire e a rimanere sconvolto da quella frase. In un attimo i miei dubbi si moltiplicano e pulsano convulsamente nella mia testa.
“Ti sbagli. Ci eravamo promessi di rivederci, ricordi?” rispondo dopo una breve pausa.
Ride, ma non è una vera risata. Ho percepito agitazione, paura, anche incredulità in quel movimento delle labbra e in quel acuto forzato, la finzione era troppo evidente da poter essere scambiata per allegria.
“Rivedere una sconosciuta?” questa volta sta gridando. Non credevo che il suo timbro potesse risultare così alto e pieno “Mi stai giudicando dalle apparenze ma in realtà non sai niente di me! Non sai chi sono né tanto meno quello che ho fatto...”
Ha ragione. Come ho potuto pensare a tutte quelle cose se non so nemmeno il suo nome?
Eppure...
“Allora dimmelo”
Alza lo sguardo, apre leggermente la bocca, segno di chiaro stupore.
“Voglio conoscerti, poterti chiamare con il tuo nome, anche esserti vicino e consolarti. Per tutto questo tempo mi sono fatto un'idea di te che mi ha completamente travolto e condotto in un oceano di emozioni e convinzioni mai provate prima. Tutto questo basato su una mia immagine di te, quindi avvicinarmi alla tua, di immagine, non mi spaventa, anzi richiama la mia attenzione e il mio desiderio di volerti vicina”
“Come puoi dire queste cose?!” la sua voce sta tremando e le sue mani si muovono lungo le maniche della giacca, un continuo su e giù. “Stai cercando di abbindolarmi per potermi scopare?”

Sgrano gli occhi non appena conclude la frase; non è quello che intendevo dire, il fatto che lei abbia pensato a una simile ipotesi mi turba.
“Spiegami una cosa...” faccio un passo in avanti ma lei retrocede, intimidita.
Non è la stessa ragazza che ho incontrato ieri sera.
“...Dici che non dovrei parlare così perché non ti conosco, ma nemmeno tu mi conosci. Eppure...”
“Non vuol dire niente. Tu sei un ragazzo come tanti...” c'è freddezza nelle sue parole.

Ha smesso di piovere e si è alzata una fastidiosa umidità che mi pizzica il naso.
Mi sento al sicuro se sono vicino a te” pronuncio quelle che erano state le sue parole. Parole che non ho dimenticato e che, a giudicare dal movimento rapido e confuso dei suoi occhi, anche lei rammenta.
Forse mi sto comportando da egoista, però non capisco il perché di un simile cambiamento e per questo voglio andare a fondo di questa complessa situazione. Quelle parole, quel volto, quelle sensazioni... è come se fossero rimaste là, in quel tratto di strada buio che si affacciava su un prato d'erba scura e con loro anche due giovani a noi sconosciuti, ormai lontani da quelli che siamo adesso.
Un ragazzo in cerca di una motivazione e una ragazza che fugge dai fantasmi della sua città.

“Per tanto tempo avevo in mente solo una cosa: sapere il tuo nome. Ma alla fine ho capito che non è importante, perché in un modo o nell'altro ci siamo trovati e ci siamo conosciuti senza l'aiuto dei nostri nomi. Siamo andati oltre alla parola che ci definisce, abbiamo superato le apparenze.”
Sgrana gli occhi e cerca di proferire parola ma invano. Sembra confusa, esita nei movimenti e deglutisce per smorzare il respiro in gola.
“Ho paura”
La mia attenzione e il mio sguardo si risvegliano dalla trance e si concentrano nuovamente sulla giovane, che respira affannosamente.
“Non voglio coinvolgere anche te in questo casino che ho causato... Non voglio perdere anche te” conclude. I suoi occhi si sono di nuovo illuminati di lacrime.
Mi guarda.
La guardo.
Di nuovo quella sensazione: un dialogo silenzioso costruito di sguardi che comunicano ciò che proviamo e che teniamo nascosto alla coscienza.
È una situazione assurda, lo ammetto, però non posso scappare: no, non me ne andrò.
Perché di una cosa sono certo, cioè che non la lascerò. È il mio cuore che me lo ordina, mi sta incatenando a un sentimento surreale, sfumato alla malinconia e a tratti al piacere.
Non è amore... ma ha la sua stessa potenza.
“Ormai sono coinvolto. È umano commettere errori ma è più umano perdonare e soccorrere una persona, perciò permettimi di aiutarti”
“È complicato... Una persona mi sta inseguendo. Ho cercato di ignorarla, pensando fosse la cosa giusta da fare, vivere come se nulla fosse; ma non posso, non dopo essermi accorta che quella persona, la stessa che mi ha cambiata, fa parte della mia vita. Nessuno riesce a capirmi, perciò l'unica soluzione è scappare, andare lontano. Lasciare alle spalle il passato e il dolore”
Tutto ciò che ho appena udito non ha alcun senso.
“Prima ti ho detto che non mi conoscevi, che non dovresti starmi vicino...” riprende la ragazza avanzando verso di me; il suo volto è teso infatti sta forzando un sorriso per tranquillizzarmi ma invano; è evidente la disperazione in quell'incurvatura delle sue labbra, tremanti. “Ho mentito sia a te che a me stessa. In realtà sono io che non mi conosco affatto. Sono la brava ragazza o sono una cacciatrice di piacere e di pericoli? Forse sono entrambe... o nessuna delle due. Non lo so... Ma non importa perché ormai non posso più salvarmi, tanto vale restare una condannata ed esiliarmi lontano da qui”
Vederla piangere mi lascia completamente sconcertato, come se una scheggia di ghiaccio sia entrata nel mio corpo e lo abbia contagiato col suo freddo tocco fino a congelarlo. I suoi occhi sono completamente sbarrati e vuoti... no, mi sbaglio: c'è qualcosa in quelle pupille oscure. È paura, ed è la peggiore tra tutte: non sapere chi sei. Ciò che siamo davanti agli altri, ciò che crediamo di essere, ciò che la mente dice che siamo: tutte queste forme di “essere” ci confondono e creano un'illusione di noi da cui si genera l'inquietudine.
La paura si manifesta in noi quando siamo in pericolo e con essa possiamo difenderci, è un metodo assurdo che l'uomo sviluppa per sopravvivere; ma questo tipo di paura colpisce al centro della nostra consapevolezza e del nostro credo, ci frena e lentamente arriva a immobilizzarci, impedendo così di poterci liberare. È un colpo che ci infliggiamo da soli, con le nostre mani, per questo è la più pericolosa.
Ci sono mille segreti nascosti tra le sue parole che non riesco a dedurre eppure, nonostante questo, sento la necessità di fare qualcosa.
Di scatto mi getto verso di lei e senza darle il tempo per continuare a parlare né per fare un fugace movimento, la avvicino a me e la stringo forte tra le mie braccia.
Non è il motivo del suo discorso ma il modo in cui lo ha pronunciato a spingermi a quella azione così impulsiva e al tempo stesso intima.
Mi sembra di stringere una piccola fiamma che sta per estinguersi a causa del dolore gelido che la avvolge.
“Andrà tutto bene” le sussurro all'orecchio.
“Non puoi capire...” balbetta e singhiozza, come una bambina insicura e indifesa.
“Hai ragione... non so nulla di te né tanto meno so quello che hai provato; non ero presente quando sei inciampata e quindi non ho potuto prenderti al volo, ma ora sono qua e ti aiuterò a rialzarti”

Mi guarda. Poi sorride.
“Allora fuggi con me...”
La mia mente si perde in quelle parole.
“Scappiamo insieme. Lontano dai nostri problemi, con le nostre cose da dire. Ci terremo compagnia”
Trattengo il respiro.
“È vero... sarebbe la soluzione più semplice. Ma non posso. C'è qualcosa che voglio raccontare. Non voglio andare via senza prima averla detta.”
“Le puoi raccontare a me”
“Non posso... gli altri mi aspettano, contano su di me per creare altre storie. Solo insieme possiamo farlo.”
“Una storia non può salvarti...” leggo confusione nelle sue pupille umide e dilatate.
“Dipende da come vuoi che la storia prosegua”

“Che intendi dire?”
“Che senso ha inventare una scusa per scappare? Non vuoi porre fine a tutto questo dolore? Non puoi fuggire per sempre, prima o poi quella persona ti troverà o peggio... il ricordo di quella persona ti troverà e tormenterà il tuo animo fino a quando i tuoi sentimenti di dolore, paura, agitazione repressi prenderanno il controllo ed esploderanno così violentemente che tu non potrai gestire una tale situazione. Hai il potere di cambiare le cose, non gettare questa occasione al vento”
Mi stringe forte e appoggia la testa sul mio petto; aumenta la presa e nello stesso istante il tamburo riprende la sua sinfonia, questa volta il suono ha una propagazione quasi subsonica. Finalmente ho capito il segreto di quello definito come un rumore di tamburi, ciò che mi ha guidato in queste due notti folli.
Lo percepisco perfettamente...

tum tum tum...

“È strano... per la prima volta, mi sento bene. Come riesci? Come riesci a comprendermi nel profondo, senza avermi mai incontrata e senza sapere cosa mi porto sulle spalle e sulla coscienza?” si interrompe e abbassa lo sguardo. "Sono una ragazza troppo strana"
"
Sì, lo sei. Quanto lo sono io"
Si stacca e si alza in punta di piedi per raggiungere l'altezza del mio volto. Mi soffia un delicato bacio sulla guancia e, alla fine, ricambia il mio abbraccio, cingendomi le spalle.

“Eravamo due anime vaganti e adesso abbiamo ritrovato il sentiero. Forse il nostro incontro non è stato un caso...” mi sussurra.
Il suo volto è nascosto, ma sono sicuro che sta sorridendo. Questo abbraccio è il più caldo che abbia mai ricevuto: il suo tepore mi fa sentire al sicuro, ricorda l'affetto materno.
“Hai ragione, l'unico modo per poter essere libera è tornare indietro. Non mi importa a cosa vado incontro, devo liberarmi di questo torbida colpa”
Si stacca da me e si volta: la fine di questo nostro contatto mi fa intuire che si sta avvicinando la nostra separazione. Probabilmente non la rivedrò mai più, ho questo presentimento.
“Abbiamo le nostre cose da dire prima di poter andare avanti. No?”
Poso lo sguardo su di lei, che inizia ad avanzare verso una meta sconosciuta ma che al tempo stesso ho ben presente nella mente.
Prosegue per quel sentiero che sarebbe dovuto diventare uno squarcio nella sua memoria e invece è tornato a essere il punto d'inizio e la fine; non dice nulla, ormai la parola è diventata superflua.
Vorrei rispettare la sua volontà, ma non posso. Non può finire così, con questo silenzio:
“Il nome...” grido lasciando che il vento amplifichi il suono della mia richiesta e la conduca fino alle sue orecchie. “Ti prego, dimmi almeno il tuo nome”
Si ferma e volta il capo leggermente indietro. I suoi folti capelli le coprono il viso.
“Il mio è Daniel!”
Sorride e muove le labbra. Una forte raffica di vento si fa spazio nella strada e copre quello che doveva essere il fonema del suo nome.
Chiudo per un attimo gli occhi, infastiditi da quell'improvvisa folata, e avanzo di qualche metro.
Quando li riapro scruto la ragazza che corre lontano immergendosi nell'oscurità della notte.
Un insolito senso di malinconia si impadronisce di me, sembra quasi che ella abbia portato via con sé una parte di me. Ma forse questa è solo la mia egocentrica impressione.
Ormai non ha più senso restare qui fermo ad attendere chissà quale miracolo, chissà quale stravolgimento.
Sospiro e raggiungo la macchina. Di nuovo quella sensazione mi divora l'animo.
Non devo pensarci, devo restare concentrato per poter tornare a casa e soprattutto devo restare sveglio: questa conversazione mi ha distrutto fisicamente e spiritualmente.

Passano alcuni minuti e finalmente riconosco la strada e proseguo senza problemi fino a raggiungere casa.
Entro cercando di non fare rumore, l'ultima cosa che voglio è svegliare gli altri. Mentre raggiungo la mia stanza avverto di nuovo quella sensazione non classificata. Mi sdraio sul letto e chiudo gli occhi cercando di svuotare la mente e rilassarmi ma invano.
Tengo gli occhi chiusi ma non mi addormento: tutte queste immagini, pensieri e ricordi scorrono ancora precisi nella mia mente, bussano alla porta della mia immaginazione, fanno intorpidire il mio cuore colmo di impulsi.
E di nuovo emerge quel suono... ma questa volta nella mia testa: sussulta con insistenza, come se volesse prendere di nuovo il volo, seguire le correnti delle onde sonore.
Vuole vivere.
Apro gli occhi e mi tiro su anche se con fatica: il corpo si sta ribellando ai miei comandi infatti sta accogliendo il fastidio e la stanchezza, ma il mio istinto da scrittore è più forte e mi spinge a sopportare, a prendere carta e penna per incidere quel continuo battere.
Riempire la carta con il suono: sembra assurdo, eppure è questo il compito di un musicista.
In questa notte nuvolosa affogo nella memoria di un battito, attorno a me non esiste altro: nessun suono, nessuna presenza. Siamo soltanto io e il foglio. Ovviamente la natura è più forte dello spirito di un uomo e così mi ritrovo costretto ad abbandonarmi al sonno e alla sua cura.

Ma prima che possa addormentarmi profondamente sento nella testa l'eco di un nome.
Il suo nome.

 

È un raggio di sole a svegliarmi, cosa alquanto strana dato che solitamente sono Kyle o Will a inventarsi strani trucchi per condurmi alla sveglia.
Trascino con fatica il corpo giù dal letto e noto un bigliettino vicino al comodino:

Per questa volta ti abbiamo lasciato dormire, ma non vuol dire che appena ti vedo ti risparmio la ramanzina. Will

Sorrido e mi avvio verso il bagno: è da due giorni che non mi cambio e la cosa è imbarazzante e alquanto preoccupante.
Dopo una doccia calda e rigenerante mi precipito in camera e raggiungo il guardaroba per scegliere il look del giorno, per modo dire. Devo dire che sono molto scialbo nel modo di vestire.
La prima maglia che ho pescato è quella dei Ghostbusters, una delle mie preferite, poi ho preso il primo paio di jeans sotto tiro.
Sto per raggiungere la sala quando tre starnuti mi obbligano a fermarmi. Fantastico! Mi sono preso il raffreddore! Ma non dovrei stupirmi, dato che sono stato sotto la pioggia per quindici minuti abbondanti.
Così mi sono trovato costretto a indossare nuovamente la mia fedele felpa grigia: sono molto affezionato a questo capo, pur essendo una semplice felpa. L'avevo comprata qualche anno prima ad un mercato vicino casa mia e avevo usato la mia paghetta guadagnata con fatica e sudore, insomma è stato il mio primo vero acquisto.
Mai avrei detto che sarebbe stata con me in così tante occasioni ed eventi: la prima esibizione come Bastille, il Leeds Festival, il furto della mia pianola, la mia prima festa da sobrio e altre ancora...
In questa felpa i fili di cotone si sono intrecciati a tanti ricordi, il mio impegno e le mie lacrime sono diventate le sue fibre, quando la avvicino al mio volto aspiro tanti odori diversi, come se questo tessuto assorbisse le fragranze che mi circondano: la polvere del palco, il sudore delle mie mani quando suono la tastiera, l'arsura delle luci che si concentrano su di noi e l'esaltazione del pubblico quando salta insieme a me e tante altre.
Esco dalla stanza e trovo Kyle seduto sul divano intento a leggere mentre Woody e Will discutono. Quando finalmente si accorgono della mia presenza, esultano e intonano un coro da stadio.
“Era ora! Credo che tu non voglia sapere quanto hai dormito” si lamenta Will incrociando le braccia.
“In realtà sei tu che non vuoi sapere quanto abbia realmente dormito questa notte” scoppio a ridere e mi avvicino al divano per potermi sedere accanto a Woody.
Will inarca il sopracciglio, è apparentemente curioso.
“Cosa stai tramando?” chiede Kyle, precedendomi e occupando il mio posto, per poi socchiudere gli occhi e allungare le labbra in un sorriso così largo da farmi scappare una risata. Kyle è molto espressivo e certe sue facce mi fanno sempre morire dal ridere.
“Ho scritto una canzone. Certo, bisogna perfezionarla però ho già in mente buona parte della melodia”
Tutti sgranano gli occhi e si esibiscono in una standing ovation con tanto di inchini e di borbottii tipici dei critici.
“Che simpatici...” cantileno per poi scuotere il capo.
“Fammi indovinare... è dedicata alla ragazza che non esiste?” domanda Woody, un istante dopo si scusa per essere stato poco delicato.
Annuisco, non dando troppo caso al parere di Woody. Gli altri si scambiano sguardi d'intesa.
“Perfetto! Non vedevo l'ora di lavorare” esclama Kyle facendo scrocchiare le dita.
“Oggi ci concentriamo più sull'acustica. Will vai a prendere la chitarra!”
Will cerca di nascondere il suo entusiasmo ma la luce dei suoi occhi lo incastra, come sempre.
“Per il momento mi arrangio con quello che ho, tanto la parte della batteria si può definire anche dopo...”
“In realtà Woody le percussioni sono la parte più importante.” gli confesso senza nascondere l'esaltazione.
“Davvero? E come mai?” mi chiede stupito.
Mi volto a guardare la finestra e sorrido.

“Rappresentano il suo cuore palpitante...”

 

 

Perché il cantante?
Sinceramente, non lo so. Forse perché considero la musica un'arte per interagire con gli altri, per narrare un racconto diverso dai soliti scritti su carta: la voce e il suono degli strumenti danno una forma più concreta alla storia, la rendono viva.
Credo che quando si ascolta una canzone si diventi protagonista di un mondo astratto e misterioso che dura solo poco più di tre minuti; eppure in quei piccoli minuti ogni cosa diventa più bella.
Che tu sia in compagnia o in solitudine, esposto in piazza o nascosto sotto le coperte, seduto in autobus o al cinema, essa ti accompagna, diventa la tua partner, ti rende partecipe della sua meravigliosa esistenza.
Ho scelto di essere un cantante per questo, condividere con il mondo i doni che la musica mi ha fatto, far sentire alle persone una melodia piacevole che potesse rassicurarli, coinvolgerli e, chissà, magari ispirarli.
La musica è commerciale, dicono. Non sono d'accordo... certo, ovviamente l'ambito musicale consiste nel rapporto vendita-acquisto, però credo che vi sia molto di più che un contratto e il mercato: è qualcosa di più profondo. Perché quando scrivi, indipendentemente dal tema che tratti, c'è sempre qualcosa che ricorda te stesso anche se pur accennato.
La musica può unire, creare un saldo legame. Così è successo a noi.
Woody, Will e Kyle sono speciali: sono la mia famiglia, i miei migliori amici, compagni di tour e di strumenti, sono coloro che mi convincono a dare il meglio di me.
Se sono arrivato fin qui è solo grazie alla loro presenza, alla loro fiducia, alla loro passione.
Perché ho scelto di fare il cantante?
No, non è stata una scelta, ma un desiderio... io voglio essere un cantante.
“Dan? Per una volta riesci a stare con la testa sulle spalle?”
In un secondo il buio sparisce e torno a vedere la stanza e tutto ciò che mi circonda. Già, stiamo scrivendo la canzone. Sorrido.
“Scusa Will... stavo pensando a quanto voi siate importanti per me. Sono veramente contento e orgoglioso di essere vostro compagno”.
Per un attimo tutto sfocia nel silenzio. Mi rendo conto dai loro respiri bruscamente interrotti e dai movimenti fievoli delle loro labbra che sono stupiti e imbarazzati.
“Ma senti questo, non cominciare a fare il romanticone altrimenti rischio di innamorarmi” Kyle distrugge quest'atmosfera imbarazzante e poi mi cinge le spalle con il braccio, scuotendomi un po'.
Woody si appoggia con le braccia sulla mia testa mentre Will si limita a sorridere.
“Anche noi ti vogliamo bene, scemo. Ma adesso dobbiamo mettere da parte queste smancerie e concentrarsi per concludere questa maledetta
canzone.”

“Non capisco come tu abbia la fidanzata”chiede Woody scuotendo il capo.
“Già... come fa a sopportarti?”
“Faccio cose che con voi non farei mai” puntualizza strizzando l'occhio a Kyle. “Forza, riprendiamo altrimenti Dan si offende” conclude il nostro bassista.

“Guardate che siamo già a buon punto. Sono state due settimane produttive: la musica c'è, il testo pure dobbiamo solo sistemare i cori, la parte finale e provare!” affermo mentre sistemo gli spartiti e le bozze.
“La fai facile tu. Guarda che i cori sono importanti!”
“Solo perché li fai tu, Will” mi piace provocare Will sui cori, ne va molto fiero.
“E non dimentichiamoci che nel finale ci serve un bel assolo di archi, bisogna chiamare le nostre “tre moschettiere”!” aggiunge Kyle.

“Dan, stavo pensando di aggiungere un ulteriore tamburo per dare più enfasi, potresti suonarlo tu”
Mi volto verso Woody e sorrido. Suonare le percussioni, dare ritmo a quel tamburo che mi ha fatto vivere quell'avventura: che ironia.
“Piuttosto...” continua Woody “...manca il titolo! Qualcuno ha qualche idea?”
Restano un attimo in silenzio a riflettere, li guardo divertito.
“Perché fai quella faccia? Guarda che è importante! Forza, sentiamo cosa vuoi utilizzare per questa canzone dedicata alla ragazza misteriosa che ti piace tanto!” dice Kyle agitando le mani per stuzzicarmi.

“Veramente avrei già scelto il titolo” annuisco.
“Senza consultarci? Questa è nuova! Deve piacerti proprio tanto!” esclama Woody sorpreso.
Abbasso lo sguardo sul testo mentre nella testa intono la melodia:
“Diciamo... che ho accolto l'ispirazione senza alcun timore”

 

~~~~~~~

Tempo fa mi è accaduta una vicenda strana e surreale, indescrivibile.
Non so spiegare perché sia successo, né perché sia stato scelto io. Che sia stata la mia fervida immaginazione, non lo so e credo che non lo saprò mai...
Quella notte però incontrai una ragazza che ha lasciato un segno indelebile nella mia mente e nel mio cuore. Mi ha insegnato la più grande delle lezioni: mi ha insegnato a vivere. Non potevo permetterle di svanire, così le ho dato nuova vita con la mia canzone.
Le percussioni riprendono il battito del suo cuore, lo stesso che mi ha portato da lei. Quel palpitare concitato era il suo grido, il suo desiderio di essere salvata.

Ciao, siamo i Bastille e oggi vi presentiamo un nuovo brano...”

É vero, a volte ho idee stravaganti.
Ma senza queste idee probabilmente non sarei qui. La loro stranezza riesce a confondere l'interlocutore, il loro mistero lo coinvolge nella realizzazione di una spiegazione logica. Da ogni parola ne scaturisce un'altra in un susseguirsi di interpretazioni, suoni e immagini. Questa è il significato di melodia, una melodia che io creo.
Grazie ragazzi, per avermelo fatto capire.
Non canto per la fama, per me stesso o per dimostrare al mondo che esisto... canto per gli altri, per raccontare una storia.
È così che mi vedo, un cantastorie. Quell'incontro è la dimostrazione che non devo celare i miei pensieri perché rischio di affogare in essi e diventare loro vittima; potrebbero esplodere all'improvviso e a quel punto non riuscirei a controllarli né a domarli e si dissolverebbero in un respiro.
Perciò ti ringrazio...
Mi hai salvato, come io ho salvato te.

Perché i nostri cuori si sono connessi, in un modo che la mente umana non potrà mai capire.
E finché suonerò questa melodia, finché avrò fiato per cantare queste parole, finché nella mia mente ripeterò il nome che egoisticamente ho affidato al ricordo di te,

saremo sempre connessi.

 

 

 

This is your heart

Can you feel it? Can you feel it?

Pumps through your veins

Can you feel it? Can you feel it?




 

Così si conclude "Her Name Is"
 

Ho riscritto alcune parti e migliorate alcuni dialoghi, spero vi piaccia!
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa storia,

ringrazio i Bastille per avermi ispirata e motivata.

Grazie di cuore

Spero con questo ultimo capitolo di avervi lasciato qualcosa.

Buona fortuna per tutto!
alla prossima,

Yume

 
   
 
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