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Autore: Anycolouryoulike    06/08/2015    1 recensioni
Tre piccole storie dedicate, come sempre, a Vincent van Gogh.
Un piccolo viaggio.
Il dolore e i suoi rimedi.
La libertà.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vincent.





Ho vissuto ogni linea che hai tracciato, ogni colore carico di pensieri, ogni sguardo di malinconia, ogni luna ed ogni stella.
Dal petalo giallo di un girasole a quello blu dell'iris più triste del fascio.
Ho annusato la tua paglia e vi ho poggiato sopra il capo dopo una lunga giornata di lavoro.
Ho fatto l'amore con ogni tua pennellata sotto ogni tuo cielo stellato.
Ho bevuto tanto al tuo caffè, ogni sera, fino a dimenticare il mio volto ma non tanto da dimenticare i tuoi.
Mi son persa nelle volute grigiastre del fumo della tua pipa, nei tuoi occhi illuminati dalle nuvole che coprono il sole.
Ho dormito nel tuo letto disfatto, poggiato i piedi sul parquet scricchiolante, ripulito le tue scarpe e messo in ordine la tua sedia preferita.
Ho visto il Giappone tra i rami del tuo mandorlo, ne ho indossato gli abiti e mi son persa in un fiumiciattolo tra le carpe.
Ho toccato il grano, l'ho sentito sotto il palmo della mano destra e poi l'ho portata al cuore per lo spavento. 
Solo un corvo, nulla di più.
Ho visto i cipressi al chiaro di luna, ho visto i cipressi sotto la luce del sole e ho pensato che avrei voluto che uno di loro mi seguisse con quel verde così profondo che non ritrovo in nient'altro.
Ho attraversato mille strade, mille campi, per poi ritrovarmi nella tua stanza, tra i soliti mobili, con la luce che cambia ogni minuto, e ti ho cinto la testa quando sulla tua piccola sedia di legno la trattenevi tra le dita sottili. L'ho stretta al petto e ho accarezzato i tuoi capelli rossicci bagnati da mille vernici.
Ti ho preso le mani che ti coprivano gli occhi e ti ho portato davanti ai miei ulivi preferiti e insieme li abbiamo visti contorcersi sotto un cielo azzurro.
Abbiamo seminato molti pianti solamente guardando un contadino al tramonto. Tra l'oro del grano e l'oro del cielo.
Ma l'oro della tua mente era il più splendente.
Io amo il verde, Vincent, e amo te.
Il verde è il colore della vita, il verde è il colore del tuo animo.
 
*****
 

Cinzia sbatte la porta di casa talmente tanto forte da far tremare la piccola lucina davanti ad essa e il suo cuore.
"Torna dentro! Cinzia!"
Un'altra porta che sbatte, questa volta la portiera della macchina, e poi lei che si allontana contando quanti lampioni accesi sta superando.
Le piccole lucine della notte come palline sfocate le danzavano davanti agli occhi, come immerse in un ritmo silenzioso che la trascina sempre più lontano.
Sempre una lucina in più.
Accende la radio, abbassa il finestrino lasciando che la notte le scompigli i capelli.
'...non c'è niente di più altruista che amare le persone, e quindi chiediamo ai nostri ascoltatori della notte di dirci cosa ne pensano! Siete innamorati? Cosa state cercando?'
Cinzia continua a guidare con una sola mano mentre l'altra passa freneticamente dallo stringere i capelli ad asciugare le lacrime.
-Cosa c'è di altruista in un cuore spezzato?- 
Pensa mentre il telefono vibra per l'ennesima chiamata.
La radio ora trasmette una vecchia canzone d'amore e Cinzia non può fare altro che chiudere gli occhi e provare a non ascoltare.
C'è un alto rischio che il proprio cuore venga calpestato, ma la gente si innamora ogni giorno perché c'è sempre la speranza che le cose vadano meglio.
Altre lucine attaccate nel retro delle palpebre chiuse di Cinzia con la notte tra i capelli.
Altre lucine e poi più nulla.
*
Non vorrei che tu mi vedessi così, ombra di me stesso. Nascosto dietro le tapparelle calate di una bettola, con una maglia logora sporca di sangue.
Se tu non mi avessi visto così ora probabilmente saresti ancora con me.
E gironzolo per casa trascinando i piedi sulle mattonelle, perdendomi in ogni spazio fra di esse.
Ma tu in questo modo non mi hai mai visto, probabilmente non sei mai stato con me.
Starnutisco ed altro sangue mi cola sul mento. 
Prima avevo paura del mio sangue.
Ricordo quando da bambino caddi dalla bici e mi sbucciai un ginocchio. Svenni non per il dolore, ma per quella sostanza viscosa che si appiccicava sulla pelle.
Ora porto due dita alle labbra e le ripulisco strofinandovi sopra.
Mi siedo sul divano, indice e medio attaccati tra di loro non mi in fastidiscono anzi li porto alla narice destra mentre mi avvicino al piccolo tavolino difronte a me.
Mi accovaccio per bene e tiro un bel respiro che sa di sangue e di qualcos'altro.
Forse anche questa volta sa un po' di morte.
Quella morte bianca che ho visto quando ti ho incontrato e ho capito che in realtà tu non c'eri.
C'ero solo io.
Rialzo il volto lentamente massaggiandomi il naso.
Un altro piccolo respiro e la mia testa crolla sul piccolo tavolino.
*
Vincent ritorni a casa stanco portando sulle spalle quadri e pennelli, vendetta delle risate che ti porti dietro.
Chiudi la porta e il silenzio ritorna a dipingere il tuo volto.
Calca sulle rughe e sugli occhi spenti, sulle labbra spaccate e sulle occhiaie scure.
Ti siedi al tavolo in cucina e fissi il muro grigio dinanzi a te.
Lo stomaco brontola e le mani si contorcono tra di loro ma nulla accade, se non il grigio del muro della tua cucina.
Che cosa ti stai perdendo? 
La vita, una moglie, dei figli.
Ma qui c'è solo il grigio.
Ti alzi, ti fai spazio tra fogli e dolore fino alla tela e ai colori.
Prendi il tubetto giallo ed un pennello e scavalcando i mille quadri poggiati a terra raggiungi il letto rannicchiandoti su di esso.
"Voi almeno mi amate?"
Sussurri ma nessuno sembra voler rispondere così stringi il tubetto giallo e lo avvicini alla bocca, lasci che ti inondi fino allo stomaco.
Dipingi le pareti interne e fiori gialli germogliano nel tuo stomaco, perforano anche i polmoni e fuoriescono dalla tua bocca.
E pensi che così va bene.
Così va bene.


 
*****
 
 
"Un giorno vorrei legarmi una pietra al piede e poi andare a mare. Non mi vedreste più."
"Ma tu non hai mai visto il mare."
"Uno di questi giorni..."
Ti vedevo passeggiare per le strade del paese con lo sguardo rivolto al cielo.
Quanto sarebbe stato facile annegarvi dentro. Lasciarsi trasportare su dalla schiuma delle nuvole, prendere l'odore del vento e spalmarselo addosso con le foglie e la polvere, i moscerini e le api.
Dondolare tra le stelle, lasciarle fluttuare intorno a te mentre la camicia si gonfia e senti le scarpe scivolare via.
Guardavi il cielo fino a quando non ti richiamavo.
"Vorrei tanto vedere il mare."
Solamente un sospiro, una boccata di fumo dalla tua pipa e gli occhi azzurri fissi nei mei.
"Vorrei tanto poterti portare a vedere il mare."
Passeggiavi nei campi tornavi a casa e steso sul tuo piccolo letto fissavi le pareti azzurre con la testa immersa nel colore, ti risvegliavi dopo ore passandoti una mano sul viso con la speranza di ritrovarti il volto bagnato e la salsedine agli angoli della bocca.
Ma dopotutto non sapevi neanche cosa fosse la salsedine.
Qualche volta passando per casa tua ti lasciavo dei fiori azzurri sul tavolo della cucina.
Mi ringraziavi con lo sguardo e poi passavi il tempo ad accarezzarne i petali fino a quando non si riempivano di grinze marroncine.
Allora chiudevi gli occhi e sospiravi.
"C'è anche del marrone."
Così andavi in giardino a sederti sulla terra bagnata.
Ma poi ricordo il giorno in cui sei andato via.
Ti vedevo camminare verso i campi con passo lento e lo sguardo sempre rivolto verso l'alto.
Ti ritrovammo due ore dopo, annegato in un campo di grano, nell'oro e non nell'azzurro.
"Vado a trovare un mondo nuovo sotto l'oceano."
Non ti vedo da allora.

 
  
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