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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    06/08/2015    2 recensioni
[Yuuram][Tematiche Delicate]
- “Wolfram, posso entrare?”
Yuuri Shibuya restò in silenzio davanti alla porta della propria stanza, il pugno a mezz'aria dopo aver bussato appena; tese l'orecchio, cercando di percepire un qualunque movimento al di là di essa, un segnale che gli facesse capire l'assenso del temporaneo occupante al suo ingresso.
Ma tutto ciò che udì fu invece un singhiozzo e un lamento sofferente.
Il ragazzo sospirò, sfregandosi gli occhi: “Wolfram, entro.” annunciò, prima di abbassare la maniglia. -
[Partecipante al contest "Fragili E Meravigliosi Esseri Umani" indetto da En~Dark~Ciel sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Titolo: I'll Stand By You
Autore: SHUN DI ANDROMEDA/KungFuCharlie
Prompt: DEPRESSIONE
Fandom: Kyo Kara Maoh
Personaggi: Yuuri Shibuya, Wolfram Von Bielefield
Rating: Arancione
Generi: Drammatico, Sentimentale
Avvertimenti: Tematiche Delicate
Note (opzionali): OneShot. Wolfram

I'LL STAND BY YOU

“Wolfram, posso entrare?”

Yuuri Shibuya restò in silenzio davanti alla porta della propria stanza, il pugno a mezz'aria dopo aver bussato appena; tese l'orecchio, cercando di percepire un qualunque movimento al di là di essa, un segnale che gli facesse capire l'assenso del temporaneo occupante al suo ingresso.

Ma tutto ciò che udì fu invece un singhiozzo e un lamento sofferente.

Il ragazzo sospirò, sfregandosi gli occhi: “Wolfram, entro.” annunciò, prima di abbassare la maniglia.

All'interno della stanza vi era soltanto oscurità ma il Maoh sapeva come muoversi e – nel silenzio più assoluto – si fece strada fino al letto, seguendo anche il respiro irregolare del suo occupante: a tentoni, trovò l'interruttore della lampada sul proprio comodino e la accese, illuminando fiocamente una piccola parte della stanza ma abbastanza da permettergli di distinguere, col cuore in gola, le boccette di farmaci che circondavano l'abat-jour.

Le etichette erano ormai sbiadite e alcune erano perfino strappate, come se il responsabile non si fosse fatto problemi a usare perfino le proprie unghie: per terra, poi, c'erano i frammenti di vetro appartenenti ad un bicchiere spaccato, macchiati in più punti – notò Shibuya con un sussulto – di rosso.

Sentendosi improvvisamente stanchissimo, Yuuri si sporse a sfiorare la spalla del giovane disteso tra le coltri semistrappate e umide – sudore e lacrime sembravano una cosa soltanto – ma il suo tocco leggero non sortì l'effetto sperato, anzi.

Sotto ai suoi occhi, Wolfram Von Bielefield ebbe un sobbalzo, rantolò come ferito e si trascinò nell'angolo più estremo – la coperta drappeggiata sulle spalle e sulla testa a mò di protezione e il viso nascosto dai ciuffi lasciati cadere incolti e sporchi sulla fronte sudata – come a voler cercare scampo da lui, come se lo avesse identificato come un nemico dal quale fuggire.

Quella reazione crepò il cuore di Yuuri: se fino a poco tempo prima la presenza del Maoh rasserenava e portava tranquillità al giovane consorte reale, ora ogni cosa, ogni persona era un nemico da cui scappare.

Non vi era lucidità nei suoi gesti, solo irrazionale e puro terrore dettato da un'oscurità maligna che gli ottenebrava la mente, lasciandolo prostrato e indifeso, alla mercè della propria mente senza più alcun controllo sulla propria percezione della realtà.

Yuuri non ricordava neppure più come le cose fossero iniziate ma, all'improvviso, ogni gesto, ogni parola, scatenava in Wolfram crisi incontrollate: sempre più spesso, egli tendeva ad isolarsi, ad allontanarsi da loro, prigioniero di un'ossessione che gli stava avvelenando l'anima; poi erano giunti gli attacchi di panico, momenti in cui il biondo smetteva di respirare dopo esser caduto vittima di convulsioni che gli rendevano il vivere impossibile.

E poi quelle parole tra le lacrime, le confessioni a mezza voce di un desiderio di morte che nessuno riusciva a comprendere fino in fondo ma che aveva devastato chiunque fosse a Von Bielefield legato dal filo dell'affetto e del rispetto.

Wolfram che, nonostante tutte le difficoltà, aveva vissuto al massimo ogni momento della propria vita, ora desiderava più di ogni altra cosa di porvi fine in maniera violenta, come se un ipotetico dolore potesse mondarlo da chissà quale peccato.

Yuuri le aveva sentite molte volte, non passava giorno senza che gli giungessero all'orecchio: a volte, erano attutite dal pesante cocktail di farmaci che lasciava il Mazoku prostrato e perennemente in uno stato di dormiveglia ma ogni parola faceva male come una pugnalata al cuore.

Il Maoh ricordava - come se fosse passato soltanto un giorno – il momento in cui aveva deciso che no, da soli non potevano farcela, ricordava con dolorosa intensità l'istante in cui aveva compreso che, in quel modo, presto avrebbe perso Wolfram e questo non poteva permetterlo.

Nella piccola e tranquilla villetta dove era cresciuto, si era detto, avrebbero potuto trovare una soluzione a quella situazione paradossale.

Wolfram aveva scalciato, urlato, Yuuri lo aveva visto infliggersi staffilate di dolore con le unghie appuntite mentre il sangue scorreva senza posa; perso nel suo delirio fatto di lacrime, il giovane Lord aveva implorato Shinou di strapparlo alla vita e dargli la pace.

Ma che pace poteva mai essere quella, lontana dalla sua famiglia, dai fratelli con i quali si era riavvicinato col tempo?

Yuuri non lo sapeva ma in quel momento giurò a sé stesso una cosa: non importava quanto tempo ci fosse voluto, quanti sforzi, non gli importava di crollare esausto, lui avrebbe fatto tutto quanto era in suo potere per restituire la serenità a quella persona per lui così importante.

Con la forza di volontà inesauribile che lo contraddistingueva, il più giovane dei fratelli Shibuya aveva preso sulle proprie spalle la vita del fidanzato, disposto ad ogni cosa per stargli accanto e lottare al suo fianco.

Ed erano così iniziati i lunghi travagli di medicine ingoiate, sputate, di violenti attacchi che si placavano soltanto con massicci sedativi; eppure, nel dramma che stavano vivendo, Yuuri Shibuya non aveva perso neppure per un momento il proprio ottimismo.

Non aveva versato mai una lacrima, il sorriso perennemente dipinto sul volto – sincero come non mai mentre tergeva la fronte sudata del fidanzato preda dell'ennesimo delirio – in una maschera di serenità che voleva essere il faro nella nebbia, la luce guida fuori dall'oscurità.

A lunghe notti faticose si alternavano le dolorose terapie di un Rodriguez che non si risparmiava a propria volta nel tentare di curare le profonde ferite del cuore di Von Bielefield.

Depressione, aveva diagnosticato il medico con voce esausta.

Affronteremo anche questa, aveva risposto il Maoh, determinato come non mai.

“Non ti lascerò solo, te lo prometto.” mormorò il Maoh, inginocchiandosi accanto al letto sfatto e allungando una mano verso il cumulo tremante di coperte, sorrideva anche in quel momento: “In qualche modo ne usciremo, se ti fiderai di me...”.

“...Yuuri...” pigolò Wolfram dal suo giaciglio di coperte, una reazione improvvisa e inaspettata, che però riempì il cuore del Maoh di una speranza fresca e prorompente come le onde del mare all'alba: “Sono qui, Wolfram.” disse lui con voce il più possibile ferma e serena.

“Perchè... Perchè fa così male...?” rantolò il Mazoku: “P-Perchè h-ho paura...?” chiese ancora.

Shibuya sussultò, rendendosi conto dell'immensa fragilità del compagno in quel momento: non avrebbe mai ammesso una cosa del genere, in condizioni normali, anzi, avrebbe fatto l'impossibile per non far trasparire nulla; sentirlo così disperato e indifeso era sconvolgente.

D'istinto, Yuuri si gettò sul materasso e allungò la mano nel cumulo di trapunte, riuscendo infine ad allacciare le proprie dita a quelle di Wolfram: “Questo calore ti fa paura?” chiese il Maoh con tono serio mentre cercava di non pensare troppo ai lamenti di Von Bielefield che – pur senza forze – cercava convulsamente di staccarsi da lui, “Hai paura di me, Wolfram?” domandò ancora, scrutando nel buio con i suoi grandi occhi scuri e gentili.

Da qualche parte, il biondo Mazoku si lasciò sfuggire un mugolio, che però Shibuya interpretò come un diniego – doveva essere così, altrimenti le cose sarebbero state molto più difficile se Wolfram lo avesse rifiutato fino a quel punto -, ma smise di divincolarsi.

“Senti dolore e hai paura, lo capisco.” continuò, con tono più dolce: “Rodriguez ha detto che sarà una strada lunga e difficile, ma ti prometto che non ti lascerò solo. Puoi fidarti di me?”.

“T-Ti ho deluso, Yuuri?” la domanda del consorte reale giunse violenta come un pugno nello stomaco ma il sovrano resse il colpo aumentando la stretta sulla sua mano: “No. Non pensarlo neppure per un attimo.” replicò d'istinto il ragazzo, “Ascoltami, non è colpa tua, lo capisci?”.

Von Bielefield restò un attimo immobile, poi da sotto la trapunta si distinse un inconfondibile cenno di assenso: “Siamo una famiglia, qualunque errore lo si risolve insieme, qualunque cosa brutta la si affronta assieme. Funziona così. Non sei costretto a combattere con le tue sole forze.”.

Il silenzio che ne seguì fu quasi insopportabile, ma infine gli sforzi del Maoh ebbero i suoi frutti, perchè – pur se lentamente – quel cappuccio improvvisato cadde e, spaventosamente sfatto e dimagrito, dal buio riemerse Wolfram, i grandi occhi azzurri lucidi come mai li aveva visti e simili a due pozzi di disperazione senza fondo: “Guarda che capelli.” cercò di sorridere Yuuri, accorgendosi di avere il respiro mozzato e il cuore in gola, “Dobbiamo sistemarteli.” aggiunse, allungando la mano ancora libera per accarezzarglieli.

L'altro ebbe un sussulto ma non si spostò, permettendogli di toccarlo: una novità, dal momento che non gli era stato più possibile farlo da mesi.

“Starò al tuo fianco fino alla fine.” ripetè Yuuri: “Non importa quanto ci vorrà ma guarirai, te lo prometto. E poi torneremo a casa, assieme.” sussurrò, un leggero bacio sulla guancia a suggellare quella promessa.

Per la prima volta da quando erano giunti sulla Terra, Wolfram sbuffò – con un cipiglio che tanto ricordava quello che aveva in passato – e si strinse addosso la coperta: “Umpf, che sovrano rammollito che sei.” sussurrò, le loro mani ancora intrecciate tra loro.

Si preannunciava un nuovo inizio.

   
 
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