Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Sandra Prensky    06/08/2015    2 recensioni
Ahia.
L'unica cosa che sembrava avere un senso compiuto nel marasma che regnava nella sua testa. Non c'era un solo millimetro del suo corpo che non le dolesse, che non sembrasse andare a fuoco.
Qualcuno faccia smettere quel fischio, pensava. O era solo nella sua testa? Le lacerava i timpani. Voleva solo tornare nell'oblio, dove non avrebbe sentito tutto quel dolore. La sua mente era vuota, non riusciva a formulare dei pensieri di senso compiuto, ma non le importava. Non le importava sapere chi fosse, dove si trovasse, cosa ci facesse lì o cosa fosse successo. Voleva solo che tutto finisse.
Genere: Azione, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Scese dal treno, e si avviò verso la piazzola dove le avevano detto che sarebbe partito il pullman per... Non sapeva nemmeno lei dove, aveva preso il primo biglietto che le era capitato. La stazione di Philadelphia era gremita di gente che la spintonava da ogni parte. Stava scappando, come una codarda, e lo sapeva. Era rimasta ancora due settimane a New York, nell'appartamento di Steve, che senza di lui era inesorabilmente vuoto. Ogni tanto chiamava May per sapere come stava Clint. A quanto pare, continuava a chiedere di lei. Dopo quindici lunghi giorni, aveva deciso che non ce la faceva più. Non ce la faceva più a vivere in quell'appartamento sola con i fantasmi di Steve Rogers, non ce la faceva più a convivere con il desiderio di andare a trovare Clint. In più, May le aveva detto che l'agente Barton si era ristabilito. Aveva preso un treno, ed era partita, pienamente consapevole che questa volta non ci sarebbe stato Captain America a fermarla. Era combattuta su due fronti. Da una parte era felice che Clint chiedesse di lei e non di Laura... Era una vittoria personale, seppur piccola. Dall'altra, era spaventata. Perchè chiedeva di lei? Il suo nome era la prima cosa che aveva pronunicato appena sveglio. Il progetto TAHITI non aveva forse funzionato come avrebbe dovuto? Non voleva che Clint tornasse a essere angustiato dagli incubi, dal maleficio di Loki. E non aveva visto altra soluzione, se non andarsene e aspettare che lui si dimenticasse di lei, passando il tempo con Laura e i figli. Non aveva trovato un altro modo per proteggerlo. E poi, ormai, New York le evocava solo brutti ricordi, ovunque girasse. Sarebbe stato meglio per tutti se lei se ne fosse andata, magari avrebbe trovato un lavoro da qualche parte come Natalie Rushman, anche se ormai dopo tutti le vicissitudini con gli Avengers la copertura era quasi completamente saltata. C'era di buono che però erano gli altri Avengers a catalizzare più l'attenzione delle masse, e non capitava troppo spesso che qualcuno la riconoscesse. Un modo per vivere l'avrebbe trovato, come aveva sempre fatto. Aveva ripreso la sua vecchia valigia, le sue poche cose e detto addio all'appartamento di Steve e a New York, non dimenticandosi di passare da Melinda, per ringraziarla. Si sarebbero comunque sentite, come avevano fatto spesso. May non approvava che lei partisse... Ma non era una sua scelta.

"Non fare niente di stupido, Nat."

"Niente che non faresti tu, Mel."

"Lo sai che odio quando mi chiami così."

"Più di quando ti chiamano Cavalleria?"

"Okay, forse un po' meno."

"Porta i miei saluti a Coulson."

Non c'erano mai state tante parole tra di loro, non ce n'era bisogno. In più, nessuna delle due era particolarmente logorroica.

L'autobus arrivò, con mezz'ora di ritardo. Sbuffò, e si costrinse ad alzarsi dalla panchina sulla quale era riuscita a trovare posto dopo diversi minuti passati seduta sull'asfalto della stazione. Si trascinò svogliatamente in direzione del pullman. Sentì i motori accendersi. Fantastico, mezz'ora di ritardo e nemmeno stava tanto ad aspettare. Allungò il passo, facendosi largo tra la folla, e stava per raggiungerlo quando sentì una mano posarsi sopra la sua spalla e tirarla indietro. Lei si girò, scocciata, pronta a dirne quattro a chiunque le stesse facendo perdere tempo. E invece ammutolì, trovandosi a fissare un paio di occhi azzurro-grigi.

"Sei una persona molto difficile da trovare, lo sai Vedova Nera?"

Quello era un colpo basso. Non poteva usare la prima frase che le avesse mai rivolto, non ora, era sleale. Però se la ricordava ancora... Come lei si ricordava la sua risposta. "Talmente difficile da far esasperare le organizzazioni americane a tal punto da mandare Robin Hood a fermarmi.". Erano passati tanti anni... Quanti, dieci? Cosa era rimasto della Natasha di allora nella ragazza dai capelli rossi in camicetta, jeans e Converse nere che al momento era immobile davanti allo stesso arciere di dieci anni prima? Poco o niente, forse. Solo il passato. Nemmeno gli incubi erano gli stessi di dieci anni prima. Si morse il labbro. Perchè Clint era lì? Non capiva che rendeva solo le cose più difficili a entrambi? Lei non poteva permetterglielo. Represse il desiderio di rispondere come dieci anni prima. Non doveva fargli capire che se lo ricordava ancora come fosse il giorno prima... Sentì l'autobus dietro di loro partire. Dannazione, il pullman... Raccolse tutta la freddezza che sapeva di poter ostentare.

"Beh, ho perso l'autobus. Spero che tu abbia raggiunto il tuo scopo... Ora dovrò aspettare il prossimo."

"Non andartene." Il suo tono, quasi supplichevole, era un colpo al cuore. Come se per lei non fosse già difficile recitare la parte della regina dei ghiacci dopo che lui le aveva salvato la vita, dopo aver passato due settimane accanto al suo letto mentre era in coma.

"Non otteniamo sempre quello che vogliamo, Clint. E tu non puoi impedirmelo." Sospirò. "Non dovresti nemmeno essere qui, torna da Laura e i bambini. Avranno sentito la tua mancanza, in questi ultimi tempi."

"Non ti stanchi mai di fingere di non provare sentimenti, Natasha?" Adesso il suo tono era diventato rassegnato, quasi... Triste. Sembrava quasi che provasse pena per lei... Lei scosse la testa, facendo finta di ignorare ciò che le aveva appena detto.

"Se non ti dispiace, dovrei andare a prendere un nuovo biglietto per un autobus, visto che grazie a qualcuno ho perso l'ultimo. Ti auguro una buona giornata, Clint." Senza aspettare una risposta, gli diede le spalle e iniziò a camminare di buon passo verso la biglietteria.

"Nat, aspetta!" Lo sentiva chiamare, ma continuava imperterrita a camminare e accelerare il passo, decisa a mettere quanta più distanza possibile tra di loro. Poi lo sentì pronunciare quelle parole, quelle maledette due parole.

"Ti amo." Colpita. Colpita e affondata. Natasha non fermarti, vai avanti. Ma non riusciva ad ascoltare la vocina dentro la sua testa. Si fermò, paralizzata, e chiuse gli occhi. Una tempesta di emozioni contrastanti si scatenò dentro di lei. Non doveva permetterglielo, Loki sarebbe tornato, lui aveva una famiglia anche se falsa, per loro non c'era un futuro... Però non desiderava altro che sentirsi dire quelle parole. Lo sentì avvicinarsi, piano, e si girò verso di lui.

"Come hai detto?" La sua voce ora era flebile, poco più di un sussurro.

"Ho detto che ti amo. Non è forse così?" La guardò, quasi a chiedergliene conferma. "Sai, ho passato mesi a sognare quasi ogni notte di stare con te, di vivere con te, di baciarti. Poi mi risvegliavo nel letto, di fianco a Laura, e mi chiedevo cosa ci fosse che non andava in me. Insomma io amavo lei, eppure ogni notte comparivi tu. Continuavo a domandarmi perché mi desse tanto fastidio sapere che tu abitavi con Rogers. Sono dovuto finire del mezzo di un esplosione e poi in coma, per capirlo. Quelli che vedevo ogni notte non erano sogni, erano ricordi. Mi ci è voluto del tempo per capire cosa fosse successo, cosa mi aveste fatto. Poi, ho pensato al progetto TAHITI, e ho ricordato tutto. L'incantesimo di Loki, l'effetto che aveva avuto su di me. Coulson ci aveva avvertiti che il progetto era ancora difettoso, in effetti. A quanto pare, era solo questione di tempo prima che ricordassi tutto... Prima che mi risvegliassi sapendo che il nome della donna che amo non è assolutamente quello inciso sull'anello che portavo al dito fino a qualche giorno fa."

Lei abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro, senza avere la più pallida idea di cosa fare. Si ritrovava completamente senza difese. I suoi capelli scivolarono lievemente in avanti, frapponendo una barriera rossa tra lei e lo sguardo di Clint. Sospirò. Lui ricordava tutto, non aveva più senso fingere ormai.

"Non avevamo altre soluzioni... Volevo solo proteggerti. Non era previsto che tu ricordassi niente di tutto ciò che era successo... Di noi due." Mormorò alla fine. Sentì la mano di lui scostarle dolcemente i capelli dal viso, per poi percorrere il profilo di esso fino ad arrivare al mento, costringendola ad alzare lo sguardo su di lui.

"Come pensi che avrei mai potuto dimenticarlo?" Disse lui in un sussurro. Il viso di Clint era molto più vicino al suo di quanto lei avrebbe dovuto permettere, ma era come paralizzata, non riusciva a muoversi. La stazione affollata di Philadelphia era sparita, in quel momento c'erano solo lei e Clint, c'era solo la mano di lui ancora sul suo viso, c'erano solo le loro labbra che si avvicinavano sempre di più. Chiuse gli occhi e avvertì la bocca di Clint adagiarsi dolcemente sulla sua, una mano che si intrecciava nei suoi riccioli rossi, l'altra sul suo fianco a tirarla. Questa volta non lo stava immaginando, lui era vero, ed era lì, con lei, a stringerla tra le sue braccia, a baciarla, come se gli ultimi due anni non fossero mai esistiti, come se non fosse cambiato niente da quando si erano incontrati sul pianerottolo davanti al suo appartamento dopo la caduta dello SHIELD. Si strinse a lui come se mai l'avesse lasciato lui se ne sarebbe andato di nuovo. Le era mancato come l'ossigeno, se ne rendeva conto pienamente solo ora. Fu lei a separarsi per prima, per prendere aria e perchè voleva guardarlo di nuovo in quegli occhi di cui lei si era innamorata dieci anni prima, per accertarsi che fosse vero, che non stesse solo sognando. Lui, con la fronte ancora appoggiata sulla sua e la mano ancora intrecciata nei suoi capelli, le sorrise.

"Ti amo anche io." Le parole le sfuggirono di bocca, ancora prima che lei si accorgesse di averle pensate, quelle due cinque lettere rimaste segregate per anni nella parte più nascosta di lei. Lui la osservò, quasi divertito.

"La Vedova Nera innamorata. Chi l'avrebbe mai detto." Sussurrò, scherzoso. Era felice come non lo vedeva da anni, come non lo aveva visto nemmeno con Laura.

"Non mi costringere a rimangiarmelo, Barton" Mormorò lei con un sorrisetto. Anche lei si era dimenticata come fosse davvero, essere felici. Lui rise, e la avvicinò di nuovo a sè, per baciarla un'altra volta.

Lei si rese conto di non essere mai stata tanto contenta che un autobus fosse in ritardo.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Sandra Prensky