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Autore: Tei Sukone    06/08/2015    2 recensioni
La brezza fresca di ottobre incominciava a sentirsi. Rin sentì il vento spostarle i capelli e sospirò, vagando nella strada buia senza una meta. Si sentiva uno spettro anche lei. Tutte le notti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Miku Hatsune, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Spectrum

Respingerti via quando vorrei averti.
Bramare un'incertezza per ingannare la verità.
Lentamente la tua rete mi ha catturata,
il tuo cuore mi ha avvelenata.
Non ti lascerò più andare.
Quella notte, come le altre, era insonne.
Non c'era spazio per il sonno di Rin nemmeno stavolta.
La bionda si girava e rigirava, contorcendosi nel suo stretto letto, cacciando prepotentemente le lenzuola color glicine con i piedi scalzi. Per l'ennesima volta aprì gli occhi blu, imprecando con lo sguardo, osservando nell'oscurità la sua squallida stanza, illuminata dai deboli bagliori della luna piena. Contemplò prima l'armadio con le ante stracolme di stickers fosforescenti, che emanavano una lieve luce fiacca, poi passò alla scrivania, in cui vi regnava il caos, tra migliaia di CD, quadernini e carte di caramelle consumate.
Sempre con attenzione, osservò poi il muro dei posters: nel primo riconosceva la figura di se stessa, con un vestito bianco-nero ornato con orli e fiocchi gialli, i biondi capelli raccolti in due codini, due fiocchi bicolore come il vestito, una particolare chitarra in mano, e sotto la scritta MELTDOWN a caratteri cubitali e dorati. Sorrise, fiera del suo portamento e della sua canzone, per poi concentrarsi sul manifesto accanto, in cui vi erano cinque ragazze, tra cui lei, in vestiti molto succinti e provocanti. La grande scritta bianca DIVINE DIVA spiccava più fra tutto.
Vi erano altri poster più piccoli, dei suoi amici cantanti, e poi un'altra metà del muro, completamente spoglia, tranne per dei piccoli pezzi di carta rimasti attaccati dallo scotch, suggerendo che un tempo quel pezzo di parete era ricco e gioioso. Ora, invece, era vuoto e morto, proprio come lei.
A quel punto Rin ebbe un sussulto. Come ogni sera, da due anni, era arrivato il momento in cui il suo spettro si faceva vivo, tenendola insonne e incapace di scappare da quel dramma che puntualmente si veniva a creare. 
Ma quella volta la ragazza non voleva che fosse così anche quella notte e, impulsivamente, si alzo dal letto, indossò delle semplici scarpe estive, e, sopra la camicia da notte, un lungo cappotto, per poi uscire, assicurandosi di non fare rumore per svegliare la madre, nonostante non fosse così importante uscire alle due del mattino. 
La madre non è mai stata tanto severa con lei; non ci sono mai state rigide regole in famiglia. Forse era difficile per una madre divorziata crescere due figli?
Rin se lo chiedeva sempre ma, nonostante riuscisse a percepire emozioni e sentimenti, per lei era tutto sempre così freddo e vuoto. Non era adolescenza, non era maturità. Era solo un brutto scherzo del destino. Un amore ormai perso, destinato ad essere condannato.
La brezza fresca di ottobre incominciava a sentirsi. Rin sentì il vento spostarle i capelli e sospirò, vagando nella strada buia senza una meta. Si sentiva uno spettro anche lei. Tutte le notti.
 In una strada presa a caso, si imbattè in un manifesto familiare: un'esile figura con un lungo vestito rosso e nero, la chitarra elettrica in mano e un'espressione al volto di rabbia e malinconia. Rin non si aspettava che la sua canzone, The Worst Carnival, fosse ancora in circolazione, dopo tre anni. Il manifesto era nuovo di zecca, e apprezzava il fatto che la sua nuova carriera da solista andasse a gonfie vele. Si era fatta una nuova vita, inconsapevole che lei era morta proprio quel giorno di due anni fa.
Per sua fortuna le strane erano vuote, ad eccezione di qualche macchina o qualche animale randagio che passava. Fermandosi davanti un'edicola, la copertina di una rivista la fece impallidire in un secondo. Non poteva sopportare quella vista; lei, in abito nero che dava le spalle, mostrando una farfalla viola sua spalla destra, il suo fianco e il suo polso stretti da due mani familiari, come il resto del secondo individuo sullo sfondo bianco della copertina. Non impiegò tempo nemmeno per leggere il titolo viola della canzone che conosceva assai bene, dileguandosi in un attimo, scappando per non ricordare.
Rin prese subito dopo il telefono e chiamò Miku, una delle sue amiche più care, ma che non sapeva niente di ciò che stava passando. Dopo una conversazione tra una disperata Rin che chiedeva aiuto e una Miku molto allarmata, la bionda convinse l'amica a raggiungerla al ponte della città, che veniva vicina ad entrambe, nonostante l'azzurra fosse poco convinta. Chiusa la telefonata, e posato il telefono, era di nuovo buio e Rin scoppiò a piangere. Essere uno spettro era diventato qualcosa di spaventoso.
"Sarò stata convincente a dirle che ho semplicemente litigato con lui?". Si chiese Rin, inginocchiata a terra, nella strada, fissando il vuoto. Era chiaro che lei non volesse raccontare nulla a nessuno. Era un segreto che non poteva essere scoperto, faceva parte della sua vecchia vita, come lui, lo spettro che ancora la perseguitava. Ma come poteva buttare 15 anni della sua vita così? Tutte quelle canzoni, interi album, eliminati, perchè raccontavano il loro triste destino.
Il suo outfit principale, anch'esso buttato via. I suoi capelli, cresciuti fino alla schiena in quegli anni, per non vedere il riflesso del suo spettro nello specchio.
Ancora la gente parlava di loro, si chiedeva perchè si fossero divisi, delusa.
Ma non si poteva fare altrimenti. La scelta più dura è sempre la migliore, no? O almeno, così pensava Rin, che, persa nei suoi pensieri malinconici aveva ripreso a camminare debolmente, diretta al luogo dell'incontro con Miku. 
Non mancava molto, ma ogni passo era come una pugnalata; era come morire mille volte allo stesso modo. La sua anima si stava spegnendo, e lei lo sapeva, ma preferiva spegnersi piuttosto che mostrare a tutti cosa era, cosa erano. E improvvisamente ebbe un altro sussulto, e nella sua mente scorse un'immagine passata, un frammento di memoria anch'esso spettrale in cui vi si tuffò dentro.

-Rin...-. Sentiì dietro di lei qualcuno che la strinse da dietro. Si girò, scossa da brividi; davanti a lei c'era la sua immagine, più alta e maschile, capelli raccolti in un codino, sorriso beffardo e un'odore leggero di banana e caramello. Solo lui poteva farle questo effetto. Suo fratello gemello.
-Che cosa è questa roba?-. Domandò mostrandogli in mano uno dei suoi CD non definitivi. Len capiì fino a quando non lesse le parole nella foderina del disco: SPICE!. 
-Che c'è? Non dirmi che sei gelosa...-. E il biondo scoppiò in una sonora risata davanti la sorella, con lo sguardo rivolto verso il basso.
-...Non mi interessano le tue amiche, per me ci sei solo tu, sorellina-. Continuò il fratello, attirandola a sè, sfiorandole appena le labbra. Ma Rin lo bloccò al momento.
-Ti rendi conto che in questa canzone esprimi chiaramente che vuoi tua sorella?! Ma sei matto! Cosa penseranno di noi!?-. Chiese Rin fuoribonda, alzando la voce, ma Len non sembrava comprenderla.
-Andiamo, Rin. E' solo una canzone. Chi potrebbe mai credere che due gemelli possano amarsi come noi-. Len si avvicinò di nuovo, per tranquillizzarla, ma lei lo respinse nuovamente.
-Tu non hai capito che l'incesto è sbagliato. Il nostro amore è sbagliato!-. 
Gli occhi di lei iniziarono ad inumidirsi. 
-Pensa se il mondo intero lo venisse a scoprire! Dovremmo nasconderci a vita, emarginarci da tutto e da tutti!-. Riprese senza fiato, evitando ogni contatto con lui. 
Ci fu un silenzio di qualche secondo, fino a quando Rin fu presa alla sprovvista da Len, che la attirò nuovamente a sè per il polso e le loro labbra si incontrarono. Quel contatto non totalmente involuto fu una scossa per Rin, un'onda di emozioni le pervasero la mente. Al termine del bacio, Len pronunciò promesse immutabili e indissolubili, guardo l'amore della sua vita nei suoi occhi cerulei, perso in quel colore così intenso, come il loro amore, anche se proibito.
-Scapperemo dove le luci non ci potranno inseguire, nascosti dove il nostro amore ci può salvare, io non ti lascerò mai andare. Tu hai il mio cuore, Rin!-.
E a quel punto, era troppo per la ragazzina quindicenne, che scappò via dalla stanza del fratello, che la lasciò andare tristemente, inconsapevole che qualche ora dopo sarebbe andata dalla loro madre, a kilometri di distanza da lui, lasciato solo con il padre. Per giorni odiò il fatto che la loro famiglia fosse divisa anche a causa dei loro genitori divorziati. E in seguito passarano due anni senza sentirsi, nè vedersi, giustificandosi che hanno litigato a causa della loro carriera musicale.


Per Rin quella scena era come riviverla una seconda volta, e la immaginò ancora nella sua mente, il suo addio con Len. Ma Len per lei era morto ormai, perchè doveva esserci ancora? 
Cosa erano quei continui pensieri? Voleva che andasse diversamente. Era forse... pentimento?
Ancora mentalmente stordita per il suo flashback si accorse che era al ponte da più di dieci minuti, e che era passata quasi mezz'ora da quando aveva chiamato Miku. Doveva essere già arrivata, perchè non c'è? Si chiedeva Rin, mentre prendeva distrattamente il cellulare.
Si guardò attorno per poi notare una figura alla sua destra, a soli due metri da lei e i suoi occhi si spalancarono, il viso impallidì e le cadde di mano il telefono. Brividi come quelli provati poco prima, immersa nei suoi ricordi, che come scosse la spaventarono. Aveva davanti a lei lo spettro, e lo era a tutti gli effetti.
Lo sguardo del suo gemello era spaventosamente serio, il viso pallido e sciupato, le labbra incurvate all'ingiù e sembrava magrolino dall'ultima volta che Rin lo vide. Probabilemente da quel giorno anche lui era morto come lei. Ma ora perchè era qui? E, come era arrivato in così poco tempo? Ci vogliono 52 minuti e 47 secondi per arrivare in citta, Rin li contò precisamente quando se ne andò, lo sapeva benissimo. Come aveva fatto quindi ad arrivare in appena mezz'ora?
Nessuno dei due proferiva parola. Rin era piena di pensieri e domande, ma non smettevano di guardarsi, ancora increduli di essersi appena ritrovati.
Ad un certo punto fu lui a parlare. 
-Miku era preoccupata. Mi ha chiamato mezz'ora fa e mi ha detto di venire. Mi ha detto che eri qui...-. Rin rimase in silenzio beandosi di quella voce che non sentiva da tanto e che amava sentire. Distaccò lo guardo, sentendosi leggermente rimproverata. -...Meno male che le strade sono deserte a quest'ora, ho corso come un pazzo e ho pure finito la benzina-. Continuò lui, indicando dietro di sè, ad una decina di metri di distanza la sua moto, seguita dallo sguardo di Rin, che riprese poi a guardarlo, per poi scoppiare nuovamente a piangere.
Il suo spettro era venuta a salvarla.
-Rin...-. Disse Len, sentendosi un pò in colpa. Si avvicinò piano a lei, pensando che lo respingesse come l'ultima volta, ma questa volta non fu così, così lui la abbracciò, tenendola stretta. Finalmente quel momento era arrivato, lo desiderava più di ogni altra cosa, e si sentì per la prima volta da allora felice. Così come Rin, lui era piuttosto incredulo di quello che stesse succedendo, e iniziò, silenziosamente, a piangere, insieme alla compagna ritrovata.
-...Perchè non sei venuto prima?!-. Si lamentò Rin, ancora in lacrime, stringendolo forte. Era triste ma anche arrabbiata; con se stessa, per aver causato la loro infelicità, con Len, per essersi innamorato di lei, con Miku, per averli fatti incontrare, con tutto il mondo, perchè non poteva vivere il suo amore in pace. 
-Perchè ti amo-. Le disse semplicemente Len, cercando di nascondere il volto pieno di lacrime. Stettero in silenzio ancora un pò, sempre abbracciati, finchè Rin non si staccò da lui, contemplandolo. Il suo amore era qui, alle 4 del mattino, su quel ponte, dove si baciarono per la prima volta. 
-Len...Mi hai fatto una promessa due anni fa, ti prego, non dobbiamo infrangerla-. Lei strinse nuovamente il fratello, più forte, mandando al diavolo tutto ciò che ostacolava il suo amore per Len. Non c'era nessuno, non c'erano giudizi etici, c'erano solo loro. 
Len le accarezzò il viso lentamente, felice di sentire quella pelle candida, che odorava di arancia e cioccolato. Quel profumo lo inebriava. Non poteva farne a meno, così come non poteva fare a meno di lei. 
Senza trattenersi, baciò la sorella appassionatamente, e lei ricambiò, liberando il loro amore nascosto dopo tanto tempo. Capirono che l'ostacolo più grande dopo i pregiudizi sociali erano loro stessi, ma non avrebbero permesso questa volta di tramutare i loro sogni in incubi, di rendere incolore il loro mondo.
Non volevano più essere spettri.    
FINE
Grazie per la lettura! ;D
  
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