Gardis
stava mostrando quello che era davvero e questo affascinava Kitt che la
guardava come se l’avesse appena scoperta.
Sapeva
che Gardis, a differenza sua, non si preoccupava troppo di mostrare ciò che
c’era dentro di lei, anche se questo causava dei problemi, ma vedere la sua
personalità forte prendere il controllo della situazione, vedere i suoi occhi
farsi differenti e il suo sorriso, che probabilmente aveva ereditato da sua
madre, diventare freddo e calcolatore come quello dei Malfoy con tanto di
ghigno incorporato lo spaventava, lo spiazzava, ma, soprattutto, lo stregava.
Nonostante lui si fosse sempre definito una persona
duplice, solo in quel momento vedeva la portata di ciò che significava davvero
la parola “duplice”: Gardis aveva ereditato i sentimenti di sua madre e il
carattere di suo padre, ma… c’era un ma, in quel momento, come in altri che lui
non aveva mai visto, le due cose si sostituivano rendendo il suo carattere
attento e meticoloso come quello di Hermione e il suo
animo gelido e superiore come esigeva il cognome che portava. Non c’era situazione a cui
lei non potesse essere adatta, neppure una.
Deglutì
e mosse qualche passo nella sua direzione, mentre la bionda ancora gli dava le
spalle senza staccare gli occhi dalla zia che, furente, stava letteralmente
facendo fuoco e fiamme.
Le
prese la mano e la strinse forte.
Gardis
voltò la testa verso di lui e, per un attimo, il sorriso dolce di una mamma, lo
sguardo comprensivo di qualcuno che ti vuole bene, passò tra i suoi occhi,
nelle sue iridi, lo stesso di Hermione.
L’altra
si posò sulla sua e, lentamente, sciolse quel contatto mentre il capo veniva scosso da una parte e dall’altra con lentezza.
-
Bellatrix ti ha fatto molte cose crudeli… - disse pacata con un tono appena percettibile, la mano destra
scivolò lungo la manica strappata del braccio sinistro di lui, scoprendo una
fasciatura che partiva dal polso e arrivava fino al gomito, proseguendo oltre;
con l’unghia dell’indice la percorse e, quando arrivò in cima, la stoffa di
cotone cadde, come se fosse stata tagliata di netto con un cutter, sotto spiccò
un simbolo nero, il marchio nero dei mangiamorte che, con probabilità, si era
lasciato fare per proteggere i suoi fratelli, reprimendo sé stesso come il
dolore che doveva aver provato.
Udì
la risata perfida dell’altra strega.
Le
dita bianche e affusolate di lei accarezzarono quello sfregio
-
Non era il caso
che tu mi mentissi… sapevo che avevi questa maledizione – disse tranquilla come
se stesse toccando la testa di un fanciullo, quasi
certamente con lo stesso sguardo di sua madre mentre compiva lo stesso gesto:
era un marchio non voluto, un segno imposto, una maledizione in ogni senso del
termine. Come già suo padre ne era stato portatore e ancora lo portava, a volte
in quelle persone c’era l’orgoglio di chi sa di poter dimostrare che se si
crede davvero in qualcosa si va oltre alle belle e filosofiche parole, perché
si può scegliere di essere mangiamorte per molti motivi, e non tutti sono
cattivi.
Perché
loro due, Draco e Christopher, portavano
una maledizione che non si sarebbe cancellata, l’avevano accettata per una
ragione diversa dal credere nel Signore Oscuro, ma chiunque li conosceva
davvero poteva dire che né l’uno né l’altro erano dei VERI mangiamorte.
Christopher
cercò di dire qualcosa, ma il dito di lei gli si posò
sulle labbra imponendogli il silenzio più con uno sguardo che con quel gesto.
-
So che t’ha fatto Bellatrix – disse
ancora spostando la mano destra e allentando la presa con cui lui teneva ancora
il suo polso – ora vedrai che cosa ha fatto a me.
Mentre
una forza strana lo portava indietro intravide sotto
il polsino inamidato della camicia bianca l’orologio che lei portava sempre
alla sinistra e, all’improvviso, rammentò qualcosa che, per una serie strana di
ragioni, fino a quel momento gli era sfuggito: il quadrante.
Il
quadrante dell’orologio aveva forma circolare ed era molto sottile, ma
all’interno vi era filigranata una mezzaluna, una mezzaluna rivolta all’ingiù
in oro giallo il cui bordo correva per tutto il vano
circolare, la mezzanotte, segnata dalle lancette appuntite come spilli,
era proprio al centro della forma.
Emise
un sussulto.
Era…
In
quel preciso momento avvertì una forza magica violentissima, strana,
particolare, come pescata dai più recessi ricordi della sua mente, qualcosa di
nuovo e allo stesso tempo familiare avvolgere la sottile figura di lei, alcune
folate di vento girarono per le pareti circolari.
Spostò
alternativamente lo sguardo sugli altri due studenti della sala, stranamente
due vampiri, con occhi e sguardo differente stavano entrambi attendendo,
all’apparenza non eccessivamente preoccupati. Solo Leonard pareva avere gli
occhi stranamente severi, accentuati dal colore innaturalmente rosso, la sua
espressione, in genere beffarda, mostrava ciò che era davvero.
Kitt
si sentì come un bambino dell’asilo messo nella stessa classe degli scolari
delle elementari, non era che un ologramma di ciò che
doveva apparire, ma non si era accorto che lo stesso era per altre persone
all’infuori di lui. Per molte persone. Forse per tutti, anzi,
senz’altro per tutti e tutte. Si sentì davvero ingenuo, e lui che aveva
creduto di essere l’unico, lui che non vi aveva fatto caso… Gardis, Leonard,
molti altri erano senz’altro maschere e attori migliori di lui.
Dicevano
che i Ravenclaw erano intelligenti, lui doveva essere
il primo Corvonero stupido della storia della Casa…
Vide
i capelli biondi mossi da un venticello irreale che, notò un cerchio dorato
formarsi intorno a lei e poi i capelli cominciarono a schiarire sempre di più, finchè non divennero di un bianco candido come la neve,
allungandosi e arricciandosi, sfiorandole appena la schiena. Notò spuntare una
parte del corno dorato della Regina dei demoni e
immaginò che stessero allungandosi anche le zanne. Si stava trasformando, stava diventando…
-
Rago? – domandò piano mentre tutto taceva e gli occhi di
sua zia erano quasi spalancati, non dal terrore ma dallo stupore
La
ragazza, chiunque fosse, si voltò, poi scosse la testa. Non era Rago. Non era Gardis.
Kitt
la fissò ammutolito e con la bocca aperta
-
Non sono Rago – mormorò una voce delicata, ma non quella della Sohryu, bensì quella molto più familiare della sua compagna
del Grifondoro – sono Gardis – aggiunse e sorrise.
Era
vero, non era Rago.
Assomigliava
a Rago terribilmente, aveva i capelli bianchi come
lei, aveva i canini prominenti, il corno sulla fronte e il suo stesso potere,
lo avvertiva, ma non era lei. Gli occhi azzurri come zaffiri della donna non
c’erano su quel corpo ancora adolescente, differente da quello di donna fatta
che era l’antica regina, rimpiazzati da due ametiste che brillavano come se
fossero state diamanti.
Gardis,
del colore dell’ametista.
Istintivamente
si domandò se fosse nata così e per quel motivo sua madre
l’avesse chiamata Gardis.
La
mano di lei si allungò nella sua direzione, lei non
l’aveva scacciato, poco prima, l’aveva semplicemente allontanato perché potesse
riflettere su ciò che lei era davvero e prendere la decisione sulla parte da
cui schierarsi, se appoggiarla o meno, se spaventarsi e correre via, se
evitarla, ripudiarla, averne paura.
Non
se lo fece ripetere e si avvicinò, notò che le unghie erano lunghe e a forma di
mandorla, ma non v’era smalto sopra. Non c’erano emozioni visibili.
Gardis
era sé stessa e quello era ciò che era davvero.
Mezza demone,
mezza umana.
Ma la sua
parte umana aveva sempre avuto il sopravvento, come Rago
gli aveva insegnato.
Capiva
molte cose, ora, e molte altre gli sfuggivano. Gardis sapeva tutto da tanto
tempo, perché non glielo aveva detto? E l’orologio a forma di mezzaluna?
-
Tu non sei… Rago? – le domandò quando le loro dita si sfiorarono,
Gardis negò ancora
-
Rago è solo Rago e io sono solo Gardis, l’unica cosa che abbiamo in comune è
il potere… e metà del mio sangue appartiene al mondo dei demoni, non sono
umana, non mi possono uccidere, posso manipolare le forme, posso controllare il
vento, posso volare. Posso fare tante cose come lei. Ma non sono Rago.
-
Sembri diversa –
disse sentendosi un idiota, lei sorrise senza scherno
-
Posso nascondere
la mia natura. O meglio, posso fare appello al mio potere quando è necessario,
se lo uso in grande quantità, il mio aspetto cambia, come accade per i vampiri,
è così per ogni essere che non appartiene totalmente ad
una delle Stirpi, Rago te l’ha insegnato.
L’altro
annuì
-
Mi spiace che
abbia dovuto mentirti
-
Mentirmi? –
chiese allarmato
-
Non sei la
reincarnazione di Dresda – disse in un soffio – il potere di quella persona viene tramandato in maniera assai curiosa nella tua
famiglia, ma nessuno è la reincarnazione di qualcun altro, benché lo si creda,
e nessuno è davvero immortale. Neppure la Pietra Filosofale può concedere quel
privilegio, è una formula che hanno inventato gli Arcimaghi al mio tempo e
sappiamo che cosa hanno creato. Allunga la vita, ma non allontana la morte. Non
morire va contro le leggi della natura, per questo è impossibile.
-
Non sono Dresda…
- mormorò lui
-
Non ti sei mai
chiesto perché non riuscissi a ricordare? Perché la portatrice dell’Anima
Azzurra potesse farlo e tu no?
-
Pensavo che fosse
normale – si giustificò
-
O forse non
volevi indagare troppo in quella faccenda – lui fu costretto ad annuire,
probabilmente lei sapeva come si era sentito, lei doveva essere passata in
qualcosa di molto simile e… molto peggiore, forse. Era per
quello che aveva taciuto sulla sua natura? O forse… aveva paura di
quello che lui avrebbe pensato?
-
Rago mi ha detto dell’Anime Azzurra, è una bugia anche
quella?
-
No – le sue
parole stonavano con la teoria che fosse nata già con quel potere
-
Sei
nata così, per questo ti hanno
chiamata Gardis? – lei sorrise e negò ancora
-
No, sono nata
come mi conosci, con gli occhi di due colori differenti e i capelli biondi
-
Come
è successo? – il sorriso di Gardis
divenne ironico, forse crudele
-
Chiedilo a lei –
e si rivolse verso la parente
-
Avete finito con
le chiacchiere? – domandò Bellatrix
-
Non farti
scrupoli, zietta, potevi anche attaccare nel frattempo… - la
derise lei – sai, la giustizia non ti si addice, ti fa pallida, non trovi
fratellino? – e si rivolse a Leonard che annuì, era bello vedere che Gardis non
cambiava mai, chissà che battaglia interna aveva combattuto da quando era
entrata per non perdere il controllo su di sé stessa
e, quindi, liberare di conseguenza Rago. E chissà che
sforzo doveva aver fatto per sciogliere il potere dei demoni senza che questo
avesse il sopravvento su di lei.
-
Io veramente
pensavo che fosse il vestito a stonare col suo colorito cadaverico – scherzò il
ragazzo
-
Beh, vi assicuro
che senza, se possibile, è ancora più bianca… - commentò Astaro
ridacchiando delle battute dei due Malfoy, apparentemente incuranti della
battaglia imminente o quantomeno non preoccupati da essa
-
Mocciosi
saccenti! – fu il pericoloso sibilo della Black-Lestrange
che pestò i piedi sul pavimento e fece illuminare pericolosamente la bacchetta.
Anche Rodolphus dava segno di irrequietezza
e infatti tolse dall’abbottonatura, in una posa simile a quella di Napoleone,
il braccio che si rivelò essere di legno
-
Che carino che
sei a conservare ancora quel ricordino, zio – lo canzonò deliberatamente
sprezzante del pericolo la mezza demone
Dunque
era stata lei a procurargli quella menomazione?
Era
accaduto dopo la nascita di Izayoi, Bellatrix e Rodolphus non erano stranamente al castello, sua madre, che
aveva visto per l’occasione, aveva scherzato che era proprio per quello che
aveva deciso di partorire.
Gli
zii non erano al castello, faceva freddo e la notte del 31 dicembre Izayoi era
nata e lui aveva scambiato i bambini nella culla, ma quella era un’altra
storia; il giorno seguente sia Bella che Rodolphus erano tornati piuttosto malconci assieme ad
alcune delle altre persone con cui vivevano tutti insieme nel castello in
Ungheria. Rodolphus aveva perso il braccio con cui
teneva la bacchetta e per lui era stato un oltraggio terribile: se possibile il
suo pessimo carattere era peggiorato ancora.
Erano
stati i fratelli Malfoy a creargli quell’handicap? Era stata Gardis?
-
Piccola
puttanella – disse pericoloso e con voce cavernosa il mago che, al momento,
sembrava più una brutta versione di Wolverine che il ritratto dell’imponenza come era stato da giovane, aveva pure le striature bianche
sulle tempie, sconto anzianità, si vede…
-
Oh, non
ringraziarmi – continuò lei – per quello il merito è di Leonard – aggiunse come
se avesse conosciuto anche i pensieri di Kitt
Rodolphus,
vermiglio di rabbia, fece saettare un incantesimo dalla punta della bacchetta
di legno che era saldata al moncherino di ebano che fungeva da “braccio
sostitutivo”, esattamente come Capitan Uncino portava l’uncino, per i maghi a cui era stato amputato l’arto con cui si tiene la
bacchetta è normale fissarla al nuovo supporto di legno.
La
magia si infranse con un tonfo sordo contro una
barriera invisibile senza che Leonard si scomponesse troppo, anzi, ci sarebbe
mancato poco che cominciasse a lucidarsi le unghie come se niente fosse, Astaro, dall’altro capo della sala, ghignò al suo modo di
fare: poteva essere vero che gli esseri viventi non si reincarnavano, ma era
dato di fatto che nei secoli alcuni tra loro si assomigliassero in maniera decisamente
sospetta, come era accaduto ad Eskale e Zachariah, ma soprattutto, come stava accadendo a Lark e Leonard. Entrambi vampiri,
entrambi fratelli di un demone molto particolare, entrambi con lo stesso modo
di porsi di fronte alle situazioni, entrambi eredi di casati potenti,
come la dinastia dei vampiri o dei Malfoy. In realtà potevano anche essere gli
eredi di un calzolaio che quel calzolaio, agli occhi
di chi li avrebbe incontrati, valeva quanto il re d’Inghilterra. Avevano
l’invidiabile dote naturale di scomporsi raramente, ma, soprattutto, di essere
dei leader.
Gardis
si spostò protettivamente di fronte a Kitt, la
bacchetta in pugno, nel caso la zia decidesse di colpire lui, un’opzione, purtroppo, molto probabile
-
Puoi anche avere
i poteri di un Arcimago, ma non sei immortale – gli ricordò lei quando,
imbarazzato, Chris cercò di spostarsi – e noi “quasi” immortali conosciamo bene
il significato di una vita mortale, ma soprattutto, quanto questa sia effimera
e breve ai nostri occhi.
-
Sono sopravvissuto quasi vent’anni, però – le fece notare lui
-
Sì, ma se ti
dovesse capitare qualcosa e Rago dovesse davvero
uscire di qui… non rimarrebbe molto né di Hogwarts né di quanto vi sta attorno, tantomeno di quanto
vi è dentro.
-
Chi l’avrebbe mai
detto che il mio adorato nipotino e la figlia della mia sorella
traditrice avessero una storia – disse ironica Bella, ma né Kitt né Gardis si
lasciarono scomporre da quelle parole – ma non crediate di aver vinto solo
perché il nostro esperimento è andato in fumo – sghignazzò la donna – abbiamo
ancora una carta da giocare e, sfortunatamente per voi, è un asso
-
L’asso e una
coppia di due non fanno molto di fronte ad una scala reale – fece notare con
nonchalance il millenario fratello di Rago, in effetti tra una Regina dei Demoni, il sosia perfetto
dell’antico Re dei Vampiri e il discendente del Principe degli Arcimaghi… beh,
per una volta si accontentava di fare la carta da poco, ma diamine, erano o no
una scala reale?
Dalla
scollatura la strega estrasse un cerchio d’oro con gli stemmi delle Case di Hogwats e lo lasciò penzolare dalla catenella dopo averla
slacciata; il filo d’argento scuro e da lucidare del girocollo non era proprio
intonato all’oro lucido e brillante del ciondolo, ma… era questo a renderlo speciale
-
Il medaglione
della mamma – sussurrò piano Kitt riconoscendolo al volo
-
Era di tua madre?
– domandò con aria preoccupata Gardis
-
Sì, lo portava
sempre con sé
-
A che cosa serve?
-
Non ne ho idea,
ma la mamma non voleva assolutamente liberarsene. Chi te lo ha
dato? – gridò furibondo nei confronti della parente
-
Tua madre,
ovviamente – sminuì la mangiamorte
Non
era possibile, Temperance non si sarebbe mai separata
da quell’oggetto, Bellatrix doveva averglielo
strappato con la forza, ciò significava che… o era morta oppure era
incosciente.
In effetti
rammentava una lettera di sua madre giunta poco prima di Natale che lo pregava
di stare in guardia, che fosse così tanto tempo che Bella ne era in possesso? E
perché lei non gliene aveva parlato chiaramente?
-
Mocciosi
impertinenti, ora saprete che cos’è davvero
quest’oggetto, non è un semplice medaglione, non è un ciondolo qualsiasi, ma è
il potere di tutta Hogwarts! È il manufatto che i
quattro fondatori hanno creato, QUI è contenuto il potere che fa rimanere in
piedi questo ammasso di pietre, che vi sfama e vi
illude, è QUESTO!
Gardis
strinse i denti, sentiva la rabbia montarle dentro, sentiva
il sangue scorrerle nelle vene e il potere pulsarle nella testa, ma soprattutto
era cosciente di ciò che avrebbe potuto fare. Strinse i pugni, sembrava che
ogni volta che incontrava Bellatrix la sua vita fosse
destinata ad una svolta, che questa fosse perché era
arrivato il momento di lasciare andare la Regina?
No,
doveva resistere.
Doveva
farcela.
E ce l’avrebbe fatta perché nessun Malfoy, ma ancora di più
NESSUNA Malfoy avrebbe fatto un patto con sé stessa e poi non l’avrebbe
mantenuto.
Avvertì
la forma poco familiare dei canini dei demoni premere sul labbro inferiore
mentre lo mordeva fino a farsi male, pur di non perdere la padronanza di sé; si
guardò attorno nello scempio che con poche magie era stato compiuto là sotto:
la grande stanza delle serpi, rifugio di Salazar, era ridotta ad una strage di pietre e polvere mentre il muro posteriore,
quello proprio dietro alla grande testa di cobra che sovrastava il tutto, era
stato distrutto dall’esplosione che aveva fatto entrare in scena Bellatrix e consorte, mettendo il grande spazio in
comunicazione con un altro dalla forma stranamente circolare, sorretto
tutt’intorno da colonne dall’aspetto antico e vissuto e aperto sul cielo da cui
proveniva nientemeno che la luce che illuminava un grosso cubo di pietra,
un’ara, al centro del quale riusciva a intravvedere una sagoma circolare
proprio della forma del medaglione che la zia reggeva ancora in mano e,
tutt’intorno, ghirigori e riccioli scavati nella roccia.
Cominciava
a capire, soprattutto
dopo che la donna ebbe voltato loro le spalle e si fu messa a correre in quella
direzione.
-
E’ il medaglione
di Hogwarts! – gridò agli altri lanciandosi
all’inseguimento della donna e oltrepassando le spalle robuste di Rodolphus che stava cercando di dare un po’ di vantaggio
alla moglie fedifraga.
Si
lanciò istintivamente sulla parente cercando di strapparle dalle mani lunghe e
ossute il cerchio d’oro prima che quella riuscisse a posizionarlo
e poi pronunciasse la formula necessaria ad attivare l’incantesimo.
Avvertì
le unghie di lei graffiarle un braccio e non se lo
fece ripetere due volte prima di tirarle i capelli, facendola urlare come
un’aquila tenendosi il capo con una mano, ma continuando a non mollare la
presa.
Era
buffo che proprio lei che poteva vantare tanti poteri stesse azzuffandosi con
quella megera a mani nude.
Kitt
si scagliò a sua volta contro la donna, scansando una maledizione senza perdono
e lanciandole un petrificus
nel tentativo di immobilizzarla.
Stava
dando tutto quello che aveva perché ormai non doveva più scegliere tra la
ragazza che amava e i suoi adorati fratelli, c’era un modo per proteggere
entrambi.
Con
foga scagliò un sectumsempra,
una magia con cui si era solo esercitato, ma non aveva mai pensato di
utilizzare contro qualcuno, specie un altro essere umano; purtroppo
l’incantesimo s’infranse poco distante dalla zia che si era spostata
rapidamente.
Non
gli importava più, voleva solo vivere la sua vita, c’era un modo per farlo e se
ciò avesse comportato la vita di colei che aveva distrutto la sua, beh, non lo
infastidiva più di tanto.
Con
coraggio scagliò per la prima volta una Avada Kedavra che
colpì di striscio la mangiamorte ferendola ad un braccio e lasciandola qualche
istante paralizzata, a quel punto le si avventò contro, afferrandole il collo
con le braccia e impedendole di respirare, ma Bella, che certo di battaglie ne
aveva viste parecchie, riuscì in quella frazione di secondo, a posizionare il
medaglione nella sezione circolare della pietra, poi la strega estrasse dalla
cintura qualcosa di molto babbano: un pugnale, che
cominciò ad agitare come una forsennata di fronte al viso, Gardis lo scansò per
un pelo, ma Chris, che stava cercando di tenerla ferma per quanto possibile ed
evitare che la sua compagna fosse sfregiata, venne ferito al viso dalla lama
tagliente e un rivolo di sangue cominciò a scivolargli lungo la guancia come
una lacrima, peccato che i suoi occhi fossero tutto meno che pietosi: stavano
saettando di rabbia mentre uno strano fuoco blu gli bruciava nelle iridi come
Gardis non gli aveva mai visto e se non la smetteva di fissarlo affascinata
dalla forza e dal coraggio che dimostrava, la prossima volta lui non avrebbe
potuto fare molto per salvarla dalla lama.
Gardis
diede una rapida occhiata agli altri due vampiri alle prese col marito di Bella
e con un terzo mangiamorte che era rimasto nella Stanza della Fondazione mentre
gli altri due avevano fatto irruzione della Camera dei Segreti.
Astaro si
distrasse un attimo e, sapendo che Gardis era preoccupata per l’odore del
sangue che stava impregnando l’aria, si affrettò a metterla tranquilla per sé e
per Leonard con uno sguardo, tornando a concentrarsi sul mangiamorte esagitato
che pareva posseduto di fronte a lui.
Tranquillizzata
dall’occhiata di Astaro, Gardis poteva finalmente
concentrarsi sull’esito della zuffa, perché di non la si
poteva chiamare battaglia quella sequenza di sberle, graffi e tirate di
capelli…
Non
avrebbe combattuto tranquilla e di certo non sarebbe stata una vittoria se i
suoi nemici fossero stati fatti a pezzi e mangiati per colazione dai suoi
fratelli, non che si meritassero molto di meglio, però così sia Astaro che Leonard avrebbero avuto
dei problemi, specie in un tempo dove si cercava di organizzare la pacifica
convivenza tra esseri umani e vampiri e, bisognava dirlo, non era facile, lei
lo sapeva bene dopo aver trascorso diciassette anni della sua vita assieme a
suo fratello…
Un
mangiamorte meritava solo due morti: ad Azkaban, nel
neonato Azkaban governato dagli Auror,
oppure per un’Avada Kedavra.
Anche un crucio
non sarebbe stato male, ma poi sarebbe sempre comparso qualche giornalista
venduto a dire che non erano stati rispettati i diritti dell’
“uomo” mangiamorte, come se quel branco di assassini boriosi e crudeli
si fosse mai fatto problemi delle sue azioni, a dirla tutta non sembravano
morire dal dolore per il triste destino a cui avevano condannato la famiglia Black… no, proprio no, per non parlare dei genitori dello
zio Harry! Bastava guardare come erano straziati dal
ricordo doloroso! E i nonni di Ciel e Karen?
Non
doveva pensarci troppo perché altrimenti pure lei avrebbe potuto rendere di
loro solo un mucchietto di cenere…
Ma ciò
che la stupiva di più in quel momento era Kitt che cercava di eludere gli
attacchi della zia. Kitt era una persona che non si sentiva coraggiosa, su
questo non aveva dubbi, ma lei sapeva che non era così. Il coraggio di un
immortale è difficile vederlo, insomma, non si ha niente da rischiare a parte
qualche taglio, mentre lui stava dando sé stesso,
stava combattendo rischiando la vita e il dolore.
Lo
ammirava molto perché lei non poteva fare altrettanto, ma soprattutto, non
sapeva se, se fosse stata una qualsiasi, si sarebbe esposta in quel modo.
Vederlo
agitarsi e dimenarsi nel tentativo di bloccare Bellatrix
la rese improvvisamente conscia di ciò che voleva davvero da quella battaglia:
non vendicarsi, il passato, come diceva Leonard, non lo si
poteva cambiare, ma proteggere il presente, proteggere chi amava. Vivere il suo
futuro.
Un
istinto primordiale e molto selvaggio le fece spalancare le fauci e ringhiare
minacciosa contro il nemico mentre i canini acuminati venivano
illuminati dalla luce della luna, facendo momentaneamente impietrire e poi
tremare Bellatrix, semplificando notevolmente il lavoro di Christopher che le si avventò addosso per
immobilizzarla e strapparle il ciondolo dalle mani, operazione nella quale
rimase ancora ferito, come se i tagli più o meno profondi sulle braccia e sulla
gamba destra non fossero sufficienti; dagli strappi della camicia, infatti, si
potevano riconoscere tante sottili lineette sanguinanti.
In
verità, anche lui aveva tremato vedendo le zanne affilate, aveva paura e non lo
nascondeva, ma sapere che LEI stava dalla loro parte, chiunque fosse, Gardis, Rago o un azzeccato mix tra le due, beh, lo confortava. Lo
confortava sapere che c’era qualcuno con lui, che c’era qualcuno a
dargli una mano, che lo aiutava, che voleva le stesse cose che voleva lui: pace e protezione.
Se
anche fosse morto, sarebbe sempre rimasta lei per compiere la giustizia in cui
lui credeva.
Amava
Gardis più di qualsiasi cosa, non lo nascondeva, né avrebbe più cercato di
farlo. Lei meritava di vedere chi era davvero e di sicuro, anche se lo
sospettava, non aveva idea di cosa si celasse sotto la superficie. Se avesse
saputo fin dall’inizio che entrambi erano invischiati in quella storia più di
quanto immaginasse, allora avrebbe chiesto subito il suo aiuto, le avrebbe
detto tutto, confidato ogni sui segreto, ma… avevano
agito allo stesso modo perché, fondamentalmente, erano innamorati e volevano
proteggersi l’un l’altro, entrambi allievi di esperienze precedenti e dolorose
che avevano insegnato loro che il silenzio era il bene più prezioso: meno sai,
meglio è, per me e per te.
Un
insegnamento sbagliato, a quanto pare, che aveva complicato le cose fino
all’inverosimile, che li aveva fatti camminare a lungo su strade parallele,
separate da una sottile parete di vetro attraverso la quale non volevano vedere l’ovvietà delle cose.
Ora
era il momento della resa dei conti e non avrebbe dato niente di meno che tutto
sé stesso per lei, perché potesse avere ciò che
desiderava, qualsiasi cosa fosse. Perché se era stata Bellatrix
a renderla una mezza-demone, e la sua condizione, bisognava dirlo, non era
facile, allora meritava forse più di lui di avere vendetta, no: GIUSTIZIA.
E
lui gliel’avrebbe data. E avrebbe fatto tutto il
possibile perché ciò avvenisse perché si era in parte reso
responsabile della sua sofferenza.
Se
era vero che Gardis era diventata ciò che era adesso la stessa notte in cui
Izayoi era nata, ebbene, allora erano undici anni che portava quel peso sulle
spalle, erano troppi anni, perché sei anni sono
pochi per cambiare completamente la vita di una bambina.
Perché
a sei anni non sai cos’è la morte, se non l’hai vista con i tuoi occhi.
Perché
a sei anni non sei pronto per diventare niente e lei era diventata
qualcosa che nessuno sapeva che esisteva, qualcosa che nessuno sapeva cosa
fosse.
Qualcosa
che faceva paura, ma della quale LEI non aveva paura e… lui neppure.
L’amava
anche con quello. L’amava ANCHE per quello. Amava
qualsiasi cosa di lei, anche ciò che gli altri detestavano: i suoi occhi, il
suo coraggio e perfino la sua strafottenza e il suo briciolo di arroganza.
La
mezza-demone prese tra le mani il monile colorato ed esercitando pressione ai
due opposti lo spezzò esattamente a metà con un taglio netto. Poi sorrise a
Kitt, come se gli avesse letto nella mente tutto ciò che lui aveva pensato.
Bellatrix
gridò e si avventò sopra l’oggetto, come se ne andasse della sua vita, cercando
nel frattempo di colpire al cuore la ragazza che scansava le sue mosse e la
fissava con superiorità.
La
mangiamorte aveva il viso contratto dall’ira e dallo sgomento mentre raccattava
le due metà del medaglione e le faceva combaciare, china sul pavimento, pareva
una persona qualsiasi se non fosse stato per l’aspetto arruffato e gli occhi
iniettati d’odio e di sangue.
Gardis,
in piedi lì accanto, diede un’occhiata al ragazzo,
seduto sul pavimento, che si passava le mani tra i capelli neri, come dovevano
essere stati quelli di Bellatrix, le gambe
leggermente piegate e il respiro ansante; il sangue che gli usciva da un taglio
profondo che macchiava la camicia le fece perdere quel poco di pazienza che
ancora possedeva, nonostante lo sguardo di lui la implorasse di rimanere
padrona di sé stessa, soprattutto davanti ad una simile sciocchezza di ferita.
Ma
Gardis era mezza Malfoy e mezza Granger e lo sanno
tutti che sia i Malfoy che i Granger
vivono le emozioni in maniera forte, TUTTE le emozioni, collera, rabbia e odio
incluse, fu per questo che un gesto fulmineo partì all’improvviso, mentre la
mano della ragazza andava a stringere per il collo la zia, scaraventandola come
se non pesasse niente contro la parete.
Leonard
e Astaro, dopo aver sistemato gli altri due maghi, la
fissarono preoccupati mentre la inchiodava alla parente contro le rocce del
muro, tenendola sollevata sempre per il collo.
La
mano stringeva sempre di più, il colorito della strega non era dei più salutari
e aveva addirittura perso la sfumatura vermiglia della collera per passare ad una violacea, ma ciò che stava davvero preoccupando Bellatrix Black Lestrange era il gelo delle lunghe unghie di lei che le
passavano lentamente sulla carne del collo, fredde come se fossero state lame
di coltello e, probabilmente, altrettanto pericolose.
-
Sai zietta,
chiunque in questa stanza avrebbe una buona ragione per ucciderti, anche i tuoi
complici. Non ti sei certo risparmiata, bisogna ammettere che sei stata
imparziale nella tua distribuzione di mali e maledizioni, cattiverie e vite
dannate, non è vero?
La
sorella di Narcissa tentò di sfoggiare un sorriso
strafottente e malvagio come aveva fatto all’inizio di quel combattimento,
quando ancora non aveva idea di che cosa avesse davvero fatto a sua nipote, ma
il suo tentativo fu stroncato da una stretta più decisa che le levò un altro
po’ d’aria, Gardis non sembrava provare né pietà né perdita di ragione, era
lucida, fredda e calcolatrice, proprio come lei.
Kitt
si avvicinò alla ragazza cercando di farle mollare la presa
-
Tu, Christopher,
avresti ottime ragioni per volere la sua morte, possibilmente tra mille
sofferenze, esattamente come ogni Black esistente
sulla Terra.
Kitt
chinò il capo sentendosi colpevole all’udire le cattiverie che aveva pregato per la zia sulle labbra sicure e prive di rimorsi
di Gardis.
Si
sentiva meschino solo a pensare a quanti incantesimi terribili le aveva
lanciato contro, fino a poco fa, era un Black che non
sapeva uccidere: non sarebbe stato lui l’assassino di Bellatrix
Lestrange.
-
Noi Malfoy non
facciamo mistero del desiderio che tu te ne stia in eterno sotto una bella
lastra di pietra, io personalmente vorrei per te la morte più atroce che esiste
su questo pianeta, sfortunatamente per i miei sogni – aggiunse – quel tipo di
morte la posso infliggere solo io, ma non voglio accrescere il numero di
omicidi che ho compiuto nella mia vita, vorrai quindi scusarmi se lascio
l’onore di pensare a qualcosa di altrettanto crudele a qualcuno che ne ha altrettanto diritto, vero?
-
Ammazzami,
Malfoy, ammazzami tu come hai ucciso mio fratello! –
strillò Bellatrix col poco fiato che ancora aveva –
forza, uccidimi! Torneremo! I mangiamorte non muoiono mai!
-
Nessuno meglio di me sa cos’è la morte – rispose filosofica
Gardis – e ti posso assicurare che tutti muoiono, anche i mangiamorte – aggiunse
in un soffio crudele
-
No perché la
nostra causa è giusta! Perché noi SIAMO LA RAGIONE! Perché il signore Oscuro non morirà mai! Viva Lord Voldemort! – urlò più forte che potè
E
a quelle grida disperate di una pazza fecero eco quelle meno sentite, ma ugualmente
presenti dei suoi complici; Gardis scambiò un’occhiata con Leonard,
ma suo fratello le fece capire che doveva essere lei a chiudere quella
questione una volta per tutte.
-
Se sei così
testarda nella tua idea, allora meriti solo di morire. – disse Chris serio
risollevandosi in piedi – non vedi né la realtà né la verità, i tuoi occhi
percepiscono solo un mondo distorto
-
Non montarti la
testa, Black – lo riprese la donna – sei stato dei
nostri e hai fatto quello che abbiamo fatto tutti, non sei nella posizione di condannarmi
-
Lui più di tutti ne ha il diritto perché la sua causa era giusta e
perché ha saputo guardare la VERITA’
-
Verità, puah! – Gardis strinse la mano, un’unghia si conficcò nella
carne rugosa e vecchia della strega, facendole un piccolo taglio, ma piuttosto
profondo, come la punta di un coltello
-
È giunta la tua
ora, Bellatrix… credo che per te commetterò un altro
omicidio… non m’importa molto di dove posso finire, se all’Inferno o a Azkaban, so come cavarmela in
entrambi i posti, mi hai dato la possibilità di sopravvivere ad entrambi perché
tu, cara zia, non hai idea di che cosa mi hai fatto, di cosa mi hai dato.
-
Sarà un onore
essere uccisa dalla stessa persona che uccise Uriah
-
No, non lo sarà.
Se tu sapessi davvero che cosa hai fatto non lo considereresti tale
-
Sai, non mi
dispiace per nulla, Malfoy, né per te né per tuo fratello. Non provo neppure
pietà
-
Fai bene, nessun Black dovrebbe provare pietà, dopotutto neppure io ne provo
per te
-
Ci assomigliamo,
eh, Gardis? Sarebbe felice tuo padre di saperlo? E tua
nonna?
-
No, non ci
assomigliamo, mi spiace ma non sono una Black, sono
una Malfoy e vado fiera di questo. E mi sento molto superiore a te.
-
Il vostro solito
orgoglio presuntuoso
-
Abbiamo i nostri
motivi, tipo quello di essere in grado di uccidere qualcuno con un solo dito.
Ora muori in silenzio, la tua voce è un dolore per le orecchie e un’offesa alla
parola Giustizia.
-
Ferma! – qualcuno
lo gridò alle sue spalle poco prima che la mano aperta di Gardis si appoggiasse
senza indugio sul petto della donna
La
ragazza voltò appena gli occhi mentre gli altri spettatori si voltarono nella
direzione da cui era arrivato il suono.
Sulla
soglia della Sala della Fondazione stava una figura vestita con abiti babbani, una giacca di pelle scura con pelliccetta
sul colletto, i capelli neri scompigliati, jeans sbrindellati che ricadevano
sulle scarpe di pelle di drago chiuse da una fibbia e col tacco rinforzato di
metallo.
-
Seraphin? – sussurrò appena la mezzo-demone riconoscendo la
sagoma che si avvicinava svelta
-
Il figlio di Zachariah? – aggiunse altrettanto stupita
-
È da molto che
non ci vediamo, vero “zia Trix” – disse volutamente
ironico lui – o non era così che volevi che ti chiamassi quando ero bambino?
* * *
Spazio autrice: ciao a tutti quanti! Questa volta finalmente riesco a
trovare un po’ di tempo per scrivere, aggiungere qualche dettaglio e far sapere
a tutti che no, non sono morta e la mia sorella dimenticata e ripudiata dalla
famiglia, ma riacquistata da poco che legge nella mia mente le password segrete
non sta pubblicando capitoli al mio posto sotto il mio
pseudonimo e, no, non si chiama Fernanda Maria Rosalba.
Allora,
cerchiamo di ricomporci… se vi paio più fusa del
solito sappiate che è solo un eufemismo, ringrazio davvero tanto di aver già
finito di scrivere la storia, altrimenti andrebbe molto più a rilento perché sono
letteralmente oberata dal lavoro. Ma so che voi mi
capite…
Per
quanto riguarda il capitolo, non credo che ci siano particolari appunti da
fare, insomma, è chiaro e lineare… visto che i
protagonisti sono dotati di tutti questi grandi poteri, ho deciso di fargliela
pagare per la loro fortuna e fare sì che
non li usassero, costringendoli ad una bella zuffa vecchia maniera con tanto di
graffi e pugnali (non pensate che i pugnali siano affascinanti in una storia? Rendono la suspance come nessun’altra
arma, neppure le pistole di Sergio Leone).
Ad
ogni modo, mi auguro davvero che il capitolo vi piaccia e che continuerete a
seguire questa storia che si sta ormai avviando alla sua conclusione.
Aspetto
i vostri commenti, sono molto curiosa di leggerli! E spero davvero di non aver
offeso nessuno con tutte queste mie assenze e toccate e fuga degli ultimi
aggiornamenti ^_^
A
presto e un bacione grandissimo
Nyssa
Hollina: già già,
ci sono andata un po’ pesante e mi è capitato che i misteri dovessero crollare
quasi tutti in quel capitolo 28, è stato un caso non voluto, forse ho un po’
esagerato, ma in genere la realtà è così, il classico effetto domino, scoperto
uno vengono a galla tutti gli altri ^^
Mi
auguro che questo chappy ti piaccia e non vedo l’ora
di leggere il tuo commento, ciao! Nyssa
Killkenny: non si nota vero che Bellatrix
mi sta antipaticissima, vero? Le ho fatto fare la parte della cattiva in tutte e tre le mie storie (e
nella shottina non l’ho fatto solo perché non avevo
abbastanza spazio per altre cose, figuriamoci per quella…).
Ad
ogni modo credo sia un po’ presto per cantare vittoria visto
che Bella andrà senz’altro a far compagnia al caro Tom da qualche parte,
ma non in questo chappy, come si può vedere ^_^
Spero
comunque che la storia continui a piacerti anche adesso che siamo ormai alla
fine… ciao e non vedo l’ora di leggere la tua recensione! Nyssa
DarkViolet92: innanzi tutto devo salutarti, quando hai cominciato a
postarmi commenti io ero già nella mia fase di superlavoro, quindi non ti ho mai
ringraziata come si deve, thank you
very much!
E
anche grazie per i bei complimenti che mi fai ogni volta, spero
che continuerai a leggere, ciao! Nyssa
_Nana_: probabilmente la tempesta non è stata come te la
immaginavi a compi di maledizioni senza perdono, ma
davvero, all’inizio ci pensavo e ho riflettuto che ero davvero invidiosa di
questa gente piena di poteri magici, così l’ho puniti a modo mio con ruoli da
manicomio e una battaglia che assomiglia alla lotta dei cuscini…
Ehehe,
credimi che l’odio per Bellatrix non è una cosa solo
tua, come si vede dalle mie storie, è lei la vera cattiva, non Voldemort che bene o male finisce sempre per morire…
Ciao carissima, spero di leggere presto un tuo commento! Un bacio e a presto, Nyssa
Lisanna Baston: ma ciao! Non ti devi assolutamente scusare, assolutamente! Tu non
recensisci ma io non faccio che aggiornare in ritardo, siamo un po’ esasperate
dal tempo, eh?
Sono
felice che la mia storia riesca a farti emozionare, credimi, è una cosa che fa
piacere sentirsi dire dai propri lettori e rende me, autrice pazza e
ritardataria, estremamente orgogliosa delle mie
piccole creazioni.
Mi
fa anche piacere sapere che tu abbia apprezzato l’uscita di Lady Voldemort, in effetti era da un po’
che riflettevo che se lui era Lord Voldemort, prima o
poi ci sarebbe dovuta essere una Lady, quindi era il caso di scriverci una
storia ed eccola qui…
Non
perdere la favella, mi raccomando, che voglio assolutamente leggere la tua
recensione! Spero che mi scriverai presto, ciao e un
bacione grande, Nyssa
DragonSlave: ebbene sì, m’inchino alla regina delle intuizioni
(oppure sono io che sono la regina della banalità, a scelta) che ha capito
tutto di come sarebbe andata la storia… spero davvero
che questo non l’abbia resa troppo insipida, sarà che io non riesco mai ad
acchiapparci nelle intuizioni sulle storie, mi faccio dei castelli spettacolari,
salvo poi scoprire che era tutto diverso e così ci scrivo sopra una storia io
^_^
Comunque
sia, torniamo a noi e al capitolo 28, su Lachlan e
Izayoi c’è ancora molto da dire, non lascerò cadere la loro storia così nel
nulla perché merita di essere raccontata, per quanto riguarda Gardis, invece,
sì, è proprio colpa della CARA Bellatrix se Gardis s’è
dovuta abbonare ad uno psichiatra, comunque la sua storia completa la
racconterò a sua volta, verrà il tempo della soluzione totale di questi
misteri.
Sai
che ti dico, non m’interessa se “bellissimamente”
esiste come parola (Word non me la dà errore, quindi dovrebbe), cmq anche se
non esistesse non m’importerebbe perché mi ha fatto felice ugualmente.
Mi
fa piacere di essere riuscita a mantenere almeno un po’ l’aura di mistero,
anche se ammetto che è stato difficile col sarcasmo dilagante di Gardis che
finiva sempre col rovinare i momenti più cupi, ma
Gardis è come me, ogni tanto parla troppo (raro) e dice le cose sbagliate (spesso)…
direi che quello che io e Gardis abbiamo più in comune è proprio una disumana
dose di ironia fuori luogo, fatto sta che i momenti romantici e quelli tesi non
fanno molto per noi.
Tu
puoi anche non vedere l’ora di leggere questo ventinovesimo capitolo, ma sappi
che io sono stracuriosa (e questo esisterà?) di leggere la tua recensione,
quindi spero proprio che me ne lascerai una, io aspetto impaziente! Ciao e un
bacione grandissimissimo! Nyssa
Lord Martiya: eh, ne so qualcosa di tempo che fugge, fatto sta che coi tempi che sto accumulando non credo ti sarai perso più
di tanto… e il vero motivo per cui questa storia è così ingarbugliata è solo perché
l’avevo già finita, sennò non sarei mai arrivata al punto dove sono adesso…
Spero
davvero che anche questo capitolo ti piaccia e mi auguro che continuerai a
seguirla fino alla fine! Ciao e a prestissimo! Nyssa