nella carne

«Sasuke verrà processato per i suoi crimini davanti a tutto il Villaggio, e giudicato dai Kage. Mi dispiace, Sakura, ma la giustizia deve agire, per il bene di tutto il mondo ninja», le disse Tsunade, e le teneva una mano sulla spalla.
Schizzò fuori, e non sapeva se stesse ansimando per la corsa o per ciò che sarebbe successo.
Questa volta nessuno poteva salvarlo.

Sakura si era sempre creduta una donna forte, come la maestra Tsunade. Le difficoltà dell'essere kunoichi e la scomparsa di Sasuke avevano contribuito a temprarla, ma ora tutto le scivolava addosso come pioggia di piombo.
Si erano sempre detti, lei e Naruto, che lo avrebbero salvato, che lo avrebbero riportato indietro, e così avevano fatto. Lo avevano riportato indietro nella sua casa. A Konoha, sì, ma con l'odio a divorargli il cuore.
E adesso, cosa sarebbe successo? Sasuke era pentito? E i Kage lo consideravano ancora un pericolo, rinchiuso nelle segrete di Konoha? Gli avrebbero mai permesso di tornare ad essere un ninja della squadra 7, come sarebbe dovuto essere? Troppe domande la tormentavano e la torturavano, e continuava a rigirarsi fra le coperte del letto, preda dei pensieri, dei se e del futuro.
E a Naruro, chi glielo avrebbe detto? Lo avrebbe accettato, come stava tentando lei? Rise alla notte, una risata quasi disperata, malinconica. Naruto avrebbe fatto il diavolo a quattro con i Kage pur di salvarlo dalla sua condanna.
Ma adesso, non pensava a Naruto, pensava a se stessa, a Sakura Haruno, disseppelliva i sentimenti che aveva nascosto tempo prima.
Il suo cuore sanguinava, e mille aghi le entravano nelle carni palpitanti, facendola soffrire dolorosamente. Sasuke. Il solo nome le evocava ricordi spaventosi e le faceva stringere le viscere in una morsa di desiderio e terrore.
Ricordava benissimo lo sguardo folle che aveva rivolto loro dopo essere stato catturato, insieme ai suoi compagni, mentre duellava contro la forza portante dalle Otto Code, ricordava benissimo come aveva tentato di uccidere Naruto durante il loro primo incontro, nel covo di Orochimaru, e la sua espressione priva di emozioni, come se non si fossero mai conosciuti, come se tra loro tre non fosse mai accaduto niente, non fossero stati compagni di squadra, non fossero migliorati insieme, non avessero condiviso tutto.
Sakura non poteva accettarlo, non ci riusciva. Si conficcava le unghie nei palmi e si diceva che la vita era davvero ingiusta, che i Kami avrebbero dovuto ascoltare le sue preghiere, riportare da loro, da lei, il Sasuke che lei e Naruto avevano conosciuto e per cui erano andati avanti e non avevano mai mollato.
Ma forse Sasuke era sempre stato così, forse il sigillo di Orochimaru non aveva fatto altro che portare a galla quella sua parte consumata dalla vendetta, e lui stesso lo aveva detto − che quando sarebbe stato abbastanza forte avrebbe ucciso il fratello. Forse Sakura si era sempre illusa.
Eppure non riusciva a togliersi dalla testa i suoi rari sorrisi da ragazzino, affiancati dai suoi occhi consumati dall'odio, quegli occhi neri come la pece che per anni erano stati il suo inferno e i suoi sogni − e lo erano ancora.
Era afflitta, schiacciata fra l'incudine e il martello, a causa di un uomo che non sapeva se continuare ad amare o cominciare ad odiare − perché in quegli ultimi quattro anni non era riuscita ad amarlo completamente, ma nemmeno ad odiarlo abbastanza.
Le sue mani stringevano convulsamente le lenzuola madide di sudore, affondava il viso nel cuscino, affogava i pensieri in altri pensieri, affogava se stessa in quel mare di incertezze.
Aveva come la sensazione di spaccarsi, e non riusciva ad impedirsi di voler restare, si trascinava avanti ma sempre a metà − perché l'altra era sempre stata, era e sarebbe rimasta ancorata a Sasuke e ai loro giorni felici.
Sakura si prende la testa fra le mani e urla alla luna, e piange, e getta le coperte a terra e anche la foto incorniciata in bella mostra sul comodino. Il vetro si rompe e i pezzi si sparpagliano sul pavimento − pezzi del suo cuore −, ma quando a piedi nudi li calpesta non li sente nemmeno.

Sasuke era immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto, e sembrava vuoto anche lui, un involucro a contenere nulla di meno che il niente.
«I Kage richiedono per Sasuke Uchiha, traditore del Villaggio della Foglia, seguace del traditore ninja leggendario Orochimaru e membro dell'Akatsuki, la pena di morte per avvelenamento. La decisione è presa e il consiglio è sciolto», e Sakura pensò che fosse solo un sogno, un brutto sogno, irreale. E così in effetti lo percepiva, percepiva tutto come se fosse dietro una patina, sfocato, lontano. Il pianto soffocato di Naruto le arrivava vago e indistinto, la stretta del maestro Kakashi che la scuoteva e le parlava era debole e davvero credette che fosse tutto un sogno.
Vide Naruto che urlava qualcosa ai Kage, mentre questi se ne andavano, e Tsunade lo teneva per le spalle, tentando di calmarlo.
Vide gli AMBU che prendevano Sasuke, e Sasuke non si ribellava, e non aveva detto una parola, non aveva rivolto loro nemmeno uno sguardo. Forse Sasuke era già morto, dentro.
Poi Kakashi la portò via, via da tutto quello, via da Sasuke, dal suo amore, dai suoi ricordi di bambina, e fu come quando spengono la luce.