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Autore: Levyan    08/08/2015    5 recensioni
Il Pianto delle stelle è un fenomeno naturale che si manifesta ogni dieci anni nei cieli di Sidera. È di nuovo il momento, numerosi gruppi di turisti provenienti da tutto il mondo si raggruppano nelle città di questa calda regione nel pieno della sua estate. Per un giorno speciale. Speciale soprattutto per due ragazzi, che inizieranno il proprio viaggio verso la Lega e per un terzo... che quel giorno vedrà per la prima volta la luce.
Il Pianto Delle Stelle fa parte della saga dell’orizzonte alternativo Pokémon One Soul, ambientato nell’universo del manga Pokémon Adventures.
Le stelle piangono, ma nulla è mai come appare.
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Levyanbräu (Pokémon Adventures)'
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Il Pianto Delle Stelle

Prologo - Nascita

 

Nel cielo di Sidera, non c’era l’ombra di una nuvola. Le stelle, dalla coltre oscura, illuminavano quella notte di agosto. La popolazione di tutta la regione aspettava impazientemente. Di Lì a poco sarebbe accaduto qualcosa, qualcosa di spettacolare. Una volta ogni dieci anni si poteva ammirare il Pianto delle Stelle, una surreale pioggia di stelle cadenti che si manifestava a intervalli regolari. Quella notte tra il ventotto e ventinove agosto, stava per accadere di nuovo.

 

Il belvedere della città di Delfisia era stato costruito appositamente per questo evento. Pochi anni prima, sul colle Altare, era stata edificata la terrazza omonima, progettata per ospitare le centinaia di persone che avrebbero corso abbastanza da prendere i posti migliori quella notte. Per onorare le antiche radici della città, il belvedere era stato costruito attorno alla meridiana della Gru, enorme orologio solare di marmo vecchio di oltre duemila anni, mai spostato dalla cima dell’altura, attrazione centrale della terrazza.

La folla, proveniente da Hoenn, Kanto, Kalos e da tutto il resto del mondo, girava per le strade di Sidera da giorni. Delfisia, come ogni altra città, pullulava di turisti che quella notte riempirono la terrazza Altare armati di videocamere, fotocamere e cellulari.

 

– Mamma che ore sono?

– Quasi le due, tesoro...

 

Nemmeno i bambini avevano sonno. Aspettavano lo spettacolo tra le braccia o sulle spalle dei genitori. Sapevano che, se si fossero persi il Pianto delle Stelle quella notte, avrebbero dovuto attendere altri dieci anni per rivederlo.

La folla era ansiosa.

 

Un ragazzo appoggiato alla ringhiera della terrazza aspettava, teso come gli altri, la caduta della prima cometa.

– Xavier! Xavier! Uff... scusi, permesso... – Una biondina particolarmente vispa avanzava zigzagando tra le persone, in direzione del ragazzo dai capelli castani.

– Celia! Sei qui! – Xavier era felice di vederla.

– Sono tornata in tempo! Sono tornata in tempo? – si rettificò trasformando l’esclamazione in una domanda.

– Sì, non è ancora successo...

Fu interrotto dalla voce di un bimbo.

– Mamma! Mamma! Ecco una stella!

Xavier si voltò. Celia si voltò. Tutta la folla si voltò.

In effetti, proprio in quel momento, una cometa falciò il cielo e scomparve tanto repentinamente quanto possibile.

Dalla folla si innalzò un sospiro sorpreso. Le videocamere cominciarono a riprendere, le fotocamere misero a fuoco. Nessuno voleva dimenticare quel momento. Due, tre, quattro... le comete cominciarono a piovere copiosamente.

Entrambi appoggiati alla ringhiera, Celia e Xavier, guardavano stupefatti.

Lei aveva quattordici anni. Il suo fisico iniziava a maturare, un principio di seno germogliava sul suo petto e delle timide curve cominciavano a scolpire i suoi fianchi. Indossava un top con le spalline sottili dello stesso colore dei suoi occhi, viola chiaro, quasi trasparente. Un paio di pantaloncini neri che arrivavano a metà coscia lasciavano le sue gambe libere di muoversi. I suoi capelli, di un biondo talmente chiaro da sembrare bianco, erano legati in una coda semplice e comoda.

Era la persona più vicina a Xavier, da sempre, almeno da quando ricordava. Il ragazzo che ora le stava accanto, per lei, era sempre stato un vero e proprio fratello.

Da ragazzini erano inseparabili, giocavano sempre insieme, ma il loro legame si strinse maggiormente quando i genitori di lei durante un viaggio di lavoro all’estero, scomparvero; Xavier la accolse a casa sua, Marcos, padre del giovane, fece in modo che l’affidamento della ragazzina fosse dato legalmente a lui. Aveva cinque anni, un presunto incidente aereo le aveva tolto le due persone che l’avevano messa alla luce, impiegò parecchio tempo per riprendersi.

Ora, viveva ancora con i due che le avevano dato una casa. L’insolita famiglia, originariamente stabilita a Unima, aveva deciso di trasferirsi a Sidera più o meno un anno prima. L’età dell’uomo si faceva sentire e il medico di famiglia aveva consigliato di lasciare la città di Austropoli per trasferirsi in un luogo dall’aria più pulita, più a contatto con la natura. L’uomo, onesto lavoratore per tutta la vita, aveva messo da parte una piccola somma di denaro che gli aveva permesso di comprare una modesta proprietà proprio in mezzo alla cittadina di Delfisia.

Celia, davanti a quello spettacolo, guardava il cielo. Stimolata dal momento, la ragazza, mise la sua mano su quella di Xavier. Il castano la guardò e sorrise. Le strinse quella sua manina morbida e delicata.

Xavier, sedicenne, era cresciuto contando soltanto sulla figura di suo padre. Marcos aveva avuto il primo figlio ad un’età abbastanza avanzata e non aveva mai raccontato al primogenito chi fosse stata la donna che l’aveva partorito.

Il ragazzo aveva dei capelli castani abbastanza corti che teneva perennemente dritti, alzandoli con l’ausilio dell’asciugacapelli. Era contrario al gel. I suoi occhi sembravano due perle nere. Abbastanza alto, slanciato. Celia, che era moderatamente bassa, arrivava con la fronte al suo petto. Era snello, forse grazie alla sua abitudine di uscire quasi tutte le mattine alle sei, per andare a correre. Faceva dai cinque ai dieci chilometri e tornava a casa, doccia e subito al lavoro. Dava una mano ad un allevamento Pokémon locale.

I ragazzi, fatta eccezione per l’aspetto, sembravano veramente fratelli. Erano uniti da un legame indistruttibile.

Celia, con il volto illuminato dalle stelle cadenti che sfilavano sulla nera passerella del cielo, ammirava in silenzio. Sorrisi, grida di turisti, stelle che cadevano dal cielo come lacrime. Sidera.

 

Intanto, quella notte, poco lontano dal belvedere Altare, nel Bosco Lira, fitta selva che sorgeva proprio sotto la terrazza, un ragazzo apriva gli occhi per la prima volta.

O forse no, non era la prima. Le sue pupille nere si abituarono alla luce delle comete che passavano sopra di lui in poco tempo. Il ragazzo si ritrovò al centro di un prato, completamente senza alberi. Era un piccolo spiazzo circolare vuoto al centro di quel bosco fitto e oscuro. Si alzò in piedi, ciò non gli dette fatica.

Sollevò il mento.

Contemplò quello che tutti chiamavano il Pianto delle Stelle. Sotto la brezza estiva, i suoi capelli lunghi, bianchi, si agitavano come eseguendo una strana danza.

– Chi sei?

Il ragazzo volse lo sguardo verso il bosco.

– Chi sei?

Nessuno.

Il ragazzo ci pensò un attimo.

– Kalut...

– Bene, Kalut, ben svegliato nel mondo degli umani...

 

– Ehi. – Una mano picchiettò sulla spalla di Xavier.

– Julie! – esclamò il ragazzo voltandosi.

Una ragazza dai capelli corvini era comparsa alle spalle dei due. Aveva un enorme sorriso in volto e i suoi occhi scuri e profondi ridevano più di lei.

– Sei arrivata! – fece gaudente il castano portandola alla sua destra e stringendola a sé.

Lei si lasciò cingere dal suo braccio. – Pensavi di liberarti facilmente di me? Ho avuto solo un piccolo contrattempo. – spiegò. – Che mi sono persa?

Uno “shhh” giunse dalla folla alle loro spalle. Nello stesso istante, un’altra stella cadente sferzò il buio spezzando quella sorta di fase di stallo in cui per alcuni minuti non era caduta la pioggia.

– Wow... – commentò estasiata la mora. – Da qui è tutta un’altra cosa... – proseguì lei che aveva intravisto la prima parte dello spettacolo dall’allevamento, appena prima di correre alla terrazza. Lei era la figlia del gestore dell’allevamento dove lavorava Xavier.

Celia, nel frattempo, era rimasta in silenzio. Aveva sorriso all’arrivo di Julie, ma nulla di più. Quando i suoi occhi chiari si incrociarono con quelli neri come l’oblio della ragazza alla destra di Xavier, i quali avevano compiuto una breve gita passando dal volto felice ma marchiato dal sonno dello stesso ragazzo castano, fino a concludere il viaggio con lei, la sua espressione fece la contorsionista circense.

– Ok, vi lascio un po’ da soli – disse sforzandosi di sorridere nei confronti di suo fratello.

Xavier ricambiò il suo sguardo. La bionda fissò ancora il cielo, quindi si allontanò dileguandosi silenziosamente tra le persone e prendendo posizione accanto alla telecamera di un inviata di Sinnoh Tv pochi metri più in là.

Era stata una sparizione più concettuale che materiale, Julie e Xavier si trovavano ancora in mezzo al marasma di gente, non erano affatto soli. Ma la unica presenza di Celia, logorava il momento di intimità dei due.

Qualche istante e Julie si prese lo spazio per stringere forte al suo corpo il braccio di Xavier. – è fantastico... – commentò suadente.

Le stelle, in quel momento cadevano numerose e il silenzio quasi surreale che si era creato opprimendo, come un topo che sottomette un leone, il chiasso generato dalla massa era il sottofondo perfetto per quel momento magico in cui le labbra dei due si incontrarono.

Passarono circa tre quarti d’ora tra effusioni e contemplazione del cielo; la gente aveva iniziato a stancarsi anche se, secondo la tradizione popolare, il Pianto Delle Stelle doveva durare dalle due della notte fino alle sei della mattina. La folla cominciava a diradarsi, le madri erano le prime ad andarsene, i figli si stufavano subito e toccava alle donne portarli via, i papà dovevano sempre dimostrare di essere uomini con in volto quell’espressione da “intanto vai tu, femmina, io sono maschio e resto a guardare” interrotta a brevi intervalli da profondi sbadigli. Quelli che se ne andavano per secondi erano i teenagers e i ragazzi poco più grandi, diretti verso bar, locali e pub assetati di alcol. Sulla terrazza si erano aperti dei buchi tra la folla che uno dopo l’altro si dilatavano facendola sembrare un colabrodo.

Dopo le due ore, i buchi della terrazza erano diventati i gruppetti di persone, il corpo del colabrodo era il pavimento rimasto vuoto. Piccole comitive, inviati delle televisioni, fotografi professionisti, scienziati e filosofi erano le razze rimaste, tutti rigorosamente sdraiati o seduti, in massa o da soli; il fatto è che dopo una cert’ora non si correva più il pericolo di estinzione, si aveva invece la certezza che coloro che erano rimasti lì fino a quel momento tanto lontano, non se ne sarebbero andati prima della fine.

– Savi... – fece infantile la mora strusciando la tempia al petto del fidanzato, i due si erano concessi di adagiarsi a terra. – ...andiamo...? – proseguì con un sorriso sbarazzino in volto.

– Nel nostro angolo? – chiese il ragazzo voltando appena lo sguardo.

– Nel nostro angolo – acconsenti quella.

Come due ombre si dileguarono da quel luogo, silenziosi e illuminati a tratti dalle comete, scomparvero sotto dallo sguardo vigile e quasi intristito di Celia. Discesero una scala, si portarono, mano nella mano, su un piccolo balconcino che nasceva al di sotto della terrazza Altare come una cellula-figlio in un processo di gemmazione.

Giunti a destinazione, i due si unirono di nuovo in un bacio, si abbandonarono su un lettino inclinato di pietra levigata posto lì al momento della costruzione. I loro occhi si chiusero e i loro corpi si unirono in quella calda notte, la notte dei poeti e degli assassini.

 

Nel frattempo, nel cielo, oscurata dalla luce bianca e pura delle altre stelle, passava l’unica scia viola di quella sera. Una stella cadente dal colore scuro sopra le teste di Xavier, Celia, Kalut. Sopra tutta Sidera.

   
 
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