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Autore: gantaneki    10/08/2015    2 recensioni
"Sarà davvero divertente."  Urla.
Prendo il viso tra le mani, sento gli occhi pizzicare, una lenta lacrima finisce per macchiare il mio volto avvolto nelle tenebre.
Ancora urla. Qualcuno mi aiuti.
Una risata malvagia giunge alle mie orecchie. Fatela smettere.
"Sarà davvero divertente, ci divertiremo, piccolo Naruto." Un grido si alza in cielo, urla disperate.
Sento tante lacrime bagnarmi il volto. Cosa posso fare ora? Sarebbe tutto inutile... Ormai ero fuori.
[Scritta anni fa ma mai pubblicata per vari problemi. Beta: Stylo_B (grazie mille per avermi aiutata, anche se è passato un bel po']
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kurama, Naruto Uzumaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Nero fu tutto quello che riuscì a vedere.

Nero: il colore dell'odio, della paura, della tristezza... Della solitudine. 

Il nero non mi piace, basta... Aiutatemi.

 

 

"Sarà davvero divertente."  Urla.

Prendo il viso tra le mani, sento gli occhi pizzicare, una lenta lacrima finisce per macchiare il mio volto avvolto nelle tenebre.

Ancora urla. Qualcuno mi aiuti.

Una risata malvagia giunge alle mie orecchie. Fatela smettere.

"Sarà davvero divertente, ci divertiremo, piccolo Naruto." Un grido si alza in cielo, urla disperate.

Sento tante lacrime bagnarmi il volto. Cosa posso fare ora? Sarebbe tutto inutile... Ormai ero fuori.

"Lasciati andare. Mi prenderò io cura di te. Tu sei me.

Lasciati andare alla mia volontà, Naruto. Prometto che stavolta non vedrai nulla… Sarò talmente veloce che i sensi di colpa non li sentirai nemmeno." Una risata più agghiacciante della prima riuscì a farmi chiudere completamente gli occhi, mentre altre paia di iridi, non celesti, ma rosse quasi fossero iniettate di sangue, si materializzarono nella mia mente. Un'unica luce era presente in quella notte, la luce opaca della luna.

Il corpo che freme, la gola secca, un battito di ciglia e tutto sparì. Non sentii nulla, non ero più io.

 

Quando quel ragazzino così puro aprì gli occhi, quel celeste da far invidia al più puro dei cieli e al più profondo dei mari fu sostituito da un freddo rosso: dei lunghi artigli rimpiazzarono le piccole dita, dita di quel bambino così innocente di appena dodici anni, sette code fuoriuscirono dal nulla. Ormai era troppo tardi.

Non giudicarmi anche tu, mia Luna.

 

 

 

Si svegliò di soprassalto. 

Non ancora, non di nuovo. Perché?

Era diventata un'abitudine, quella notte di distruzione continuava a tormentarlo.

Era impossibile scappare da se stessi. Lo sapeva bene.

Il biondo si passò una mano fra i capelli spettinandoli più del dovuto, gli occhi assonnati ripresero vita, quel il celeste che li contraddistingueva riprese a splendere.

Iniziò ad osservarsi intorno stiracchiando di tanto in tanto le sue povere braccia indolenzite a causa della posizione nella quale si era addormentato la sera precedente. Udì un fruscio impercettibile. Eccoli, erano arrivati. Sorrise.

"Arrivano, attento" la volpe avvertì il ragazzo ancora mezzo intorpidito.

"Non posso neanche dormire in santa pace-ttebayo?" sbraitò il biondo.

"Oi, non prendertela con me ragazzino" si lamentò la volpe.

Per risposta, sbuffò.

Doveva esserci cacciato proprio nei guai questa volta. Erano troppi per essere contati, perché ancora?

Ormai sapeva che chiunque gli desse la caccia lo faceva solo per l'enorme e devastante potere che il ragazzo aveva involontariamente in corpo. 

In poche parole, loro volevano il Kyuubi.

Un kunai colpì improvvisamente il sedicenne alla spalla sfiorandolo ma questi , invece di essere impaurito, ringhiò e con un sorriso si presentò di fronte a suoi “amici”.

I suoi occhi esprimevano solo freddezza. La luna era in alta nel cielo.

Con uno scatto si sporse in avanti colpendo un uomo alla testa con i suoi artigli e quest'ultimo cadde in un istante al suolo con un tonfo profondo.

Uno strato di membrana rossa iniziò ad avvolgere il corpo del giovane.

"Quanto mi divertite voi umani" sorrise la volpe.

Nessuno sarebbe riuscito a prevederlo, nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo, nessuno a parte lui.

Sorrise. Luna, non guardarmi. 

 

 

 

Un bambino biondo si trovava di fronte ad un'imponente accademia, era notte. C'era anche lei, la luna.

Si trovava da solo su una piccola altalena, stava piangendo.

Tutti lo odiavano, lo discriminavano, tutti…Nessuno escluso.

Era un bambino che conosceva l'odio, la sofferenza.

Ma lui era il ragazzo-volpe, perché non avrebbero dovuto odiarlo? 

Perché fa così male? Vi prego, fate smettere questo dolore.

Sebbene fosse così piccolo e indifeso mostrava di avere una grande forza di volontà.

Era un bambino coraggioso e determinato. Nessuno però sapeva che tutte le notti, proprio come questa,  sedeva su quell'altalena a singhiozzare silenziosamente. Solo la luna era testimone dei pianti di sfogo e frustrazione di quel piccolo angelo biondo, lei piangeva con lui.

A volte per consolarlo lasciava che alcune delle stelle cadessero per lui, per renderlo felice. O forse era tutta un'illusione per farla sentire meno impotente? 

Magari perché stesse meglio gli faceva credere che quelle stelle avrebbero esaudito i suoi desideri, che gli avrebbero cambiato la vita…Forse era solo per alleviare i sensi di colpa.

Forse.

Ciò nonostante il biondo sorrideva impercettibilmente ogni qual volta vi cadesse una piccola stella.

Illuso.

Sorrideva…Per non piangere? Sorrideva ma moriva lentamente dentro, a poco a poco.

Era un bambino a cui era stata tolta l'infanzia, era un bambino cresciuto con odio.

Era davvero bambino?

Era davvero figlio di qualcuno? Probabilmente era solo un'altra illusione.

Chi sono? Perché...Sono questo? Non voglio.

Mostro, ecco cos'era. Forse era veramente un mostro. 

Mostro, che parola crudele da dire ad un bambino. 

Tese ancora le labbra mentre la luna moriva dentro, così come la felicità del piccolo biondo che mano a mano svaniva.

La sua fredda risata riecheggiò nella notte mentre si trasformandosi in un gemito feroce, uno sfogo rumoroso.

Lui era solo e solo sarebbe rimasto. 

Aiuto, qualcuno mi aiuti. Vi prego.

 

 

Iniziò a correre. Alle sue spalle vi erano dozzine di corpi privi di vita.

Rise. Ormai la morte lo divertiva.  

"Hai finito di spassartela?"

"Puoi dirlo forte, Kurama" con uno scatto iniziò prese a saltare da un ramo ad un altro.

La vita era troppo fragile, troppo mortale. 

La vita poteva spezzarsi facilmente, forse anche troppo. Eppure lui non aveva paura di morire, anzi la morte lo divertiva solleticava. 

"Smettila di ridere ghignare e muovi il culo, dobbiamo trovare un villaggio" la volpe si sistemò meglio deponendo la testa sulle braccia incrociate.

La morte accompagnava da sempre il suo cammino, così come la luna.

"Si, capo-ttebayo."

"Tsk." 

Eppure lui ne era felice, preferiva che ci fosse la luna l’astro lucente ad affiancarlo nel suo cammino invece di quelle insulse “persone”.

Odiava la gente. Le persone erano tutte uguali. 

Ciascuna commetteva gli stessi errori, gli stessi sbagli. Poi però erano tutti lì, tutti pronti a giudicarti.

Deboli.

Boriosi.

Meschini.

Peccatori.

Bugiardi.

Insignificanti.

Odio, puro e semplice odio: lui provava solo questo per quelle creature. 

Avrebbe preferito non essere paragonato a loro, non voleva essere considerato un loro simile.

Avrebbe voluto piuttosto tagliare ogni suo legame con quell'umanità… Così corrotta e misera.

Sapeva che, in fondo, tutti i mostri sono umani e lui non voleva essere reputato un mostro.

Ma lui era un mostro, forse il peggiore. 

Lo sguardo si posò sulle sue mani ricoperte di sangue, era stato lui a provocare quel dolore, quelle perdite, tutto quel sangue. 

Chissà cosa pensava di lui la luna. Alzò gli occhi per poi  scorrerli su quel villaggio, in lontananza, illuminato da mille colori differenti.

Eccola, Konoha, in tutto il suo splendore. Rise, stavolta ci sarebbe stato davvero da divertirsi. 

Da quattro anni non vi ritornava, era scappato una notte per non fare più ritorno. 

Ricordava solo di essersi trasformato, già… Lo strato di membrana rossa aveva avvolto tutto il suo corpo. 

Non aveva molte memorie dei sue primi dodici anni di vita.

Gli uomini lo avevano cercato a lungo, perché lui era il loro scudo, ma anche la loro spada. 

"Siamo arrivati, eh?"

Lui era importante per la guerra. Già, la guerra. Nel caso di una battaglia lui avrebbe dovuto essere la loro mossa d’attacco, un’arma che senza esitazione avrebbe dovuto uccidere. Lui era jinchuuriki della volpe, forse anche l'unico che aveva un accordo con il proprio bijuu. 

Nessuno degli altri otto jinchuuriki infatti era riuscito a creare questa “relazione”… Ma lui si. Lui e Kurama erano simili, così simili che la convivenza non era così male dopotutto. Anzi, faceva sentire meno soli. 

"Oi, Kura-chan, stai dormendo?" 

"Smettila di chiamarmi così moccioso, io sono il grande Kurama, la volpe a nove code. Porta rispetto."

Il biondo rise, già... Meno soli.

Da piccolo però non era andata così… Lui era un bambino solare: alla volpe non piaceva. 

Sorridi troppo, moccioso. Già, sorrideva troppo. Non conosceva il dolore della solitudine, della perdita, della paura... Non conosceva la sofferenza in generale. Le persone erano riuscite a cambiarlo, erano riuscite a renderlo il Naruto che era ora. Forse avrebbe potuto anche ringraziarle. 

"Naruto, tutto bene?"

"Certo, per chi mi hai preso? Non sono così debole" rispose il biondo. La volpe sbuffò; era preoccupata per il ragazzo, ma cercava di non darlo a vedere. 

"Sto bene" continuò il ragazzo alzando lo sguardo verso il cielo.

Sarebbe meglio che non mostrassi il mio vero aspetto, pensò il biondo grattandosi con l'indice la guancia segnata da delle strane cicatrici: si trattava di tre segni paralleli su entrambe le gote, sembravano dei baffi…Baffi di una volpe.

In un attimo, usando la tecnica della trasformazione del corpo, cambiò le proprie sembianze: i capelli ora erano un po' più lunghi sui lati, bui come la pece; indossava una maglia nera a mezze maniche ed un paio di pantaloni del medesimo colore, inoltre aveva portava legati su entrambe le braccia dei legacci rossi che arrivavano fin sopra al gomito, infine un lungo mantello scuro riparava dal freddo di novembre il suo corpo. L'unico dettaglio che non riuscì a nascondere furono proprio i tre baffetti che aveva su entrambe le guance. Il motivo era semplice: non poteva nascondere di essere il jinchuuriki per un lungo lasso di tempo. Neanche la tecnica della trasformazione lo permetteva. Doveva "conservare" qualcosa della volpe.

"Piccoletto, cosa intendi fare?" chiese la volpe sorridendo, mentre con attraverso gli occhi rievocava  quel luogo così nostalgico.

"Kurama, non ti andrebbe di svagarti?" chiese a sua volta Naruto mentre vagava per quel piccolo villaggio che aveva segnato gran parte della sua infanzia.

La volpe sbuffò, anche se si percepiva che in realtà era molto allettata all'idea.

"Per ora ho bisogno di un posto dove dormire, sai che mi stanno ancora cercando... Anzi mi correggo, CI stanno ancora cercando" rise Naruto mentre controllava se ci fosse una stanza a basso prezzo sulle insegne sparse per le vie.

La volpe lo sapeva e non voleva di certo rifinire finire di nuovo nelle mani di quei tipi. Preferiva il piccolo sbruffone biondo, quasi gli piaceva. 

Naruto cominciò a vagare per le strade di un quartiere: "Uchiha, eh?" si passò una mano tra i capelli, era decisamente stanco. Magari lì c'era qualche appartamento modesto, forse avrebbe avuto fortuna.

"Aspetta, ma Uchiha… Mi ricorda qualcosa." 

"Itachi, Uchiha Itachi" gli rispose seccato Naruto.

"Quello che ci sta dando la caccia, dicono che abbia distrutto il suo clan" continuò Kurama.

"Lo so, è strano che ci sia ancora, se fossi stato al posto di Tsunade-bacchan avrei già distrutto questo quartiere."

"Già, c'è qualcosa che non va… Vedi quella casa?" domandò la volpe.

"Sì, l'unica con le luci accese. Forse c'è qualcuno." 

"Impossibile. Non farebbero entrare nessuno in questa zona, a meno che non sia un Uchiha." 

"Allora quell’Itachi deve aver risparmiato qualcuno... Dicono avesse un fratellino." 

"Mh, forse la vecchia ne sa qualcosa. Infondo tu eri solo un bambino quando ce ne siamo andati, tutto quello che sai è a causa dell'Akatsuki e per merito mio." 

"Già…" 

Un brontolio lo colse Naruto impreparato.

"Magari è meglio se prima mettiamo qualcosa sotto i denti." 

La volpe arrivò a stringersi la pancia dal troppo ghignare, al punto di contagiare anche il moro che scoppiò a ridere in una fragorosa risata.

"Kurama, ho fame-ttebayo" si lamentò quest'ultimo, mentre si asciugava le lacrime d’ilarità. 

"Ma non mi dire, non lo sospettavo minimamente" lo canzonò la volpe. "Se non sbaglio, dove siamo passati prima c'era un chiosco di ramen." 

Il moro si incamminò nella direzione descrittagli dal suo bijuu. 

Una volta arrivato Naruto ordinò una porzione enorme di ramen, sembrava davvero delizioso.

"Ecco a te, piccolo" gli sorrise calorosamente l'uomo quando tratteneva ancora la porzione di ramen in mano.

Una volta pagato con i pochi soldi che aveva, il moro si sedette per mangiare. "Itadakimas-" 

"Nh, che succede?" chiese la volpe annoiata.

"Nulla, stavo pensando che dovrei anche cambiare nome…Tutti conoscono il grande Naruto Uzumaki" il suo sguardo si posò sulla porzione di ramen, mentre gioiva silenziosamente. Kurama emise un lamento simile ad una risata.

Ad un certo punto però Naruto fece una faccia infastidita. 

"Perché c'è così tanta menma?" 

"Carino come nome" rifletté la volpe.

"Mh, odio la menma." 

"Che Menma sia, allora" convenne quest'ultima.

Il moro sbuffò, odiava proprio questo appellativo. Ma che cazzo di nome è?

Una volta finito di mangiare, verso le nove di sera, si incamminò per quel quartiere. 

Doveva assolutamente trovare la vecchia. Si coprì come meglio poteva con la veste nera e si incamminò verso il palazzo dell'Hokage, indossando una maschera bianca decorata di rosso.

Neh Luna, sembra anche a te che sia cambiato questo villaggio? Sorrise, ma si sentì morire dentro. Come tutte le volte.

 

Non sorridere, se sei triste va bene anche piangere.

 

"Kakashi, lui è arrivato." 

Una donna con le braccia incrociate sorrise.

"Lo so, Hogake-sama" rispose l'argenteo con un inchino prima di congedarsi.

"Nessuno deve sapere che è qui, nessuno." 

"Come desidera" rispose egli e nel frattempo anche Yamato, o meglio Tenzo, si congedò raggiungendolo. 

"Kakashi-senpai, come facciamo?" domandò il possessore del mokuton, l'arte del legno.

"Mh, la prima cosa che farà sarà venire qui, non preoccuparti" sorrise, o almeno così sembrava.

Una voce conosciuta giunse alle orecchie dei due:

"Oi, Tsunade-bacchan, da quanto tempo." 













 

 

 

[Scritta anni fa, non so se continuarla...]

  
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