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Autore: Adell Hawkins    10/08/2015    0 recensioni
1832, Parigi.
Lui non se la sentiva di partecipare a quella follia.
Morire per la libertà era una causa nobile, ma lui non voleva buttare via la sua vita per quell'obiettivo così difficile da raggiungere.
Eppure l'avrebbe fatto per lui.
Avrebbe eretto una barricata per lui.
Avrebbe imbracciato un fucile per lui.
Vorrebbe solo un giorno in più, e viverlo al massimo.
"– Solo un giorno…
L’attenzione di tutti i presenti si spostò sulla persona a capo dell’enorme tavolo.
– Solo un giorno prima della tempesta – disse ancora l’uomo, rigirandosi un foglio di carta stropicciato in mano.
La tensione e il silenzio si sentivano pesantemente dentro la stanza, umida e malamente illuminata.
Sul volto si poteva scorgere un leggero ghigno, che diventò presto una risatina sommessa.
– Voi siete sicuri di poterla affrontare?"
***
LEGGETE L'ANGOLO AUTRICE, HO QUALCHE INFORMAZIONE PER VOI!
Adell Hawkins ~
Genere: Azione, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Duncan, Trent, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale
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Quel giorno in più
 
Leggete l’angolo dell’autrice, è importante!
Ah, e ascoltate questa.
 
 
1832, Parigi
 
Solo un giorno…
L’attenzione di tutti i presenti si spostò sulla persona a capo dell’enorme tavolo.
– Solo un giorno prima della tempesta – disse ancora l’uomo, rigirandosi un foglio di carta stropicciato in mano.
La tensione e il silenzio si sentivano pesantemente dentro la stanza, umida e malamente illuminata.
Sul volto si poteva scorgere un leggero ghigno, che diventò presto una risatina sommessa.
– Voi siete sicuri di poterla affrontare?
Passò il suo sguardo da superiore su ognuno dei presenti.
Persino coloro che si erano sempre mostrati più impavidi, tremavano come la fiamma delle candele.
Chef[1], potremmo rivolgerle la stessa domanda – disse uno dei ragazzi presenti, a nome di tutti.
– Che c’è? Ve la fate addosso ora?
Il silenzio continuava a dominare nella stanza.
– Guardate, – sentenziò ancora il capo – tiratevi indietro ora e non vivrete abbastanza per riuscire a trovare un pezzo di pane per sfamarvi – annunciò passando il suo indice su ognuno di loro.
Girò intorno al grande tavolo, passando accanto ai presenti.
– Abbiamo discusso un intero anno a proposito della nostra libertà, della nostra indipendenza. Il sangue ci ha ribollito nelle vene per un intero anno…
Si passò una mano tra i capelli corvini.
– La rivoluzione dei nostri padri[2] non vi ha insegnato niente, a quanto vedo.
Piantò un coltello sulla mappa della città distesa sul banco.
– è tempo di ribellarci! Ragazzi, è la nostra ora! Non vorrete morire di fame a causa di un governo tiranno?
Chef, hai mai pensato che qui ci sono in ballo le nostre vite?
I presenti sobbalzarono. Nessuno aveva mai osato contraddire il capo.
– Le nostre vite? Le nostre vite sono solo di passaggio su questo mondo, ma la libertà, la libertà… abbiamo la possibilità di farla durare e uscirne vittoriosi!
Il capo dei rivoluzionari era conosciuto per le sue ottime capacità oratorie, oltre per il fatto di essere un ragazzo nobile d’animo e dedito a sacrifici.
– Questa è la nostra città – disse il capo indicando la cartina – qui ci sono segnati tutti i luoghi dove sorgerà la nostra difesa.
I rivoluzionari ricominciarono a prestare attenzione.
– Nei luoghi segnati con una X sorgeranno le barricate minori – disse indicando i punti segnati – e qui davanti, in Rue de la Liberté, sorgerà la barricata madre, la più grande di tutte… Veramente buffo, la via della Libertà sarà il luogo della nostra vittoria!
A grandi passi si avvicinò verso uno stendardo rosso, lo sollevò in aria.
– Siete con me, fratelli, versò un nuovo domani?!
Un boato di approvazione si elevò dal gruppo dei presenti.
Solo uno di loro se ne stava buono in un angolo, stringendo la bandiera della repubblica francese tra le dita delicate e pallide.
– Ehi, inglesino! Vieni a darci una mano?
Il ragazzo venne presto risvegliato dai suoi pensieri e chiamato dagli altri che si affaccendavano con i preparativi.
Trent Smith, ragazzo londinese adottato dalla Francia quando era solo un bambino, proprio non ne voleva sapere della rivoluzione.
Il suo aspetto efebico, accentuato nel volto, giovane e incredibilmente bello, lasciava intendere e sospettare che fosse un ragazzo dedito allo studio dell’arte, della cultura classica.
Quella situazione era iniziata quando il suo amico d’infanzia, Donnchad[3] Morel, si era messo in testa questa storia dei cambiamenti e della libertà.
Dal canto suo aveva sempre provato a spronarlo, a fargli cambiare questa pazza idea suicida, ma non ci era mai riuscito.
Donnchad, o più semplicemente detto Duncan, aveva l’animo di ribelle, poco preoccupato del fatto che avrebbe potuto portare disonore al nome della famiglia Morel, o al fatto che questa era la volta buona per lasciarci le penne.
– Duncan! – lo chiamò dall’altra parte della stanza.
– Trent, vieni a darci una mano! C’è da sistemare le baionette, la polvere da…
La frase rimase tranciata a metà.
Il capo aveva visto una sfumatura di disapprovazione negli occhi smeraldini dell’amico.
– Senti Trent, ne avevamo parlato, mi hai esplicitamente detto che eri d’accordo!
– Beh, nella vita si può anche cambiare idea!
L’urlo del ragazzo rimbombò nel covo.
Duncan rivolse uno sguardo ai compagni; con un cenno di capo gli intimò di continuare il lavoro.
– Trent, ragiona…
– No Duncan, qui l’unico che deve ragionare sei tu! Questo non è come quando giocavamo a fare la guerra da bambini… Qui le armi sono vere, la rabbia è vera… La morte è vera.
Gli occhi di ghiaccio dell’interpellato brillarono per un attimo di una luce diversa, una luce di chi teme.
Poggiò le mani sulle spalle dell’inglese: – Trent, guardali – disse voltandosi verso il gruppo di rivoluzionari – c’è la sicurezza nei loro occhi, la determinazione. Con le nostre capacità, la nostra determinazione, le nostre strategie, domani potremmo uscire con la vittoria in tasca!
Il ragazzo sollevò in alto il tricolore francese.
– Pensaci Trent… Un domani diverso!
Un domani diverso, a quale prezzo però? pensò il corvino, torturandosi le mani e torcendole l’una contro l’altra.
– Il nostro cuore batterà al ritmo dei tamburi domani!
– Duncan…
– Trent, sei con noi, giusto? – chiese con tono autoritario.
Gli occhi cerulei del capo si poggiarono su Trent.
Come avrebbe accettato ora?
Lui voleva solo un giorno in più.
Un giorno in più per riflettere, per provare sensazioni.
Quel giorno in più avrebbe fatto la differenza, tanta differenza.
Sapete quante cose si possono fare in più in un giorno?
Sarebbe voluto tornare bambino, correre sui prati di campagna, ammirare il sole tramontare sulla Senna, ridere come un matto insieme agli amici.
Quell’aria di felicità se n’era andata da anni ed era stato facile rimpiazzarla con una finta maschera di benessere.
Voleva fare tutto quello che non aveva fatto in anni e ora non avrebbe fatto più in tempo.
Si vedeva lui, su una barricata, ad imbracciare una baionetta, ad uccidere?
La loro causa era buona dopotutto…
La sua mano si tese verso quella dell’amico.
– Forse sono sufficientemente pazzo, non mi rendo conto di quello che sto per fare, – incalzò con voce tremante – ma sento il bisogno di essere con te fino alla fine.
Senza troppi giri di parole, quello era un sì.
 
Un giorno in più!
Era l’unica cosa che ormai non contava più, mentre correva come un pazzo cercando di seguire il popolo in rivolta.
– Alle barricate!
Quell’urlo rimbombava nella testa, quasi più forte del clangore delle baionette, dei passi per le strade sporche.
Tutto era troppo confuso.
Trent era sul punto di scappare, andarsene, e non avrebbe più avuto bisogno di un giorno in più, avrebbe avuto tutta la vita davanti!
Ma ad un tratto lo vide.
Donnchad Morel, nella sua fiera postura, i capelli corvini spettinati dal vento.
Urlava ordini e intimava ai ribelli di agire.
– Duncan!
– Trent, non con me! Vai alla barricata di Rue de Lisbonne!
– Io sono con te Duncan, fino alla fine!
– No Trent, non stavolta!
Vide il suo amico andarsene, verso Rue de la Liberté.
Sentì quasi le ginocchia cedergli, mentre impugnando la baionetta, veniva trascinato verso Rue de Lisbonne.
– Quando saremo liberi?! – si sentì provenire dalla folla.
– Oggi! – rispose un altro.
Il cielo tuonò violentemente e si fece grigio.
Lui invece li vedeva già morti.
 
Ecco, un giorno era passato.
Aveva piovuto e avevano combattuto sotto la pioggia.
La barricata di Rue de Lisbonne era stata espugnata dopo un’ora di lotta, lui era riuscito a scappare e a mettere in salvo quante più armi possibili.
Nella notte, coi piedi fradici che affondavano nelle pozze, correva facendo cautela ad ogni suo movimento.
Durante lo scontro era stato ferito al braccio dalla lama di una baionetta e aveva medicato la ferita alla meno peggio.
Rue de la Liberté era vicina, le luci diventavano più nitide, la presenza dei ragazzi si faceva più sicura.
Ed eccola lì, la barricata più grande di tutte.
Occupava tutta la larghezza della strada, piena di mobili e oggetti di ogni tipo; sulla cima sorgeva una bandiera blu, bianca e rossa.
– R-ragazzi! – li chiamò Trent.
– Trent! Che si fai qui? Perché hai lasciato la barricata?
Il ragazzo lasciò cadere le armi a terra e cadde in ginocchio.
– Duncan, non puoi capire… Sono morti tutti! Hanno abbattuto la barricata come se fosse fatta di carta… C’erano pozze di sangue ovunque! I nostri amici non ci sono più! – disse quasi urlando, senza riuscire a trattenere le lacrime, che sgorgarono sulle guancie sporche del giovane.
Seduto in un angolo, stava Devon Joseph, un ragazzone dalla pelle scura che come lui odiava combattere.
Come lui aveva seguito un amico in battaglia, altrimenti non si sarebbe mai trovato in quella situazione.
– Abbiamo dovuto uccidere… Ora inizio a chiedermi se stiamo facendo la cosa giusta – sentenziò Devon Joseph.
Si sedette accanto ad un corpo senza vita; il suo amico Geoffry non avrebbe più aperto gli occhi e assaporato la libertà per qui tutti stavano o avevano lottato.
Una fila di cadaveri si estendeva sotto un porticato.
Tra di loro c’erano molti ragazzi anche sconosciuti, che si erano uniti nella foga del momento.
C’erano anche delle donne, come Joanne, un maschiaccio patita di queste idee rivoluzionarie; dei bambini, come Cody, un monello di strada.
– Jo, Cody, Geoffry…
Trent non si capacitava ancora di cosa fosse appena successo.
– Duncan, stiamo buttando via le nostre vite! – disse il moro, scuotendo per le spalle il suo amico – Siamo molto probabilmente l’ultima barricata rimasta!
Duncan guardò la scena e non si scompose di un minimo.
Salì in cima alla barricata: – Tutti voi, i pochi rimasti, abbiate fede. Domani sarà l’alba di un giorno migliore, vedrete.
Trent fece per ribattere, ma sarebbe stato inutile.
Erano in meno di venti.
Si sedette su una vecchia sedia messa nel cumulo.
A formare la barricata c’erano molti mobili tra cui un piano nero, ormai distrutto.
I tasti d’avorio bianco erano sparsi per la strada.
Non gli sarebbe dispiaciuto sentire una dolce e malinconica melodia, accompagnata dalla pioggia fine che batteva sulla strada e sulle loro speranze.
Un giorno in più.
Quella futile battaglia sarebbe durata un giorno in più.
Dovevano avere fede.
– Avrò fede, Duncan. Per te… – bisbigliò, prima di addormentarsi in un sonno inquieto.
 
– Studenti della barricata, arrendetevi!
L’urlo dei soldati echeggiò nella strada.
– A cosa vi serve buttare la vostra vita così? Non è un po’ presto per finire al Campo Santo? – continuò un soldato.
– Non ci arrenderemo! Piuttosto siamo disposti a farci torturare! – urlò Duncan – Saremo in svantaggio numerico, ma siamo uniti, in nome della libertà!
Trent strinse la baionetta finché le nocche non gli diventarono bianche.
Sudava freddo, aveva paura e non poteva scappare.
L’aria era ancora umida e faceva freddo; era solo l’alba.
– Fuoco!
Un colpo di cannone partì dalla schiera dei soldati.
Una buona parte dei mobili della difesa saltò in aria, scheggiandosi e ferendo i ribelli.
Ci fu uno scambio di colpi infinito.
Molti soldati rimasero feriti e la maggior parte dei ragazzi morì sotto il colpo dei cannoni, colpito da una pallottola, o ferito da una lama delle baionette.
Rimasero solo in quattro.
– Siamo spacciati, è finita – disse alla fine il capo.
Chef, che facciamo?! Ci uccideranno!
– Io…
– Duncan, non iniziare a fare discorsi stupidi come “dobbiamo morire con onore”, vuoi salvarti o no? – disse con rabbia l’inglese.
Il panico si scatenò sulla barricata, quando i soldati cominciarono ad abbatterla e ad oltrepassarla.
– Via ragazzi, via!
Tutti seguirono il loro capo, scapparono nella prima direzione che si apriva davanti a loro.
Corsero a lungo, i soldati erano alle calcagna.
Si udirono degli spari.
– Devon Joseph, Mike!
I due ragazzi erano stati colpiti e ora giacevano a terra, calpestati dai soldati.
I due amici percorsero la via sporca di sangue, svoltando quante più volte potevano.
Speravano di farcela, e sembrava quasi fatta quando i soldati alle loro spalle si facevano più distanti.
Eppure il destino volle giocare con loro, quando i due si trovarono davanti ad un vicolo cieco.
Cercare una via di fuga sarebbe stato inutile, i soldati erano già lì.
– Bene ragazzi, un ultima parola? – chiese uno di loro, puntando il suo fucile insieme a quello dei colleghi contro i due ragazzi.
Si guardarono: erano entrambi sporchi, feriti e stanchi.
Era davvero la fine?
– Donnchad Morel, è stato un onore conoscerti.
– Anche per me, Trent Alistair Smith.
Si abbracciarono.
– Ci rivedremo nei campi del Signore, lì saremo liberi – bisbigliò velocemente Duncan, prima che i soldati sparassero su di loro.
A Trent venne in mente quel giorno in più che aveva sognato: adesso l’avrebbe vissuto in eterno.

~~~
 
Note utili (per voi)
 
  1. Chef è l’equivalente francese dell’italiano “capo”, aggettivo riferito a Duncan.
  2. Qui con “rivoluzione dei padri” s’intende la Rivoluzione Francese (1789-1799).
  3. Donnchad è l’equivalente scozzese del nome “Duncan” (‘nsomma regà, non potevo usare nomi inglesissimi in una storia ambientata in Francia).
 
Adell Cafè (IMPORTANTE!)
 
Sveiki vaikinai!
Oggi non girerò intorno a tante storie.
 
AVVISO IMPORTANTE COME L’ARIA CHE RESPIRATE E COME I BISCOTTI
 
Io, Grecoes e Rosalie97 abbiamo in mente di fare un contest, per testare le vostre capacità di scrittura e per mettere alla prova la vostra abilità creativa.
Il contest si chiama “Tell me a HiStory”.
Perché?
Perché si tratta di scrivere una One-Shot a tema attuale, storico o futuristico.
Se volete partecipare, vi prego di avvisarmi SOLO ED ESCLUSIVAMENTE per messaggio privato e NON in recensione.
Vi invieremo le regole per messaggio.
 
Grazie per la disponibilità!
 
Recensite se vi è piaciuta la storia, e ci vediamo sulle barricate!
 
Adell Hawkins ★
 

 
 
 

 
 
 
 
 
   
 
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