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Autore: Yu_Kanda    10/08/2015    1 recensioni
Lavi cantava. Cantava cose senza senso, come un ubriaco che perda la nozione della realtà, una povera anima disperata che abbia smarrito la ragione. Sì, si rendeva perfettamente conto di quanto, a quelle guardie là fuori, il suo comportamento dovesse sembrare folle; e, d'altro canto, si sentiva del tutto giustificato, data la situazione in cui si trovava.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: non possiedo alcun diritto su D. Gray-man, ma ho una bella bambolina woodoo... prima o poi funzionerà!

ATTENZIONE YAOI - se non sapete cosa questa parola voglia dire, o se non gradite le relazioni uomo/uomo questa storia non fa per voi, siete avvisati! Come si dice, se non vi piace NON LEGGETE!


Questa storia partecipa al contest “Briciole di Letteratura”, indetto da Radioactive sul forum di EFP


In un imprecisato momento della mia vita ho indetto un contest sul forum di EFP, dedicato esclusivamente a storie Lavi/Kanda. Con mio profondo disappunto tutte le storie presentate non avevano un lieto fine... ragion per cui nel tempo, nonostante avessi giurato di non scrivere mai più 'In Universe', ho provveduto io stessa a dare un seguito e il conseguente lieto fine a due delle storie partecipanti. La prima è stata “Speranza Senza Redenzione”.

Altra coincidenza bizzarra, le due storie trattavano entrambe lo stesso argomento, l'arresto per sodomia, pur avendo preso spunto da prompt completamente diversi. E io che mi lamentavo che nel fandom nessuno prendeva in considerazione il fatto che nel periodo storico in cui D.Gray-man è ambientato l'omosessualità era un crimine...

Tutto questo preambolo per dire che “Il Sentiero della Memoria” è da considerarsi il seguito di “Fantasma”, di Audrey_24th. Volevo inserire il link alla storia, ma mi sono resa conto che Audrey si è cancellata da EFP... Pazienza.


Questa storia è stata pubblicata per il compleanno di Lavi



 

Il Sentiero della Memoria


Capitolo 1: Recriminazioni

 

Lavi cantava. Cantava cose senza senso, come un ubriaco che perda la nozione della realtà, una povera anima disperata che abbia smarrito la ragione. Sì, si rendeva perfettamente conto di quanto, a quelle guardie là fuori, il suo comportamento dovesse sembrare folle; e, d'altro canto, si sentiva del tutto giustificato, data la situazione in cui si trovava.

Cantare la rendeva surreale, una specie di sogno malato, frutto solo della sua mente turbata. La prigione, le catene che lo tenevano inchiodato al muro marcio, la sporcizia tutt'attorno, gli abiti laceri, l'odore pungente del sangue che a tratti ancora sgorgava dalle sue ferite. Solo un brutto sogno, un terribile, bruttissimo sogno.

“Chiudi quella fogna, sodomita,” gli giunse da oltre la porta “il puzzo del tuo fiato appesta tutto.”

“Vorrei sapere la musica,” mormorò con aria assente, più a sé stesso che alla guardia che l'aveva appena rimproverato.

“Non un'altra parola, o riceverai il resto delle frustate che il tuo vecchio ci ha impedito di darti al processo.”

La minaccia fece comparire un sorriso amaro sulle labbra di Lavi. Il processo, certo. Il processo. Lui e Kanda, condannati senza appello per un crimine così abominevole agli occhi della Chiesa che i giudici stessi esitavano a pronunciarne il nome; separati, imprigionati e torturati.

Vorrei saper la musica (1), continuò la sua mente, per esprimere, senz'essere inteso da nessuno, neppure da te, tutto questo tumulto di vita che mi gonfia l'anima e il cuore. Nessuno lo saprà mai, caro Yuu, anche se il mio cuore ne dovesse scoppiare. Basta... basta continuare a recitare.

Oh, lui ci aveva provato, aveva fatto di tutto per impedirsi di provare quello che provava, per nasconderlo a tutti e in particolare agli occhi indagatori di Bookman. Finché, in un momento di debolezza, aveva ceduto. Gli sfuggì un sospiro allorché i ricordi iniziavano ad affollargli la mente.

La stanza della solita stamberga in cui l'Ordine li alloggiava durante le missioni, piccola e misera; gli sguardi che Yuu gli lanciava, quella sera, così strani... come se volesse dirgli qualcosa. Invece, se lui ne intercettava uno, Yuu si voltava, ostentando la solita aria seccata; lo metteva a disagio, era come se avesse capito e quel dubbio lo tormentava.

“Sei troppo silenzioso,” risuonò nella stanza a un certo punto e Lavi si voltò, stupito che Kanda gli avesse rivolto spontaneamente la parola “è strano; e mi guardi in modo strano. Che hai in mente?”

Lavi emise una risatina nervosa, l'unico occhio fisso sul giovane mentre gli s'avvicinava.

“P-Pensavo la stessa cosa, sai?” balbettò, incapace di rompere l'incantesimo e distogliere lo sguardo da Kanda.

“Che hai in mente,” ripeté questi, il tono neutro, calmo, avanzando ancora.

Lavi indietreggiò di riflesso, finché non si trovò con le spalle al muro; s'aspettava uno scatto d'ira, d'essere colpito, interrogato più bruscamente. Invece Kanda si limitava a fissarlo con quell'aria strana. Ha capito, Yuu ha capito, si è accorto, lui sa! Fu l'unico pensiero di Lavi, la mente in preda al panico. Respira, s'impose subito dopo, sei addestrato a non provare emozioni, a non lasciarti coinvolgere; a non avere un cuore. Non puoi permettergli di leggerti dentro con tanta facilità.

Eppure, con Kanda tutte le sue maschere cadevano, perché sapeva chi era. Sapeva che Lavi non esisteva. Quando tutto questo aveva iniziato a diventare un peso? Adesso lui voleva che esistesse, voleva essere Lavi; e voleva continuare a provare quei sentimenti che come Bookman gli erano proibiti. Voleva Yuu e gli avrebbe detto la verità.

“Io ti desidero,” rispose in un sussurro.

Gli occhi di Kanda si dilatarono leggermente per la sorpresa, ma non si ritrasse. Niente orrore o disgusto sul suo viso. Se stava per ucciderlo e basta, Lavi non poteva che dargli ragione, dopotutto.

“Anche io.”

La risposta che ricevette, invece, lo lasciò assolutamente sconcertato. Kanda lo guardava di nuovo con quell'aria strana, che ora Lavi identificava come desiderio, immobile, in attesa.

Si trattava di un test, per vedere se stava mentendo come suo solito, oppure semplicemente non sapeva come comportarsi? Di base rifiutava ogni rapporto umano, di certo non aveva esperienza in campo sentimentale. O sessuale, considerato a chi rispondeva l'Ordine Oscuro, le regole puritane del tempo e... il crimine che rappresentava ciò che stavano per fare. A Lavi non importava, non a quel punto, non più. Anche se metteva in pericolo entrambi, anche se così facendo tradiva tutto quel che gli era stato insegnato.

Si chinò leggermente e posò le labbra su quelle di Kanda, assaporandolo lentamente, cercando una risposta, per capire quanto oltre potesse spingersi oppure se aveva appena sigillato il proprio fato. Risposta che non tardò ad arrivare; Kanda cercava di seguire i suoi movimenti, di reciprocare ogni gesto. Accettava il contatto fisico con lui, lo bramava addirittura, con impeto, con una passione di cui non lo credeva capace. Si lasciò spogliare, condurre ad uno dei letti, baciare ancora e ancora. Si lasciò possedere da lui, senza una protesta.

Lavi rise sommessamente al ricordo, una risata amara, rassegnata; disperata.

Dopo quel giorno sapeva che erano perduti, prima o poi li avrebbero scoperti, nonostante le mille precauzioni, a dispetto della loro recitazione perfetta. La facciata stoica di Yuu, sempre inattaccabile, la sua 'persona' allegra e amichevole, sempre sorridente e amica di tutti. Niente appariva cambiato, in pubblico, eppure tutto era diverso. Il sentimento che li legava si era fatto profondo, per la prima volta avevano qualcuno che consideravano prezioso. L'amore li aveva resi imprudenti, il desiderio di stare insieme ciechi ai rischi.

Così era successo. L'esorcista nuovo, quel Chaoji, grandiosa aggiunta dell'ultimo momento alla loro missione, era entrato senza bussare, sorprendendoli insieme, nudi sul letto, in una posizione tanto compromettente da strappargli un grido d'orrore. Lavi aveva cercato di spiegare, l'aveva scongiurato di non tradirli, ma il disgusto sul viso di Chaoji era troppo evidente e lo shock della scoperta lo rendeva sordo ad ogni preghiera. Si era precipitato fuori, diretto probabilmente a denunciarli.

Kanda s'era alzato in silenzio, l'espressione terribile, e aveva iniziato a rivestirsi, indossando la sua uniforme e restando in piedi lì, davanti alla porta spalancata, come una statua di cera. Lui aveva fatto altrettanto, solo era risoluto a fuggire; andando via subito forse avevano una possibilità di farcela... ma Kanda non lo ascoltava. Cercare di scuoterlo s'era rivelato inutile, così anche Lavi s'era rassegnato ed era rimasto al suo fianco, in attesa del loro destino.

Così, ora lui era incatenato a un dannato muro, condannato per sodomia, e Yuu si trovava nelle stesse condizioni chissà dove, in quel maledetto labirinto di sotterranei. Sospirò ancora.

Quanti giorni erano passati? Tre? Quattro? Aveva perso il conto; e continuava incessantemente a domandarsi se Yuu stesse bene, se l'avrebbe mai rivisto.

La porta si aprì di schianto e una figura minuta avanzò con decisione, quasi rabbia, verso di lui, tanto che Lavi lo guardò con interesse, tornando di colpo alla realtà.

“Liberatelo.”

L'ordine, secco, perentorio, lo sorprese, ma ancor di più lo sorprese il riconoscere la persona cui apparteneva la voce che l'aveva impartito. Bookman. Il vecchio era venuto a prenderlo, perché? Soprattutto, come mai qualcuno ai piani alti aveva concesso al clan la sua vita?

“Dov'è Yuu?” chiese invece, il tono urgente, estrema preoccupazione chiaramente distinguibile in esso.

“Folle. Folle e stupido, una combinazione fatale che da te proprio non mi aspettavo!” tuonò Bookman, mollandogli un sonoro ceffone. “Ho salvato la tua pellaccia per un soffio, dovresti essermi grato,” aggiunse, facendo cenno alle guardie di lasciarli soli. “Sodomia? Davvero? Non ti ho insegnato niente?” Sollevò di nuovo la mano come per colpirlo e poi la ritrasse. “Alzati. Di Kanda si sono già occupati.”

Occupati? Cosa voleva dire?

“Dov'è Yuu? Sta bene?” chiese, massaggiandosi i polsi dove le catene l'avevano ferito.

“Che importanza ha? Non potrai vederlo mai più, mi hai capito? Sei di nuovo affidato alla mia supervisione.” Lavi s'immobilizzò di colpo a quelle parole, ma non replicò. “Andiamo,” ordinò Bookman, e il giovane non poté fare altro che seguirlo in silenzio.

 

Apparentemente, era stato reintegrato, sebbene tutti lo guardassero come se avesse la peste. Nessuno gli rivolgeva la parola, a meno che non fosse indispensabile. Il suo ruolo di 'amico di tutti' era finito, ora interpretava il reietto, la pecora nera, il peccatore. Udiva i mormorii intorno a sé, il bisbigliare timoroso mentre passava vicino ai Finder, il cessare improvviso dei discorsi se si avvicinava a qualcuno degli scienziati. Persino Reever lo guardava con pietà.

A Lavi non importava, quello che lo teneva in vita era riuscire a sapere dove avessero portato Kanda, se stava bene... se l'avrebbe mai rivisto. Dopo settimane di incrollabile insistenza, alla fine riuscì a tirar fuori dalla bocca di Komui che le missioni di Kanda e le sue non avrebbero mai coinciso, non sarebbero mai più stati al Quartier Generale nello stesso momento.

Come potevano coordinarsi con tanta precisione? Prima o poi sarebbe capitato che Yuu rientrasse in anticipo o in ritardo; oppure lui e Bookman.

Il momento giunse. Lenalee gli aveva detto che Yuu stava rientrando prima del previsto, sarebbe riuscito a incontrarlo senza tardare all'appuntamento col vecchio per la loro partenza imminente per chissà dove. Doveva solo correre come il vento per intercettarlo prima che qualcuno potesse impedirglielo. Era così emozionato che gli gettò le braccia al collo prima ancora di salutarlo... e si ritrovò steso a terra dolorante.

Yuu l'aveva colpito! D'accordo, aveva tutte le ragioni del mondo per volerlo fare, ma lasciare che almeno–

“Chi sei? Come osi toccarmi?” ruggì Kanda con astio.

Lavi rimase a bocca aperta per un istante. Non lo riconosceva? Fingeva o era vero?

“Y-Yuu? Sono io, Lavi,” iniziò a dire, ma prima che potesse aggiungere altro si ritrovò la punta della katana di Kanda puntata alla gola. Se stava fingendo, era davvero realistico, perché pareva proprio che stesse sollevando il braccio per decapitarlo, esattamente come la prima volta che s'erano incontrati, tre anni prima. Lavi chiuse il suo unico occhio, aspettando il colpo fatale.

“Kanda!” La voce perentoria di Bookman impedì il peggio e il giovane si bloccò. “Devi scusare il mio apprendista, non lo farà più,” promise l'uomo, prendendo il suddetto apprendista per la collottola e trascinandolo via. “Ti avevo avvisato di non cercarlo,” aggiunse appena furono soli. “Ora dovrai subire lo stesso trattamento.”

Trattamento? Che avevano fatto a Yuu?

“Perché non mi riconosce? Hanno di nuovo giocato con la sua mente?” domandò Lavi con veemenza, pur conoscendo già la risposta.

“La sua memoria è stata cancellata, sì,” confermò Bookman, il volto solcato di rughe estremamente serio e la voce cupa. “Adesso sarà il tuo turno, preparati. Lavi è morto.”

“No! Non voglio diventare qualcun altro! Non voglio dimenticare!” si oppose il giovane, cercando di lasciare la stanza, ma le gambe gli cedettero, colpite da due degli aghi dell'uomo.

“Non è una tua scelta,” ammonì quest'ultimo, “Non lo è più stata dal momento che hai accettato di diventare un Bookman. Sarai ricondizionato.” Lavi lo fissò con disperazione, mentre l'uomo lo informava sul suo destino. “Manterrai il tuo nome, perché è come ti conoscono qui, ma perderai tutti i ricordi riguardanti Kanda. Rilassati, non sarà doloroso.”

Bookman srotolò il tessuto in cui teneva i suoi preziosi strumenti di agopuntura e prese quanto necessario, poi si avvicinò al giovane e gli prese la testa fra le mani, tastando per individuare i punti esatti in cui introdurre gli aghi. Il corpo di Lavi fu percorso da un brivido mentre l'uomo portava a compimento il suo lavoro; vide l'apprendista serrare i denti, come se provasse dolore e cercasse di nasconderlo. Come se stesse facendo resistenza... qualunque ne fosse la ragione, era tutto inutile e Bookman accantonò quel pensiero, concentrandosi sul procedimento.

Quando gli aghi furono rimossi, il giovane crollò prono sul pavimento, apparentemente svenuto.

“Ci rivedremo al tuo risveglio,” disse Bookman uscendo dalla stanza.

Un lieve sussulto scosse la schiena di Lavi appena l'uomo ebbe richiuso la porta e, se avesse potuto scorgerne il volto, si sarebbe accorto che stava ridendo.

Sono già sveglio, pensò Lavi, sollevandosi a fatica sulle ginocchia e rivelando una larga macchia di sangue su una delle cosce. Sono sveglio e sono ancora Lavi.

Con un gemito estrasse il pugnale che vi stava ancora premendo dentro, una luce decisa nell'unico occhio. Concentrarsi sul dolore gli aveva permesso di mantenere il controllo della propria mente. L'aveva già fatto una volta, era certo che avrebbe funzionato anche la seconda; ora doveva solo continuare a fingere. Per prima cosa, però, doveva convincere Komui a dargli una rattoppata senza fare la spia col vecchio, altrimenti avrebbe mangiato la foglia e tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani.

 

 

Secondo il racconto di Lenalee, i bastardi dell'Ordine erano riusciti a far sentire Kanda così miserabile per la propria colpa, per quella lussuria peccaminosa di cui era caduto preda, che era stato lui stesso a chiedere di esserne purificato. Per poter dimenticare e andare avanti. Lavi era piuttosto sicuro che Kanda non intendesse quel 'dimenticare' in senso letterale, si erano fatti gioco di lui ancora una volta, i maledetti. Per poter continuare a sfruttarlo, missione dopo missione, per il loro tornaconto. Era soltanto un'arma per loro, uno strumento contro gli Akuma di loro proprietà, avrebbero fatto qualunque cosa per non perderne il controllo.

A ogni modo, Lenalee lo teneva informato sugli spostamenti di Kanda, così che gli fosse possibile progettare un nuovo incontro. Doveva poterci parlare sufficientemente a lungo per valutare il danno e se potesse essere possibile porvi rimedio in qualche maniera.

Il fatto che, ufficialmente, anche lui avesse perso ogni ricordo della relazione peccaminosa intrecciata con Kanda, aveva prodotto interessanti risultati. Dopo qualche tempo che agiva come se fosse arrivato al Quartier Generale giusto il giorno in cui, in teoria, Bookman l'aveva 'curato', ecco che Kanda rientrava anche se lui era presente. Forse per testare se potessero di nuovo lavorare insieme, se le loro memorie fossero effettivamente cancellate per sempre. Non gli restava che stare al gioco e aspettare il momento opportuno.

“Lavi,” si presentò durante un pasto nella caffetteria, sedendosi al tavolo dove Kanda mangiava in solitudine. Sì, esattamente come le prime volte che si erano incontrati dopo il suo arrivo all'Ordine Oscuro. La reazione del giovane però lo colse alla sprovvista.

“Sai già il mio nome, anche troppo bene,” rispose in tono tagliente, lanciandogli uno sguardo minaccioso. “A che gioco stai giocando?”

“Yuu...” Lavi si lasciò sfuggire suo malgrado e il modo in cui ne pronunciò il nome parve accendere una scintilla negli occhi scuri del giovane. Scintilla che scomparve di colpo, mentre una smorfia di dolore gli compariva sul viso e Kanda si prendeva la testa fra le mani.

Qualcosa non andava, decisamente, e Lavi sospettava avesse a che fare con la cancellazione di memoria che aveva subito. Se la sua presenza innescava qualcosa in Kanda, allora forse c'era una speranza che il procedimento fosse reversibile.

“Vattene!” sibilò Kanda, alzandosi di scatto.

Lavi colse un barlume del suo Yuu in quella reazione, un avvertimento per lui di non rischiare oltre, e stette al gioco.

“M'kay, ricevuto, me ne vado,” annunciò in modo teatrale, sollevando entrambe le mani in segno di resa. “Mi avevano avvisato che non sei esattamente amichevole, ma non credevo così tanto!”

Tch,” gli arrivò in risposta mentre si allontanava e sedeva accanto a Lenalee e Allen, qualche tavolo più in là.

Avrebbe fatto tesoro delle informazioni ottenute quel giorno e continuato a scavare. Komui gli avrebbe dato una mano, ne era sicuro; se non su come salvare Yuu, almeno dicendogli quando sarebbe tornato la prossima volta.

 


Note:

(1) Citazione di Luigi Pirandello: «Vorrei saper la musica per esprimere, senz'essere inteso da nessuno, neppure da Te, tutto questo tumulto di vita che mi gonfia l'anima e il cuore. Nessuno lo saprà mai, cara Marta, anche se il mio cuore ne dovesse scoppiare. Basta». (dalla lettera scritta a Marta Abba)

   
 
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