Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: NopeXXM    10/08/2015    3 recensioni
"Non ti ho mai detto che ti amavo, ma tu lo sapevi. Hai sempre saputo cosa pensavo e cosa provavo. Eppure solo qualche anno fa t’ignoravo, pensando che non saresti riuscita a resistere più di un anno... a volte mi ricordavi Isabel, anche lei era vivace come te."
[Rivetra]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Petra, Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il pezzo di stoffa si trovava al centro del tavolo, sporco e  ormai consumato. Quante volte lo aveva tirato fuori dalla tasca e osservato in solitudine, lontano da altri sguardi, anche solo per un secondo?

Petra.

Anche tu come gli altri… Per quanto ancora mi metteranno alla prova? Quanto ancora dovrò perdere contro quei dannati mostri?

 

Sono Levi, Capitano della Legione Esplorativa, sono ritenuto il soldato più forte dell’intera umanità eppure… eppure non riesco a difendere i miei sottoposti, i miei compagni, i miei amici

 

Mentre i pensieri divoravano mano a mano la sua mente, strinse la tazza che aveva in mano. Forte, sempre più forte, fino a quando non si spezzò sotto la pressione delle sue dita.

Il pugno rimase stretto per qualche secondo ancora, lo sguardo fisso su quello straccio scolorito. I cocci di ceramica gli penetrarono la pelle fino a farlo sanguinare, ma rimase lì, non un muscolo si mosse, non una smorfia; il suo volto rimase impassibile ancora assorto dai suoi pensieri.

Si accorse di essersi ferito soltanto quando il sangue cominciò a impregnargli la manica.

Con tutta calma si tolse i pezzi rimasti infilzati, si fasciò con quello che aveva e pulì con accuratezza.

Si sedette di nuovo, lasciandosi andare a peso morto sulla sedia e battendo i pugni sul tavolo con furia e forza. Il rumore che aveva causato si era sentito probabilmente per tutte le mura di quel rifugio che odorava di muffa e terriccio.

Nessuno accorse: sapevano che non dovevano entrare. Sapevano che non dovevano varcare quella maledetta porta, qualunque cosa fosse accaduta.

I muscoli del corpo dell’uomo si erano tesi, la mascella era irrigidita in un morso continuo, sul suo viso comparvero i segni della rabbia che portava dentro.

I ricordi, quelli dolci, quelli che fanno più male, iniziarono a scorrere come un fiume inarrestabile.

La luce fioca della torcia appesa alla parete proiettava ombre nere che rendevano tutto più cupo,solitario e squallido di quanto non fosse essere inghiottiti dal buio più profondo.

Farlan,

Isabel,

Gunther,

Auruo,

Erd…

lei.

Quella stupida ragazza che aveva insistito così tanto per rimanere al suo fianco.

 

 

Era il giorno più importante nel campo di addestramento delle reclute.

Quei mocciosi si erano dati tanto da fare per poter diventare i migliori e poter sperare di far parte della Polizia Militare ed entrare al servizio del Re.

“Che schifo”  sibilò tra sé e sé Levi “quei bastardi di Sina mi danno tanto disgusto quasi quanto una stanza piena di scarafaggi e muffa”

Pochi erano i valorosi che volevano aiutare davvero l’umanità  svolgendo il proprio lavoro al massimo delle loro capacità, e i suoi occhi grigi sapevano distinguere la feccia da coloro che aveva le potenzialità per essere un soldato degno della divisa.

I comandanti dei vari eserciti erano arrivati da qualche giorno, ma solo ora si facevano vedere per il campo.

Levi era lì per dare una dimostrazione di come un buon soldato dovesse utilizzare il dispositivo per la manovra tridimensionale a prescindere da che divisione voleva far parte.

Ovviamente era anche un pretesto per attirare giovani reclute nella Legione Esplorativa, ma a lui questo non importava.

L’aria era riscaldata da un tepore primaverile, e ovunque aleggiava un profumo di erba fresca e fiori.

Era seduto su un masso, in disparte, e stava pulendo il dispositivo come era sua consuetudine fare.

Tra il fruscio delle foglie mosse dalla brezza, distinse il rumore dei passi dietro la sua schiena.

“Sei pronto Levi?”

Erwin Smith, il tredicesimo comandante alato della Legione .

Era lui che insisteva ogni volta che poteva per far fare a Levi la dimostrazione ai cadetti.

Lui che lo aveva tirato fuori da quel buco di fogna insieme ai suoi amici.

Un colosso di muscoli, intelligente e calcolatore.

Erwin non ricevette risposta da parte del soldato. Semplicemente egli si alzò, ripose la lama che stava pulendo e lo seguì.

La riunione si tenne nel pomeriggio inoltrato, la sera stessa ci sarebbe stata la cerimonia in cui i cadetti avrebbero deciso in quale divisione dare la vita.

“Non fare idiozie, Capitano… Sta’ zitto e fa come programmato, sono stato chiaro?” I suoi occhi glaciali fissavano quelli più scuri di Levi.

Erwin sapeva benissimo il carattere del suo sottoposto, e non voleva che qualcosa andasse storto per colpa sua. Erano necessari altri volontari per andare oltre le mura, e non poteva permettersi che il caratteraccio del soldato rovinasse tutto.

L’intero campo si riunì per assistere alla dimostrazione del pomeriggio, nell'area dell’addestramento.

“Sono orgoglioso che siate venuti tutti ad assistere, è molto importante che un buon soldato sappia utilizzare il dispositivo della manovra tridimensionale al meglio delle sue capacità per proteggere se stesso, i compagni, ma soprattutto i civili contro i Giganti”

Erwin introdusse il discorso, dopotutto Levi era suo sottoposto, e stava a lui presentare la dimostrazione.

Quando il Capitano ebbe finito di parlare, Levi era già pronto. Rimasero tutti in silenzio quando lui incominciò a danzare nel'aria.

Era veloce, i suoi colpi precisi ed aveva un eleganza solo sua: il simbolo delle ali sulla sua divisa non era mai stato tanto adatto quanto lo fosse su di lui.

E lei era lì.

Insieme a tutti gli altri guardava tra le fronde Levi colpire le sagome con tanta maestria, nessuno in quel momento fiatava.

Una volta finito, il soldato tornò al suo posto.

Erano tutti affascinati dalla sua bravura, ma questo non li convinse la sera stessa ad entrare nella legione esplorativa.

O almeno, non tutti.

Illuminati dalla luce delle fiaccole, una decina di cadetti si erano presentati per entrare nel corpo più rischioso e onorevole dell’ esercito. Non avevano più niente da perdere.

Levi li guardava dall’impalcatura di legno scricchiolante, era la prima volta che partecipava a fianco di Erwin alla cerimonia, ma questo solo perché la missione a cui si sarebbe dovuto unire era stata affidata ad un'altra persona, poiché ritenuta poco rilevante.

Ad uno ad uno i cadetti dissero il loro nome.

Arrivò il momento di un ragazzino magro e decisamente debole di spirito.

“Erik Hert-“ non fece in tempo a finire il proprio nome che Levi lo bloccò.

“No.”

“C-cosa..?” disse il ragazzo sconvolto, per quale motivo lo aveva interrotto?

Erwin non disse una parola, si limitò ad assistere, se Levi aveva reagito in quel modo una ragione c’era, e non avrebbe avuto motivo di contrastarlo.

Ci fu un lieve brusio, dopo di che il Capitano continuò:

“Guardati. Non potresti resistere un secondo la fuori… Sei bravo, ti ho visto, ma non sei adatto.”

“Cosa?! Signore io mi sono allenato per questo giorno! La prego non ha il diritto di sbattermi fuori!!”

“Invece ce l’ho.” Rispose secco, piantando i suoi occhi privi di qualsiasi luce in quelli del ragazzino.

“Vuoi entrare? Fa’ pure. Tu morirai.”

Bastò dire quella semplice fase ed Erik cominciò a sudare e tremare. Levi aveva visto bene. Per quanto potesse essere bravo, non aveva il fegato e niente lo avrebbe preparato a quello che avrebbe dovuto sopportare al di là del muro.

“E anche tu, signorina Ral…”

La ragazza che prima stava assistendo alla scena incredula, sbarrò gli occhi. Aveva i capelli lunghi di un biondo rame raccolti in una morbida coda, i lineamenti fini e gli occhi marrone nocciola.

Stavolta anche Erwin si stupì: quella ragazza era arrivata fra i primi cinque migliori in quel campo.

Petra.

Quello era il suo nome. Significa “roccia”, ma il suo aspetto ne tradiva il significato. Ma non il suo spirito.

“…così vuole sbattere fuori anche me.” rispose con una nota di sarcasmo,stringendo i pugni e facendosi seria.

“Quello che ho detto a quel ragazzo vale anche per te.”

Si fissarono l’un l’altra sotto lo sguardo incredulo di tutti. Non era mai successo che qualcuno rifiutasse reclute nel corpo alato, soprattutto se quest’ultime avevano un’ottima capacità.

La ragazza gettò una rapida occhiata all’uomo dagli occhi glaciali, ma non fu di alcun sostegno.

“Decido io cosa voglio fare della mia vita. Se devo morire lo farò compiendo il mio lavoro al massimo delle mie capacità, affinché l’Uomo possa avere un futuro migliore. Questo è quello che ho scelto.”

Ci fu un altro tesissimo momento di silenzio.

“Se ne sei così convinta..”. Fu una risposta dubbiosa, ma a Petra bastò.

Le si illuminarono gli occhi. La parte della seria non faceva per lei, ma sapeva benissimo cosa voleva, e lo avrebbe ottenuto a tutti i costi.

“Grazie! Vedrà, non la deluderò, Capitano!” fece il saluto con tutta l’enfasi aveva in corpo e sul suo viso si stampò quel sorriso che Levi non avrebbe mai più dimenticato, nonostante non sapesse ancora l’importanza che avrebbe avuto quella ragazza per la squadra e, soprattutto, per lui.

Ci fu un esultanza da parte degli altri , e mentre Erwin fece tornare l’ordine, Levi lasciò il posto e si diresse nel suo accampamento.

 

 

 

Il giorno successivo ti eri presentata con i capelli corti… ti eri tagliata la chioma la notte stessa, forse per sembrare più seria. L’ho notato perché da li in poi non ti ho mai tolto gli occhi di dosso. Volevo vedere se eri capace, se eri convinta della scelta che avevi fatto. Ho perso molti uomini, ma tu e pochi altri mi siete rimasti al fianco, e questa è la prova della vostra, della tua bravura. Mi ero sbagliato su di te. Tutti gli altri mi rispettavano, tu invece mi ammiravi, eri sempre dolce con tutti e forse… forse è per questo che sei andata oltre quello che ero e quello che sono. I miei modi, il mio essere non ti hanno mai scoraggiata, sapevi che tutte le prime volte in campo ti osservavo per vedere se eri all’altezza, ma mi hai sempre sorriso, non mi hai mai odiato, e sei diventata una dei migliori soldati della legione.

Sei riuscita addirittura ad amarmi.

 

Adesso il pezzo di stoffa era tra le sua mani. Sentiva il rilievo delle cuciture e la sottigliezza della trama laddove era più consumata. Ali della libertà… forse la libertà arrivava con la morte, una accompagnata dall’altra come due vecchie amiche.

 

 

Col passare del tempo, la bravura di Petra fu notata dal Capitano, fino a che non la fece entrare nella Squadra Operazioni Speciali.

La notizia fu ben accetta da Petra, che scrisse subito una lettera al padre, perché fosse orgoglioso di lei, e lui non poteva che esserlo. Scriveva spesso a lui, era l’unica famiglia che le era rimasta, e il loro legame era sempre stato forte. Non c’era notizia importante che lei non gli raccontasse.

Quella sera, al tramonto, Petra incontrò il caporale Ackerman che passeggiava per le mura della sede della legione.

Lei era lì perché adorava la luce calda e avvolgente del tramonto, quel rosso che faceva sembrare il colore dei suoi capelli più accesso, nonostante l’inverno fosse alle porte.

Colse l’occasione per ringraziarlo ancora della sua promozione.

“Caporale! Mi scusi tanto se la disturbo, volevo ringraziarla ancora immensamente per quello che ha fatto!”

“Io non ho fatto nulla, sono stati i tuoi sforzi.”

“Sorride mai?”

Quella domanda fu inaspettata. Cosa c’entrava? Perché l’aveva chiesto?

“Sì.” fu la risposta secca e breve.

Lei si avvolse ancora più nel mantello, l’aria era fredda e pungente.

“Non la ho… non ti ho mai visto sorridere” oramai si conoscevano da tanto, e il “tu” non era certo vietato, né a lei né agli altri soldati, ma quella frase le costò molto, perché divenne rossa in viso. “…e nemmeno piangere.” Aggiunse poi, dopo un breve silenzio. La risposta tardò un po’ ad arrivare.

“Non c’è tempo per le lacrime, e la mia posizione e il mio lavoro non mi permettono distrazioni.”

Lei si fece coraggio e tornò a guardarlo in viso.

“Ma non dico che tu… insomma, che tu debba ridere a crepapelle… solo un sorrisetto… così”

Abbozzò un sorriso sgraziato e decisamente sghembo. Petra non aveva mai avuto bisogno di fingere di sorridere, le veniva naturale. Era una persona solare, e nonostante i brutti momenti, era sempre lei che riusciva a tirare su di morale le truppe con quella dolcezza che solo lei aveva.

Quel tentativo mal riuscito provocò una reazione che nessuno si sarebbe mai aspettato.

Lui sorrise.

Una curvatura flebile, quasi impercettibile, ma che Petra non si lasciò sfuggire.

 “Ha sorriso! Lei… tu hai sorriso!” scoppiò in una risata di soddisfazione ed euforia.

“Non sono così freddo, ho dei sentimenti anche io.” Provò a replicare.

“Lo so… io lo so.” Rispose lei abbassando la voce, quasi non volesse farsi sentire.

Levi cambiò discorso, ora che ne ebbe l’occasione.

“L’hai detto a tuo padre?”

“Sì, devo ancora fare spedire la lettera, spero che sia felice… dopotutto sono qui anche per lui, è la persona che più mi sta a cuore… cioè anche lei Caporale…” Si rese conto troppo tardi del significato che aveva lasciato trasparire con quelle parole. “Cioè non in quel senso!” Cercò di spiegarsi, “…insomma tengo molto a lei, la stimo, tutto qui! non insinuavo.. cioè, ecco, sì, tengo anche a tutti gli altri! Anche ad Oruo, nonostante mi faccia arrabbiare! Mi piacciono tutti… ma non mi piace nessuno!”

Diventò rossa per la vergogna, oramai quel discorso non aveva più senso, e provò in tutti modi a mascherare quello che aveva appena detto, anche se non ci riuscì. Per niente. Si arrese alla figuraccia che aveva appena fatto.

Levi non ci fece caso, o meglio, provò a non farci caso e riprese il discorso di prima.

“Hai fratelli?”

Petra ringrazio il cielo e cercò di riprendersi e tornare ad avere un tono serio

“No… ma ho sempre desiderato una sorella con cui giocare, e per non far sentire solo papà quando io me ne sarei andata.”

“Capisco… io ne avevo due, di fratelli.”

Petra si stupì di quella risposta. Nonostante parecchi sapessero del suo passato, nessuno lo aveva mai sentito raccontare dalle sue labbra, ma a lei lo stava raccontando.

“Isabel e Farlan… li avrai già sentiti questi nomi, vero?”

Lei annui senza dire nulla e lui continuò la sua storia. Raccontò di come ebbe conosciuto Farlan, di quando avevano rubato i dispositivi di manovra tridimensionale, di Isabel quando era piombata nella stanza con quell’esserino piumato, e le raccontò cose che a nessuno aveva mai detto.

Nessuno dei due si chiese il perché di quel racconto.

Petra lo ascoltò fino alla fine con attenzione, e quando Levi ebbe finito, non riuscì a fare altro che piangere per lui, e quando lui la strinse a sè si lasciò andare completamente alle lacrime.

“Andiamo, si è fatto tardi e credo che la cena sia già stata servita.” Disse l’uomo con tono dolce e pacato.

“S-sì” mormorò lei asciugandosi le lacrime, poi, guardandolo con gli occhi arrossati e lucidi, sorrise lievemente e insieme scesero a cenare.

Da quel giorno cambiò qualcosa tra di loro, ma nessuno dei due si permise mai di metterlo in mostra.

Era un cosa loro e loro soltanto.

 

 

 

 

Quella sera, prima di scendere, cercai di asciugarti un po’ le lacrime. Erano calde e sincere. Era strano come solo tu riuscissi a riscaldare qualcosa in me, qualcosa che gli amici, per quanto a me cari, non riuscissero a darmi. Forse anche loro si erano accorti di noi, o forse no. Se anche fosse, nessuno si permise di dire qualcosa o di farlo notare.

Non ti ho mai detto che ti amavo, ma tu lo sapevi. Hai sempre saputo cosa pensavo e cosa provavo. Eppure solo qualche anno fa t’ignoravo, pensando che non saresti riuscita a resistere più di un anno... a volte mi ricordavi Isabel, anche lei era vivace come te.

 

Levi non era mai stato una persona emotiva, non si faceva travolgere troppo dalle emozioni e la sua mente doveva continuare ad essere lucida e reattiva. Lui era fatto così, ma non negava mai i sentimenti, non li ripudiava, lasciava che scorressero in lui senza opporsi. Dava molta importanza alla vita, soprattutto quella altrui.

 

 

 

Una sera glielo chiese.

Tutti festeggiavano per la riuscita della missione, erano riusciti a catturare un titano e Hanji non poteva essere più euforica. Fu la prima ad ubriacarsi, i bicchieri si alzarono per i caduti, pochi, ma pur sempre compagni.

Fu così che decisero di festeggiare la vittoria e, allo stesso tempo, celebrare con il ricordo la perdita di qualcuno. Nel salone c’era in caos più totale, Erwin e gli altri Comandanti li raggiunsero solo dopo aver fatto un resoconto della situazione e dei risultati ottenuti. C’è chi rideva, chi piangeva e chi, invece, se ne stava in disparte per conto suo.

Oruo iniziò a bisticciare con tutti tanto era ubriaco, Gunther cantava stonatissimo sopra un tavolo aggrappato a Erd che cercava di farlo scendere, Petra rideva divertita guardandoli dal basso con il leggero rossore sulle guance di chi aveva bevuto un bicchiere di troppo. Non erano solo compagni, erano molto di più: erano amici.

Levi si fece largo tra le persone. L’odore di vino era talmente forte da ubriacare anche chi non aveva bevuto. Prese Petra per un braccio trascinandola fuori dalla festa quel tanto che bastava per rimanere indisturbati. Il rumore proveniente dallo stanzone era ovattato, ma comunque ancora abbastanza forte da dover parlare con un tono leggermente più altro del normale.

“Capitano! Eravate voi!” ridacchiando e barcollando Petra gli si gettò al collo fingendo di essere più brilla di quanto non fosse, poi lo guardò in viso e fece il sorriso più grande di cui era capace.

“Devo chiederti una cosa importante.” Disse Levi, composto.

Il suo sguardo era serio e a quel punto Petra lasciò la presa e cercò di darsi un contegno, abbassò lo sguardo, si mise a posto i capelli e si vergognò di quanto potesse sembrare stupida e arruffata agli occhi del Capitano.

“mi dica…”

“Non riesci proprio mai a darmi del tu, vero?”

“E’ che non sono abituata…” provò a scusarsi lei.

Si sentiva a disagio, aveva paura che Levi la giudicasse infantile e poco professionale in quel momento.

Lui le prese dolcemente il mento facendole alzare lo sguardo e guardandola negli occhi.

 

 

“Sposami.” Le disse. Non scelse nemmeno di domandarlo.

Sei si immobilizzò e si morse le labbra per un momento, percorrendo con gli occhi i lineamenti dell’uomo che le stava davanti.

“Oh, questa è bella.” Scoppiò a ridere la donna, ancora intontita dall’alcool. Si chinò in avanti quando le risate si fecero più intense, tenendosi la pancia. Poi si ricompose, portandosi una pugno alla bocca e dando un leggero colpo di tosse. Ancora le veniva da ridere, ma cercava di nasconderlo.

Levi si grattò il mento, incerto su cosa dire. “In realtà…” ricominciò “io ero serio.”

Petra annuì con la testa, mal celando un nuovo sorriso. “Sai, la carriera militare ora che ci penso non ti si addice. Solo ora scopro che sai essere un ottimo comico dopo due bicchieri di vino.”

“Stupida.” S’incupì l’uomo, un cipiglio serio sul viso. Le afferrò il mento con una mano e le si avvicinò lentamente, lasciandole il tempo di metabolizzare, di capire. Di rifiutarlo, nel caso avesse voluto.

Eppure lei non si mosse, lanciò uno sguardo verso le sue labbra, poi verso i suoi occhi.

“io ero serio…” Ripeté in un bisbiglio appena udibile che s’infranse contro la sua guancia.

Lei si accorse di stare trattenendo il fiato quando lui si allontanò. Le aveva dato un bacio. Sulla guancia.

“Mi vuoi sposare, allora?”

Lei si irrigidì. Sbarrò gli occhi e subito dopo un tremolio le percosse tutto il corpo. I suoi occhi cominciarono a diventare lucidi, e pure l’effetto del vino sembrava svanito dopo aver sentito queste parole.

“No-n… non dirà sul serio, Capitano… i-io…”

“Allora? Lo prendo come un no? Non devi sentirti costretta, lo sai che-“

Petra lo interruppe prima che potesse finire di parlare.

“Sì! Con tutta me stessa! Sì, ti voglio sposare, voglio essere tua moglie e prendermi cura di te sempre, e quando saremo troppo vecchi per poter essere utili saremo solo io e te,” le lacrime cominciarono ad affiorare e la sua vista si fece offuscata, ma continuò tra un singhiozzo e l’altro.

“Non avrei mai immaginato che tu volessi sposarmi, non mi sono mai sentita all’altezza, ma farò qualsiasi cosa per restarti accanto e fino a che vivrò non permetterò a nessuno di portarti via. Io ti amo, ti ho amato da quando mi hai donato le ali della libertà, e hai creduto in me fino alla fine, mi hai fatto conoscere persone meravigliose e mi hai fatto capire quanto sia importante la vita, come… come puoi pensare che io non ti voglia? Come fai a pensarlo dopo quella notte in cui mi raccontasti la tua vita? Come…”

Lui la prese con dolcezza e la baciò. Sulle labbra, questa volta.

Lei si lasciò trascinare da qual bacio, la bocca di lui era più morbida e calda di quanto si sarebbe mai immaginata. Il sapore della pelle, il suo profumo e la morbidezza del suo tocco erano la cosa più bella che lei potesse mai desiderare, e quando lui provò a staccarsi per guardarla, lei si strinse ancora di più contro il suo corpo e premette ancora più forte le labbra contro le sue. Il rumore della festa era diventato solo una cornice che rispecchiava quello che lei sentiva nel suo cuore. Ora c’erano solo loro due.

Quello fu il primo e l’ultimo bacio.

 

 

Si lasciò andare ad un sorriso amaro. Le ferite che si era inferto sulla mano con la tazza oramai avevano spesso di sanguinare. Levi si alzò dal tavolo e si diresse verso la finestra. La apri e contemplò il cielo sgombro e stellato che gli si svelò davanti.

Sentì un tuffo al cuore quando anche l’ultimo ricordo, quello più doloroso, si fece prepotente nella sua mente.

 

Era finito. Era tutto finito. Gli erano stati strappati via i compagni, insieme alla sua donna.

La rabbia che provò verso il mostro che li aveva uccisi era indescrivibile, ma come sempre non lasciò che questo offuscasse la sua mente.

Fa’ attenzione…” era l’ultima frase che lei gli aveva detto prima della missione. Sentiva ancora la sua piccola mano che gli sfiorava la guancia mentre sussurrava queste parole.

Avrebbe voluto stringerla tra le sue braccia, avrebbe voluto avere ancora un ultimo suo bacio. Ma a cosa serviva desiderare qualcosa che non si avrebbe mai più potuto avere? Ora doveva andare avanti. Doveva farlo per lei e per tutti quei compagni che avevano bisogno ancora di lui, e avrebbe lottato fino alla fine per salvarli.

Aprì il sacco bianco che avvolgeva il corpo freddo e straziato, e strappò il simbolo della sua giacca.

Sarebbe rimasta accanto a lui, fino a quando anche lui avrebbe esalato il suo ultimo respiro. 










Ciao a tutti <3 è la mia prima ff su EFP, spero vi sia piaciuta :3 Prima d'ora non ho mai scritto niente, quindi mi scuso per eventuali errori o imprecisioni. 
La mia intenzione era quella di trasmettere le stesse emozioni che provo io quando penso a questa ship. Amo la rivetra aiut-- 

   
 
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