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Autore: Asgard458    10/08/2015    1 recensioni
Finalmente tutte le guerre sono finite, e le Locuste sono sparite dal pianeta. Due anni dopo l'ultimo colpo sparato, le città iniziano a rialzarsi e la popolazione comincia a tranquillizzarsi. Le cicatrici, però, rimangono, soprattutto sui membri della Squadra Delta.
Genere: Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di nuovo mi svegliai di soprassalto. Sono ormai due anni che non riesco a dormire tranquillamente. Dopo tutte le battaglie che ho combattuto, dopo tutte le Locuste che ho ammazzato, non riesco ancora a dimenticare i Gears che sono morti. Gli ingranaggi che muovevano la guerra si sono arrugginiti, per poi fermarsi definitivamente, ma non c’era neanche più bisogno che girassero: dopo Jacinto, l’Imulsion e la morte della regina, avevamo delle speranze per un futuro migliore, proprio come ha detto Anya. Sentii proprio la sua mano passare sulla mia:
“Un altro incubo?” mi disse. Era mattina presto, le prime luci dell’alba iniziavano ad intravedersi. Si sedette accanto a me sul letto e raccolse la mia testa nelle sue braccia, coccolandomi.
“Va tutto bene, Marcus. Ci sono io qui con te…”. Presi il mio tempo per calmarmi. Il profumo dei suoi capelli e la morbidezza del suo tocco erano l’unica cosa che riusciva a tranquillizzarmi; il suo abbraccio mi teneva lontane le urla degli ingranaggi fermi. Alzai la testa e baciai la mia dolce metà, sempre lì, al mio fianco. Ci  alzammo dal letto ed iniziammo la nostra solita routine:
“Vanno bene i pancake per colazione?”. Annuii e le sorrisi. Mi affacciai alla finestra. Ero abituato a distruzione e desolazione, ero solito al suono di proiettili che colpivano carne umana o carne fetida di locusta; non avrei mai pensato di rivedere i palazzi baciati dalla luce del sole, le strade usate da veicoli non militari e le persone che camminavano, tranquille, per strada. Una visione che ho sempre sognato. La veste semi trasparente di Anya svolazzava qua e là mentre lei portava la colazione sul tavolo.
“Marcus, è pronto!”. Senza indugiare, mi diressi da lei. Seduti, uno di fronte l’altro, assaporavamo i suoi pancake, dolci come al solito. Un sorriso idiota doveva essersi presentato sulla mia faccia, perché Anya rise sfacciatamente:
“Penso di dirtelo una volta al giorno, ma ti sei addolcito molto… e la cosa non mi dispiace affatto”. Questo era il futuro migliore che ci dovevamo aspettare, e non lo reputavo neanche male. Come al solito, dopo la sua speciale colazione, mi dirigevo da Baird, e subito dopo da Cole. Rimasi in contatto con la mia squadra, proprio perché tutti condividevamo lo stesso problema: i sogni. O meglio, gli incubi. PTSD: disturbo post-traumatico da stress. Era ovvio che ne soffrivamo tutti, e sapevamo cosa facesse, ma non pensavamo rovinasse così tanto la vita. Arrivato in piazza, salutai Baird. Si era fatto crescere i capelli, e sembrava veramente un idiota. Però, si vedeva lontano un miglio che gli stavano diventando bianchi; per non parlare delle occhiaie enormi.
“Smettila di guardarmi così, Marcus. So di non essere in piena forma”. Gli diedi una pacca sulla spalla e gli feci raddrizzare la schiena; un mio compagno di squadra non poteva stare così male. Parlando del più e del meno, ci dirigemmo da Cole. Baird era rimasto il solito patito della tecnologia; diceva sempre che a casa non faceva altro che assemblare non-so-cosa; diceva anche che voleva costruire di nuovo JACK, solo per averlo accanto a lui. Lo sognava spesso, insieme alle altre cose. Cole, invece, era rimasto il solito patito del football: aveva ricominciato a giocare, e questo lo aiutò molto a passare i periodi della guerra. Tra di noi, era quello messo meglio, paradossalmente.
“Allora, signorine, vi va di fare due tiri?”. La sua voce riecheggiava per tutta la via, e mi faceva sentire a casa.
“Sicuramente una signorina come me lancerebbe meglio di te”
“Allora fammi vedere, bellezza!”. Quei due si attaccavano sempre. Non so quanto sia un bene che li riveda ogni giorno. Passavamo la giornata ad aiutare a ricostruire i palazzi danneggiati. Nonostante sono passati anni, c’era ancora molto lavoro da fare. Riportare città intere in piedi era un vero lavoraccio, ma facevamo del nostro meglio.
La sera, tornavo a casa da Anya, e durante la cena le parlavo degli incubi, di ciò che sognavo ogni notte. Sognavo spesso Ben Carmine, nello stomaco di quel fottuto verme gigante; mi rivedevo sull’elicottero, a scaricare il Martello dell’Alba addosso a quel dannato Brumak Imulsionato; i dannati Berserker che distruggono ogni cosa con cui si scontravano; la cavalcata del Reaver per tornare in superficie. La gente di polvere immobile di Char. Tutti i Gears andati, Kim, Tai; ma più di tutti, non riesco a dimenticare Dom, alla pompa di benzina. Lui ha salvato tutti noi, ma io non sono riuscito a salvare lui. Il rumore sordo del camion che si scontra con la pompa di benzina, prima di farla esplodere, è un colpo di pistola alla testa ogni volta che lo sento. È proprio quello che mi fa svegliare. Ma ogni notte ho il coraggio di riaddormentarmi, ho il coraggio di tornare indietro e tentare di salvarlo. Inutilmente.
Quella notte andai a dormire, e mi svegliai diversamente: delle gocce d’acqua cadevano sulla mia fronte. Aprii gli occhi lentamente e vidi, attraverso il buio, una grata. Due Abietti mi stavano sbavando sopra. Lentamente, mi alzai dal rigido letto; sentii degli spari provenire dal corridoio, e dei passi che si avvicinavano freneticamente.
“JACK, sfonda quella porta!”. Una fiamma ossidrica attaccò la serratura;
“Ti tiro fuori. Ecco, mettiti questo, ti servirà.”
Dom entrò e mi tirò uno zaino con dentro tutto l’equipaggiamento necessario per un COG. Sapevo che la guerra era ben lontana dall’essere finita; anzi, era appena arrivato il mio turno di fare il culo a quelle Locuste del cazzo.
   
 
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